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Playlist definitiva su Martin Scorsese: parlo per me, voi (de)scrivete la vostra Shutter Island, ah ah


05 Jul

jodie foster warhol

gambardella la grande bellezzaIn questo pezzo, vediamo se siete colti, troverete una bella anafora.
Ripetizione dello stesso termine con una sottilissima sfumatura.

Ecco, a pochi giorni dalla diffusione pubblica della mia recensione (anche in video) su Shutter Island, da me reputato un film concettualmente sbagliato e approssimativo in molti punti, neanche a farlo apposta, Federico Frusciante, sul suo canale YouTube, ha inserito la sua review Patreon del medesimo, identico film.

Pura casualità. Le nostre opinioni, in merito, sono assai divergenti sebbene collimino in molti punti.

Io “postai” la mia rece… in tempi non sospetti. Quindi, non posso minimamente essere accusato d’insospettabilità, ah ah, no, di aver fatto come sovente, ahimè, mi accade, il bastian contrario per puro spirito provocatorio.

E a proposito di purezza, mie schifezze… ah, La grande bellezza.

Fatto sta che, tralasciando le opinioni diverse a riguardo del succitato film di Scorsese, direi di partire da quest’immagine iconica di Jodie Foster. Apparsami in un gruppo Facebook di Cinema soltanto qualche giorno fa. Stranamente, da me mai vista prima. Dico stranamente poiché è/fu firmata da Andy Warhol e, raramente, di lui m’è sfuggito mai, se preferite, mi sfuggì, un solo suo ritratto. Sì, qui Andy ritrasse Jodie in tutto il suo splendore da ninfa purissima, ambiguamente perversa con tale suo furbetto sguardo ammiccante e vagamente, impercettibilmente perverso. Propendente, oserei dire, verso un civettuolo, seduttivo fascino incommensurabilmente castissimo da innocente Lolita già forse contaminata nell’anima… che bella bimba.

La purezza incarnata, priva d’ogni Hardcore schraderiano, forse post Taxi Driver?

Quando è stata scattata questa foto leggerissimamente ritoccata?

Tanti anni fa, esattamente un anno prima che su di me incombesse un ricovero da “manicomio criminale”, prim’ancora che, superando ogni vetta inimmaginabile della forza psicofisica più umanamente concepibile, mi scagionassi da ogni infondata accusa immonda delle più discriminative e stigmatizzanti, maggiorando la mia mente ed elevandola Al di là della vita, innalzandomi in una sorta di Bringing Out the Dead fatalmente miracoloso per me stesso resuscitato come Cristo il salvatore, quattamente indisturbato, pur essendo già, da tempo immemorabile, imputato di essere una persona disturbata e disturbante, più che altro recalcitrante ad omologarmi al porcile di massa, spesso nauseante e inducente a una sartriana repulsione verso le frivole socialità carnalmente edonistiche e facete, mi recai alla multisala di Rastignano, situata in provincia della mia natia Bologna, per assistere a un sottovalutato film per la regia di Neil Jordan. Ovvero Il buio dell’anima.

Stando alla generalista Wikipedia, luogo ameno ove imperano le banalità più mal assortite, spesso redatte da studenti che, dietro piccoli loro contributi sbrigativi, allestiscono semplicistiche sciocchezze figlie del loro relativismo tipico delle loro esistenze misere, perlomeno circoscritte alla loro età, per l’appunto, ancora inevitabilmente confusionaria e a farsi, in quanto ancora scevre del dolore e anche del piacere più umanamente, empaticamente sentiti, la pellicola di Jordan è stata (psico)analizzata all’acqua di rose, come si suol dire, entro la brevità di un’idiozia immonda peggiore del più sciocco proverbio del mondo. Che è… rosso di sera, bel tempo si spera.

La stronzata di Wikipedia, invece, è la seguente:

col passare del tempo, le ferite del corpo guariscono, ma non quelle dell’anima che faticano a cicatrizzarsi: in Erica nascerà un forte desiderio di vendetta che la spingerà a farsi giustizia da sola, interessandosi anche alle ingiustizie capitate ad altri vicini a lei.

Deduttiva e scontata scempiaggine inserita, certamente, da un ragazzo o da una ragazza sprovvisti della cultura cinematografica appartenente alla New Hollywood più stratificata e perciò complessa. Giovani inconsapevoli di soffrire di varie complicazioni difficilmente curabili, cioè dei precoci… inculati, poco addentro, per l’appunto, la veridicità più viscerale e senziente della loro stessa esistenza troppo immatura, troppo acerbamente impura ed esaltata per poter, con cognizione di causa, dissertare in ambito non solo ermeneutico, bensì più sincero soprattutto nei riguardi di sé stessi. In quanto, falsificando la propria coscienza nello svenderla all’apparenza più saputella, si palesano soltanto tristemente come biechi menzogneri auto-bardatisi nella finta, saccente boria di presuntuosi universitari, oserei dire untori, con la bava alla bocca e le cazzute, ridicole ambizioni a mille più cretinamente fottute.

Questi ragazzi non ce la faranno. Prima o poi crolleranno dinanzi all’orrore kurtziano della loro già avvenuta Apocalypse Now.

Lo so per certo, per vissuto personale poiché, oggi come oggi, io deambulo come un ectoplasma. Che vaga, gironzolando da zuzzurellone. A volte sono un po’ cafone, a volte critico i bugiardoni e non credo agli psicofarmaci con tanto di relativi bugiardini.

Dovrebbero, per esempio, finirla di puttaneggiare su Instagram, esponendo smorfie e boccacce che hanno poco a che vedere sia con la sana goliardia del Boccaccio che con l’immacolatezza stupenda della Foster sopra citata. Indubbiamente, eccitante.

Incarnazione della gioventù a farsi, in fiore a divenire e ad accoppiarsi, a copularsi, no, ad accorparsi nella graziosa forma artistica di un’intellettuale d’indubbia naturalezza e potenza carismatica impari, dannatamente bella e sensualissima nella lucida nitidezza delle sue mille, ipnotiche espressività fortissime dalle sfumature più soavemente cangianti e, per l’appunto, limpidissime.

Il buio dell’anima non è un grande film. È giustizialista e ovviamente non regge il confronto minimamente con Taxi Driver.

Anche se potremmo giocare di simpatici parallelismi meta-cinematografici. Se Jodie Foster/Iris non fosse stata salvata da Travis Bickle, se non fosse stata liberata dalle grinfie di quegli avidi speculatori del suo corpo da minorenne schifosamente sfruttata, forsanche stuprata, prima o poi avrebbe afferrato una 44 Magnum. E, a mo’ d’Ispettore Callaghan, no, di Scorsese nel suo cammeo devastante, anziché rivolgersi alla moglie fedifraga che tradì Martin con un ne(g)ro, in piena notte si sarebbe diretta, forse con taglio da mohicana da Chiara Ferragni che scelse il barbiere di Fedez anziché la parrucchiera di tua sorella, verso il covo del magnaccia Harvey Keitel/Sport.

Sfondandogli la porta, puntandogli la pistola alle palle e urlandogli:

– Sai come riduce un uomo una 44 Magnum fra le cosce?! Dovresti vedere come riduce un uomo, fra le gambe, una 44 Magnum. Sì, io t’ammazzo. Che posso fare, oramai? T’ammazzo, eh sì, t’ammazzo.

 

Sì, Jodie Foster non simpatizza molto per gli uomini. Infatti, è lesbica. Ah ah.

L’unico per cui simpatizzò fu Hannibal Lecter de Il silenzio degli innocenti. Ovvero un genio fottuto che la liberò dalle falsità ipocrite di un mondo (s)porco.

E, in modo mellifluo, implicitamente le lanciò tale messaggio inequivocabile:

– Clarice, fottitene. Odi, senti ancora il lamento di quei poveri animali scannati? Piangono ancora prima di essere macellati? Secondo te, ce la faranno tutti? Oppure impazziranno come Dente di fata di Manhunter? Hanno ancora i denti da latte. Allattali, no, allettali.

– Dottor Lecter, ho ancora dei brutti incubi. Li sento ancora.

– E che cazzo, ‘sti cazzi, Jodie. L’Oscar per Sotto accusa e per il film succitato da noi girato assieme allora non sono serviti a farti venire le palle. In effetti, hai ragione. Sei una donna. Con la gonna!

Ti capisco. Porta avanti con fierezza la tua femminilità e anche la tua diversa sessualità. Basta che non ti affili al movimento MeToo. È un movimento della minchia. È peggio di un circolo di cucito.

Sì, è pieno di donnacce che l’hanno preso solo nel didietro. Anzi, mi correggo. Non l’hanno preso in questo posto neanche dalle amanti del loro stesso sesso.

Sì, chi se l’incula queste qui? Si fottano!

– Gli uomini sono pure peggio.

– Ah, Clarice. Lo so bene. Altrimenti, perché m’avrebbero sbattuto qui, secondo te? Ah, ma io me ne sbatto!

– E che/i sbatte, dottor Lecter? Al massimo, può tirarsele sul catalogo di Postalmarket che le regala, a mo’ di sfottò, il Dr. Frederick Chilton.

– Sì, il direttore di questo manicomio ove m’hanno (in)castrato e inchiappettato, eh già, è un puttaniere semi-pedofilo. Altro che Chilton. Quello pensa alle children.

Per esempio, una volta m’accorsi che stava ammirando, con sguardo malandrino, una tua foto, cara Jodie.

– Quale foto?

– Quella dello spot Coppertone?

– Davvero? Ma allora è peggio di Miggs.

– Direi assai peggio. Almeno, Miggs/Stuart Rudin è un povero disgraziato quasi quanto George Noyce/Jackie Earle Haley di Shutter Island.

– Colui che ha interpretato il reboot, molto brutt’, di Nightmare nella parte di Freddy Krueger che fu dell’imbattibile, mitico Robert Englund? Attore che, alla pari di Anthony Perkins di Psyco, fu rovinato da un ruolo così comico, no, iconico? Appena la gente vedeva Anthony, no, non lei, Hopkins, bensì Perkins… pensava:

sì, è molto bravo ne Il processo. Ma siamo sicuri che non si sia inventato tutto? Visti i suoi trascorsi?

– Sì, Clarice, una situazione kafkiana da Fuori orario.

Povero Perkins. E povero Englund. Povero anche me! Uomini totalmente bruciati.

Ci vorrebbe Charlton Heston de L’infernale Quinlan per ripristinare un po’ di giustizia in questo mondo di falsi e di figli di zoccola.

– Ha ragione, dottore. Anche quello de I dieci comandamenti.

– Sì, pure quello de Il seme della follia.

– E di Ben-Hur, no?

– Scusa, Jodie/Clarice. Ti piaceva, per caso, Heston?

– Era oggettivamente un bell’uomo.

– Jodie, mi viene un dubbio. Posso farti… una domanda? Permettimi l’indiscrezione, la mia piccolissima investigazione.

– Chieda pure, dottore.

– Non è che per caso tu e Mel Gibson avete trombato?

– No, perché? Siamo stati soltanto colleghi di lavoro. Non dubiti. Posso mettervi la mano sul fuoco.

– Sì, per l’appunto, la mano sul fuoco… Perdonami, Clarice. Ho diffidato della tua buona f… a. Scusami, volevo dire, Fedez. No, fede.

– Dottore! È impazzito?

– Che io sia pazzo mi pare ovvio. Che tu sia lesbica non è invece tanto chiaro a tutt’oggi, eh.

– Perché mai?

– Secondo me, Jodie bella, fra te e Bob De Niro, a distanza di vent’anni da Taxi Driver, ci fu, diciamocela, una segreta scopatella. O no?

– Ma no?! Ma che va pensando?

– Scusa, non dovevi essere tu a dirigerlo in The Kingdom of Big Sugar? Detto anche Sugarland.

– Sì, più di una decade fa.

– E come mai non l’hai più diretto?

– Lui era sposato e non s’è fatto un cazzo.

Uhm, capisco. Però, vedi… Bob ha ora la sua età, certo, ma ha divorziato dalla moglie. Spinge ancora, malgrado tutto. Quindi…

– Quindi… che?

– Jodie, sei un’anima pia. Ha interpretato infatti The Dangerous Lives of Altar Boys. Fai una cosa. Vai a trovare Joker in manicomio. Tiralo un po’ su, ok?

– Sarà fatto.

 

Che c’entra tutto ciò con Scorsese? Ora, non so c’entrò fra Hopkins e la Foster, sicuramente Martin Scorsese è un genius. Secondo me, superiore ad Hannibal Lecter.

E questi sono i suoi sette massimi capolavori. Se non li avete mai visti almeno una volta in vita vostra, farete la fine di Ray Liotta in Hannibal. Appunto!

Avete oramai il cervello fritto e impanato. E, a mio avviso, anche qualcos’altro è tutto impantanato e sempre solamente dentro i pantaloni.

Insomma, ve la tirate e basta. Invece, dovreste amare la grande Jodie Foster a livello di purissima ammirazione e scopare una come Julianne Moore. Offrendole, dopo la notte “sanguinaria”, una dolcissima colazione.

Se non ce la fate, basta che non rompiate più il cazzo. Chiaro, coglioni?

Comunque, prima di sfilare la lista come una gran passerona in passerella, secondo voi perché mai chiesi a Frusciante di recensirmi Smoke e Lo spaventapasseri?

Potrei forse essere io il Keitel del film di Wayne Wang e l’Al Pacino del capolavoro di Jerry Schatzberg?

Oramai non più. Sono cazzi vostri, adesso, eh. Ah ah.

Infine, Keitel fu nel cast di Buffalo Bill e gli indiani mentre De Niro, oltre ad aver fatto il culo a Sport in Taxi Driver, in Heat fotté sia Amy Brenneman che il viscido…

Sì, che capolavoro, Heat. Un film che non è soltanto un western metropolitano ove tutti, chi più chi meno, metaforicamente e non, s’inchiappettano. Per dirla come Il Mago/Peter Boyle… tutti fregati.

Sparandosi a vicenda e tradendosi a ripetizione.

Un film ove, peraltro, l’attrice de Il cigno nero, depressa a morte, non riuscì neanche a farsi… Cioè bucarsi. A tagliarsi i polsi, però, sì. Ah ah.

Cavolo, se Al/Vincent Hanna non l’avesse salvata in extremis, Natalie sarebbe morta.

A causa dei suoi compagni di scuola che la bullizzavano.

Chiamate(mi) Léon.

Questi sono i sette film. A Bologna, invece, c’è Santo Stefano con le Sette Chiese. Vero?

Taxi Driver, Toro scatenato, Fuori orario, Quei bravi ragazzi, Casinò, Al di là della vita, The Irishman.

Ecco, se non v’è piaciuto o piacque oppure mai piacerà quest’ultimo, fatemi il piacere.

Siete retorici e siete froci.

Dunque, non può piacervi Jodie Foster.

Su questa freddura, vi lascio e sgattaiolo nella notte.

Come dice Joe Pesci, in Goodfellas, fanculo a mammata.

Da cui il film Mamma, ho perso l’aereo.

Mentre De Niro, in The Irishman, perse l’unico amico vero della sua vita del cazzo.

 

di Stefano Falotico

 

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La Sinéad Marie Bernadette O’Connor va dallo psichiatra, e io son sempre più cinico, più nero cigno


10 Aug

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Sì, Sinéad annuncia la sua incipiente depressione spingente in un video che fa il giro del mondo, lavando i panni “sporchi” sui social, per una commozione collettiva che la incita a curarsi ancora di più.

Sì, questa cantatrice calva alla Ionesco, ha un’espressione alla Giovanna d’Arco più buffonesca. E si lamenta da casalinga disperata, dilapidando i soldi con lo psichiatra della mut(u)a che le spilla dollaroni a colpi di chiacchiere su come era il caffè stamattina, se amaro, bollente, caldo come una pornoattrice con un negro immigrato dalla sua illibatezza ripudiata, o pieno di Zucchero, lo Sugar Fornaciari suo amico che le strimpella il ritornello:

Sali, anima in depression

come in, come sei messo?

Ci sono giorni dove sono in vena


hey baby proprio come mi vuoi

in altri striscio, tiro la catena

ma dov’è questo Wonderful world?

 

Eh sì, per la Connor, senza la o apostrofata, son lontani i tempi in cui Daniel Day-Lewis era per lei niente di comparabile. L’unica canzone che ha avuto successo. Oggi, la Connor è un cesso e c’è anche chi la scambia davvero per malata di mente. Malata di soldi, ecco cos’è, e lo sa bene Antonio Conte che difende Neymar in conferenza stampa ove dichiara che i top player meritano di non esser dei topi. Se poi, stressati da troppa panza piena, cantano La cura di Battiato, è colpa di Fassone del Milan.

Di mio, vado al bar alla mattina e, se qualcuno beve in modo depresso un cappuccino, gli canto…

Physical della Olivia Newton-John, una che faceva brillantina con Travolta, e oggi è stravolta di troppe “grease” dei miliardi.

 

Lo so, mi disprezzerete per questo mio cinismo, ma oggi è spuntato di nuovo il Sole, quindi ci sta.

di Stefano Faloticogrease_24

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Lezione di cinismo e di stile


06 Oct

 di Stefano Falotico

Questa società io non comprendo e non voglio da essa un bel nulla apprendere. Da me, “sol(issim)o”, lo prenderà. Una società di sconci nudisti e di buonismi al sapor della più diarreica “stracciatella” s(ci)ol(t)a. Società che lecca, tutta mer(da) in questo (im)mondo gelato. Uno va da una donna e pensa di scioglierla quando è il primo ghiacciolo del frigorifero suo castrato da troppi “noccioli” della sua scema e della sua scimmia. Io mastico gli arachidi, stiano da me lontane le racchie ma pure le (g)nocche. Vi prendo a pugni e vai di pugnetta. I ruffiani impazzano, fan finta di amarsi e al kairos ho sempre preferito star nel caos dei cazzi miei. Ma che speciale? Questi antichi greci han sparso il seme del ma(ia)le. S’accopp(i)avano in temp(l)i promiscui a cui prediligo la mia bisc(i)a, serpeggiante di auto-erotismo “sensuale” quanto uno squallido (s)fottermi an(nu)ale, mensile, quotidianamente nello sfogliar un giornale anziché credere all’amore e alle margherite b(u)one alle mamm(ell)e du’ caz’. Meglio il pap(av)ero, che legge Topolino, mie giovani marmotte tanto “b(r)ave” a predicare quanto poi animali bavosi a mignotte. Che “bravi”. La mia angoscia (s)monta, è “dolce” far un cazzo e star a gambe accavallate, basta con queste cavallette, donne io non sarò per voi cavallo. Vai di Mosca e vai di Bari. Datemi un bar e non vorrò altro da ber. Cavati, io me la cavo da sol(d)o bucato, altrimenti, se scassi, te la (s)caverò e quello, sì, sarà il tuo “fallo” peggiore. Hai fallito, fa(rfa)lla. Credo nel sesso davvero “molto”. Infatti, lo piglio a sassi. Voi ne siete assatanati e ossessi. Per quanto “me ne “(s)freg(h)i”, fottetevi. Sì, di enorme strafottenza, non credo a niente. Credo nell’altissimo mio uccello da (I)caro al settimo cielo nel star sopra chiunque e tu, sotto, inculato a mor(t)e. Attento alle casta(g)ne. Toglile dal fuoco, tanto ti han già bruciato.

Io sto sul monte, anche sul monaco. Mio monco. Evviva i mongoli!

Così è, Questo è il cinico. Questo è il suicidio.

Mi annoiate. Da quando avete, per la prima volta, scopato, non avete più v(i)olato. E la vostra vita, da rosa, è (s)venuta… rossa, non arrossite neanche più, scomparso il pudore, siete s(t)ud(i)ati, avete perso le piume, le penne e la (stilogra)fica, pen(s)ate sol alle violette, avete una panza trombona come il violoncello legnoso e avete smarrito sia il fiato che il dardeggiante afflato. Io invece scorro, “tutto” scorre da piuma, libero, scoreggiandovi e non acchiappabile. Ma che vuoi inchiappettare? Beccati il mio becc(hin)o e, come diceva Totòparli come badi, sa? Io, da Principe, ribalto le parole, le regole… stronze, i sen(s)i e non voglio metter su prole. (Ri)peto, solo pene… patite… in tal (non) vederla… Affaticati, (s)pompati, slabbrati, sempre arrabbiati, “incazzati” e perennemente a lamentarvi delle vostre (s)fighe. Ma come fa a piacervi il viver in tal mo(n)do? Il lavoro, il caffettino, due coccole con la micetta, (s)tirar… le camicette, rimboccarsi le maniche e un altro “bocchino”. Sì, dallo psichiatra strizzacervelli dei vostri uccelli. Che palle. Meglio il cane, l’(arc)ano, la mia gengivale arcata e vai di archi, miei “arcieri”. Evviva il cervo! A te i cer(ott)i e le candele delle cenette.

Meglio Vincent Cassel. Uno che stava con la Bellucci ma rimase un belloccio.

Passeggiando di gambe storte su faccia da culo distrutta. Un uomo rutto, rotto, un ratto, forse un gatto, un lupo e vaffanculo.

Sì, alla compagnia dei vostri cupi lup(ett)i, ho sempre amato solo il mio pupo. Il mio topo, il mio tappo, il mio gigante, il mio (o)nanismo.

Biancaneve era una zoccola, doveva solo scopare e sgobbare, il nano Dotto sapeva, le misurò la pressione, ficcandola con “passione”, poi mandandola a cagare e a lavar i p(i)atti per altre “patte” da puttana, caro Pisolo da piselli… Sei una mammola, meglio Mammolo. Evviva il mammuth. Salutami mammata!

Non voglio superare nessuno scoglio. È già troppo se non mi farete… fritto come una so(glio)la.

– Sai, sono rimasta incinta. Volevo darti la bella (noti)zia.

– Non è fig(li)o mio, io e te non ci siamo mai visti. Beccati il cigno e speriamo non sia femmina arcigna.

Genius-Pop

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