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IN THE MOUTH OF SADNESS – Un mio cortometraggio e finalmente Motherless Brooklyn del grande Ed Norton


21 Aug

motherless brooklynSì, non mi sono sbagliato. Scusate, se John Carpenter girò In the Mouth of Madness, da noi ribattezzato Il seme della follia, perché io in mezzo a tanta pazzia umana non posso ammettere che sono triste?

Sì, questo mio cortometraggio apparentemente non ha senso. Lo ha per la mia mente che, in un lontano oramai passato da me ampiamente superato, eh già, un brutto scherzo mi cacciò.

Se a ciò aggiungiamo gli scherzi quasi omicidi e d’istigazione al suicidio di gente malevola, cazzo, la frittata fu fatta.

Ma fortunatamente la mia mente, così come si perse nei meandri notturni d’una solitudine lupesca, avvinghiando la luna come una dolce principessa, allo stesso modo risorse dal torpore di tanto melanconico candore, voi lo chiamereste squallore. E resuscitai dalle viscere dei miei ricordi, elucubrando ogni momento d’un tempo giammai abbandonato dalla mia imbattibile, intatta memoria da vagabondo. Molto iracondo.

Io possiedo un cervello mnemonico da far invidia agli hard disk del Pentagono. Rimembro con esattezza il giorno e l’ora esatta in cui una certa ragazza non volle il mio membro, smembrandomi in un oceano d’amarezza da fratturare ogni mia speranza e intristirmi precocemente in un’apparente senilità infinita.

Invero, la mia giovinezza è ancora smisurata, ieri mi pare oggi e rammento ogni preciso momento della mia infanzia, ogni minuto della mia adolescenza, ogni lugubre mia apatia e anche ogni istante della mia incurabile malinconia.

Molte persone pensano che io menta. Domandate a psichiatri in gamba e vi confermeranno che le mie bugie non furono mai di gambe corte, fu il mio fiuto, il mio intuito a far sì che evitassi il tragico lutto.

Ora, il cosiddetto complotto ai miei danni, sì, ordinato a cagione della mia persona con tanto di provocazioni atte a far sì che mi dessi all’impiccagione, in effetti ci fu, sebbene si fosse trattato d’una bambinata un po’ troppo tirata per le lunghe. Niente di preoccupante.

Non saprò mai chi fu il responsabile d’una tragedia scampata per miracolo.

Se quel Calzolari o la mia ex, molto più figa di Bice di Folco Portinari. Sì, n’ero gelosissimo e lei, per appurare se n’ero innamorato, mi telefonava a tarda notte, fingendo l’orgasmo, facendomi credere che per caso era partita la telefonata dal cellulare mentre un altro stava spingendo tutti i suoi tasti con la “suoneria”.

Soltanto se, dall’altra parte del telefono, le urlavo incazzato, mi confessava che stava scherzando.

Chissà, forse stava solo schizzando…

Ah ah.

Era ora di smetterla assai prima senza scatenare rivali faide, urla e cagnare, ricoveri e casini vari.

Eppure, dal dolore di tanto mio assopimento, dopo tanto nero mio ammorbamento, dal mio Mare dentro riemerse Nettuno e ora credo che non ce ne sia per nessuno.

Neanche per nessuna poiché sono già state tutte prese. E io ancora una volta lì l’ho preso.

Ieri, v’ho detto che io e una certa Alice stiamo entrando in confidenza. Alice è lesbica ma questo problema è risolvibile.

Ecco, io adoro Edward Norton. Da un bel po’ non faceva un cazzo. Et voilà!

Se ne salta fuori con la sua seconda opera da regista nella quale interpreta la parte di un uomo che soffre della sindrome di Tourette.

Sì, la sindrome di Tourette incasina parecchio il cervello.

A volte, ancora ho io stesso dei momenti da Memento.

M’è successo anche oggi pomeriggio.

Stavo guardando una clip su YouTube, sottotitolata Tre volti di Jennifer.

Ho dovuto rileggere questo titolo tre volte poiché, a prima vista, avevo capito… le tre volte di Jennifer.

Alla quarta volta, ho capito che forse sono davvero La donna che visse due volte.

Peccato che il mio fare la primadonna per troppo tempo fece sì che la mia prima volta avvenne con una che se n’era già fatti parecchi.

Era troppo matura per me. Fu una botta troppo forte.

Un bel casino, ragazzi!

Ah ah.

Comunque, a Settembre, finto il Festival di Venezia, tanto non me lo faccio tutto, soltanto cinque giorni, mi sa che devo pensare seriamente al mio futuro.

Forse è tardi. Ma posso laurearmi in filosofia teoretica o in Letteratura arcaica prima del previsto. Coi miei libri pubblicati, mi abboneranno 7/8 esami.

Vado a dormire. Sono le 3 e 56 di notte.

O forse vado a ballare.

di Stefano Falotico

Sì, oramai è lapalissiano, la mia voce è richiesta ed è sempre fuori dal coro, adesso pure gli audiolibri…


18 Jul

sutter cane


Ecco, un mio amico, Giovanni di Castel San Pietro Terme, il quale mi porta sempre all’Accademia del Pomelo, luogo frequentato da ragazze che voi vi sognate nei peggiori incubi, visto che anche in sogno loro vanno con gli altri, mi sta incitando a realizzare audiolibri. Ben conscio che la mia voce abbia un che di magnetico, d’imponderabilmente propedeutico, oserei dire taumaturgico.

La mia voce, sfumata in cromatismi sonori fra il nero allegro e il bianco malinconico, s’insinua nelle vostre anime, scopre i vostri cuori e li intarsia in splendida rilegatura rinascente.

Qua sta succedendo il manicomio. Miriadi di persone, delle più disparate, mi contattano su Facebook, dunque elargisco consigli di vita su WhatsApp, le donne si accapigliano per uscire con me ma sono di gusti difficili, svolto altrove e imbecco una dietro un cantuccio a cui offro toscani cantucci per poi ubriacarla di miei sentimentalismi rosati come il miglior vino del Chianti.

Cammino con sguardo leggero, adocchio una in minigonna e dunque, stando sul vago, dopo mezz’ora in lei evaporo.

Non capisco però perché lei si rivesta, indossando i pantaloni.

Signore e signori il Genius-Pop.

Uomo inafferrabile, imprendibile anche per sé stesso.

Non si sa mai quello che farà, chi si farà ma soprattutto come mai riesca sempre a stupirvi senza effetti speciali.

Il vero JOKER.

Sparisce nella notte, riappare da dietro un cespuglio e ha un carisma al cui confronto Joaquin Phoenix e Bob De Niro impallidiscono.

Sì, loro usano i truccatori per apparire carismatici, io adotto la cera della mia rinascita.
Senza ritocchi cosmetici ma un naso da Pinocchio che bi sbugiarda e vi dovrebbe mandare tutti a farvelo dare in quel posto, invece, con signorilità eccelsa, vi manda in culo alla balena.

Ah ah.

 

di Stefano Falotico

Che ci fa il Joker a Medicina assieme a un suo amico del circondario imolese? Super video


30 Jun

benigni stecchino phoenix johnny cash

Sì, il Joker Marino, ovvero il sottoscritto, non abbisogna di truccatori e visagisti.

La faccia del clown è stampata nei suoi lineamenti affascinanti, malinconici e talvolta rock su espressione beffarda da Travis Bickle di Taxi Driver, da Rupert Pukin di Re per una notte, associata al miglior Joaquin Phoenix possibile. Forse il suo Johnny Cash di Quando l’amore brucia l’anima.

Un’anima dura, nuda, senza makeup e imbellettamenti.

Con zigomi da Al Pacino di Crusing e fascino magnetico alla Sean Penn, a sua volta grande amante di Springsteen.

Con un mio amico, il quale abita a Castel San Pietro Terme, in quest’ultimo sabato di Giugno 2019, mi sono avventurato a Medicina. Cittadina di quasi ventimila abitanti sulla quale aleggiano storie macabre da Carlo Lucarelli.

Questo mio amico, passeggiando lungo le vie del centro storico di tal paesino ameno, mentre adocchiai qualche ragazza indubbiamente sollecitante i caldi estivi, mi ha condotto nei pressi di un’abitazione maledetta.

Si dice che in Italia i medici, non la famiglia Medici, siano la categoria a più alto tasso di suicidi.

Sì, anche negli Stati Uniti non stanno messi meglio.

Il medico, laureato in Medicina, anche se s’è laureato a Bari, a forza di stare a contatto con persone malate di qualche patologia, si ammala lui stesso.

Pensate all’episodio finale della stagione 4 di Black Mirror. Col segmento dello scienziato pazzo che, prima entra in contatto con gli infermi e poi, immedesimandosene troppo, s’incancrenisce da solo.

Ad esempio, io posso dirvi questo. Avete presente il finale di Johnny Stecchino? Quando sbattono Dante, scambiato appunto per lo Stecchino, nella bottega del barbiere?

Tutti credono che sia fottuto in mezzo a quegli animali.

Come fa il tacchino?

Ah, miei polli.

Pensiamo per esempio agli psichiatri. Ne incontrai molti nella mia vita. Mi dissero che, a forza di vedere troppi film, avrei aggravato la mia indole delirante sulla realtà, imitando il peggio del Cinema di Jodorowsky.

Invece, smentii ogni loro diagnosi. Sì, uno mi dette solo qualche mese di vita cerebrale.

Avevo ragione io. Se Matthew McConaughey dimostrò l’impossibile in Dallas Buyers Club, io dimostrai, come un teorema pasoliniano, che la scienza non può niente contro di me. Sono troppo oltre le teorie assurde e invalidanti partorite da rimbambiti.

No, non fui accusato di avere l’AIDS ma di essere spacc(i)ato nel cervello. Mi costrinsero ad assumere farmaci, convinti che altrimenti avrei fatto la fine di Russell Crowe di A Beautiful Mind.

Ragazzi, non assumete mai robaccia come gli psicofarmaci. Perché poi, se vedete Jennifer Connelly di Hot Spot, il cavallo dei pantaloni non sentirà il bisogno di cavalcarla come in un tosto rodeo.

Si chiama calo della libido. Non è castrazione ma diciamo che colui che assume psicofarmaci, ecco, tende ad angelicare ogni donna anche se si trova dirimpetto a Miss Italia.

Sì, io ho scarsa fiducia nei medici. A mio nonno dissero che aveva superato il Cancro e dopo tre mesi il suo corpo fu inondato di metastasi e lui morì.

A un mio amico ingessarono l’alluce quando invece s’era fratturato il pollice.

Mia madre invece non sta tanto bene ultimamente. Le dissero che era affetta da una strana allergia propagatasi sul corpo e invece si è scoperto, assai in ritardo, che ha la celiachia. Non può mangiare il glutine. Era il glutine a provocarle una reazione infiammatoria.

Il mio caso è stato diverso.

Ero un enfant prodige. A forza di abbassarmi al livello dei dementi, il demente ero diventato io.

Per una semplice ragione. È come ne Il seme della follia di Carpenter. Se i pazzi dicono che il pazzo sei tu, lo sei davvero perché gli altri non capiscono. E ridono e ballano, facendoti le smorfie.

Ad esempio, la realtà la puoi strutturare in vari modi. Se per te vita significa timbrare il cartellino, fare figli, andare a messa e guardare partite di calcio, chi amerà Clive Barker verrà da costui/costoro considerato un mostro di Lovecraft.

Il concetto mi pare chiarissimo. Com’è che non ci arrivate? È una questione cabalistica.

Infatti, con questo mio amico abbiamo parlato dei grandi horror degli anni ottanta come Hellraiser.

Concordando che Barker è superiore mille volte rispetto al tanto celebrato Stephen King.

Detto ciò, mi ha mostrato un’abitazione per cui una leggenda metropolitana narra che le persone del luogo che hanno deciso di farla finita, eh già, affittano una stanza per continuare la funebre tradizione, come in una catena di Sant’Antonio, del primo che si suicidò in quella precisa cameretta orribile.

Roba quasi da Shining.

Quindi, io e il mio amico siamo ritornati a Castel San Pietro Terme.

Recandoci all’Accademia del Pomelo, bar sui generis con una barista che sa come shakerarti gli ormoni.

E questo è quanto.

Il resto non ve lo posso dire.

So che siete curiosi di sapere come sia andata a finire tra me e la barista.

E, nel mistero, si crea la suspense.

Mentre, nel vostro cervello, si sviluppa sempre più l’onanismo a farvi i cazzi altrui.

Statemi bene. E curatevi. Il detto dice: meglio prevenire che curare.

Il mio invece sostiene questo: chi mi disse di curarmi, eh sì, credo sia stato inculato.

Ho al solito ragione io?

Chiediamolo alla barista.

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di Stefano Falotico

2019: Fuga da questo mondo di sogni che invero non più sogna, W Carpenter ed evviva il Genius-Pop!


10 May

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E ora la sparo fenomenale!

Sì, mi piacerebbe essere eiettato dal Gullfire al centro della Grande Mela di questo mondo ghettizzante che esclude e dunque reclude, recrudescente, coloro che non si adattano facilmente ai suoi parametri fascisti e parafrasare, traslare questo celeberrimo incipit di uno dei capolavori del grande John Carpenter all’interno di tal folle società imprigionata, lobotomizzata fra le sbarre edonistiche di Instagram ove la regola basilare, adesso, per avere follower, anzi, con la s plurale che fa tanto unanime imbecillità poco pluralistica bensì omologata alla cretina grammatica scolasticamente più elementare per procacciarsi fan, cioè perfetti sconosciuti semianalfabeti a cui tu metti like e loro parimenti corrispondono di altrettanti cuoricini stupidi, recitando e declamando in piena notte, turgidamente cupissima e infettata dalla luna più barbaricamente tetrissima, con la mia voce narrante, un devastante monito contro quest’umanità a dir poco costernante e oramai sprofondata nell’idiozia altissima, cioè nella più miserabile, pusillanime, egoistica celebrazione folcloristica di manichini esibizionistici:

«2019: l’indice di deficienza non solo negli Stati Uniti raggiunge il 400%. Quella che un tempo fu la libera città di New York e l’umanità ellenica diventa il carcere di massima sicurezza per l’intero globo terrestre. Un muro di cinta di 15 metri viene eretto lungo la linea costiera di Jersey, attraverso il fiume Harlem e giù lungo la linea costiera di Brooklyn. Circonda completamente l’isola di Manhattan, tutti i ponti e i canali sono minati. La forza di polizia statunitense, come un esercito, è accampata intorno all’isola. Non vi sono guardie dentro il carcere. Solo i prigionieri e i mondi che si sono creati. Le regole sono semplici: una volta entrati, non si esce più».

Sì, una regola ferrea che non vale solo per Nuova York.

Una volta iscrittivi su Instagram, siete fottuti.

Ma soprattutto chi non s’iscrive appartiene di diritto anticostituzionale al mondo degli emarginati e dei vinti.

Sì, oggi per vincere e avere amici, peraltro virtuali e soltanto voyeuristici, dovete farvi cento autoritratti al giorno come dei pirla, inserendo i seguenti tag irrinunciabili:

#love, #photooftheday, #followme, #like4like, #instadaily, #summer e stronzate varie.

Sì, anche se sarete in pieno inverno al Polo Nord, anzi, al Polo Sud come in The Thing, se non volete rimanere soli come dei cani al pari di Kurt Russell e Keith David, guardandovi negli occhi, pensando… ci siamo salvati dall’omologazione che tutto assorbe ma ora che facciamo, c’inculiamo a vicenda, ecco, ficcate… la foto di voi sul cesso al buio con l’hashtag: #chicagodinotte.

Come in una celebre, pessima battuta di Pierino/Alvaro Vitali.

E vedrete che, pur essendo delle merde d’uomini, tutte le donne più fisicamente bone ma più vuote di un water di un albergo senza clienti, appunto, vi cagheranno.

Che bellezza di mondo, eh?

Come abbiamo fatto a sputtanarci così?

Quando è partito questo delirio escrementizio?

In quale superomismo becero da Essi vivono?

La gente non legge più i libri e pensa perfino che Il seme della follia sia una malattia genetica tramandata per colpa di un commento sbagliato.

Sì, oggi, se sbagli intonazione in un commento, ti arrivano addosso altri commenti molto nobili:

ammazzati, ritardato.

Oppure: sparati in bocca ché non sei Iron Man, seguito da #avengerssupercool.

In tale Fog crescente, in questo The Ward allucinante di morti viventi, fra questi Vampires ridicoli, in questo Grosso guaio non solo a Chinatown, mi tengo stretto il mio Distretto 13.

Il mio isolazionismo pop. So che mi accerchierete, voi, brigatisti della morte disumana, voi, edonisti con le vostre macchine infernali come Christine, voi bimbi insensibili da Villaggio dei dannati, so che le mie saranno le Avventure di un uomo invisibile, parecchio inviso, ma ci tengo alla mia “diversità” da Starman.

In un mondo senza più religione, io sono ancora fra quei pochi che si pongono dubbi teologici, cosmogonici. Ovvero se dio e il diavolo siano la stessa persona come ne Il signore del male.

Mi domando perché vivo e perché noi tutti viviamo così.

Mi domando se siamo solo dei Fantasmi da Marte di una società ridotta peggio d’un martire, alienata, disintegrata come ne La Fin Absolue du Monde.

Sì, è per questo che John Carpenter è uno dei più grandi geni non solo della storia del Cinema.

E questo libro, me ne frego delle vostre invidie, è forse il migliore, a livello mondiale, sul Maestro.

Compratelo e ricordate:

tu leggi Sutter Cane?

Ah ah!

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di Stefano Falotico

cigarette burns

Miei Vampires: camminiamo anche di giorno e concupiamo, siamo la pazzia pura della beltà, ballare


27 May

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Sì, John Carpenter davvero da tanto non gira un film. Doveva farne uno con Nic Cage e uno con la Swank, ma quei fottuti capitalisti gli hanno messo il bastone tra le ruote, perché John non fa Cinema commerciale, il suo è un Cinema mai laido ma laico.

Miei chierici, dobbiamo essere chiari. Sì, voi che vi fotografate al ristorante Miramare con le ostriche in mano e il caviale, non addiverrete mai alla poesia dei suoi film, film che ti entrano nelle viscere, film sguscianti come cozze saporite da ingerire per noi stomaci forti.

Noi tolleriamo tutto ma mal sopportiamo l’idiozia, e il mondo invece se ne ciba in tavolate d’imbecilli che, sguaiati, ridono come bestioline.

Al che, nel bel mezzo delle loro gozzoviglie, arriva nella notte un cavaliere senza macchia e senza paura, ruba l’affettato, senza fretta non si fa affettare da questi uomini anaffettivi che ingurgitano affettati, afferra una loro donna e spinge… musicandole tutte le colonne sonore di John, per un virulente amplesso che lascia tutti a bocca aperta. Boccaloni. Vi bevete tutto.

E io sgattaiolo indomabile mentre il giorno, adesso placido e poi acido, tramonterà come sempre nel mio sguardo da gatto.

Ah ah.

 

di Stefano Falotico

John Carpenter ama John Wick


26 Aug

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Esi(s)to, eppur contro gl’idioti insisto, in mo(n)do inusitato, quindi a essi starnutisco

Non mi cagan di striscio e perciò io, dopo essermelo allisciato, un po’ vi piscio, sorvolando pause d’intermittenza evacuante ché lo svago è svuotarselo.

Su questa mia trivialità, affermo la mia (non) volontà. Incipiente di perversioni sane, non rinsavisco, gemo e “poltrisco”, nel far risorger Dio Carpenter in gloria, perché siamo s(c)emi della foll(i)e “fobici” di They Live, color non di animo colorato che, in doppiopetto, con quelle “occhiate” nere ci redarguiscono. Tuffiamoci in c(l)oro!

Rivendico la virtù illibata dei nerd più al(a)ti, quelli a cui puzza l’al(i)to e aman “toccarsi”… nei pun(i)ti “bassi”. Contrabasso, meglio delle sviolinate e dell’amor così “menato” per l’a(r)ia, ah ah, la donna vuol godere e (pre)tende all’uomo “colto” di sapere, eppur non sa(le), sempre troppo zucchero in tal vis(i)one da zucca vuota. Questa è la “mi(n)a” dell’amor proprio, farsi i cazzi miei, ché tutti sanno che n’ho più di un(t)o.

Fine della storia, non ci sarà happy ending ma solo un’inculata a Teddy.

Stammi bene, ché “verran” i giorni di “pene”.

Non ammazzar il cane, ecco la carne. E tu, tu, non farti le canne. Beccati questo colpo in canna.

di Stefano Falotico

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Genius-Pop

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