Posts Tagged ‘Il lungo addio’

IL COMMISSARIO Falò – Sarà un libro e poi un film à la DARIO ARGENTO, da Hercule Poirot/Pierrot


23 Feb
Kenneth Branagh as Hercule Poirot in 20th Century Studios' DEATH ON THE NILE. Photo courtesy of 20th Century Studios. © 2022 20th Century Studios. All Rights Reserved.

Kenneth Branagh as Hercule Poirot in 20th Century Studios’ DEATH ON THE NILE. Photo courtesy of 20th Century Studios. © 2022 20th Century Studios. All Rights Reserved.

Sì, un libro che trasformerò in sceneggiatura cinematografica, a sorrata, no, basato su un character da me incarnato, ispirato a Charlot, associato spesso alla famosa maschera, non so se pirandelliana, di nome Pierrot. Una sorta di Hercule Poirot da Agatha Christie che indagherà nel torbido con savoirfaire da Elliott Gould de Il lungo addio. Un libro-film pregno di elementi sia oniriche ironici, un film à la Falotico. Con suggestioni alla Dario Argento, una pellicola casareccia e artigianale nel senso migliore del termine, simile a Blood Work del maestro Clint Eastwood. La storia di un uomo apparentemente inutile e insulso, insignificante e a prima vista debosciato-disgraziato, per nulla cieco, che vede chiarissimo in un mondo di morti di fame e anche di quella cosa che inizia con F e finisce con A. Da girare fra trattorie malfamate ricolme di gente disperata, semmai pure disoccupata e dalla magra vita angariata. Tra donne più racchie di tua madre che pensano di essere Ava Gardner e credono di essere, delirando da TSO immediato, delle inarrivabili FEMME FATALE come Rebecca Romijn, ex Stamos (a proposito, se non sta più con Stamos e neanche con un altro, di certo non sta con te, beviti un tè e, per digerire, poi un caffè, eh eh). Presto sulle maggiori catene librarie online e sui migliori schermi del Cinema mondiale. Ah ah. Un libro-film fumettistico, cupo e lugubre, mortifero e tetro eppur anche intriso di segmenti goliardici, spiritosi che varranno, come si suol dire, tutto il prezzo del biglietto. Un libro-film stracolmo di paradossali colmi e di freddure più godibili delle patate croccanti e bollenti. Esempio di un dialogo che sarà poi presente nel libro-film a venire: – Lei mi crede pazzo, nevvero? – Onestamente, sì. Non posso mentirle. Lei mi sembra pazzo, senza dubbio lo è. Non se la prenda ma non mi dà buona impressione. – No, non mi arrabbio, si figuri. Ci mancherebbe, è la storia della mia vita. Un tempo, la gente mi prendeva per pazzo, dicendomi che da mattina a sera facevo un caz… o, adesso invece pensa che io sia più pazzo di quello che si poteva supporre in quanto scrivo libri che queste persone non scriveranno mai. Come la vede? Anzi, posso darle del tu? Come la vedi? – Ripeto, cerco sempre di essere sincero e non voglio mentirle. La vedo malissimo. Anzi, scusami, ti vedo molto male, figlio mio. – Non avevo dubbi. Mi tolga una curiosità se posso chiedergliela? Lei, nella vita, che fa? – Guadagno centomila Euro al mese, postandomi seminudo su Instagram. Ottengo migliaia di visualizzazioni. – Mi pare un buon lavoro. Lei non è mica un cogli… ne qualsiasi. Lo si capisce, guardandola in faccia. Lei è di un altro livello. – Ovviamente. Io sono un grande uomo. – Sì, lei è uguale e identico a Charles Chaplin, conosciuto anche come Charlie. – Scusi, chi è?

di Stefano Falotico

 

Il corteo funebre per Raffaella Carrà e i cortei festosi per la vittoria dell’Italia agli Europei – La grande bellezza e le domande non sono mai indiscrete di Per qualche dollaro in più


07 Jul

raffaellacarràrecensione bologna hard boiled

Prefazione – Il grande Lebowski è Il lungo addio di Robert Altman rielaborato in forma delirante, soprattutto esilarante

Ultimamente, cioè negli scorsi giorni, ho ricevuto, no, ricevetti (sì, il passato remoto dà un tocco di memorabile epicità in più) una splendida recensione in merito al mio folle, visionario, goliardico e al contempo cupo libro intitolato Bologna HARD BOILED & l’amore ai tempi del Covid. Di cui presto sarà disponibile la versione audiobook su Audible. Circa sette ore di recitato del Falotico stesso. Sbizzarritosi in tutte le accentazioni e imitazioni possibili e immaginabili. Con tanto di emulazione di Lino Banfi!

Ah, il nostro immaginario. Siamo dei luminari o viviamo sotto la luce d’un vecchio lampadario?

Siamo allucinati, allampanati o soltanto pigri come dei dromedari? Non lo so. Ecco la mia risposta, à la grande Lebowski, a tutto.

Secondo le testuali parole del recensore:

Lo stile è tentacolare con episodi spesso sconnessi su Bologna, cinema, pandemia e vita in generale. Più che il flusso di coscienza descritto nella sinossi, sembra un cut up dadaista la cui fonte è probabilmente l’opera dell’autore stesso (in particolare la critica cinematografica, che ispira i momenti migliori). Evocativo quanto basta anche se non si lascia apprezzare per originalità. Solitamente però di questi deliri un po’ alla Burroughs non se ne vedono molti e ciò è a vantaggio dell’autore. Da leggere anche solo per la curiosità che esprime il titolo… che in verità nulla ha a che fare con lo stile Hard Boiled che conosciamo (da Chandler a Leonard), avendo quest’operazione un timbro lirico preponderante (e dunque troppo spesso si lascia trascinare dalla suggestività delle parole, nonché dei calembour), ma è proprio questo “raggiro” a fare lo stile.

 

Recensione alquanto erudita, leggermente editata, dunque corretta e adattata nel formato Garamond. Cioè quello che va per la maggiore nei libri di classe. Sapete cos’è il testo giustificato? Cosa? Avrei dovuto scrivere… che cosa sia? Basta coi congiuntivi e con le vite al condizionale.

In Bastardi senza gloria, a un certo punto, Brad Pitt/Aldo Raine dice: se vorrei…

Ahia! Fatto sta che, se non sapete nulla, sarete comunque giustificati. Anche cassaintegrati.

Ebbene, per molti anni fui un assente ingiustificato dal mondo e vissi un po’ alla Jeff Bridges/Lebowski.

Dormendomela non poco, leccando gelati a tutt’andare, scolando White Russian a non finire mentre i miei coetanei, dietro il paravento e la giustificazione, per l’appunto, della maschera socialmente utile, detta altresì e più volgarmente vita da paraculi finto studenti ipocriti e falsamente salutisti, invero marci drogati, dopo aver scaldato il banco, anche i bagni, nei licei classici… dicevo… mi sono perso un’altra volta.

Voi vi perdeste al cinema tutti i film dei fratelli Coen? Sì, sicuramente siete dei malati di mente. Andate precocemente pensionati, in quanto dalla nascita invalid(at)i. Ecco, una persona che non ama i fratelli Coen è pervertita come Jesus Quintana/John Turturro.

E, se verrete in contatto con me, dicendo perfino che Ladykillers è il film più brutto dei Coen, potrei anche darvi ragione ma, se aggiungerete che La ballata di Buster Scruggs è un’opera minore all’interno della filmografia dei fratelli genietti succitati, a mo’ di John Goodman, vi urlerò, parafrasandolo:

– State per entrare in una valle di lacrime, in una valle di lacrime.

 

Poi, vi interrogherò e sotto torchio duramente vi metterò:

– Parlatemi di Arizona Junior. State zitti? State facendo scena muta. Questo è il tuo compito, Larry? Questo è tuo, Larry? Questo è il tuo compito, Larry?

 

Capitolo 1 – Non ci sarà il capitolo 2, avete capito? Non avete capito? Volete che io ricapitoli? Oppure che di nuovo capitomboli nella tomba, sperando di salvarmi la vita con la Tombola?

Ebbene, Alberto Tomba stava/stette con Martina Colombari. La quale sta da anni con Costacurta.

La morale della fav(ol)a è questa: da quando Martina lasciò Alberto, Alberto non vinse più nulla, girò Alex l’ariete e rimase cornuto. Può succedere. Comunque, ebbe lo stesso un gran culo. Sono cinico? No, sono un grandioso romantico. Infatti, la mia lei vuole sempre appurare se, quando non possiamo vederci, io sto vedendo un film dei Coen oppure stia vedendo qualcos’altro… E ho detto tutto.

Raffaella Carrà nacque a Bologna. Il suo vero nome all’anagrafe fu Raffaella Maria Roberta Pelloni. Vollero che i giocatori sia dell’Italia che della Spagna, prima del fischio d’inizio della semifinale degli Europei di Calcio che vide tali due squadre rivaleggiare per la finale, esibissero il lutto al braccio. In quanto Raffaella ebbe molto successo non solo da noi ma anche nella penisola iberica. Non esageriamo, adesso. Già esagerarono coi funerali di Stato a Mike Bongiorno. Raffaella era molto brava, bella da giovane, divertente e autentica. Da qui a definirla, però, grandissima artista, ce ne passa. Comunque, ne La grande bellezza, che Raf! Chi? Il cantante?

A far l’amore comincia tu…

 

Capitolo 2 – Ho mentito, c’è, anche Dio, anche Jep

– Colonnello, ma tu… sei mai stato giovane?

– Sì, e anche incosciente come te… fino al giorno in cui mi accadde un fatto che mi rese la vita estremamente preziosa.

– Quale? Forse, è una domanda indiscreta?

– No, le domande non sono mai indiscrete. Le risposte lo sono, a volte.

(Clint Eastwood & Lee Van Cleef from Per qualche dollaro in più).

 

Comunque, non sono Jeff Bridges de Il grande Lebowski. Sono quello de Il grinta. Ah ah. Anche il cugino di mia madre si è ammalato, si ammalò gravemente di Cancro. Dopo essersi curato da quello alla gola, tardivamente i medici gli hanno diagnosticato/diagnosticarono un tumore incurabile al fegato. Amici, si può morire anche domani. In questi anni, ho visto andare via tanta gente. Appena arrivo io in un locale, la gente mi chiama Il Principe. E tutti: – Servigli da bere. Offro io.

Non penso che l’Italia meritasse di vincere e non credo di meritare tutto quest’affetto e questa stima esagerata e sproporzionata. Ma la gente mi dice, a mo’ di Van Cleef col Biondo: – Te lo sei meritato.

La stessa persona che mi ha scritto la recensione del libro, su YouTube, mi ha scritto che non sono uno scrittore e critico particolarmente originale ma sono un artista. Cioè, sono molto più grande di un semplice scrittore e critico come tutti. Che dicono e fanno, scrivono le stesse cose. È un complimento enorme. Ha capito che la mia “follia” è stupenda, unica, irripetibile. Magica e poetica. Ed è questa che mi permette di non essere uno qualsiasi. Sto piangendo.

 

di Stefano Falotico

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Ma quale San Valentino e Twilight: meglio il Joker a Batman/Pattinson così com’è meglio Elliott Gould de L’ultimo addio rispetto a Ellie Goulding


14 Feb

danny collins

 

84821706_10215701199585868_4930496334093352960_o1973, THE LONG GOODBYE

Partiamo con l’ironia, con la goliardia, quindi con la psicanalisi di questo sentimento assurdo chiamato amore sin ad arrivare a come si possa credere che Essi vivono non sia un capolavoro poiché ci si è (dis)informati nelle scolastiche sovrastrutture culturali distorsive e ottundenti la mente per giungere all’attuale demenza collettiva d’un mondo oramai più perso di uno con la (ri)cotta.

Una risata ci seppellirà: di mio, più che Joker e Batman/Robert Pattinson, sono Harrison Ford, anche de Il richiamo della foresta

Ecco, appena sento il richiamo delle feste, assumo un’espressiva torva e accigliata da Matthew McConaughey nel primo episodio della prima stagione di True Detective.

La mondanità, la frivolezza, il chiasso isterico, la carnascialesca baldoria e pure le maschere carnevalesche dei vostri carri di superiori, no, supereroi vs villain, il vostro ipocrita escoriarvi le anime in orge da Eyes Wide Shut nelle quali, scopandovi in maniera cannibalesca, vi lanciate addosso pure i coriandoli, mi rendono un uomo felicemente nudo dinanzi a tale natura selvaggia. Al che, prende il sopravvento la mia parte falotica, cioè umanissima da uomo poco androide e con un piccolo Android.

In mezzo a tanto vostro ormonale clima torrido da zone erogene sempre equatoriali, invero raggelante e anche i vostri cuori aridi oramai celatisi nell’illusorio, momentaneo riscaldarvi, tale dolciastra euforia mi rende sempre più freddo e allora celebro in auge il grande Rutger Hauer di Blade Runner. Superuomo che, dirimpetto, ai vostri onanistici baci e abbracci da nani, di fronte alla vostra misera e miserrima piccolezza da cacciatori di taglie, elevatosi davanti a queste vostre squallide erezioni, dimenticò pure i tempi in cui, dopo un piatto di tagliatelle, mi sdraiai in primissima pubertà sul divano per gustarmi le forme 90-60-90 di Simona Tagli alla tv e non solo immaginando di scoparmela più e più volte venni e stetti per svenire davanti a quelle grosse tette, bensì io stes(s)o a un cazzo addivenni.

Sì, furono tempi oramai smarritisi tra le mie memorie, fra reminiscenze e mie eiaculazioni su belle more e su tantissime biondone bone che sognai sconfinatamente un po’ da guardone e giammai da marpione.

Forse da coglione? Ah, che masturbazioni mentali e non, che idillio senza pace dei sen(s)i. Di felicità grondai sterminatamente. A fiumi! Oserei dire gonfiatamente e prosciugandomene ardentemente sino a colare… a picco nell’infernale mondo odierno putrefatto. Ah, che calore. Sì, dalle palle alla padella e poi alla brace. Ma quale abbraccio! Queste donne mi delusero, gli amici m’illusero e tradirono poiché si prostituirono e, dopo aver illegalmente conseguito la maturità, si (s)consacrarono all’immatura scemenza di tale società senz’alcuna qualità.

Al che mi sbronzai, scolandomi un litro di biondo malto. Fantasticai perfino sulla giornalista Claudia Peroni che, in quanto a pere, poté drogare sessualmente qualsiasi uomo che le capitasse a tiro, per l’appunto tirandoglielo e annacquandolo nell’osé della sua pelle rosata come un buon vino rosé.

Ah, meglio stare soli come l’uomo di Solaris piuttosto che innamorarsi di una donna che, abbronzandosi, prende il Sole cocente dell’essersi troppo in fretta bruciata. Quella è più sola di me e prendemmo entrambi una sòla. Fatemi mangiare una sogliola.

Sì, son destinato a essere Han Solo come un cane? Forse sì ma non voglio nessun cagnaccio al mio fianco, basta con Chewbacca. Basta col curarmi dalla depressione coi fiori di Bach, ascoltando Vivaldi, Basta pure con Bacco!

Preferirò sempre Balle spaziali a Guerre stellari.

Cosicché, da archeologo alla Indiana Jones del mio temp(i)o maledetto, no, delle mie tempie da ultima via crucis, no, ultima crociata, me la tiro… da Sean Connery de Il nome della rosa. Conducendo una vita monacale che però sa il fallo, no, fatto suo. Sono uomo di scibile e, nella notte, sibilo più del pipistrello di Ron Perlman. Uno non tanto bello ma Hellboy…

Anni fa, come Sean stetti per perdere i capelli. Li riacquistai e ora piaccio alle parrucchiere.

Una mia amica su Facebook scrisse che ogni donna, suo malgrado, almeno una volta in vita sua ebbe lo stesso ciuffo di Cameron Diaz in Tutti pazzi per Mary, eh.

Un’altra disse che il suo ex ragazzo, per il giorno di San Valentino, le regalò una visita gratuita dallo psichiatra. Lei, per fare l’ironica, forse l’auto-erotica, più che altro per sdrammatizzare la sua condizione da frust(r)ata cronica, affermò pure che almeno, dopo che il suo fottuto compagno la sfanculò, verrà analizzata da un tipo stronzo come Michael Fassbender/Jung di A Dangerous Method.

Poiché la sua vita andò a troia, no, a troie e lei va tutt’ora fiera della sua femminile follia, ha anche tutti i dischi di Loredana Bertè e un lavoro estremamente dignitoso. Oltre all’ernia al disco per aver bevuto e ballato troppo…

Sì, è la direttrice di una comunità ove vengono internati i ragazzi coi cosiddetti problemi mentali.

Sì, questi poveri ragazzi, oltre a dover sopportare una società animalesca che li sbatté duramente, adesso devono pure sottomettersi alla rettrice dei cazzi altrui.

Molti uomini andarono matti proprio per Cameron Diaz. Appiccicarono le sue foto, a mo’ di Philip Seymour Hoffman di Happiness, sulle pareti dei loro appartamenti. Poiché, come si suol dire, Cameron Diaz, essendo dotata di ottima carrozzeria, fa ancora la bella figa e può farti… fare bella figura se un ospite entra a casa tua e vede tutta questa tappezzeria. Come no…

Guardate, sono veramente nauseato. Siamo arrivati al 2020. Non vi siete evoluti manco per l’anima della minchia. Ancora vi prendete per il culo da schizzati, appunto, scambiandovi battutine di dubbio gusto e, secondo me, anche battone di seconda mano. Sì, forza, ci vuole Indiana Jones 5.

Siete da museo delle cere. Come Harrison Ford. Ah ah.

Di mio, adorai il fondoschiena di Greta Scacchi di Presunto innocente ma molti pensarono che non conoscessi Le verità nascoste.

Di mio, so anche che Angelina Jolie preferì Billy Bob Thornton a John Thornton e ai lupi da Jack London.

Dobbiamo dircela, L’uomo che non c’era emana un certo fascino noir da colui che non deve chiedere mai.

Egli, dopo una giornata di duro lavoro, scopa. Forse solo il pavimento ma conosce a memoria tutti i libri di James Ellroy, soprattutto Dalia nera.

Per quanto mi riguarda, Hilary Swank e Scarlett Johansson possono anche vincere tutti gli Oscar del mondo. Sarò sino alla morte, eh sì, Clint Eastwood di Million Dollar Baby.

Poiché non vi giro mai attorno. Alla gente dico sempre la verità. Senza buonismi da San Valentino, senza smancerie o carinerie ruffiane e false. Che film, ragazzi. Clint di notte entra in ospedale e fa quello che nessuno ha il coraggio di fare. Come per dire, forza, è inutile andare avanti così. È una tragedia, chiudiamola qui. O forse no…

Andiamo avanti, tanto è una società messa a pecora.

L’amore è una cosa meravigliosa? Certo. Se hai tredici anni. Più uno va avanti con l’età, per l’appunto, più lei ti chiederà di più.

Eh no, non si accontenta mica che tu sia il primo della classe per vantarsi con le amichette di stare assieme a uno bravo. È smaliziata, oramai.

Oltre al bel faccino, non le piace più un cazzone qualsiasi.

Esige quello con cui poter costruire un futuro. Soprattutto quello che le costruisca la carriera affinché possa stare a mollo, sciacquandosela tutto il giorno. Pigliando in giro chi la sua vita scialacquò poiché, senza quel talento, non si ottengono i gioielli…

Ah ah.

Sì, il mondo è cambiato, in peggio.

Tantissimi anni fa, conobbi una ragazza di Trieste. Malgrado fu lei a sverginarmi, fu anche molto pura nonostante sapesse pure come rendermelo duro.

Piangeva a dirotto quando guardava Robert Downey Jr. in Only You – Amore a prima vista e in Ally McBeal.

Col tempo, oltre ad avermelo indurito molte volte, lei stessa s’indurì. Regredendo però al contempo all’infanzia. Ora, sebbene non la senta più, un uccellino mi disse che lei impazzisce per Iron Man.

Sì, non siamo più in contatto io e lei ma credo che gestisca una boutique che mette in (s)vendita le creme vaginali assieme a Gwyneth Paltrow.

Di mio, ne passai tante…

Per colpa di errori, anzi, orrori giudiziari, feci per un po’ la fine di Downey Jr. in Guida per riconoscere i tuoi santi. E dire, cazzo, che a diciott’anni fui veramente un idiota bellissimo come Channing Tatum.

Anche, sinceramente, come Amélie/Audrey Tautou.

Mi venne anche voglia di farmi… un tattoo.

È veramente inconsolabile il mondo di oggi. È talmente falso che la più retorica canzone dei Beatles sembra, al confronto, America oggi di Robert Altman. Ora, non scherziamo, molte canzoni di John Lennon sono bellissime.

Ma Imagine non rispecchia la realtà e io adoro quel bastardo di Al Pacino. Soprattutto di Danny Collins… 

Comunque sia, non credete che io sia solo.

Diciamo che non lo do a vedere… anche a vendere. Non sono affatto ricco ma sono uno che se ne fotte delle vostre stronzate. I valori sono altri. Se volete sapere come si recita un pazzo, no, come si scrive e declama un pezzo, eccovi serviti. Sì, come si suol dire, posso permettermi di fare lo scemo del villaggio alla Charlot, non lo sapevate?

Non avevo dubbi che non lo sapeste. Voi, invero, sapete ben poco non solo di me ma soprattutto di voi. Mi sa che è così.

Intanto, buon divertimento e amore a tutti.

Auguri e figli maschi.

In verità, sono molto triste, molta gente mi fa pena.

Prima, fui davanti a un locale. Dopo vi entrai. Al che entrò una coppietta di mezz’età. Lui, tutto impomatato, lei bella ma fattasi più bella per festeggiare con lui San Valentino.

Chiesero perfino al cameriere di scattare loro un selfie. Perché solo stasera festeggiarono se si dichiarano innamorati? Semmai, durante tutto l’anno, si scannano, si mettono le corna, litigano come ossessi, si lanciano addosso i piatti, pure i sassi. Ah, è vero. L’amore non è bello se non è litigarello.

Così come è importante la festa delle donne, giusto?

Trovo che sia invece estremamente umiliante per una donna venire… festeggiata.

Significa che ancora accetta di essere trattata come una dea soltanto un giorno all’anno.

Sono cinico? No, dico la verità. Gli uomini non sono superiori alle donne e le donne, a loro volta, non sono superiori agli uomini.

Siamo tutti dei figli di puttana. In questo, ebbe ragione Federico Frusciante domenica scorsa.

Quando disse che La vita è bella di Benigni è una porcata. Lo cito testualmente: la vita è una merda. Ci costruiamo però delle illusioni per farcela piacere un po’.

Purtroppo, è così. Così come viene reputato carino dire a una donna muta che fa simpatia, oppure dire che Captain America sia più figo di Joker. Non credo proprio. E mio fratello lo sa…

Intanto, un altro scemo legge la cronaca nera per essere meno infelice. Ah, guarda qua, leggi che tragedia. Be’, allora c’è di peggio nella vita. Tutto sommato, a me va grassa e di lusso. Certamente… La dovreste anche finire di celebrare l’anniversario della caduta delle Torri Gemelle. Voi non foste dentro le Twin Towers e, onestamente, non ve ne poté né può sbattere di meno. Se poi, per fare i fighi e i buoni, volete continuare a spacciarvi come tali, me non mi prendete per il culo.

Non si dice… me non mi prendete? Vi cito Gigi Proietti:

– Signora, lei a me mi piace.

– Non si dice a me mi piace.

– Lo so ma a me mi piace.

 

Parte inventata da me:

– A me però lei non mi piace. No, non piace.

– E chi le piace, scusi?

– Mi piacque Valentino di Uomini e donne.

– Ah sì? Allora lei non mi piace. Va bene così? Ah ah.

 

A propositi di lupi, miei lupetti, ora vi mostro un superbo esemplare di lupus in fabula. Razza da Rosso Malpelo, da Lupo solitario alla Sean Penn, Wolfman o forse una pregiata, inestimabile volpe? A propositi di lupi, miei lupetti, ora vi mostro un superbo esemplare di lupus in fabula.

Parafrasando Corrado Guzzanti: la seconda che hai detto.

Forse la quarta?

 

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di Stefano Falotico

“Il lungo addio”, numero 74 di Dylan Dog by Falotico e Viola


21 Jul

 

Non sono il 67 di “Shutter Island” ma il n. 74 di Dylan Dog, “Il lungo addio”, qui doppiamente recensito dal sottoscritto e da Gianluca Viola

Su Facebook, ieri Notte vengo contattato da Gianluca. Avevo lasciato le casse al massimo, e mi stava prendendo l’abbiocco. Quando all’improvviso ecco la chat che spacca i timpani

– Ciao Ste. Ho da proporti una collaborazione?
– Ciao Gian…, dimmi.
– Hai mai letto “Il lungo addio” di Dylan Dog?
(Qui divento totoiano…) – Questa è bella, è bellissima. Uno dei miei numeri preferiti in assoluto. Insomma, quel fumetto è la storia della mia vita. Lo lessi in Terza Media, all’epoca volevo scoparmi una certa Tiziana, n’ro innamorato.
Poi, sono diventato l’indagatore dei miei incubi. Quindi, mi son risvegliato e Lei s’è sposata con un morto vivente. Secondo me, adesso rimpiange il mio “becchino”.
E dire che quel Pierre, suo coniuge, prendeva ripetizioni da me alle elementari. Mah, “alimentandosi” avrà limonato meglio di baffi. Sì, il cognome di codesta è Laffi.
Ricercatela su Facebook. Se mi denunceranno gli sposi, io non mi sposerò mai come Dylan Dog. Di mio, cazzeggio. Perciò, querelassero senza querimonie.
Ho qualche amico, uno “immaginario”, la mia coscienza del Grillo Parlante, si chiama Groucho Marx. Caccia delle freddure che fan vomitare, ma cucina bene. Battute scatologiche tipo “peti” alla Ugo Tognazzi.
Non so come prenderlo, mi sa che mi piglia per il popò. Da cui il detto “Dio li fa e poi li accoppia”.
Infatti, ho il fegato spappolato. Mah, non è colpa solo di Groucho e della sua “arte” culinaria, diciamo che alla “porzione” van aggiunte le mie palle senza il culo di Tiziana.
Mi consolo con l’insalata. Non è acida, a differenza di quell’anatra all’arancia (meccanica?) di suo marito.
Bene, veniamo a questioni più serie.
Non perdiamoci in puttan(at)e.

Anche se, ribadiamolo, quel sedere è grosso più della mia fortuna. Non è un grande sedere a “darcela” tutta ma, considerando il mio notevole uccello “sognante”, c’è di che piangere.
Questa è rima baciata. Molto alla Sconsolata…

Queste sono le recensioni…

L’esoterico indaga, c’inebria in st(r)ati sottili, impermeabili ove riaffioran le memorie dimenticate.
Una certa Marina Kimball è il nostro risveglio, la vaghezza adolescenziale d’una vacanza al mare, innervata di tuffi “suicidi”, d’immersioni nell’acquatica danza del nostro fanciullo romantico.
Quando, nelle profondità aromatiche, “annegammo” a visioni roboanti e un galeone pirata c’apparve prima del singhiozzo letale che forse fu solo tramortirci di amore. Ah, il tramonto…
Bionda, delicata, in costume da infarto, o bambina anch’ella come te, Dylan Dog, che credi all’esistenza del paranormale, spauracchio “cimiteriale” tu stesso contro la scienza e la medicina “ufficiale”.
Tu chiacchieri con Groucho Marx, spettro di un altro inesistente tuo vivere d’altre dimensioni, e credervi in un Mondo che non dà più valore ai sogni, alla metafisica, all’eccelso involarsi per oceani dell’irrealtà cangiante, a evocarti ere fertili di fantasie, fecondissime di miti e leggende.
Quando la gente si raccoglieva attorno a un falò e, nel crepuscolo della sera, partoriva storie dell’orrore, “mostri” alla Mary Shelley, e si vampirizzava con Dracula, mutanti, epigoni ed epopee sul plenilunio dei licantropi.
Altri tempi, li rimpiangiamo, noi figli di quel Dio intrepido del Cielo fra gli alti monti, sacro a “maledirci” da notturne creature ombrose, quindi lucenti più del diamante nei venti delle praterie americane. Adiacenti…, alla diaccio!
Grotte, spelonche, donne letiziose e sublimi baci incantati anche a marina palpitazione delle nostre intimità svelate, noi che sfidammo il vaso di Pandora e lo scoperchiammo, timorosi solo d’esser travolti dall’essenza animistica, celtica, vitale in grazia delle nostre anime.
Noi, “animali” dell’underground, fumetti viventi fra questi zombi “tranquilli”.
Ogni evento non è mai un caso e tu Dylan recitasti alla tua bella un “Chi ti vuole bene, ti fa piangere”.
Lei se la segna, il tuo Cuore è (as)segnato. Facile bersaglio mio Dylan, gentile, tenebroso, affascinante e proprio figo, nonostante talvolta perdi la bussola e anche la strada.
Svolti a sinistra, sei sicuro che nelle campagne londinesi non si debba tener la destra e che le strisce bianche son dritte e non di sbilenca via traversa. Chissà, finalmente quella giusta, ti trovo bene, “indossi” la belt(à) di chi ha la testa a posto, speriamo non scoppi il volante del tuo volubile troppo d’umori traballante. Tu Dylan che rispetti solo il tuo codice, “penale” per gli assassini e amico dei freak. Che cazzo di strano Uomo.
Auto-centrato, sempre in balia dei suoi deliri, ma ti piaci anche troppo. Quindi, chi esagera, merita il massimo. Questa è mia, Falotico. Stringimi la mano, succhiale il collo, t’ha già morso quella.
Insomma, amala senza fronzoli, spicca di nuovo il volo. Spacca il culo! Troppe indagini han reso Dylan stanco.
Devi innalzarti, mio Cavaliere Oscuro. Non imbarazzarti, imbizzarriscilo, Lei ti vuole, tu la vuoi e uno più uno non fa solo due amplessi ma scopate tutta la Notte…
Moltiplicandovi in un corpo solo. Intanto, fuori piove, tuoni e fulmini, che tempesta e Lei si rimette la vestaglia.
Che figa così illuminata dal Sole appena desto, e tu sei maleducato e maldestro. Non le offri neppure la colazione, che coglione.

In questo “Il lungo addio” non succede nulla. Tutto un ricordo che sfarfalla, la farfallina di Marina, fra un’autoradio che “batte” i Beatles, il solito Dylan Dog finto scontroso, coi suoi adorabili capricci, un po’ di metallo pesante nel cervello, ma forse vuole solo del tè.

Allora Marina dagli del Tu e, fra il dire e il fare, è passata un’altra Estate. Ah ah!

(Stefano Falotico)

Che resta di tutto il dolore che abbiamo creduto di soffrire da giovani? Niente, neppure una reminiscenza. Il peggio, una volta sperimentato, si riduce col tempo a un risolino di stupore, di essercela tanto presa per così poco, e anch’io ho creduto fatale quando si è poi rivelato letale solo per la noia che mi viene a pensarci. A pezzi o interi, non si continua a vivere ugualmente scissi? E le angosce di un tempo ci appaiono come mondi talmente lontani da noi, oggi, che ci sembra inverosimile aver potuto abitarli in passato.

Partire dall’incipit di uno dei migliori romanzi della nostra letteratura moderna, “Seminario sulla gioventù” di Aldo Busi, forse permette di avere una miglior e maggior visione del testo di cui si parla in questo spazio. L’anonima mestizia pura e semplice che si prova nel confrontarsi, la maggior parte delle volte, con il proprio passato, di tanto in tanto, produce solo semplici amarcord sognanti e lacrime di coccodrillo, inutili. La nostalgia è il sentimento più melò di tutti, più dell’amore. Il rimpianto è un evergreen, va bene per tutte le stagioni e per tutti i tempi, ed è anzi difficile non comprenderlo in sé e per sé, è più facile comprenderlo quando si tratta di altri… è facile tornare con la mente, a meno di malformazioni cognitive di memoria, al proprio passato remoto, nonostante esso sia più remoto che remoto non si può. A tutti sarà capitato, volgarmente a volte, di tornare al passato, nonostante si volesse restare coi piedi ben piantati nel presente. Un lungo addio è quello che si predispone in questo caso la storia: cos’è un lungo addio? C’è antitesi tra i due termini, e sì che l’addio indica qualcosa di lungo, di eterno, ma il momento dell’addio deve essere un qualcosa di rapido, di scattante, affatto lungo. Quando un addio diventa lungo, diventa automaticamente un arrivederci forzato e forzoso. Ed è quello che succede a tutti gli amori passati, a quelli che non si è riusciti a trattenere. Chissà cosa resta non solo del dolore, ma anche del piacere che si prova da giovani? Cosa diventa nel lungo andare, nell’eterno, non più nell’immediato, il piacere che si prova da ragazzi? Tutta questa spropositata dose di piacere, rimane intrinseca in ogni mini particella di noi esseri umani, o si disperde, come il polline di un fiore, portato via dai devastanti pungiglioni del tempo che passa? Innamorarsi da ragazzi non solo è facile, è d’obbligo. Sentirsi dire “ma di che ti vuoi innamorare, che hai quindici anni e non puoi capirci un cazzo”, come se ci fosse l’età corretta. E invece è stato (per me è ancora) il tempo dei baci sotto la pioggia, dei bigliettini nei corridoi scolastici, delle sbronze con relative urlate in faccia all’amata. E delle vacanze estive, sì. Credo che ognuno possa rivedersi, anche minimamente, nella storia di questo “lungo addio”. L’amore regalato e poi perso, così, quasi inavvertitamente, su una spiaggia, un mare, uno scoglio, una riva. La bellezza segreta che sta nell’attimo in cui ti rendi conto che stai per fare qualcosa che non potrai mai più ripetere. Puoi vivere con un tale per vent’anni e considerarlo un estraneo. Puoi passare con un altro venti minuti e portartelo dentro tutta la vita, scriveva Oriana Fallaci. E così forse accade per gli amori passeggeri, quelli estivi, quelli persi, forse volutamente, forse lasciati andare per troppa paura. Mi viene in mente una vecchia canzone di Georges Brassens, “Les Passantes”, che racconta dell’amore possibile che non si crea mai, con tutte le donne che fanno da contorno nella nostra vita, le sconosciute con cui non parliamo fisicamente, ma con cui, magari, i nostri occhi fanno l’amore. Ed è un po’ così che accade anche con quelle donne che magari conosciamo, incontriamo, “possediamo” per un po’ di tempo, e poi lasciamo andare via, così, senza motivo. Quelle stesse donne che forse amiamo per sempre, senza accorgercene, pensando di averle dimenticate. A tutti questi amori è dedicato “Il lungo addio”, forse il miglior Dylan Dog di sempre. Una poesia delirante e onirica sull’amore che ritorna, contro ogni preavviso e contro ogni forza esterna, l’amore che vince, che distrugge ogni barriera d’ovvietà (persino Groucho si piega, nella sua serietà improvvisa, a quest’amore), l’amore che ama ed è riamato. Scrive Rilke, “chi viene amato passa, chi ama resta”. Ma dove resta? In cosa resta? In dei gesti precisi (portarsi indietro i capelli), in eclamazioni(Giuda Ballerino!), in dialoghi (Senti… Cosa? Niente), in luoghi (il luna park, la ruota panoramica). Un albo che celebra l’intimità del sentimento del ricordo innanzitutto, con echi proustiani evidenti, credo che in esso siano raccolte tante esperienze condivise da larga parte del pubblico. E quindi, la prossima volta che vedete una stella cadente, pensate a un ultimo desiderio riguardante il vostro passato. Magari che lui o lei vi possano accompagnare per quell’ultimo viaggio, quello più strano e difficile. E dunque, “che cosa resta di tutto il dolore che ho creduto di soffrire? Niente, soltanto delle reminiscenze contraffatte, delle fiabe apocrife.”

(Gianluca Viola)

Questo è il video, sparatelo!

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