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Il professore e il pazzo, ennesima storia banale di genio e sregolatezza?


20 Mar

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Ebbene, siamo agli sgoccioli. Domani in sala approderà Il professore e il pazzo.

Paradossalmente, esce prima da noi che negli Stati Uniti perché in America sta avendo problemi distributivi.

Doveva uscire lo scorso anno e invece son sorte delle complicazioni.

Segna finalmente il debutto, parentesi esclusa di The First, serie televisiva, di Sean Penn come attore di Cinema dopo quattro anni, su per giù, sabbatici. In cui si è dato a cause umanitarie e anche alle case delle sue mille amanti che non poco devono averlo distratto dalla celluloide. Chissà, forse una di queste sue sempre bellissime (detto per inciso) amanti aveva un po’ di cellulite.

Insomma, dopo divertimenti e tanto impegno, Sean è tornato a recitare con dedizione di ottima dizione e pure col dizionario. Ci mancava questa faccia lupesca, un attore che, come disse il suo amico Bob De Niro, al di là della conclamata bravura, è sempre stato specializzato in personaggi alquanto borderline, molto sopra le righe, non propriamente degli straight men.

Personaggi che si vanno a cacciare sempre in qualche guaio per il loro carattere iracondo e manesco, per colpa delle loro personalità indomabili e furenti.

Ed ecco allora che, a prima vista, questo pazzo rinchiuso in un manicomio criminale di tal suddetto film, gli calza a pennello.

Sean ha il viso spigoloso dell’uomo mangiato vivo da mille dubbi, distrutto da ineludibili complessi di colpa, angariato dalla sua anima angosciata, tormentato più da sé stesso che dagli altri.

Sono curioso di vedere questo film. Tempo fa, ironizzai in merito. Perché le storie di pazzia, soprattutto sul grande schermo, mi han sempre puzzato di romanzata idiozia.

La pazzia è una cosa alquanto seria e non bisogna né scherzarci in maniera cafona né prenderla in maniera spesso falsissima come fanno e han fatto molte versioni, appunto, cinematografiche. Assai retoriche.

Nemmeno il tanto osannato The Master secondo me non è, in fin dei conti, un grande film. Il miglior film sulla pazzia rimane, a distanza di più di quarant’anni dalla sua uscita, il classicissimo Qualcuno volò sul nido del cuculo. Forte, cattivo, vero. Come il miglior Cinema degli anni Settanta.

Esistono molteplici stati di follia. Chiunque di noi, sostanzialmente, n’è affetto. Solo che, obbligato giocoforza ad auto-ingannarsi per sociale convenienza, mente alla sua anima e all’apparenza pare normale.

Nessuno di noi è normale, per fortuna. La persona cosiddetta normale non esiste ed è un bene assoluto che non esista. Perché altrimenti sarebbe un automa, un’anima vuota, un essere robotico.

E non soffrirebbe, non gioirebbe, non si emozionerebbe. Le emozioni stanno alla base di ogni scompenso psicologico, sono il basamento, ripeto, importantissimo e peculiare dell’anima umana, senza di quelle saremmo morti oppure lobotomizzati nel cuore, prima ancora che nel cervello.

Tutti noi, nel corso della nostra vita, a causa di eventi negativi, di sfortune personali, di forti delusioni, appunto, affettive, possiamo incappare nella “pazzia”. O perlomeno in stati psicologici che si avvicinano in un certo senso all’anormalità, all’alienazione, alla dissociativa percezione della realtà, perfino alla demenza e alla schizofrenia più anomala.

Continuative situazioni di stress insostenibile, ad esempio, possono far crollare una persona. Che, deprivata dei suoi slanci vitali, si chiude nel suo mondo. E nell’insania mentale addirittura si crogiola in forma malsana o poco socialmente accettabile.

Perché il grado di sofferenza emotiva è talmente forte e tale da spaccare ogni equilibrio e trascinare una persona, anche la più sensibile, anzi, più sensibile è e più ci casca, negli abissi della perdizione, oserei dire, neurologica.

La pazzia può essere cronicamente patologica, vale a dire incurabile. Cioè, una volta che una persona è stata colta dalla pazzia, la pazzia stessa non è più sanabile e la persona non è in alcun modo recuperabile. Curabile…

Oppure può essere momentanea. Dovuta, come detto, soltanto a esaurimenti nervosi causati da una concomitanza di negativi fattori devastanti.

Stiamo parlando, sia chiaro, di pazzie “psicologiche”, non dettate da cause organiche. Altrimenti il discorso cambia.

Nella maggior parte dei casi, va altresì detto, che chi diventa pazzo è assai difficile che possa ritornare sano.

Anche perché i medici che vogliono curare il pazzo sovente adottano metodi repressivi altamente inibitori, affatto sanatori, anzi deleteri e controproducenti, paralizzando ancor più la già disturbata, rotta sfera emotivo-cerebrale della persona folle.

Prendiamo Leonardo DiCaprio di Shutter Island. Torna bello tranquillo a casa e scopre che i suoi due figli son stati affogati da sua moglie, a sua volta suicidatasi.

Voi avreste retto? No, nessuno può reggere a una tragedia del genere. Neppure Rambo.

Anche Rambo, nonostante la sua resilienza e la sua forza impressionante, prima o poi sarebbe franato a pezzi. Delirando a iosa.

C’è solo un uomo al mondo capace di essere come Sean Penn di questo film ed essere anche più bravo e bello di lui.

Io non starò a dirvi chi è. Non è compito mio. Informatevi e scoprirete di chi sto parlando…

Così è, l’unico uomo capace di essere stato temporaneamente pazzo, si fa per dire, e poi più colto di un professore universitario.

Mah…

Chi sarà?

Non lo so.

Credo che voi lo sappiate.

Io so una cosa. Ribadisco. Nessun uomo è pazzo. E tutti i pazzi comunque sono curabili.

 

– Signor Falotico, dissento. I pazzi esistono.

– Certamente, signor psichiatra. Non sono nessuno per asserire il contrario e certamente lei, per via dei suoi studi, ne saprà più di me. Ma la domanda che vorrei porle, cortesemente, è questa. Secondo lei dunque i pazzi non sono recuperabili?

– Non ho affermato questo. Voglio dire che sviluppano delle patologie contro le quali bisogna essere intransigenti, severi.

– Ovvero?

– Vede? La pazzia, come lei ben sa e come ha ben enunciato nel suo scritto, e mi permetta di complimentarmi con lei, assume varie forme. Esiste la pazzia innocua e la pazzia criminosa. In questo secondo caso, non si può transigere. E bisogna intervenire duramente.

– Cioè?

– Signor Falotico. È inutile che lei continui a pormi domande così retoriche di cui conosce a menadito la risposta. Comunque, se vuole che pedantemente le risponda, bisogna usare i farmaci. E anche potenti.

– I farmaci non servono a un bel nulla. Non facciamo altro, così facendo, che andare a spegnere dei recettori muscolari e neurochimici imprescindibili per la salute psicofisica del paziente trattato. Non è la cura adatta.

– Vede. Lei mi fa molto ridere. Vorrebbe confutare la mia scienza dall’alto della sua semplicistica presunzione? Se io ho studiato e, sa, ho sudato sette camicie per essere arrivato dove sto oggi, conosco la mia materia sicuramente meglio di lei. Che parla tanto per aprire la bocca.

– Io non l’avevo offesa. Ma perdono la sua arroganza.

– Ebbene. Visto che fa tanto il saputello con tale balorda sfacciataggine e quel sorrisetto per cui le dovrei dare una sberla, anziché continuare ad assecondarla, mi spieghi allora secondo lei come funziona…

– Questo lei come se lo spiega? È forse il suo trattamento, la sua scienza ad aver generato questo? Ecco, se questa persona avesse dato retta alle sue fandonie, e non si offenda se appunto le definisco scemenze, questa persona sarebbe oggi un vegetale. E invece legga, sfogli queste pagine. E guardi anche questa foto.

Questa le sembra l’opera di un pazzo? E questo il viso di un pazzo?

– Ah, ma trattasi di un caso diverso. Abbiamo a che fare con un ex pazzo geniale.

– No, non credo.

– Invece sì. Si tratta, come si suol dire, dell’eccezione che conferma la regola. Di una rarità. Sa, su mille pazzi presi in cura, soltanto uno su mille, come dice la canzone di Morandi e Tozzi, ce la fa. Gli altri 999 non ce la faranno mai.

– E lei si è mai dato una spiegazione perché non ce la facciano? Perché sono più stupidi?

– Esattamente. O, per meglio dire, perché sono pazzi. E pazzi rimarranno tutta la vita. E non possiedono le risorse per emanciparsi dalla loro follia. Quindi, l’unica maniera per far sì che la loro follia rimanga contenuta e non possa degenerare in azioni violente contro sé stessi e gli altri, mi spiace ammetterlo ma è così, è appunto l’intervento farmacologico e neurolettico.

– Non è vero.

– Ah, ma lei è incredibile, sa? Guardi, mi ha già fatto perdere troppo tempo. Io sono un professore con tanto di cattedra! Lei è solo un pagliaccio che m’ha proprio stufato. La saluto, addio!

– No, guardi. Mi perdoni. Io non volevo offenderla.

– Questo l’aveva già detto. Ma, nonostante i miei avvertimenti, lei sta continuando inusitatamente a insultarmi.

– Le chiedo umilmente scusa. Mi son lasciato prendere dalla foga.

– Va bene. Adesso torno a sedermi. Però si sbrighi perché devo tornare in ambulatorio.

– Vede. Io non credo che questi 999 siano pazzi. Sono persone che voi non volete ascoltare e non volete aiutare perché siete rigidi e ragionate col culo.

– Ah, ma allora lei è veramente pazzo. Come si permette?

– Mi permetto e ora stia zitto. Mi spiega come sia stato possibile che questo pazzo e quest’altro pazzo che, secondo lei e tutto questo ridicolo, fantomatico reparto medico, avevate considerato irrecuperabili, si sono salvati?

– Perché sì.

– Perché sì che significa? Non significa nulla. Si sono salvati perché hanno cominciato a cercare nella vita il loro obiettivo, la loro anima anziché farsi rincoglionire dalle vostre diagnosi da quattro soldi e farsi rimbecillire dai vostri farmaci.

E qui mi fermo.

– Sì, è meglio che si fermi. Perché sta parlando senza conoscenze. Senza scienza!

– No, non mi fermo.

– Ah, ma allora lei è infermo. Va fermato.

– No, va fermato lei. Sa cosa diceva Einstein? Ognuno è un genio. Ma se si giudica un pesce dalla sua abilità di arrampicarsi sugli alberi lui passerà tutta la sua vita a credersi stupido.

– E quindi? Che fa, Falotico? Da lei non mi aspettavo che mi cadesse in banalità da citazionismi di Facebook. La credevo meno sciocco.

– Dico quello che ho detto. E lei non ha il tempo né la voglia per fare il suo lavoro come si deve. Veda di prendere meno soldi e d’interessarti davvero ai suoi pazienti.

 

Buona serata.01718325

di Stefano Falotico

Il professore e il pazzo, in arrivo la nuova bischerata targata dalla premiata ditta Gibson & Penn, io amo le storie vere


02 Feb

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Non ne avevamo a sufficienza delle banalità fasulle e retoriche di A Beautiful Mind, di van Gogh e sulle soglie dell’eternità che (s)semplificano la follia con la facile dicotomia genio e sregolatezza? Quante altre volte dovremo sorbirci queste mistificazioni romanzate della realtà? E per quanto tempo, soprattutto, dovrò sentire pronunciare, perfino da psichiatri e persone che presupponevo essere dotte ed erudite, davvero sensibili e dunque umanisticamente profonde (anche se poi la psichiatria è una scienza assai poco umanistica e umana), la sciocchezza secondo la quale il genio va di pari passo con la pazzia? E viceversa? Non se ne può più di una madornale, colossale stupidaggine del genere.

Luoghi comuni veramente insopportabili, verità che di vero non hanno nulla, apoditticamente sacramentate e snocciolate con una faciloneria da lasciarmi esterrefatto. Basito, sconvolto, luttuosamente afflitto. Ah ah.

Sono proprio stufo, asfissiato da queste idiozie, da queste plebiscitarie, amene puttanate sesquipedali a cui solo oramai la vostra inguaribile, immedicabile dabbenaggine può ancora abboccare.

Ieri, ad esempio, sono tornato al cinema. Da tempo appunto immemorabile non me ne recavo. Non perché non mi piaccia assistere a un grande film sul grande schermo e ascoltar dunque ogni vibrazione sonora d’un meraviglioso audio perfettamente calibrato di casse gigantesche, bensì perché sono intollerante alla massa. Ciarliera. Il loro chiacchiericcio, durante la proiezione, mi avvelena le arterie, queste persone sono vomitevoli quando parlano ad alta voce durante, semmai, la scena topica d’una pellicola, e rovinano la magica atmosfera sacra di un film, appunto, visto al cinema, sgranocchiando patatine e non solo quelle piluccate col ketchup, ma leccando e sbaciucchiando le loro topine donzelle ignorantissime che vanno a vedere un film vestite come se battessero sui viali e forse, durante il trailer di Un’avventura con la scema ma “bona” Laura Chiatti, hanno rimembrato il loro piccolo (borghese) grande amore. Passando da Mogol e Battisti a Claudio Baglioni in un nanosecondo. O sol in un nano, il loro ragazzo. Ricordando quando incontrarono Michele, soprannominato Michael nel loro puzzolente ambiente camionistico di porchette e salamini arrosto, di calze a rete e unghie laccate fuxia coi cuoricini fluorescenti sul mignolo sinistro e anellato, e furono sensazioni a pelle, soprattutto a palle, a palla. Sì, Michael, un vero “duro”. Un tosto, un bellimbusto tronista alla De Filippi che ha sempre il ciuffo che non deve chiedere mai e una barbetta “sexy” su rasatura Gillette con tanto di basette e cultura, soprattutto, bassissima. E in autoradio ficca puntualmente Marco Mengoni! Ed è anche un “fine” culturista, cazzo, mica un minchione che suona Chopin. Sì, dopo aver imparato a memoria le trigonometrie per pigliarsi la laurea da ingegnere edile (dal quale non mi farei costruire neppure la casa di Barbie, a proposito di sue bamboline dalla mente assai de-strutturabile, plagiabile e condizionabile, spesso franabile in lamentose crisi isteriche) coi punti di sutura delle sue leccate di culo a docenti più trogloditi di lui (infatti questi qua ascoltano Laura Pausini che canta in coppia con Antonacci perché, sì, sanno eseguire la planimetria di un grattacielo ma non hanno saputo nelle fondamenta allestire la loro vita, oramai crollata senz’alcun basico piano regolatore, e non sanno neppure riallacciarsi le scarpe) va in palestra ove solleva pesi mentre su occhio marpione s’infoia già (s)pompato sulle forme scolpite d’una ragazza che fa pilates su e giù di glutei marmorei mescolata a una “storia in diretta” d’Instagram e sa rafforzare la tempra di un “bravo” ragazzo, già da codesta colpito, modellato e tornito, adoratore delle donne coi coglioni. Donne con forte personalità da marmittoni e, più che da esercito disciplinato, da amplessi indisciplinatamente schifosissimi dentro caseggiati abusivi con vista sul cemento armato e murales più brutti dei loro tatuaggi. Godendosela da matti nel bilanciere dell’ipocrisia guardona da futuro dottorino ex geometra-calcolatore di una bellezza giovanile da lui edonisticamente mal soppesata. E sentita.

Poi, è passato il “provino” de Il primo re. Col bell’uomo Alessandro Borghi. Che non voleva sporcarsi troppo la faccia con Stefano Cucchi ma far capire che, malgrado la finzione veristica d’una tragedia orribile, conserva il fascino macho di uno che ancora cucca, mostrando bicipiti e tartaruga tra boschi non piliferi ma cosparsi di fango da Niccolò Ammaniti.

Sì, ero nella multisala The Space Cinema, vicino zona Rovere qui a Bologna e ho visto il filmato “muscoloso” di tal pacchiano regista imitatore nostrano del Mel Gibson di Apocalypto.

E mi sono chiesto: perché a quel razzista di Salvini non regaliamo il volantino Green Book? Così, anziché essere un moderno duce, capirà cosa significa, anzi significhi, la segregazione e sapere che, in una sua seratina da illuso morto non di fame ma di figa della ex Isoardi, è invece un immigrato sui barconi che fortunatamente s’è salvato ed è riuscito a sbarcare a stento e di stenti nella nostra penisola, però morirà lo stesso perché nessun ristorante “mafioso” della Sicilia ospiterebbe mai a cena uno di colore.

Ma non perché i siciliani siano cattivi e “padrini” con chi è un saraceno bensì perché anche un popolo “arabo” (e Dennis Hopper di Una vita al massimo docet) ha subito oggigiorno il lavaggio del cervello di un porcellino con la panza piena. Che adora senza dubbio Barbarossa di Renzo Martinelli!

Ma non perdiamoci in Salvini e persone non salvate per colpa di gente che ha travisato a sua immagine e somiglianza fascista le parole del Salvatore!

Non basteranno mille salviette per salvarci da questo scempio d’imbarbarimento culturale ai limiti del cannibalismo più oscenamente “progressista”.

No, saranno lacrime amare, anzi, solo lacrime in mare…

Le calotte polari si stanno sghiacciando per colpa del riscaldamento termico dovuto al buco dell’ozono del cervello annacquato di Salvini? Qual è il problema. Questa nostra Waterworld deve tornare coi piedi per terra e non illudersi nemmeno che i 5 Stelle potranno risolvere la siccità dando il reddito di dignità a chi, ahinoi, soffre davvero di cecità, abbisogna di un assistenzialistico sostentamento a differenza invece di chi è così paraculo, stolto e miope che si fa prendere bellamente incosciente per minorato mentale e “diversamente abile”. Quando invero vuole soltanto riscuotere l’assegno di mantenimento e far la bella vitarella coi soldi di chi si fa il culo, anche intellettualmente, e non è disposto a farsi inculare come un “negro” da questi demagoghi screanzati e moralmente ripugnanti.

Con le loro bugie e artificiali terre promesse… tese e sottese a (s)fotterci.

Basta con questi (ter)ragni, non mi farò intrappolare nella loro rete. Lungi da me abdicare a queste fregature, non mi farò mangiare vivo.

Ho una mia integrità da portare avanti a costo che mi sbudellino.

Ma non perdiamoci nel nazional-popolare e soprattutto nel loro populismo d’accatto(ni).

Dicevo…

Green Book è davvero molto bello. Sparatevi… la mia recensione e non confondete i film sentimentalmente pregiati per pellicole retoriche. Fatemi il piacere! Aiuto, mi ci vuole un paciere, anche un posacenere, vogliono bruciarmi e aspirarmi nelle loro vite già arse. Vogliono incattivirmi, spronandomi a cedere alla loro “poetica” cinica, belligerante e stronza. No, giammai.

Non affogherò nonostante, appunto, l’alta marea.

Prima, ho citato Mel Gibson. Sì, un uomo che non ho mai capito se è un bovaro, un titano della Settima Arte, un cazzaro, un alcolista manesco con le sue ex donne, un uomo di sana passione cristologica, un repubblicano o un democratico, un puttaniere assurdo o un genio assoluto.

Ma è tornato in pompa… magna, sta girando film come se fossero noccioline e sta preparando il remake de Il mucchio selvaggio.

Sì, costui è indubbiamente pazzo. Ci vuole la camicia di forza! Non sta fermo un attimo. Ma cos’è? Uno stacanovista, un ebefrenico, un epilettico, uno schizofrenico o semplicemente uno a cui piace vanitosamente essere al centro dell’attenzione?

Nella sua carriera d’attore, parallelamente a quella di controverso regista cazzuto, ha fatto un po’ di tutto. Ma mai avrei potuto pensare che Mad Max e mister Lethal Weapon potesse un giorno interpretare la parte di un professore universitario.

Sì, non so se avete mai letto lo splendido fumetto Il grande Blek. Mel Gibson, in questo film, The Professor and the Madman, è una sorta di Professor Occultis barbone e barbuto.

Che vuole aiutare e salvare la vita di Sean Penn. Uno che, fisiognomicamente, assomiglia al sottoscritto, il quale ne ha passate delle belle, per modo di dire, per essere eufemistici, ma a differenza del personaggio interpretato da Penn non ha ammazzato, sino a prova contraria, nessuno ma solo il suo uccello per molto tempo. E ho detto tutto.

Il Falotico, al di là di qualche alzata di testa da incazzato, è sostanzialmente un database vivente, enciclopedico, di attori e registi.

Conosce vita, morte e miracoli di tutti, tranne della sua vita. Ah ah. È consapevole di essere mortale, a differenza di chi vive nell’inconsapevolezza della sua finitezza e scherza sulle vite altrui con ignobile sfacciataggine, tanto da definirsi immortale, fa miracoli agli altri ed è un miracolato lui stesso con tanto di certificato psichiatrico che attesta non solo la sua recuperata, totale sanità mentale, con tutta probabilità solo turbata precedentemente da degli idioti, bensì anche la follia altrui che ha generato un casino della madonna di proporzioni bibliche.

Insomma, è il Genius.

Patente che si è auto-appioppato della quale vorrebbe disconoscere la sua paternità. Ma, ritornando nel mondo reale, ha capito che davvero è un genius. Un gigante in mezzo a dei pappagalli e a degli automi.

Perché non ha i soldi né di Mel Gibson né di Sean Penn. Ma è molto più bravo di codesti. Vorreste forse smentirlo?

Direi che, ah ah, possiamo per oggi fermarci qua.

Alla prossima, figlioli. Anzi, no…

Sì, Falotico è l’uomo che può rivaleggiare, in fatto di libri pubblicati, con Stephen King ma non può permettersi una villa nel Maine.

E mi sa che, assai presto, dovrà trovarsi un lavoro da Jack Torrance di Shining.

Impazzirà ancora? Ne dubito.

Vi racconto questa.

Il novantanove per cento della gente sulla faccia della Terra è pazza. Solamente che non lo sa. Perché non è mai stata esposta a situazioni davvero gravi o sfortunate tali che sia riuscita a prendere coscienza della sua malattia. Si chiama ipocrisia. E ignoranza.

Che culo. Non mi credete?

Prendete Rocco Siffredi. Lui scopa ragazzine e mamme da mattina a sera e la gente lo rende ancora più ricco, noleggiandosi i suoi filmetti. O guardandoseli in streaming. Poi, appunto, va al cinema mano nella mano con la figlioletta a cui fa vedere cose “sane e giuste” come Harry Potter.

Invece, Giuseppe, uno del mio rione, solo per aver detto troia alla sua collega di lavoro poiché lei gli ha fregato l’ufficio, succhiandolo al direttore, è adesso in clinica psichiatrica e credo che ci rimarrà per molti anni.

Questo non è moralismo né maieutica, non è pedagogia né retorica sinistroide. È la sconcertante verità.

E vi chiedo, per favore, di svegliarvi.

Non sono The Punisher.

Sono e non sono, oggi sì e domani no.

Come tutti.

Dunque, finiamola con le stronzate, cinematografiche, psichiatriche e non.

Non fanno bene a me, non fanno bene a te, non fanno bene in fondo a nessuno.

E come dice il proverbio, appunto verissimo: lo scherzo è bello quando dura poco.

Quando dura troppo è una mostruosità, un omicidio bianco e anche uno scandalo terrificante.

Per quel che ho imparato, in ogni storia di “follia”, vi è sempre di mezzo un vigliacco psicopatico che si diverte appunto da morire a coglionare il prossimo, giocando sulle suggestioni e il potere ricattatorio di un vantaggio psicologico. Ci sono molte lampanti verità che, per quieto vivere, si preferisce zittire.

E ci sono situazioni “incontrollabili” che, anziché chiarire con coraggio, si preferisce seppellire nell’omertà più “candida” e politicamente corretta. Pronunciando al massimo… mi rincresce, buona vita, auguri…

Per non inquietare nessuno, soprattutto il diretto interessato della storia di follia.

Esiste un termine per definire quest’atteggiamento scioccante e orrendo. Filisteo.

Essendo lessicografo, filisteo deriva dalla leggenda di Sansone.

Crolla lui ma fa crollare anche tutti gli stronzi.

Qualcuno ha ancora dei dubbi?

Se sì, alzi la mano e scagli la prima pietra.

 

Come dice Mahershala Ali: non si combatte un’ingiustizia con la stessa violenza, psicologica o fisica. Non si vince con la rabbia mal dosata e neppure con le urla o appunto con le “follie”. Bensì col talento, la dignità. Con questa forza.

È con questo che li distruggi.

E se vi sentirete dire che siete penosi, non siete cresciuti e continuate a credere nei sogni come degli adolescenti viziati, mandateli a farselo dare nel culo.

Sebbene sia un film mercantile, la vita è davvero come Rocky 4. Quando il “nano” Stallone le prende di brutto e poi all’improvviso sferra un colpo devastante a Ivan Drago. E Drago comincia ad aver paura.

In quel momento, Drago capisce che, sì, è fisicamente superiore a Balboa ma è più lento, meno geniale, meno imprevedibile, e di fronte ha uno che sa combattere come una furia e può davvero annientarlo.

E trema.

Davide contro Golia.

 

Lezioni di vita numero uno.

È con questo che li distruggi.

 

di Stefano Falotico

Genius-Pop

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