Eh eh.
Posts Tagged ‘interview’
Il sottoscritto intervista il grande Antonio Del Sorbo
Ecco una foto bellissima dal suo profilo Facebook.
DOMANDA numero uno e poi tutte le altre: la visione cinematografica coinvolge lo spettatore su un piano razionale-cognitivo o emozionale-sensoriale?
– Dipende da come si fruisce del Cinema. Per molti anni il Cinema ha avuto una valenza popolare. Era una valvola di sfogo per i fermenti anche rabbiosi che scorrevano sottopelle, per esempio, fra i proletari incazzosi che, nella Settima Arte più fantasmagorica, sublimavano le loro esistenziali sconfitte quotidiane, proiettando i loro sogni sul grande schermo e, a loro volta, come in un rapporto quasi parassitario ma vivamente simbiotico, esperivano da questi sogni la voglia di vincere ed emanciparsi dai loro grigi o turbinosi malesseri quotidiano-sociali.
Quindi, in tal caso il Cinema coinvolge lo spettatore dal punto di vista sentimentale.
Quest’anno, agli Oscar sono stati premiati perlopiù film che hanno assolto a questa funzione. Puro, ottimo Cinema popolare nella sua forma migliore. Basti pensare alla storia di amicizia di Green Book. Un po’ indubbiamente retorica ma comunque di pregiata, indiscutibile fattura.
Poi, ovviamente esiste il Cinema artistico più elevato. Come quello di Lynch o Cronenberg.
Che agiscono a livello razionale e cognitivo, svelandoci la nudità del mondo nella sua verità più freddamente realistica. Sì, Lynch è paradossalmente realistico anche quando estremamente metafisico. Non è mai retorico nemmeno nelle storie più semplici come Una storia vera.
- Il cinema deve assolvere anche una funzione pedagogica oppure deve solo rappresentare e non pretendere di educare?
– No, a mio avviso il Cinema non deve educare proprio a un bel niente. Questa visione scolastico-pedagogica è sbagliata. È adottata, che ne so, dai docenti di Storia che portano i loro alunni a vedere Salvate il soldato Ryan, faccio per dire, per far capire meglio ai loro studenti la Seconda Guerra Mondiale.
E invece non li portano a vedere La sottile linea rossa. Film ben più introspettivo delle spielbergate retoriche. Sì, di Salvate il soldato Ryan salvo la prima mezz’ora dello sbarco in Normandia. Per il resto è trionfalisticamente patriottico e falso.
Allora, a questo punto, è meglio leggersi, appunto, un libro di guerra. Pure questo ideologicamente schierato ma almeno privo delle lezioni moralistiche di Spielberg. Uno che quando faceva il Cinema che gli riesce meglio, cioè quello scacciapensieri, era molto più pedagogico, eh sì, di quando ha tirato fuori Amistad. Altro film palloso e bugiardo.
E ne vogliamo parlare dei genitori che portarono i figli adolescenti a vedere L’ultimo bacio? Ansiosi che i figli s’innamorassero della classica ragazza brava e in gamba?
Ma per l’amor di dio.
Un genitore sano e non bacato deve portare i figli, sin dalla più tenera età, a vedere un film con Edwige Fenech. Tanto il figlio è già più sveglio di loro e capirà che questo genere di film è una porcata. Solo allora, da sé si approccerà a Cuore selvaggio.
- Il cinema è il veicolo privilegiato per la visione di un film o anche i mezzi di nuova generazione (piattaforme streaming) hanno la stessa dignità?
– So che, se dovesse leggere questa mia risposta Federico Frusciante, mi brucerà la casa.
Ma io qui lo affermo e non lo nego, lo sottoscrivo, firmato in calce.
Lo streaming è meglio. Sarò più preciso in merito. Il Cinema inteso come luogo di aggregazione non esiste più.
Sono stanco di fare la fila, sorbirmi venti minuti di pubblicità e non capire un cazzo di un film di Woody Allen perché una buzzicona, al mio fianco, scoreggia e mangia la sua patatina…
Ah ah.
Invece, nell’intimità della propria casa, posso fumarmi una sigaretta. Per aggregarmi a qualcuno, ci pensa la ragazza che ora sto corteggiando. Con cui condividerò emozioni in compagnia…
Così è. La seduta è tolta.
- Quali sono le caratteristiche del genere noir?
– Il noir lo riconosci subito. Molti pensano, erroneamente, che in un noir debbano esserci per forza una donna seducente oppure un omicidio. Non è sempre vero. Femme Fatale di De Palma non è un noir, è un giallo hitcockiano. Così come Black Dahlia.
Gli spietati invece di Eastwood è un noir camuffato da western.
- Un grande regista esplora aspetti nuovi in ogni suo film oppure può anche riprodurre lo stesso prodotto?
– Invero, i grandi registi “parlano” sempre delle solite tematiche, cambiando solo le trame.
Kubrick, per esempio, ha sperimentato quasi tutti i generi, ma ha fatto sempre lo stesso film. Incentrato sulla follia dell’uomo collocata in ambiti diversi.
- Come si contempera l’aspetto commerciale del cinema con il non porre alcun tipo di paletti a una forma d’arte?
– Nella risposta precedente, ho accennato a Kubrick. Ebbene Shining, sul quale comunque io ho delle riserve, coniuga l’arte alla commerciabilità. È un film che puoi vedere a otto anni e rimanerne impressionato. E rivedere a ottant’anni per scoprire lati più profondi che da piccolo ti erano sfuggiti.
John Carpenter è maestro in questo. Infatti, lui s’è auto-definito un comunista-capitalista, eh eh.
Uno che cioè pensa alla grandissima qualità con l’occhio comunque al portafogli.
- Cosa rende un film classificabile come prodotto d’autore?
– Un film può essere anche un porno o un film orribile ma lo stesso d’autore. Perché, pur nella sua sconcezza o nella sua estrema bruttezza, è d’autore in quanto chi l’ha girato, ha adottato il suo punto di vista. Il suo sguardo.
- Lo spettatore è soggetto passivo o attivo dell’esperienza cinematografica?
– Lo spettatore è sempre attivo. Diventa passivo quando vede Sharon Stone in Basic Instinct e non si attiva qualcosa in lui di “coinvolgente”. Se è così, è passivo pure omosessuale. Ah ah.
- Negli ultimi anni le serie tv hanno via via acquisito un maggiore spazio. Ciò è dovuto a un aspetto di puro intrattenimento oppure si lega, magari, alla migliore caratterizzazione dei personaggi e/o al miglior sviluppo della trama in un arco narrativo più prolungato?
– Non sono un grosso ammiratore delle serie tv. Anche le più belle peccano dello stesso difetto. Dilatano la trama, con digressioni e scene inutili, per allungare il brodo. Quando era tutto più risolvibile e migliore se avessero cancellato parti, appunto, superflue.
- Il regista contemporaneo che ha maggiormente innovato il cinema e perché?
– Credo David Cronenberg. Prendiamo il successo di Black Mirror. Che comunque a me piace. Incontestabile il talento di Charlie Brooker. Ma non vi è un solo episodio di Black Mirror che non possa essere riconducibile alla nuova carne tecnologica di Cronny.
Grazie Antonio.
Intervista di Stefano Falotico
Intervista a Simona Colaiuda, neuroeconomista e scrittrice
Ebbene, il qui presente Stefano Falotico intervista Simona Colaiuda, una donna di sfrontata bellezza da rimanerne ipnotizzati che, sul suo profilo Facebook, testualmente si presenta come Neuroeconomista, Executive and Corporate Coach. Ma la sua grande, viscerale passione è la scrittura, ed è autrice di numerosi romanzi e novelle.
1) Innanzitutto, Simona, potresti descriverci la tua vita privata? Poi entreremo nel pubblico. Sì, capovolgiamo le domande retoriche e, addentriamoci, naturalmente se vuoi e se questa richiesta ti è gradita, in ciò che fai nella vita al di là del tuo lavoro. Cioè, sei sposata, hai figli, quali sono i tuoi hobby?
Sono la mamma di due ometti che assorbono, oltre al cuore, la maggior parte del mio tempo libero, e per fortuna, aggiungo. Le cose che amo di più sono i film d’amore e le chiacchierate sterminate con i miei amici, quelli veri però.
2) Ora, invece, ci descriveresti il tuo lavoro? Cosa intendi per “neuroeconomista?”. Prova a spiegarlo a profani come me, ad esempio.
Quando si parla di neuroeconomia si fa riferimento all’economia comportamentale, che, nata dalle intuizioni di Tversky e Kahneman, può definirsi una scienza interdisciplinare. Il suo obiettivo è quello di unire le conoscenze della psicologia a quelle dell’economia, andando a studiare il funzionamento della mente umana durante i processi di decision making, processi decisionali, nella soluzione di compiti economici.
3) La miglior soddisfazione ottenuta dal tuo lavoro?
I messaggi di stima dei miei lettori.
4) Quando invece hai cominciato a fare la scrittrice? Si tratta di una passione che hai sempre avuto o è nata, che ne so, da esperienze particolari, è maturata negli anni, e come si è sviluppata?
In realtà ho sempre scritto, come tutti d’altronde. Pensa semplicemente a Facebook e a tutti i post che vengono scritti nell’arco di pochi minuti da milioni di utilizzatori: sono cifre da capogiro. E in questo mondo dove sono tutti scrittori, ho cominciato a scrivere in maniera più impegnata solo qualche anno fa, quando alcune importanti riviste mi hanno scelto per portare avanti dei progetti, rubriche, articoli, e poi non mi sono fermata.
5) Se dovessi approcciarmi per la prima volta ai tuoi libri, quale mi consiglieresti come lettura iniziale per prendere confidenza col tuo mood letterario?
Sicuramente l’ultimo che ho scritto: Costruisci la tua felicità in tre atti, Ed.Aloha, 2017. Ma quello più bello è quello che devo ancora scrivere!
6) Quali sono le tue strategie per promuoverti? Utilizzi molto i social per diffondere il tuo lavoro o sei più vecchio stile?
Impossibile ignorare il mondo dei social, chiunque lo facesse, tirandosene fuori, farebbe un clamoroso autogoal. Ma le care, vecchie presentazioni sono senza dubbio più emozionanti, almeno per me.
7) I tuoi progetti per il futuro? Puoi confidarceli?
I progetti, se ci pensi, sono desideri. Quindi affido alla tua stella il desiderio di portare a termine con successo i progetti editoriali che sto ultimando.
Grazie bellissima Simona per averci svelato qualcosa in più di te, è stato un piacere intervistarti.
Il piacere è stato mio. Ringrazio te per l’acuta intervista e la cortese ospitalità sul tuo blog. E, last but not least, ringrazio chi è arrivato a leggere fino a qui.