Posts Tagged ‘Isabella Ferrari’

Il programma del Festival di Venezia è troppo “serioso” e fintamente autoriale, meglio un mio short movie in stile Ed Wood-Tommy Wiseau misto al Paul Morrissey underground-noir torbido come i miei baci veri!


29 Jul

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Innanzitutto, qual è film più bello di tutti i tempi?

Il tanto osannato Quarto potere? Il settimo sigillo?

Suvvia, non diciamo stronzate. E non voglio neanche più sentire la balla colossale secondo cui L’esorcista sia un capolavoro. Ma smettetela. È datato più di mia nonna materna. La quale è morta e, malgrado fosse più religiosa fanatica e maniaca di Ellen Burstyn, ha sempre pensato che l’unico diavolo esistente nella storia dell’umanità fosse e sia il sottoscritto. Sì, dall’aldilà, crede che io sia dio ma non ha mai visto Il signore del male, un film diabolicamente paradisiaco. Ah ah.

Sì, Prince of Darkness è forse il film più bello di sempre assieme a Twin Peaks: Il ritorno. Ché non è una serie televisiva.

Ci rendiamo conto cos’ha fatto David Lynch? Inizia con un episodio ove ci viene generosamente mostrato ignudo uno dei lati b più sexy della storia, cioè quello di Madeline Zima. Dopo pochi secondi, appare qualcosa di stranissimo su uno schermo nero che sembra un oblò, il vetro di una lavatrice.

Quindi, come per miracolo, Dougie Jones ritorna a essere l’agente Cooper senza dare spiegazioni a nessuno.

Pronuncia solo l’oramai leggendaria frase: I’m the FBI.

Un capolavoro impressionante capace di riportarti indietro nel tempo, anzi, ai tempi quando alle scuole medie si passava il tempo a immaginare se Elizabeth Berkley di Bayside School si sarebbe, un giorno, mai completamente denudata in un film vero e proprio. Poi uscì Showgirls e Kyle Maclachlan, in piscina con lei, capì in ritardo che Isabella Rossellini di Velluto blu fu solo una frigida.

Sì, premettiamo subito che il programma del Festival di Venezia di quest’anno è veramente penoso. Hanno dimezzato, a causa dell’emergenza sanitaria tuttora fortemente vigente in molti stati, quelli Uniti in primis, i titoli in concorso e Alberto Barbera, ammalatosi di esagerato patriottismo e nazional-popolare più inquietante di una canzone fintamente polemica di J-Ax (personaggio altamente discutibile che, giocando in maniera furbetta sui disagi adolescenziali, canta ai giovani, già andati a puttane, ciò che voglio/ano sentirsi dire per una magnificazione dell’impubere esaltazione fanatica più beceramente figa in vomitevole, “griffato” stile Amici, insomma un fake miliardario), vi ha dato dentro con le pellicole tricolore.

Inaugurando addirittura la kermesse con Lacci di Daniele Luchetti. Grande amico di Moretti Nanni, presente peraltro in Aprile. Non solo.

Storici i suoi cammei, infatti, in BiancaPalombella rossa e La messa è finita.

Invece Nanni, attesissimo con Tre piani, titolo metaforico di un film suo, come sempre segretissimo, incentrato sulle tre istanze principali scoperte da Freud su cui si baserebbe, stando a questo fottuto e bacato padre della psicanalisi, la personalità, sarà assente a Venezia ma, in Caos calmo, con Isabella Ferrari adottò lo stile alla Jung/Michael Fassbender di A Dangerous Methos praticato a Keira Knightley, con tanto di unghiate molto “analizzanti” la Ferrari stessa. Una scena, no, una scema che secondo me, malgrado il successo regalatogli da Gianni Boncompagni, ex famoso filantropo dei cavoli suoi, forse delle cavolate, e “sostenitore” pure di Ambra Angiolini & company, è identica nella sua personalissima vita privata al personaggio da lei stessa interpretato ne La grande bellezza.

Ovvero una frustrata depressa cronica, con tanto di pastiglie Chrono psicofarmacologiche, utilizzate dai brutti quarantenni di Caro diario, che forse è persino più “schizofrenica” di Sabina Spielrein.

Mah, alle donne come Sabina, ho sempre preferito il Ratto delle Sabine. Leggenda dell’antica Roma sicuramente più attraente della vacuità di certi ambienti capitolini ove la cosiddetta alta borghesia concima la sua tristezza esistenziale, aspettando il nuovo spogliarello di Ferilli Sabrina invecchiata marcia, cantando sui trenini con Raffaella Carrà. Insomma, la classica crème de la crème che a me, uomo alla Roddy Piper di Essi vivono, fa sinceramente cagar’.

Da tempo immemorabile, il sottoscritto riceve la patente di fallito ma, a differenza di Jep Gambardella/Toni Servillo, non ha pubblicato solo un libro. Bensì un’infinità di romanzi dei più folli, disparati e strampalati. Però hanno venduto pochissimo, dunque hanno incassato, non essendo io un marchettaro come Christian De Sica, assai meno dei film più impresentabili di Carlo Verdone.

Il quale, essendo sposato alla sorella di Christian, omaggiò suo cognato, dandogli la parte dello stronzo in Compagni di scuolaAn vedi che Amici miei… Parenti serpenti!

No, il suddetto film di Mario Monicelli non mi è mai piaciuto. Emana una scatologica amarezza peggiore de La grande abbuffata. A Marco Ferreri e a Isabella Ferrari, preferisco la Ferrari. Ma a volte non ho neanche i soldi per comprarmi una scatolina di cioccolatini della Ferrero. Che te lo dico a fare?

A Christian De Sica, preferisco Maillet Cristian. Ragazzo tornato a Bologna a lavorare sino ad autunno inoltrato. Mio amico da qualche anno a questa parte e “killer” à la Michele Apicella/Moretti di tale mio short movie decisamente amatoriale, dunque profondamente amabile.

Un cortometraggio dal “fiato corto”, come si suol dire, deboluccio cinematograficamente parlando ma girato con un’onestà intellettuale, un senso della poetica underground così (mal)sana, crepuscolare e radicale, oserei dire semplicemente esistenziale, da far spavento al miglior Andy Warhol con le sue magistrali “boiate”.

Corto quindi cortissimo (comunque, più lungo del tuo…) dalle atmosfere rarefatte, eccentricamente autocentrato sui miei primi piani da Totò felsineo di ascendenza non partenopea, bensì similare di origini meridionali, mescolato al Rust Cohle/Matthew McConaughey di True Detective dei poveri con esplicite allusioni, di natura “sopraccigliare” e fronte aggrottata (a)simmetricamente ammiccante alla mia autoironia da Mel Brooks più genialmente demenziale, ai neo-polar francesi girati co’ du soldi rubati a un clochard che se la tira da artista a Montmartre e non sa neppure cosa sia la Torre Eiffel.

Sì, un barbone italianissimo emigrato in Francia, per l’esattezza a Parigi, apparentato forse a Ninetto Davoli, un pasoliniano con la r moscia non figlia di Gianni Agnelli, bensì derivatagli da un bacio alla francese da lui generosamente dato, diciamo elargito gratuitamente, durante la sua primissima adolescenza da ripetente, a Raffaella, burina lupa della Garbatella che, a causa d’un succhiotto troppo potente, causò al disgraziato in questione un problema mandibolare peggiore di quello di Ronn Moss di Beautiful.

Ah, Ragazzi fuori di Marco Risi. Meglio un buon risotto alla marinara.

Questo succitato, all’epoca sovreccitato, ragazzo oramai pazzo squilibrato, a sua volta, fece sì che la sua mascella non si allineasse a una perfetta dizione della sua Lingua non propriamente raffinatissima. Poiché alle scuole medie, quando studiò la Rivoluzione Francese, nelle sue puberali illusioni da sognatore perso, credette davvero che un giorno sarebbe diventato il Re Sole ma, dopo il primo tradimento cagionatogli da Raffaella con un borgataro poco pulito e bello, ogni utopia perse e, al motto Libertéégalitéfraternité, preferì essere un samurai senza padrone. Lasciandosi andare completamente come Robert De Niro, da Ronin sino a The Irishman e Joker.

Di mio, mi salvai dal diventare Richard Gere de Gli invisibili poiché riguardai The Mothman Prophecies e compresi di non soffrire di alcun tipo allucinazioni né, a differenza dell’italiano medio, della sindrome da leccaculo da colui che, vanaglorioso, si crede poeta, santo e navigatore ma è più arrivista dello stesso Gere ne L’incredibile vita di Norman.

Malgrado sia stato di nuovo illuminato, non sulla via di Damasco, né abbia del tutto abdicato alle malinconie di Rossi Vasco, nonostante non mi sia adagiato neppure a fare solo passeggiate squallidissime da latin lover del cazzo lungo una via del centro bolognese, gergalmente detta altresì vasca da fighetti figli di puttanissima e busoni, faccio il bagno ogni due giorni, scrivo libri che vengono cagati da quattro “handicappati” come me, gironzolo vicino alla videoteca di Federico Frusciante alle due postmeridiane di un plenilunio più ammaliante e ispiratore dei caldi romanticismi affascinanti della mia attuale lei e, vicino alla scogliera del mio emotivo mare in burrasca, ho dimostrato al mondo intero, soprattutto a me stesso, il fatto inequivocabile che la psichiatria sia una stronzata e che Rocky, ribadiamolo, sia forse il film più bello del mondo assieme a Taxi Driver. E a quelli da me citati sopra.

E questo è quanto.

Robert De Niro rimane ancora il mio attore preferito assieme ad Al Pacino. La scena del diner in Heat, cazzo, docet. È gente cazzuta, questa. Mica come molti di voi, italiani spesso cazzoni.

Vi dichiarate tutti dottori ed espertoni. Vi bardate dietro la rispettabilità più ipocrita e siete invece solo dei gran cafoni davvero ignorantoni.

Mentre Johnny Depp, ora infognatosi con quella vacca di Amber Heard, in Donnie Brasco era da Oscar. Diciamocela!

Soprattutto quando litigò con sua moglie, Anne Heche, e tre secondi dopo se la scopò sulle scale con tanto di ciuffo sbarazzino da attore non laureato, però idolatrato ed adorato da Marlon Brando e istintivamente bellissimo, meravigliosamente carismatico di recitazione strepitosamente naturale.

Quando si dice… a lui viene benissimo… Di mio, sono Il coraggioso. Daniele Luchetti girò Mio fratello è figlio unico (film che vidi al cinema con una tizia amante di Moccia e Scamarcio, la sfanculai subito… mica tanto, dopo due anni), sono sempre più simile a Rino Gaetano e Lefty Ruggiero disse a Depp:

il mio unico figlio è un drogato, come la vedi?

Io non lo sono, però. Anzi, so baciare meglio di Al Pacino in Carlito’s Way. Come no?

Sì, morale della favola. A 40 anni, anzi, quasi 41, ho compreso che nella vita posso fare tutto. Anche perché è troppo tardi per tornare indietro e quindi educarmi a essere un povero idiota come tutti.

Se invece voi pensate che diverrete i nuovi David Lynch, non voglio disilludervi ma debbo dirvi la verità. Al massimo, pot(r)ete farvi dei film, cioè delle stories su Instagram.

Lasciate stare il Cinema. Tanto non sapete amare, non sapete soffrire. Di conseguenza, non saprete mai filmare le emozioni in modo delirante. Come è giusto che sia.

Ce la vogliamo proprio dire? Non sapete nulla, soprattutto di voi stessi, fate pena e, secondo me, parafrasando Bukowski, se non siete impazziti almeno tre/quattro volte nella vostra vita, che cazzo avete campato a fare?

Per tifare per la Juventus?

Sì, sono un pagliaccio come Nic Cage di Via da Las Vegas. Specialmente di Cuore selvaggio.

Che vorreste farmi, ora? Mi brucerete la casa o torneremo tutti assieme a catechismo e canteremo We Are the World?

Ebbe ragione Jon Bon Vovi. Questa è la mia vita e, se a te non sta bene, alla mia lei sta invece benissimo.

Dunque, va ammesso. Il mio cortometraggio è una cagata micidiale dalle suggestioni purissime. Siamo, vale a dire, dalle parti del masterpiece criptico, in totale (inter)zona b, super trash o forse elevatissima.

Poiché sono stanco di applaudire la perfezione. Adoro sempre di più le vite e i film assurdi. Poiché assieme sono bellissimi.

Tu invece ti sei laureato con 110 e lode? Ah sì? Complimenti. Ora peròcome disse Frank Vincent di Quei bravi ragazzi, vai a prendere la cassetta del lustrascarpe.
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di Stefano Falotico

Il signor Nic Pizzolatto si decide a scrivere la quarta stagione di TRUE DETECTIVE o sta mangiando solo la pizzaiola con la pummarola ‘ncoppa?


04 Jan

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Sì, io mi sono sempre chiesto quanto segue: gli sceneggiatori di Hollywood, dopo essersi dedicati ad allestire, per filo e per segno, per virgola e doppie punte, no, doppi punti, i loro script, che fanno nel tempo libero?

Per esempio, si sa benissimo che Sean Penn nel tempo libero scopi tutte le donne libere. Non tutte perché è umanamente impossibile ma quasi tutte sì.

Ora, obietterete voi. Sean Penn è un attore, non uno sceneggiatore. No, è regista e le sceneggiature di The Gunman, di Lupo solitario, Tre giorni per la verità e Into the Wild le ha scritte lui.

Infatti, The Gunman lo diresse Pierre Morel e ne venne fuori una schifezza improponibile ove c’è pure Jasmine Trinca, la donna più antipatica di tutti i tempi. Infatti, fu scoperta da Nanni Moretti, il quale la dovrebbe finire di criticare il signor Al Pacino e scoparsi finalmente Laura Morante.

Sì, secondo me, Nanni non scopò mai Bianca. Al massimo, ne La stanza del figlio, ficcò la scena in cui le baciò il seno poiché Laura ama Henry- Pioggia di sangue.

A mio avviso, Nanni è un uomo socialmente pericoloso. A forza di fare il moderato di Sinistra, il troppo Caos Calmo lo indusse a sodomizzare Isabella Ferrari. Isabella fu il sogno erotico di molti italiani, fu l’amante di Gianni Boncompagni e, ne La grande bellezza, si fece ingroppare da Jep Gambardella.

Insomma, Nanni, tu che ami i pasticceri trozkisti, te la sei fatta… con una borghese da Sapore di mare e Sotto il sole di Riccione? Ci mancava solo Tommaso Paradiso che, mentre lei fu terrorizzata dalla tua aggressiva sodomia, cantasse a Isabella… no, non avere paura…

Comunque, Nic Pizzolatto, nel tempo libero credo che guardi a ripetizione Habemus Papam. Sì, Nic studiò tutto il pessimismo cosmico, è un trascendente metafisico, adora la spiritualità creatasi in seguito a conflitti psicologici di natura ermetica. Questa è ermeneutica, poveri cazzoni come Woody Harrelson. Non sto dicendo, stavolta, stronzate. La prima stagione di True Detective è intrisa di dolore, è la via crucis di Rust Cohle. Infatti, nel finale, quando è sul letto d’ospedale, pare Gesù Cristo. Rust è come il Papa, in un certo senso. È un uomo che dice espressamente che non è un tipo da feste.

Poi, non so se abbiate notato. Quando tradisce l’amicizia del suo partner, sodomizzando la sua compagna, urla come se fosse Willem Dafoe di The Last Temptation of Christ. Fu colto dalla tentazione verso la Maddalena/Michelle Monaghan e non riuscì a reprimersi. Animalescamente quasi violentandola e poi, imbestialito, maledicendola come se fosse stata il diavolo. Perché, sostanzialmente, è religioso. Non della fede cristiana, bensì di un personale codice morale che lo obbliga, inconsciamente, a sentirsi in colpa.

Ci sono considerazioni più ampie all’opera. Principalmente, l’idea di quello che ci è dovuto in quanto società per le nostre reciproche illusioni… Questo è quello che pensi. L’avete mai fatto? Li guardi negli occhi, anche in una foto. Non ha importanza se siano vivi o morti. Puoi comunque leggerli. E sai cosa capisci? Che loro l’hanno accolta. Uhm, non subito ma proprio lì, all’ultimo istante. È un sollievo inequivocabile. Certo, erano spaventati e poi hanno visto, hanno visto per la prima volta quanto fosse facile lasciare, lasciarsi andare. Hanno visto in quell’ultimo nanosecondo, hanno visto quello che erano, che noi, ognuno di noi e tutto questo grande dramma non è mai stato altro che un cumulo di presunzione e ottusa volontà. E allora puoi lasciarti andare. Alla fine non devi aggrapparti così forte per capire che tutta la tua vita, tutto il tuo amore, il tuo odio, la tua memoria, il tuo dolore erano la stessa cosa. Erano semplicemente un sogno, un sogno che si è svolto in una stanza sprangata. E grazie al quale hai pensato di essere una persona.

E, come in molti sogni, c’è un mostro che ti attende alla fine…

Tale discorso di Rust/Matthew McConaughey, ribattezzato Filosofia dell’esistenza, è molto bello ma gli americani lo definirebbero predictable, cioè moralistico ed effettistico. Ma la regia di Fukunaga lo rende appassionante così come la sentita recitazione di Matthew. È un discorso, in un certo senso, di natura pasoliniana. Sintetizza anche ciò che dice William Petersen nel finale di Manhunter… Alcuni, nel silenzio degli innocenti, non ce la faranno, purtroppo. In tanti accetteranno di resistere, sì, vivranno nella cosiddetta resilienza, mentendo a sé stessi per sopravvivere. Ma saranno da tempo morti dentro. Altri moriranno del tutto. E torniamo a Moretti e al suo omaggio a Pasolini di Caro diario. Il mostro per loro non sarà Errol Childress, bensì la società lupesca, da Pasolini definita porcile… Alcuni impazziranno come Arthur Fleck/Joker, altri soccomberanno e si adatteranno di malavoglia. Soffrendo enormemente ma nascondendo la tristezza dietro balletti e canzonette. Lo stesso Errol Childress è/era uno di loro. Il quale però, anziché morire nell’anima, optò per il satanismo, trasformando le sue paure nell’ululato del cannibale… Persino Rust è un vinto. Ma non si dà per vinto. Combatte e cerca la luce, malgrado sappia che forse non esiste. Questa sua forza lo contraddistingue. È la stessa forza che mantiene in vita Wayne Hays/Mahershala Ali. Non riuscirà a risolvere l’enigma in quanto addirittura ammalatosi di demenza. Probabilmente, i bambini giammai scomparvero e fu tutta una sua fantasia generatasi dall’essersi perso lui stesso in Vietnam.

Propongo una sfida a Nic Pizzolatto.

Come sentii un mese fa per radio da una criminologa, non esistono, se non pochissimi, film o serie televisive sulle serial killer donne. Secondo questa donna, le assassine seriali non è vero che non esistano. Sarebbero anzi, a suo dire, persino in maggioranza rispetto agli uomini. Ma la cultura maschilista non è interessata alle donne “mostre”. Poiché l’uomo moralmente sano è affascinato comunque dalla sua parte diabolica mentre non gl’importa nulla del suo lato femminile più perverso. Ed è per questo che si diverte a bullizzare gli altri maschi. Poiché, in realtà, chi fa del male lo fa per esorcizzare il suo incubo peggiore. Cioè, non è un uomo, è una donna che ha paura di esserlo.

Ecco, per questo nuovo anno, vorrei chiedere a Nic, se potessi e se lo conoscessi, di scrivere il copione di un ipotetico True Detective 4 con protagonista la reincarnazione di Chris Walken de La zona morta. Però, stavolta non scoprirà lo stupratore uomo, bensì la strega cattiva. Ma, visto che Nic non sa neppure chi io sia, lo scriverò io.

Incipit:

la città era avvolta nel buio e un’insegnante dell’asilo nido, apparentemente integerrima, stava rientrando a casa. In città corse subito voce che fosse una donna perennemente sola, senza un compagno. E che, durante le notti lugubri e tempestose, praticasse magia nera, sacrificando i bambini della sua migliore amica. Era solo una maldicenza. Tale donna non era capace neppure di cucinare un uovo al tegamino, figurarsi se poteva soltanto immaginare una mostruosità del genere. Nei momenti di noia, al massimo guardava Chi l’ha visto? Ah, lei sicuramente credo che non l’abbia mai visto. Che cosa non avrebbe visto? Come che cosa? L’uccello. Cosa se no? Al che, frustrata come non mai, alla mattina faceva la sadica sulle povere creature, inveendo loro contro perché ben conscia che loro, un giorno, l’avrebbero infilato in qualche coscia mentre lei lo prese in culo come un bel vestitino rosa.

Secondo me, come inizio fa schifo al cazzo ma potrebbe svilupparsi. Certamente, non in questa donna, in questa qui non si svilupperebbe neanche se fosse bella come Jodie Foster. La quale è lesbica. E ho detto tutto.

Che cosa avrei detto? Non lo so, chi ha orecchie per intendere, intenda, chi è ricchione canti con Alan Sorrenti la sua intramontabile hit, Figli delle stelle. Basta che a me non scassi ù caz’ e viviamo tutti felici e contenti. Forse lei è un cornuto, lo sa?

 

di Stefano Falotico

Dal prossimo anno, non voglio più vedere questi cessi del Cinema italiano, Isabella Ferrari, Alessandro Haber, Mastandrea e company, evviva il Cuore Selvaggio


27 Dec

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Basta! Non ne possiamo più. Non ne posso davvero più di questi personaggini, di questi pseudo-attori minuscoli che impazzano e girano tremila film all’anno, uno più impresentabile dell’altro.

Ma questa è l’Italia e dopo ci sarà, come sempre, come d’uopo, la mia giusta sparata da Wild at Heart.

Sì, il problema di questo nostro paesone stolto sta a monte. Per anni, professori e insegnanti pedanti ci hanno istruito solo al culto distorsivo e ripugnante di una cultura di morte. Indottrinandoci di letture ammorbanti a base di poesie malinconiche peraltro manieristiche, di accademiche inutilità figlie del nostro triste retroterra radicalmente inestirpabile.

L’Italia, come già più volte ho scritto, è l’incarnazione geografica e psicologica del concetto più avvilente d’ipocrisia fattasi stivalone e stivaletti di queste signore falsamente altolocate, invero zotiche, solo delle puttane ignorantone, arroganti e superficiali, ben vestite e dal conto in banca più fragrante delle profumerie ove si recano, ogni dì, a far compere di emollienti, creme detergenti, balsami per i capelli, cosmetiche salsine antirughe e altre suppellettili olezzanti, miscele odorose che puzzano soltanto di merda.

Sì, tanta merda, altro motto osceno che vien sbattuto in faccia… a chi, in Italia, vuol fare l’artista e, con questa spronata volgarissima, le si augura, come no, ottime fortune. Una vita sorridente!

In Italia, gli artisti ci sono, sono tantissimi ma non hanno via di scampo. Strozzati come sono da un sistema che privilegia la mercanzia, le buffonate triviali da Boldi e De Sica, i personaggi televisivi più squallidi e da varietà.

È tutto un pullulare di leccaculo, di attori che non sono attori ma pupazzetti, di gente che, dopo il Grande Fratello, pensa che per essere Marlon Brando basti avere un bel faccino tanto carino.

E, ahinoi, siamo ancora invasi da questi mediocri per eccellenza dei quali ora, senza timore di querele o reprimende, farò i nomi, non risparmiandone uno!

La mediocrità assoluta, suprema è incarnata da Isabella Ferrari. Donna reputata bellissima da voi e che, invece, a me è sempre parsa una borghese sciocca, antipaticissima, altezzosa, la classica donna di buon aspetto che si crede la super figa di Hollywood e, nel suo carnet, ha solo film di Carlo Vanzina, di Francesco Nuti (!), di Renato De Maria, di Neri Parenti. Più qualche exploit di qualche regista un po’ più di richiamo, qua e là. Ma per questi registi cinematograficamente un po’ superiori è stata solamente usata come soprammobile, come dolce statuina un po’ zoccolina.

Basti pensare al suo ruolo ne La grande bellezza. Quello che forse più le si addice. Il ruolo dell’annoiata col villone che, non sapendo che cazzo fare da mattina a sera, si fa la scopata scacciapensieri col tetro Gambardella, tanto per aspettare, dopo l’orgasmo, di fumare la tristizia delle sue frustrazioni e delle sue trombate in senso lato, anche B.

Adesso, questa qua ha pure il profilo Instagram ove espone le sue foto patinatissime, molte delle quali ritoccate, in cui sfodera il suo viso sciupato, macilento, dovuto ai suoi flirt lerci con Boncompagni e compagnia bella, appunto. Il ritratto più evidente della porcellina corrosa dalla Roma “bene”.

Ha ancora indubbiamente delle gambe molto longilinee ma gli occhi incavati di una che ha tirato… di brutto.

Via dal cazzo!

Dunque, abbiamo Alessandro Haber. Uno dei più enormi ruffiani di sempre. Con una filmografia di cinquemila film perché lui lecca come nessun altro e s’intrufola dappertutto da serpentello luciferino.

Dopo aver stuprato completamente Charles Bukowski col suo ignobile spettacolo teatrale per parrocchiani, Haberowski, a settantun anni si è sposato con la ben più giovane Antonella Bavaro (!).

Donna anche lei dotata d’inevitabile profilo Instagram in cui, ammiccante con la sigaretta in bocca e l’indice sulla bocca, che fa molto popolana arricchita come Sabrina Ferilli, elargisce le sue grazie puttanesche da “Bella Signora” alla Gianni Morandi.

Su Mastandrea non spenderei molte parole. Ora, anche lui dopo ventimila pellicole, è diventato bravo!

Sì, è partito come disoccupato da Reddito di Cittadinanza, come disperato borgataro che chiedeva lavoro al Maurizio Costanzo Show. E, dopo aver impietosito qualche romano più incolto di lui, ha cominciato a rimediare i primi ruoli. Ove appunto faceva la parte del ragazzo scalognato, del poveretto senz’arte né parte. Ma è cresciuto tanto, esponenzialmente!

E ora, proprio con Haber, è nel cast del “fiore all’occhiello” della nostra cinematografia natalizia, I tre moschettieri di Giovanni Veronesi.

Altra apoteosi del peggio del peggio, con tanto di colonna sonora di Checco Zalone e Rocco Papaleo, una cima d’attore! Sì, più che altro un uomo terrone da cime… di rapa.

E, mentre questi beceri pappagalli continuano a guadagnare miliardi con le loro imbecillità, i giovani talentuosi sono affidati a Indeed, a Bakeca, a Kijiji.

Sì, perché hanno scritto la nuova Divina Commedia ma, se non sono figli di una di queste “aquile”, innanzitutto non li pubblicano. E, anche se li pubblicassero, in Italia la gente non legge.

E al primo posto del boxoffice vi è appunto la premiata ditta Boldi e De Sica!

Gli anni passano, tutto va in vacca, tutti sbraitano ma nessuno ha le palle di cambiare le cose.

Perché, in fondo, pigliamola così. Sì. Dai, su.

Ora, lavori? Sei felice? Sei tranquillo? In bocca al lupo. Vai, sei un grande! Ce la facciamo una partita a carte? Giochiamo a Tombola?

Tu che fai l’ultimo dell’anno? Vai a Parigi? Ti sei divertito?

Balla, dai, dai, dai. Evviva!

Ciao caro, vieni a farmi compagnia, stasera? Fuori piove. Vieni, vieni.

QUI, la faloticata!

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di Stefano Falotico

Il video post-elezioni del Falotico, vedere per credere, e scusate per i rumori di fondo


05 Mar

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Ebbene, vince il Centro-Destra e io mi sento costernato. Sì, sono un miracolato. Molta gente non crede nei miracoli ma io sono l’incarnazione vivente che la vita riserva sempre sorprese alla nostra anima. E ti risvegli ancora, mentre fuori fa freddo, le persone sono “raffreddate” d’idiozie e la massa continua nelle sue solite, false competizioni, come gli Oscar, ove tutto è all’insegna della prevedibilità.

Invero, non mi stupisco di questi risultati. La gente era stufa di un Governo che ha tradito più e più volte la sua fiducia, e allora, pur cosciente che Salvini e compagnia bella sono degli imbecilli, voleva dare un segnale forte.

Che dire? Io spesso, in questa mia stramba esistenza, son stato sfiduciato, ma non mi sono mai arreso, e comunque, per quanto la gente possa chiacchierare, a mio modo sono un vincente.

Sono come Gambardella, un’anima di grande bellezza che passeggia meditabonda, e senza neanche troppe amarezze, mentre tutti corrono e si affannano, viaggiando sui loro miseri traghetti… e, qualche volta, se capita, ci scappa la scopata con una donna bionda, di buona “fattura”, che per un po’ mi distoglie dalle mie angosce.

Questa è la vita, fratelli. Scambiamoci un segno di pace, e che la Madonna ci accompagni…

A proposito, come farà questo ragazzo di campagna, Di Maio, a competere con i pezzi grossi europei?

L’avete votato voi, e io mi astengo… dal dire cose di cui potrei pentirmi.

Ah, è tutto un pentimento, un lamento, son solo squallidi giochi di mente. Di mio, ripeto, non me ne vogliate, bevo dieci caffè al giorno.

Detto fra noi, in questo giorno mi vergogno di essere italiano. Ha vinto di nuovo l’ignoranza. D’altronde, che aspettarsi da un Paese di caciaroni, di superficiali, di mezze calzette, di fascisti, di arroganti e stupidi, sciocchi, illusi e perbenisti?

 

 

di Stefano Falotico

L’ultima partita der PUPONE, che “grande bellezza”


27 May

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Ebbene, domani Domenica 28 Maggio 2017 sarà (forse) l’ultima volta che Francesco Totti indosserà la maglia della Roma. Un “uomo” che ha visto passare 3 papi, 6 sindaci e varie circonvallazioni, divenendo l’idolo pasoliniano perfino delle prostitute. Sì, le vidi piangere dinanzi alle sue prodezze come fossero state pagate da Berlusconi in un festino in Parlamento. Si svestivano e “allegramente” gioivano dirimpetto a un uomo Colosseo, no di classe colossale. Urlando “goal” a ogni “ficcata” di lor amanti “fendenti” come l’ambidestro del nostro “divo”. Totti, uno che di fregne se ne freg)i)ò parecchio/e, dalla De Grenet alla Blasi, sciorinando la sua “cul-tura” da personaggio classico romanaccio che non ha mai frequentato il Ginnasio ma soprattutto in “quelle” ha fatto molta “ginnastica”, superando Falcao a grosse falcate e non ricordandosi quando fu ucciso Falcone. Insomma, er PUPONE.

Un doveroso “omaggio” per questo suo last match di fine maggio. Un uomo di piumaggi.

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Come sappiamo, è morto Gianni Boncompagni, per fortuna


19 Apr

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Sulla Rai vanno in onda servizi di “regime” in cui lo incensano come un genio della tv e della radio e Isabella Ferrari, conscia di come “lui” le entrò nelle cosce, quand’ancora minorenne sperava nella “spinta” che (av)venne, lo definisce un mostro d’intelligenza che ci mancherà parecchio. Io credo, in buona sostanza, che questo creatore di bandiere gialle e domeniche IN fosse un raro puttaniere di “sobrio stile”, buono a rincoglionire la gente coi suoi programmi “festivi” a base di oche come la Carrà e “scopritore” della scemenza dell’Angiolini Ambra, una con cui, (am)mettilo dalla tomba, Gianni, vi furono rapporti “equivoci” ai tempi in cui, anch’io puberale, mi “entusiasmavo spermatico” per quelle ragazze sculettanti e “skinny”.

Insomma, un altro stronzo se n’è andato, e non era Don Rickles, purtroppo o per (s)fortuna.

 

di Stefano Falotico

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Genius-Pop

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