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The Mule, il poster di Eastwood e i miei libri ai posteri da “mulo”


24 Oct

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Be’, io son sempre stato un mulo. Una persona restia alle regole, ed ecco allora la gente a urlarmi asino, datti una mossa! E invece ho sempre preferito starmene di “traverso”, inseguendo la mia birbante, eastwoodiana poetica. Da uomo delle stelle che, a tarda notte, si alza ed emette una scoreggina che non arrechi disturbo ai vicini. I vicini, dovete sapere, son sempre dormienti anche quando non dormono. Nelle ore diurne, lavorano con forza e vigoria ma il loro cervello, io vi dico, è da una vita spentissimo. Forse, non è mai stato attivato. Un sonno che dura dal momento del loro concepimento, un sonno eterno. E sperano di arrivare alla pensione per riposarsi e dormire del tutto, nella beota vecchiaia più lurida, nella pigrizia mentale più inaudita. Pigliando per il culo i giovani e masticando i fegati lerci della loro pusillanimità.

Io son sempre stato abbastanza, anzi, molto diverso dai miei coetanei. Mentre loro, in “pompe” magne, eran lì, pubescenti, in qualche pub a gozzovigliare triviali, a farselo ciucciare dalle ciucce, io me stavo acquattato, tranquillo e asciutto, come i pannolini Pampers, con la cannuccia in bocca a suggere il vero Cinema poetico di Clint. Sì, ero un grande “poppante”. Un topo brillante, un visionario, diciamocelo, aitante. Tu, invece, quando baci una donna, non esserle alitante. Ma soffiale tutto il tuo cuore con gran calore. Siile ficcante e dentro di lei consenzientemente, leggiadramente v(i)olante come un aliante. Plana su quelle colline e sorvola ogni tettina in maniera spruzzante. Da alcune sarai reputato sprezzante ma l’importante è dar loro del (f)rizzante.

Clint, a mio avviso, è un mito. Gli ho dedicato un libro, un po’ folle nel mio stile, Ghiaccio arcano di romantici occhi, che potrete trovare su lulu.com.

Questa la sinossi, asini…

Un turgido omaggio al Cinema monumentale di Clint Eastwood. Indimenticabili i fotogrammi dei suoi epocali, biblici, titanici capolavori, argentei, plumbei, crepuscolari, plasmati in un magnifico libro autunnale ma potente, che plana nelle sue iridi azzurre e ci abbaglia con classica eleganza. Poetico e intagliato come liquida pietra modellata nel Cuore romantico di Clint. Raffinato, di gran classe.

E la mia saga del Cavaliere, da quello di Alcatraz a quello di Madrid, in vendita sulle migliori librerie online, compreso Amazon-Kindle e IBS.it, trattano di un personaggio che si chiama proprio Clint. In effetti è lui. Come potete vedere nella copertina de Il cavaliere di Madrid.

Un uomo che, con giacchetta di jeans, cammina nei vostri vicoli ciechi e non crede alla superstizione del gatto nero. In quanto uomo “mulo” che se ne fotte con enorme charme. Fregandosene delle vostre maldicenze e dicerie poiché, nella penombra della sua elevatezza, abbisogna solo di un po’ di dolcezza, poi di rudezza e forse anche di sputtanare le schifezze.

Un uomo Falotico. Oggi un po’ zotico, domani patetico, poi fantastico. Un uomo artistico e mai tristemente scolastico. Alcuni mi danno dello psicopatico, del semi-autistico e del nevrotico, altri, quelli che mi amano, mi danno dell’ipnotico.

Mah, di mio, in questi giorni ho la gola a pezzi. Colpa di un brutto raffreddore. E sto prendendo l’antibiotico.

Fratelli, amate il gotico, ché qui si fatica e questa vita “figa” è sempre più caotica.

 

 

di Stefano Falotico

I miei booktrailers, filmati incantati di me che decanta/o


14 Aug

Sempre più pervaso da dubbi amletici, quasi aristotelici, “rivango” fra le memorie delle mie creazioni, alla ricerca, forse vana e un po’ vanitosa, di speranzosa lucentezza che in me, spesso appannato, in panne e col cuore mai di pietra ma di montata panna, nella suspense non sempre ludica dei dì, si rattrista per il notevole, mesto poltrir dei giorni, alle volte vacui, altre danteschi di principesca “faloticheria” stramba come esige e vuole il mio dolermi per i problemi di questo mondo “volentieri” molle e immondo.

Al che ripesco questi miei esercizi di diaframma “rifrangente” nella mia voce fra lo spettrale, l’ironico, il drammaturgico e il teatrale, gustandomi in sfoggio esibizionistico che vale le sue storie narrate con indubbia creanza del mio (ri)crear(mi). E me ne sto nel mio (non) essere. Ad alcuni, molti, piacciono, ad altri no, ma chi se ne frega. Me ne fregio.

 

Tutti li trovate nel canale del Tubo.

 

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I lib(e)ri di Stefano Falotico


07 May

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Medito sulla putrescenza di molta gente che le mie genialità vorrebbe ostracizzare per catalogarmi in qualche compartimento, o “dipartimento”, “mentale”, e si danna in diagnosticanti etichette d’appiopparmi per svilire la mia creatività “veemente”, insistente, generatrice di una marea oceanica di libri che potrete in vendita trovare online se una ricerca effettuerete nell’indagare…

Spunta un fake su Facebook che mi “addebita” la malattia di allucinare sulle sue plateali, eppur criminosamente celate prese in quel posto. Avanzando l’ipotesi che m’immagini tutto e sia lui… “venuto” senza d(i)ritto nella mia privacy solo per “vivacizzare” un po’ la “discussione”. Io pacatamente, moderato, misuratissimo, poi con brio e giovialità euforica, gli anticipo i miei progetti letterario-cinematografici e lui, quando “scocco” la mia nuova freccia all’arco del mio esser vulcanico, presentandogli la mia prossima opera, Il cavaliere di San Pietroburgo, attualmente in fase di editing, m’apostrofa con un clamoroso, proocatorissimo: “Falotico, scriva il cavaliere di Roma nord”. Sbertucciando quindi la mia “precarietà” economica e dandomi, sempre nascostamente di chat pusillanime, irriguardosa, mentecatta, “rissaiola” e offensiva al massimo, la patente di “accattone” che si “prostituirebbe” pur di far valere il suo “millantato” talento. Insulto facile. Che sia appunto lui quello “facilone?”.

Io non ho da svendere il mio genio, da costui (pres)unto, e non biasimatemi se ancor i miei libri, di mente libera qual possiedo, desidero vendere. Perché mi par lecito voler che vengan letti. Cosicché possa scardinare (de)menti invece imprigionate/i da vetusti schemi (il)logici, che si nascondon “bene” dietro Laure(e) e altri pezzi di carta che, come Totò insegnava, se son solo il “baluardo” per definirsi “superiori”, posson servire solo per spazzarsi il culo. Meglio una serva che serve/a a questi “severi inservienti” delle banalità scolastiche… che piglian per il sedere.

Di offese come queste, più s’accresce la mia biblioteca di nuovi titoli, più dai detrattori, molto ratti invero, non a tratti ricevo. Sì, da costoro, impostori della verità, persone profondamente disturbate e in verità frustrate, le ricevo spessissimo. E son “pesissime”, enormi “prese” appunto. Un “gran” pressing alla mia dignità da questi saccheggiata, ripudiata e “apertamente” derisa.

Ma tali infimi “personaggi” poco meritano le mie attenzioni. Io mi rivolgo a coloro che possano apprezzarmi. Perché i miei lib(e)ri non han prezzo.

E questo è un gran pezzo.

Alla faccia dei mer(da) di pezz(ent)i.

 

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Radio Squillace, Il Cavaliere di Alcatraz


16 Mar

Stardust 2013


30 Dec

Poetry cinematografica e anche personale, a rinomanze d’un anno Falotico, bizzarro, intrigante, prolifico e anche “pilifero”…

Opera omnia fortunatamente incompiuta e spero non postuma

Dalle agoniche membra ritratte, prima un radiografico ritratto, quindi un nitrito di rabbia, coadiuvato dai nitrati d’argento, dunque un inguinale “scioglimento”, acuminato in mia alta mente, talvolta ancor di portamento sbilenco se tu mi guardi in maniera bieca perché vuoi perseverar diabolico a metter il becc(hin)o

Partii tragicomico, poi mi ripresi dalle “botte”, perché la volevo “pienotta” ma non riempii neanche la mia magrezza ubriaca

A ritroso, sondo quel che imprevisto io stesso vedrò d’altro (s)compormi in (de)composizione (in)ferma, qualche volta sorda all’ascolto, fervida di letteraria, d’appassionato cinefilo, temeraria e oscillante vitalità, fra nuove albe, cerulei e incerti tramonti per altro incespicare, il mio sorriso “a sonagli”, dei sonniferi per (non) tenermi calmo, ché la cautezza è consigliera cattiva, un po’ di crema pasticcera in caso d’addolcimento inflitto, ahia che f(r)itta (d)ai coglioni, opere di gran valore, romanzi spericolati, fulgidi e sfavillanti, libri poetici e anche Edgar Allan… può darsi che, in futuro, comprerò un alano, comunque sia i detrattori mi stian alla larga, perché son già alle lor calcagna…

Più che (ab)usarmi di collari e demoniaci al contrario rosari, parsimonioso son loro “accorato”, disancorandoli da vetuste certezze oramai non tanto toste, in quanto le scardinai e sempre più vette scalo in codesti arresisi e scricchiolati dalla mia forte resina, fra porti ribaldi, non poche resistenze al pudore, colpa l’educazione cristiana di retaggio sempre castrante, una chioma da giovine baldo, un sogno formato aeroplano, chi va piano va (non) sano e lontano. Se suonerà l’emergenza, caricherò la sveglia del rintonar a mia lirica intonazione intermittente, mettendolo a una rossa mai lucciola, poiché propensione di mio imbattibile e non misero, (s)porco poeta, ai biliosi ardimentoso, fresco di rose e speriamo nel domani senza spine dolorose (basta staccarle se ti stanchi…), alle dorsali fatiche gradisco il fondoschiena d’una figa a me chinate, da uomo di cervello ché la varechina non deve chiedere mai. La valchiria sì, però, ma non vacca né svacco perfino quando godo di “incrociarlo” a mo’ di svastica su una di “spaccate”. Io credo negli spinaci, effetto placebo del mio muscolo pensante. Perché l’illusione è già la base per sganciarsi dalle ferree portaerei del gusto triste di massa.

Mi chiamano, di secondo nome, il “mass(im)o”, famoso schiacciasassi che li ha distrutti con la sua prosa sciolta, offrendo a tali diarreici anche ridondante logorrea per vocali logaritmi fra l’onomatopea, la metrica libera, l’intreccio poliedrico e l’importante è non finire nella differenziata, come la plastica o i polistiroli. Eppur distinguersi con classe, senza dar nell’occhio, tranne uno sputo se qualcheduno vuol sputtanarti e non porta rispetto.

Sì, se tifi per una società da postribolo, ti metto a posto qual cesso tuo a prostituirti per vender due copie in più al fin, non fine, d’affiliarti con una “fina” malfamata puttana, con la quale la tua quaglia sarà sconcia copulazione. Dio li “fece” male e merdosi s’accopp(i)ano, come dico io.

Io credo nell’amore totale, anche quando piglio il bastone dalle “coppe” e non le scopo neanche con un “tiro” di Coca leggera. Non mi drogo, amo le bollicine del Chinotto, l’effervescenza del mio stile color Fanta(scienza). Può piacerti, puoi non ringraziarmi ma non m’ingrazierò una graziosa con tre chili di falso “bianco” da grato. O me la dà gratis o da me neanche un soldo “gratterà”. Eppur talora me le gratto. L’onanismo serve se la serva non “imbocca”. Se non trovi scopate, c’è la “scappatoia”. Meglio una sega di quelle nelle topaie.

“Tiri” fuori quel che (a)dori con fazzoletti alla mano. Se ti fa male la destra, c’è la sinistra. Se sei già mancino, lei potrebbe tirarti un colpo gobbo. Stai attento a non “(di)venir” cieco. La masturbazione è come l’amore profetizzato da Woody Allen. Farlo con la persona che stimi di più, cioè il (tuo) te s(t)esso, potrebbe essere anche (im)potenza. Fidati, se ti vuole bene, chiuderà un occhio. Altrimenti, sarà comunque una “botta”.

Ho sempre preferito la pizza al taglio, verace e invero scorza dura di “limone” anche se non è inverno e dovrei “scaldarlo” con qualche capricciosa di linguetta saporita, ma sfoglio invece una margherita, mangiando come parlo, senza sparlar di nessuno, tranne di te, ammasso di sperma ch’è quasi meglio l’ammuffita mozzarella delle tue sorelle da notti perennemente “bianche”. Intese di feste tutto l’an(n)o.

Da cui il detto di tal “date”: ano sabbatico. Anno nuovo, figa di “nuovamente” marcia.

A parte gli scherzi e gli scazzi, il mio cazzo tiene, non so se “a lungo”.

Parte seria, da uomo di altre ere, è già ieri, domani ne “verranno” alt(r)e. Fra la scrittura, la serenata e un po’ di “cedrate”

Conclusione di questa parentesi buffa ai miei “personali”, i miei valori…

A Febbraio, ho presentato “Noir Nightmare”, esperimento linguistico da equilibrista della parola. Ogni parola è allineata a quel che dopo (s)viene con genio, ingegno e anche ritmarla da “ingenuo”. Perché la perfezione non esiste. Persino Kubrick ha sbagliato molte inquadrature. Quindi, va “accerchiato” ogni capolavoro “per difetto”. Arrotondando, conta la qualità, abbinare il contenuto alla forma. Il gigante non puoi sminuire. Shining è una metafora del Minotauro. Impara a leggere i film, minorato. Finiscila col palestrarti di vitamine. Varrai sempre meno e, a forza di anabolizzanti, non verrai. Avanza mai da formica o da formaggio oppure da topo in scatola, rattoppar dove sbagli e, quando aggiusti il “tiro”, “funzionerà” ch’è una bellezza. Liscio come l’olio, sul velluto… mi raccomando, se troppo mirato, lei può essere già “venuta”. Ricordate: per un libro che sia efficace, una metrica ficcante se vuoi che (s)venga a commozione “fluidificante”.

Il libro deve “scorrere” veloce ma non troppo. Solo se però “duraturo”, “ce la farai”.
Tre alt(r)i libri da ricordare

1) “Raggiante miraggio”. Acquistatelo tramite lulu.com

2) “Cuore angelico, tenere tenebre sanguigne”, fenomenale, quasi spiritica…

3) “Il cavaliere di Alcatraz”, la storia di uno talmente duro che, pur finendo nel carcere più distruttivo, non ci son cazzi. Non lo tieni fermo manco con del muriatico.

Puoi murarlo vivo ma spacca le tenebre col suo carisma di profezia biblica.

Il finale non vi svelo. Rimarrà in bilico fino alla fuga di tutte le fini.
Morale: ogni uomo prega assieme agli uccelli. Perché lei ne vuole molti.

Si chiama colto del colle dell’osservanza,

A parte “tutto”, mi va…

Si “tira” a campare.

Eh sì, compare, non sono un pollo.

 

 

 

Comprate “Il cavaliere di Alcatraz”, ve lo ordina Amleto


17 Nov

 

Primi acquisti natalizi, un consiglio perché io possa pagare meglio l’aff(l)itto e curarmi dalle f(r)itte: “Il cavaliere di Alcatraz”, ora anche disponibile sul Kindle. E sul comò, no?


 Prefazione delle “torrefazioni”

 

Son amabile come il caffè dolce, oh miei Alex da Arancia meccanica. Cucù, il clockwork fa, nel vostro culetto, un manicomio da cuculo. Sorridi a modo in tal mondaccio, sghiaccialo a limone con coraggio senz’Orange. Altrimenti, arrangiati!
Il genio vi ha fatto impazzire dopo che tentaste, miei folli, d’atrofizzare le mie idee affollanti, nessun mi prende, le donne il mio sì, oh signori!

Fratelli della congrega, lunga e impervia è stata la mia strada dopo tanto esistenziale smarrimento. Non calcolai, distratto dal cartellone pubblicitario d’una senza mutande ma di pube lampeggiante, la svolta a destra in tangenziale. Beccai un pazzesco sinistro. Mi salvai però in corner. Cornuti!
Ma nonostante già l’incidente grave occorsomi, come tutti i miti, per ascendere all’entità, divina e apollinea, sfidai Zeus l’eterno e vinsi dopo prove sfiancanti. Simile a Ercole, per dimostrare la mia Natura vicina al monte più sacro, dovetti costringermi a innumerevoli esami. E fu smile… dopo le smagliature, lo smagliante aitantissimo e azzannante con qualche rotto dente.
Dopo che me la squagliai in spirituale ritiro, mi tira a quaglia, miei somari stirati con puzza d’aglio. Il mio naso è “lungo”…
Quindi, fu il Giorno al tiramisù. Splendente a ribaldo vostro amato, ripudiato per anni, offerto in sacrificio per “(co)stiparsi” mentre la gente “allegra” si strippava dalle risate a me coprenti appunto di derisioni. Non mi stiperete! Loro però strappa(va)no! L’ignobiltà di tal razza fu da me estirpata impagabilmente con la mia classe, anche se soffrii di fegato e c(r)ol(l)ò la bile su acciacchi all’anca. Dalla biro nacque colui che molti, del porcile d’anatre allearance, vollero evirar di tutta frettolosa mira. Ma dimenticarono che io son stato concepito dalla Madonna in quel di Betlemme, coi Re Magi a regalarmi (l)oro, incenso e proprio mirra. Io, miracolante mistico di cui tanti mistificarono il senso metafisico solo perché, durante una tentennante adolescenza mai ai miranti seni sullo “stante”, non ero molto attratto dalle donnacce e neppur dalle belle fighe altrui “attizzanti”. Voi sì ch’eravate da “piedistall(on)i”. Mai ce l’avevate stanco, macellai! Io il “figliuolo”, io sempre a coprirmi con foglie di fico per romantico sognare così come il puro sfoglia i petali delle margherite e non annusa le strisce di “riga”. Rustico o arrosto? La rosticceria preferisce ilcurry, la cinesina a mandorla fa liquirizia. Oggi, superata l’età del Cristo di un an(n)o indelebile, memorabilissimamente son a voi tornato alla vita aderente. Un po’ stropicciato… annoiato per colpa delle mie palle più e più volte logorate, schiacciate e fatte… a poltiglia, incanalate in viso senza ruga dalla beltà maestosa su ridente vostro più “innocente” invidiarmi. In culo, lo prende(s)te? Roccioso, io rido gioioso, ieri giudicato noioso ché forse, patendomi dentro in malinconie insopportabili, deperii a estemporaneo “moralizzato”, nel futuro chissà ove il Fato mi condurrà. Se al quaquaraqua o a una chiatta. Meglio il Chianti. La piantiamo? Se all’indurito, a impietrirvi d’altro stupefacente, oppure nullatenente. Sì, si prospetta dura, la scala è in salita? Adottai le visioni prospettiche. A chiocciola sarebbe più co(s)mica. Sì, non amo le “torri” per raggiunger le vette gerarchiche, m’accontento del girarmeli. In tondo e attorno allo spermatico girino, qualcuno mi torchierà e io mi plasmerò sol a tornio del Minotauro. Fregandolo col filo d’Arianna alla quale, di zucchero “filato”, infilerò la cann(ell)a, alla faccia dei gelosi mostri. In gelatina e al gelo come Jack Nicholson di Shining. Ah, il mattino ha l’oro in bocca ed è un triste figuro. Così “integerrimo”, ineccepibile, non transigente e “intransitivo” d’ottusità, falso Verbo cristiano, severo e irreprensibile nel desiderio della tranquillità domestica, mi casca questo “giusto” asino “adulto”, pedagogo di tutti tranne che di sé fregato. Perché Jack scordò il sesso, mi urò di non friginare, soffocò l’Eros e si distaccò in Thanatos, intrappolandoselo nel labirinto. Vedi, Torr(anc)e? La vita non si confà delle stolte tue regole ma come stai dopo le batoste al tuo bastonarmi?. Io viaggio col triciclo, son tosto e non puoi battermi. T’adocchio e so. Dietro quei tuoi occhietti, si nasconde l’orco cattivo. Io, Pollicino e Apollo. Anche se preferisco Balboa Rocky. Come si suo dire e c.v.d. ,tre civette facevano l’amore con la figlia del dottore, il dottore s’ammalò, tutti i pesci vennero “a galla” come la palla di pelle di pollo fatta da Apelle, il figlio di puttana. Cari polli, siete rimasti al petto. M’aspettavo più “cosce” da maschioni come voi.
Invece, io incassai, non mi spellaste ma le spelo, adesso incasso in se(n)so (a)lato.
Tieni chiuso ora il beccuccio? O vuoi (s)beccarmi in tal morbida “flagranza” del tuo franare dinanzi a me l’irrefrenabile nelle sode forme fragranti? Uovo e a voi donne. Che lievito, altro che castrato. Nessun più incastrerai. Sei tu che ce l’hai non da uccello, adesso.
Ecco la tua maniaca ossessione. N’eri oss(ess)o e t’impuntasti di chiodo fisso!
Nerone! Verde di rabbia! Sei Hulk?
Guarda come “dondola”, con le gambe ad angolo ballo il twist. E si v(ol)a di qua e di là, un popò e diamoci ancor per non poco. Voltati a me, il “duro”.
Ah ah.

Vi (rac)chiudo dunque in clausura, sono il Mon(a)co come Clint Eastwood


Trilogia del dollaroMadison County e non pacchiano da Square GardenUnforgiven e Walt Kowalski di Gran Torino. Perciò il capolavoro di Don Siegel. Tu invece sei un “topo” da Steven Seagal. Sei fermo alle idrauliche seghe, meglio le fughe…

Un’inversione a “u” e cambia la vocale di “i” senza i tuoi “puntini”. Sei sbiancato?
In fighe… bravooo…, parafrasando il Biondo.
Non so se Buono, di certo un “Wanted”.
Quindi, per solo 1 Euro e 99, ora non avete scuse né attenuanti che tengano.

Versate, pure le lacrime del (ri)morso. Me lo sono meritato?
Già, appena poco più d’un caffè. Dai, che vi costa?
Altrimenti, chi mi paga gli alimenti?
E dire che questo libro è universitario. Mamma, neanche tu, che insegni alle elementari vorresti dare a tuo figlio un Falotico? Non mi bastan i danari. Dannami! Dammela!
Tuo figlio deve crescere come me, allevalo subito. E levati la gonna.
Tuo marito non t’ha insegnato i fondamentali? Allora, prima di fiondarti sul “mio” fondente, effondiamoci (s)lavati e ignudi sopra il pavimento.
Il preliminare prevede il leccarmelo.
Ricordate, miei sporchi: per “venir” a Dio di tal sal(ir)e, bisogna innanzitutto, tutto tutto, (a)scenderlo nel fondale. Solo così si può (s)fondare!
Sì, il caffè costa meno del cappuccino, aumentato a 1 30, non vale il mio libro.
Assolutamente!

Stasera, mi reco al solito bar. Luogo poc’affollato, come piace a me.
Il barista è sempre stato gentile. Al che, ordino il cappuccino serale, ben scremato, ben “liscio”, ben con “spicchi” di cioccolatini, e spillo uno e venti.
Lui, all’improvviso, s’incazza e salta su senza ragione apparente: “Cazzo, mancano 10 centesimi! Dammeli o ti ammazzo!”.

Ecco, due anni fa guadagnavo 3 e 10 l’ora per un lavoro pseudo tale.
Che cazzo vuole questo tal dei tali? I dieci dei risparmi? No, me la taglia di accetta solo perché non accettò lo scontr(r)o.
Al che, controllo le tasche, il portafogli e non c’è traccia di “mancia”. Neanche un soldo “bucato” sbuca dalle maniche con le toppe. Una topa mi prende in giro e il suo gringo se la beve come una Peroni. Scopano ringhianti. E il colorante?

Questa è la vita. Erano meglio le lire. Infatti, su Amazon.us, viene pure a meno. E il mio libro non è in rumeno. Scrivo arabo, prometto che non sono albanese. Anche se le complanari letterarie di Antonio mi piacciono. Meglio delle piadine emiliane.

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. Fuga da Alcatraz (1979)
  2. Hamlet (1996)
  3. Babbo Bastardo (2003)

 

Genius-Pop

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