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Il Ras del quartiere, fra bullismi e donne ignobili, io navigo sott’acqua da anfibio che si tira su la lampo


30 Apr

Abatantuono ras quartiere

A me affiliatevi ma, donne, con me non figliate. Io non figlierò mai e poi mai. Ho già troppo da badare al pupo che sono per occuparmi di bebè. E poi da solo, senza obblighi genitoriali, posso mangiarmi tranquillamente il babà.

Sì, sono un ras, un uomo dotato di una personalità talmente sfacciata e così prominente, spiccante e i miei mille umori spaccante, da permettermi di nobilitarmi da solo, anche se nobile sono soltanto nell’anima. Non discendo da alcuna dinastia ricca o possidente, anche se mio nonno aveva un bell’allevamento di polli che poi faceva arrosto. Sì, li sgozzava quando diventavano pasciuti e poi si gustava le loro cosciotte come un antico romano nel suo banchetto fastosamente allestito. Insomma, mio nonno non viveva in una reggia ma in una specie di cantina adibita a uso domestico. Ma comunque non si faceva calpestare da nessuno. Se qualche uomo potente lo ricattava, lui gli rideva in faccia, dicendogli bellamente che solo le galline spennacchiate sarebbero andate a letto con lui. Si beccava un pugno ma lui sferrava un calcio nelle palle, piazzato con “oculatezza”. Ove sapeva che avrebbe rotto il cazzo. Sì, mio nonno non ha mai voluto prendere ordini da nessuno. Infatti, era molto rispettato per la sua screanzata visione del mondo. Campava di pollame e uova al tegamino. E qualche volta, allo scender della Luna, solfeggiava di culo, aromatizzando le zoccole… che giravano attorno alla sua casa per vivacizzare un po’ la triste, monotona atmosfera. Ah, tope belle grosse, cazzo, roba che le pornostar americane avrebbero fatto carte false per quei marciapiedi lerci ma nobilitati dalla presenza “scenica” di mio nonno. Sì, sarebbero andate a nozze, come si suol dire, e finalmente avrebbero trovato un uomo che le avrebbe fatte davvero godere, mostrando loro la povertà economica, e dunque arricchendole dentro. Perché mio nonno era esperto di tramonti, mica di squallide monte. Sì, non ha mai scritto una poesia in vita sua, ma il suo sguardo vissuto la diceva lunga… e le donne avrebbero peso dalle sue labbra. Sì, peso, participio passato di pendere.

Mio nonno non era nobile, almeno esteriormente, ma non era neanche nubile, per il semplice fatto che io esisto. Che poi esista spesso in un mondo lontano dai bullismi e dalle porcate, fa parte delle mie sane dissociazioni da una realtà stupidamente troia.

Ecco, è proprio sulle troie che vorrei, amici carissimi, soffermarmi con “gusto”. Ero su Instagram a cazzeggiare, al che adocchio una buona pollastrella, e comincio a mettere mi piace alle sue foto. Foto di caviglie poderose su tacchi a spillo che neanche le fenicottere, sì, fenicottere, femminile di fenicottero, dell’Australia…

Al che questa qui, senza che abbia detto una sola parola, se non un timidissimo… buona, sì, sei buona, forse cucinabile, ah ah, si è resa privata. Impedendomi l’accesso a tutto. E quando dico tutto intendo anche al rifarmi gli occhi. Sì, le donne sono così, prima vanno dalla parrucchiera per acconciarsi da strafighe, poi scelgono la minigonna più corta per “allungarli” e, se uno si azzarda a dire la verità, ci restano male. Sì, una psicologia strana quella femminile. Prima la danno a vedere per essere leccate e poi si stupiscono se non hai peli sulla lingua. Ah, per forza, virtualmente non si possono avere molti peli. Mah, dico io…

Ma torniamo al ras: in Etiopia, titolo che era attribuito ai più alti dignitari del paese, aventi signoria e giurisdizione su singole province.

Ma tale termine viene usato anche in maniera spregiativa e canzonatoria: persona che esercita dispoticamente la sua autorità in un certo ambiente.

Sì, oggi pomeriggio sono uscito e ho incrociato un mio vecchio amico delle medie, il gemello Longo. Ma dalla fretta non ho capito se era il gemello intelligente o quello scemo. Fatto sta che, all’epoca, entrambi questi gemelli mi portavano enorme rispetto. Sì, uno dei due, non ricordo quale, era il mio compagno di banco. Gli piaceva disegnare ed era un tifoso rossonero. Dipinse un centravanti immaginario. L’allenatore del Milan a quei tempi era Capello. Al che io, dopo che la professoressa lo sgridò, gli suggerii d’inserire una vignetta con scritto… oggi, ho un diavolo per capello.

Lui rise fino a fine lezione. E da allora, pur sapendo che non sono mai diventato né mai diverrò Presidente del Consiglio, mi saluta, togliendosi il cappello.

Sì, avrei da raccontarvene, ma si è fatto tardi e devo andare a pisciare, prima di dormire. Ché domani sarà un’altra giornata di stronzate. Quindi, il riposino per il mio uccellino è quello che ci vuole…

 

 

di Stefano FaloticoArquette Fuori orario

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