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Chloé Zhao, è nata una grande regista – NOMADLAND: un film che mi ha scioccato, immensamente doloroso e al contempo soave, il grande Cinema distruggerà ogni tempesta pandemica, ogni turbinio traumatico


20 Jan
Frances McDormand in the film NOMADLAND. Photo Courtesy of Searchlight Pictures. © 2020 20th Century Studios All Rights Reserved

Frances McDormand in the film NOMADLAND. Photo Courtesy of Searchlight Pictures. © 2020 20th Century Studios All Rights Reserved

Prefazione acrimoniosa verso i lockdown morbosi

Ho assegnato quattro stellette su 5 a Nomadland. Ma mi sono mantenuto cauto. In attesa di dargliene sei. Ah ah.

Film magnifico, uno dei pochi, veri capolavori da me visti recentemente. Anche perché il 2020 è stato funestato da qualcosa di terribile che c’ha schienato, schiantato, lasciandoci tumefatti e disossati, spellati nell’animo e infreddoliti.

Giunse infatti dal cielo, forse dal laboratorio di qualche cinese scienziato pazzo, un virus influenzale assai sottovalutato. Dicesi, fantozzianamente, no, dicasi Covid-19.

Morbo virale che contagia anche di depressione abissale, svuotandoci dentro e imprigionandoci in quarantene uguali agli arresti domiciliari. Opprimendoci in casa ad allietare la melanconia, si fa per dire, più che altro ad allentare la noia esistenziale, imbrigliandoci nell’oramai fievole speranza che qualcosa cambi. Quando si suol dire, ah, c’auguriamo che a ciel sereno un fulmine ci miracoli e folgori… chi sbagliò a non chiudere la Lombardia e tutti i fronti. Poche frottole. A frotte siamo segregati. Sudiamo freddo di fronte rugosa, sdrammatizzando a mo’ di Non ci resta che piangere, ambientato nell’immaginaria Frittole.

Nel frattempo, rannicchiati e ibernati nelle nostre case, patendo un freddo polare da eschimesi negli iglù, altri bocconi amari mandiamo giù e la vita non va up. Però, lecchiamo un dolce tiramisù.

Molte donne, sull’orlo dell’assideramento, azionano il riscaldamento… del marito e “aspirano” calorosamente qualcosa di più duro d’un ghiacciolo fortemente “resiliente” d’un mondo intirizzito, oserei dire stizzito, insomma incazzato.

I ristoratori stanno morendo di fame poiché non hanno più i soldi per comprare il cibo da dare ai figli, non quello dai loro cuochi cucinato alla gente oramai ridotta come una pera cotta. Sì, scioperano al contrario. Cioè fanno i cremini, no, i crumiri e si ribellano non al padrone, bensì allo Stato che ha tolto il lavoro anche ai mega-direttori galattici coi super attici.

Al che, mentre io sono impossibilitato a incontrare la mia lei poiché abita fuori regione e non siamo ufficialmente conviventi, canto l’intramontabile Clandestino di Manu Chao ma ugualmente patisco dei momenti di frustrazione incredibile. E, con enorme “decoro” da John Travolta di Pulp Fiction, vado di là e… avete capito.

Anche perché la mia lei è più bella di Uma Thurman e dunque, uomini, come potete biasimarmi? Quando ho terminato di darmi da fare, leggo un fumetto nell’attesa che Bruce Willis mi ammazzi. Forse, Bruce Venture, pornoattore che non vale un cavolo…

Comunque sia, sono Die Hard. Anzi, Willis di 58 minuti per morire. Fuori si gela, c’è il Coronavirus e, qui a Bologna, sembra inoltre di stare in Fog di Carpenter. Raggomitolati nelle nostre trappole di cristallo…

Accoccolati e accovacciati nel tepore delle nostre nostalgie mai sopite.

La nebbia agli irti colli (bolognesi da Cesare Cremonini?) piovigginando sale…

Ah, vita mia salita, ancora salata. Addolcita, rabbonita, riassestata dopo tanti tormenti e spiacevoli, burrascose tormente. Dopo mille afflizioni, è ora giunta per me la definitiva resurrezione, la beltà dell’infinita, immacolata illuminazione.

Cosicché, fra un’amarezza zuccherata con della Nutella in mancanza del cioccolato della mia bella, fra un gelato all’amarena e un’emotiva, glaciale marea, mangio pure un cornetto, sperando che lei, lontana, non mi renda cornuto. Spingo quindi di streaming e mi pappo Nomadland.

Mica un polpettone. Comunque, i polpettoni di mia madre, fidatevi, sono più buoni de Il paziente inglese.

Kristin Scott Thomas di questo film perse contro Frances McDormand di Fargo.

E fu premiata da Nicolas Cage di Arizona Junior. Grande Frances! Da non confondere con Coppola Francis… Ford, zio di Nicholas Kim Coppola…nomadland poster

NOMADLAND, a proposito di Quarto potere e Mank, è questo il film che vincerà tutti gli Oscar possibili e immaginabili!

Questo film mi ha distrutto, sì, Nomadland.

Da tempo, forse dai tempi di Cuore selvaggio, no, di Una storia vera di David Lynch, non piangevo alla fine d’un film.

Durante la giornata, invece, piango sempre come Bob Wells di tale capolavoro inaudito di Chloé Zhao.

Sì, il mio dolore è immane. Sognai di essere Nicolas Cage ma, mi spiace per lui, la mia bella è più bella della sua ex Patricia Arquette. Eh eh.

Sì, possiedo una fortissima ironia cinica da fratelli Coen. Uno dei due sta con Frances. L’altro con chi sta? Con nessuna? Però scrive e dirige i film col fratello. Che gli vuole bene.

Sì, Ethan Coen è come il fratello di Christopher Nolan. Uno incassa, cioè quest’ultimo, l’altro si fa il culo ma non si fa nemmeno la McDormand.

Ora, Frances è bruttina. Anche se, ai tempi di Fargo, l’avrei riscaldata dalla sua neve. Ammantandola di delicate carezze, amandola anche in modo turbinoso e nevoso, no, nervoso, focoso. Donna deliziosa, donna che sa rendere un uomo qualcosa di emozionante come Nomadland, film davvero eccezionale. Poche palle… di Natale.

Film intimista, film neo-realista, pubblicato dalla Rizzoli, no, con una locandina da Adelphi e musica di Ludovico Einaudi. Un film meraviglioso.

Che ve lo dico a fare?

Date questo terzo Oscar alla McDormand.

Anche se Vanessa Kirby di Pieces of a Woman non scherza.

Sì, la Kirby è mille volte più bona di Frances. Ma Frances è l’attrice par excellence.

Donna che lavorò con Bob De Niro in City by the Sea, film nel quale interpretò l’amante di Robert. Il quale stava per perdere suo figlio.

In Tre manifesti a Ebbing, Missouri, Frances perde chi? L’avete visto? Me, invece, mi vedeste. Ove di vista mi perdeste?

In Nomadland, è vedova.

Perde anche il lavoro di Amazon ma è grintosa e volitiva come un’amazzone.

Recita una poesia da pelle d’oca a un ragazzo rimasto solo e ascolta, commossa, il racconto di Bob Wells.

Ma che bello. Bob Wells qui interpreta un “guru” che non avendo potuto salvare suo figlio dal suicidio, cerca di resistere, aiutando gli altri. Riunendoli attorno a sé con dei camper frastagliati in mezzo alla nudità di deserti punteggiati da roveti e da selvatiche piante simili ad erbe delle Pampas.

Le riprese non sono da peggior Terrence Malick di To the Wonder, cioè da National Geographic, il film non incede in inquadrature fighe e paesaggistiche su leccata, ruffiana musica cool e finto-grezza dei Pearl Jam come nell’estetizzante Into the Wild, qui viaggiamo veramente su altri livelli molto fini, poco grunge, imbattibili.

Alcuni reputarono Kurt Cobain un genio. Moderiamoci subito. Mozart non lo vide neppure. Per forza, morì prima. Ah ah.

Metafisica celestiale, lacrimosa immensità allo stato “brado” più alto.

Mi sono commosso. Capolavoro!

Signore e signori, dopo Jane Campion, abbiamo trovato finalmente un’altra grande regista donna, cioè Chloé Zhao.

Roba da annientare Shinya Tsukamoto, uomo sopravvalutato, e Banana Yoshimoto, scrittrice stupenda, con atmosfere che non vedono neanche cagate come Tetsuo, c… zi affini e Amrita.

Ah ah.

Ma quale Parasite, parassiti. Film furbissimo più di una volpe imprendibile. Cioè il sottoscritto, ah ah.

Diciamocela, Frances McDormand è la più grande attrice vivente. Mi fanno ridere quelli che osannano Margot Robbie. Quelli che ancora ci tediano con Meryl Streep. Quelli che strepitano per Kate Winslet. Anche se, a proposito della Campion, Holy Smoke docet…

Tornando a Chloé Zhao. Ha soltanto 38 anni. Amatela, custoditela, appoggiatela. Siamo dinanzi forse a tutto ciò che Kurosawa immaginò di essere ma non possedette mai il cuore di questa donna straordinaria. Smettiamola anche con Yasujirō Ozu.

Ma quale Ozu. Ma quale Zizou, cioè Zidane. Ehi, Zhao, mica Zorro.

McDormand di Nomadland, da non confondere con Promised Land. Se non vi piace, amate vostra moglie. È brutta e non è due volte premio Oscar. Quasi tre… quasi record. Credo inoltre che Einaudi sia più bravo al piano di David Strathairn in questo film straordinario.

E che scena è quella in cui Fern va a trovare il personaggio interpretato da Strathairn perché ne è segretamente innamorata? Mamma mia, che classe, che pudore, che candore!

Scende le scale e, di nascosto, lo osserva suonare. Ma non riesce a dimenticare suo marito e, malgrado fuori si geli, nonostante abbia bisogno di essere abbracciata e avvolta dal calore di un uomo, lascia stare…

Poi, prima della fine, piange ancora con estremo decoro e pudicizia. Ma s’incammina nel vuoto così come il grande Bob De Niro del cortometraggio Ellis. Sparendo nel suo furgone.

Mentre lentamente, cullati da Einaudi, piangiamo anche noi spettatori. Nomadland, un film gigantesco.

Ripeto, il racconto di Bob Wells è da pelle d’oca. Sa che suo figlio non tornerà più ma sa anche che, un giorno, lo incontrerà per strada.

Perché la vita è un sogno, un incubo, una tragedia, è piacere e sofferenza. Dai, stavolta vinciamo anche noi, italiani. Perché la colonna sonora di Ludovico Einaudi, ribadisco, è immensa!

E Nomadland è uno dei più grandi film della storia del Cinema! Date il terzo Oscar a FRANCES! Grande attrice, grande donna. Come la Zhao!

di Stefano Falotico

 

 

Alcuni sostengono che io assomigli a Sean Penn. C’è una sostanziale differenza, lui va matto per il sesso, io sono ascetico


13 Dec

penn george

Sì, gli adolescenti sono stupidi. Mi diedero dello Sean Penn. Come lui, ho il naso lungo e posso sembrare, a prima vista, parimenti a lui uno stronzo.

Siamo molto diversi. Io sono un diverso. Oramai l’ho appurato.

Conio frasi così: le donne sono come le stufe, stufano. Gli uomini le stantuffano. A quest’accaloramento preferisco il freezer con dentro un gelato.

Sì, molta gente pensò che dopo aver fatto sesso sarei diventato un maiale qualsiasi. Cioè uno che lavora per avere la dignità del cazzo e passa il tempo libero a rimorchiare.

Mesi fa, mi contattò, sapete, un semi-uomo, una mezza scimmia, no, una scema con un organo genitale maschile.

Sì, disse che molti anni addietro, mi vide a un meeting e da allora non riuscì mai a scordarsi di me. Lui era troppo piccolo all’epoca per farsi avanti e io troppo matto soltanto per poter intuire che i suoi sguardi nei miei riguardi non erano di semplice simpatia e complicità virile.

Cosicché, mi contattò e mi disse che ora lui è una donna. Per meglio dire, un ibrido. Dopo la plastica facciale, non asportò il suo membro ma veste come se in mezzo alle gambe non l’avesse.

Lui:

– Ti ricordi di me?

– Manco per il cazzo.

– Io invece mi ricordo di te. Fai promemoria. Ora io sono una donna. Cioè, sono un uomo ma faccio la donna. Tu invece, a giudicare dalle foto che vedo, sei diventato un uomo.

Insomma, mi piacesti subito e ancora mi piaci. Ma ora potrei piacerti io.

– No, mi fai schifo.

– Sai che ti dico? Sei brutto come il debito e sei pure sessista. Non vuoi venire con me perché ti fanno schifo i transgender. Sei un eterosessuale merdoso! Devi morire. Anzi, dovrebbero strappartelo a morsi!

– Non ne farei una questione di uccello. Guarda che, anche se tu non ce l’avessi, sono io che non lo uso.

– Ah, perdonami. Sei castrato?

– No, non me ne fotte una minchia del sesso.

– Però, come tutti, nella vita di tutti i giorni, vieni metaforicamente inculato.

– No, perché non ho una vita sociale.

– Perché mai?

– La gente, dopo tre secondi, pensa a quella cosa… è tutto impostato su battute a doppio senso e a meschine, vergognose allusioni di natura sessuale.

Quindi, è una gran rottura di palle.

 

Sì, se devo essere sincero, Sean Penn è un puttaniere. S’ingroppò perfino quella zoccola di Brigitte Nielsen che tradì lo Stallone italiano.

Poi, la dovrebbe finire questo Penn d’indossare queste infradito. Non si possono vedere.

No, non m’interessa. Fottetevi e andate tutti a farvelo dare in quel posto.

Quando si dice… quello s’è indurito troppo.

Sì, le donne sono noiose. Basta che dai loro Nutella e le fai ridere, potrebbero pure amare il film Tre giorni per la verità.

Oppure Into the Wild.

Avete mai visto una donna eremitica? Nel medioevo c’erano. Si chiamavano streghe. Le bruciavano vive.

Oggi, ci sono ancora le streghe ma non se l’incula nessuno.

No, non mi vedo proprio a essere intervistato in una trasmissione con una che mi fa le domande programmat(ich)e, vestita n tailleur.

Con un pubblico pagato che applaude a (tele)comando.

Sì, sapevo che sarebbe andata a finire così.

Non mi applico, non sono volenteroso.

Passeggiando, adocchio. Siamo pieni di malocchi. Non sono i finocchi, no, non sono omofobo.

Sono quelli che, appena svolti, vogliono sbattertelo…

 

di Stefano Falotico

sean penn george sean penn leila george

“Into the wild” – Recensione e dedica


31 Jul

Dedicato a Elena.
La Natura incontaminata dell’amore

C’è un nome che ha risuonato per tutta la visione di questa opera magna di Sean Penn: Elena.
No, non scherzo, sto conversando da qualche Giorno con una creatura che m’ammalia e ha sedotto un Cuore infranto, restaurandolo con “canagliesco seviziarlo” al fin taumaturgico di ripristinarne l’aroma troppo smaltato da una patina dolciastra che, di corrosive, taglienti “redini”, opprime, attimo dopo attimi a oscurarmi, l’anima mia più eccelsa per cui nacqui: l’astrazione, innata di divinatoria concezione metafisica della vita.
Le ho dedicato una poesia, vergata nei capelli suoi “lagrimosi” di melanconico umorismo furbetto, per odorarla, anche da lontano, nella porpora viva d’un fruscio erotico che eccita l’eclissata pulsione d’amarla, tergerne gli occhi in baci d’addolcir in tramonti che “piangan” l’estasi della nostra folgorazione in un Mondo sempre più divorato da crudeli brame di falsità.
Il suo nome vero è Elena.
M’irride, giuocandosi imprudentemente delle mie pazienze, ma poi non “stacca”, allacciata d’ipnotiche empatie, e attratta da come non cedo nel mio danzarle, sobrietà medioevale schiumata d’alcol fantasmatici, nei vagiti sinuosi in cui smania di troneggiante passione pura. Già “invisibile”.
Sì, me ne sono invaghito, e quest’incantesimo non si spezzerà in luci offuscate di borghese, “melenso” crogiuolo d’obblighi o circuito dall’inganno maligno in cui molti, di consapevole pattuirsi da ipocriti, rinnegano l’essenza per poi rapirsi, sì, rattrappiti d’ischeletriti battiti strozzati, d’ingiallite vene a “onorare” pragmatiche d’un ematico dolore mai sviscerato, mai urlato e disincarnato come un sogno mistico che “ferisco” nella lirica contemplazione d’onirici intrecci spirituali, d’agon sensuale e “cristologico”, ascetica finezza del sospiro e del gemerci.

Perché peccare di “virtuosa” pacatezza quando i profumi della vita riscoccano in ansiti d’assoluta e messianica libertà?

Sì, la amo…

E questo mio pensiero si concilia con questo capolavoro. Indecifrabile viaggio esistenziale, d’una strada da lastricar di sangue “appuntito” nei polmoni, d’urgenze impellenti e denudanti a esplorar, “violentare” la deflorazione cosmogonica dell’interiorità umana più profonda, come raggi di “vitrea seta” d’un assetatissimo, inesausto Sol battagliero (t)ersissimo, intrepidamente fiero e “(in)cosciente” nell’ululato lunare di notturne, guascone “morti” d’euforia folle del nostro man walking rinascente.

Un’evirazione sofferentissima ma vivifica, illuminante dalla società, come intona un “triste” Eddie Vedder nell’utopia dell’happiness angosciante, anelata, disperata e forse celestialmente “immersa” nelle aspersioni d’iridi toccate da un Dio armonioso dell’imman beatitudine della salvezza.

Colonna sonora “fluviale”, tene(b)ra come già detto del leader dei Pearl Jam in rifulgenti (as)soli intinti di fluorescenza temp(e)rata, anche allucinatoria, che urla “cupamente” abba(gl)iata proprio nel picco di “The Wolf”, nona track, l’unica ch’è un vagito, una sprigionata, inafferrabile, “ferina” redenzione dalle ibernazioni del mellifluo grigiore, e vola incorniciando, sghemba e dissolventemente turgida, dinamicamente statuaria, il selvatico liquore del primordiale, creatural incanto.
Culmina, rocciosa di montagne, nella sua sommità.

Il candore di Chris McCandless muterà, traslucido, nel febbrile Alexander Supertramp, eruzione nella sua licantropica, vulcanica, irrefrenabile voglia di fuga dalle istituzioni e dall’asservimento logorante, asfissiante e caudino.

Capitoli scanditi dall’evoluzione che corre veloce, scalpita ed è illiquidito “marmo” (im)perfetto del senso, sfiora occhi innocenti (una Kristen Stewart “tragicamente” magnifica) e preferirà l’innevata e florida Alaska d’un magic bus perso tra le “foglie” fotografiche del Tempo, nella memoria istantanea, memorabile d’un autoscatto a immortalare un Uomo.
Nel planarci, soffici, d’un ricordo inestinguibile.

Forse, il valore e grondante dolore di questo film è inciso nello Sguardo (dis)illuso di Vince Vaughn, uno dei tanti compagni dell’avventura in cui Alexander s’è imbarcato, quando lo lascia solo al “volante”, come a “mordergli” amorevole un “Vivi e ama come desideri, come imparerai da solo”.

E non si coagulerà…

(Stefano Falotico)

 

“Into the wild” di Sean Penn secondo Stefano Falotico


26 Jul

 

Questa è la strada…

Ecco, questa è una recensione particolare che merita tutto il suo ampio spazio. Dunque, non la (re)legheremo in un compartimento “opinionistico”. Di sfolgorante “prima pagina”, la incorniceremo per i posteri, quando un Giorno, un bambino lentigginoso vorrà svezzarsi da tanto sconcio farneticare e approderà, miracolosamente, ai bordi incandescenti della mia Luce, illuminante come un falco notturno che “stuzzica” gli avvoltoi e poi “evade” nel Cielo con la refurtiva, a “ormeggiar”, nel suo canto omerico, sulle rive del Giordano, con la folla ad aspettarlo e “intonar” balli e “baccanali” fin al mattino, con l’ombelico della mia preda prediletta a “sciorinar” tutto il suo furore “sanguinario” nel nostro covo privato.

Sì, lo riprogrammano, la prossima settimana, su Cult, qual è.
Categoria a sé. La redazione di “FilmTv.it”, m’accorgo or ora che lo “ridimensiona”. Siam passati dalle incensanti, per tal capolavoro incessante, cinque, fulgidissime stellette, a un  “mediocre”.
Mah, qualcuno avrà manomesso il database in un “Gli ha dato di volta il cervello”. Una decisione, sì, rivoltante, inaccettabile.
Pretendo il ripristino.

Opere così nascono ogni dieci anni, non “mozziamole”, il valore non va mai, nemmeno per cause di forza maggiore, dimezzato, va eternamente apprezzato. Nella brezza.

Per circostanze diverse dalla mia “(in)solita” stanza, mi ritrovai in un posto ove ebbi accesso ai Dvd solo attraverso un lettore portatile di pochi pollici.
Quindi, ne ho ricordo (im)memorabile, in quanto incastonato nella sua “miniatura”, cesellato come i bassorilievi di San Petronio, ove potrete “leggere” la Bibbia senza comprarla al market del nostro consumismo pagano.

Il cavaliere oscuro è qui, fra voi, sorelle alzate le gonne, fratelli porgetemi un abbraccio, ho fatto breccia nei vostri biechi becchi, sì, ho “sbeccato” le vostre “perfezioni”. Le ho “discusse”, le ho affondate, dunque rifondate.

Sono qui, “esimi”, non mi biasimate più, eh?
Sono un Santo, sono Cristo con le corna in testa. Così va, così si “alza”.

Sulle note metafisiche dell’ipnotica “ballata” di Eddie Vedder (un Uomo che dovreste studiare a “Messa”), nella mia colonna sonora, vengo Io col mio Verbo.

Un ragazzo abbandona la società borghese alla ricerca dell’ignoto, del contatto con la Natura a sé “confortevole”. Una fuga, una trappola, un’utopia, una meravigliosa ode al lodarla.
Andrà malissimo ma avrà scoperto l’esplorazione, la coscienza. Senza i compromessi delle condizioni “disumane“.

Sì, bacio una ragazza, mi racconta di Lei, di come non ci sopporta più, di come l’ipocrisia s’è impossessata dei nostri vizi, dei nostri rituali “agiati”, di come sia “libertina” per non essere imprigionata.
E mi ricordo di quando gli antichi druidi immolavano il vitello nel regno del loro Dio barbaro. Scolpendo le loro facce di fango nella pietra grezza m’ancor tonantissima del Mondo contemporaneo, vera come ieri.
Di come Sean Penn era più Uomo di Marlon Brando perché aveva sposato, giovanissimo, Madonna.
Di come, la nostra religione si è rammaricata troppo presto e di come il Diavolo alberghi, malandrinissimo, nei vostri uccelli.

Questo film non va commentato, va ascoltato.
Incantatevi.

 

 
Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. 3 giorni per la verità (1995)
    C’è più verità in questo film che nelle teorie di Freud.
    Che era un frocio, nel senso pessimo della parola.
  2. La promessa (2001)
    E se, invece, la ragione venisse dimostrata?
  3. Into the Wild. Nelle terre selvagge (2007)
    Fidatevi, siete quasi tutti pazzi.
    Io, verso le tre postmeridiane, mi alzo dal letto e mi “masturbo” il frigorifero.

“Into the wild”, Tribute


26 Jul

 

Scalpitan gli zoccoli dell’ombra maledetta e, dal buio, franta in dardi fratturati d’arcobaleno mistico, si spande la Luce a illuminar i binari neri degli uomini vagabondi, nel mio Tempo senza dimensione, approdando a una spiaggia selvatica di primitive erosioni a sgualcir tra le foglie malinconiche di un’isola ove alberga King Kong, creatura parsimoniosa “ottenebrata” per assolate, salvifiche e salubri adorazioni superomistiche di me nell’abbacinante estasi miracolosa d’una giungla nella sua essenza palpitante.

Udite come vergo il mio sangue meravigliandolo d’oriental decadenza nella vacuità dell’infinito, a me indomito e domato, mio scettro rubicondo di Gioconda metafisica dalle iridi acquiescienti di senziente “Buona Notte” alla meditabonda scelleratezza:

It’s a mistery to me
we have a greed
with which we have agreed

You think you have to want
more than you need
until you have it all you won’t be free

society, you’re a crazy breed
I hope you’re not lonely without me

When you want more than you have
you think you need
and when you think more than you want
your thoughts begin to bleed

I think I need to find a bigger place
‘cos when you have more than you think
you need more space

society, you’re a crazy breed
I hope you’re not lonely without me
society, crazy and deep
[Society Lyrics on http://www.lyricsmania.com)
I hope you’re not lonely without me

there’s those thinking more or less less is more
but if less is more how you’re keeping score?
Means for every point you make
your level drops
kinda like its starting from the top
you can’t do that…

society, you’re a crazy breed
I hope you’re not lonely without me
society, crazy and deep
I hope you’re not lonely without me

society, have mercy on me
I hope you’re not angry if I disagree
society, crazy and deep
I hope you’re not lonely without me

Ricordate: il Maestro è tornato…

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1.  King Kong (2005)
  2.  Into the Wild. Nelle terre selvagge (2007)
  3.  Ronin (1998)

 

Genius-Pop

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