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I lib(e)ri di Stefano Falotico


07 May

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Medito sulla putrescenza di molta gente che le mie genialità vorrebbe ostracizzare per catalogarmi in qualche compartimento, o “dipartimento”, “mentale”, e si danna in diagnosticanti etichette d’appiopparmi per svilire la mia creatività “veemente”, insistente, generatrice di una marea oceanica di libri che potrete in vendita trovare online se una ricerca effettuerete nell’indagare…

Spunta un fake su Facebook che mi “addebita” la malattia di allucinare sulle sue plateali, eppur criminosamente celate prese in quel posto. Avanzando l’ipotesi che m’immagini tutto e sia lui… “venuto” senza d(i)ritto nella mia privacy solo per “vivacizzare” un po’ la “discussione”. Io pacatamente, moderato, misuratissimo, poi con brio e giovialità euforica, gli anticipo i miei progetti letterario-cinematografici e lui, quando “scocco” la mia nuova freccia all’arco del mio esser vulcanico, presentandogli la mia prossima opera, Il cavaliere di San Pietroburgo, attualmente in fase di editing, m’apostrofa con un clamoroso, proocatorissimo: “Falotico, scriva il cavaliere di Roma nord”. Sbertucciando quindi la mia “precarietà” economica e dandomi, sempre nascostamente di chat pusillanime, irriguardosa, mentecatta, “rissaiola” e offensiva al massimo, la patente di “accattone” che si “prostituirebbe” pur di far valere il suo “millantato” talento. Insulto facile. Che sia appunto lui quello “facilone?”.

Io non ho da svendere il mio genio, da costui (pres)unto, e non biasimatemi se ancor i miei libri, di mente libera qual possiedo, desidero vendere. Perché mi par lecito voler che vengan letti. Cosicché possa scardinare (de)menti invece imprigionate/i da vetusti schemi (il)logici, che si nascondon “bene” dietro Laure(e) e altri pezzi di carta che, come Totò insegnava, se son solo il “baluardo” per definirsi “superiori”, posson servire solo per spazzarsi il culo. Meglio una serva che serve/a a questi “severi inservienti” delle banalità scolastiche… che piglian per il sedere.

Di offese come queste, più s’accresce la mia biblioteca di nuovi titoli, più dai detrattori, molto ratti invero, non a tratti ricevo. Sì, da costoro, impostori della verità, persone profondamente disturbate e in verità frustrate, le ricevo spessissimo. E son “pesissime”, enormi “prese” appunto. Un “gran” pressing alla mia dignità da questi saccheggiata, ripudiata e “apertamente” derisa.

Ma tali infimi “personaggi” poco meritano le mie attenzioni. Io mi rivolgo a coloro che possano apprezzarmi. Perché i miei lib(e)ri non han prezzo.

E questo è un gran pezzo.

Alla faccia dei mer(da) di pezz(ent)i.

 

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Echi de Il nome della rosa


13 Apr

Ho terminato di rileggere il celebre capolavoro di Eco. Devo dire, con sollievo, che me lo ricordavo il migliore dei suoi libri, e non smentisco, dopo questa seconda, attenta lettura, quanto, canuto oramai e vegliardo come Adso, rammemor(a)i.

Intervista a Stefano Falotico


29 May

Giacomo Pedroni mi intervista:

1 – Chi è Stefano Falotico? Parlaci un po’ di te, come persona e come scrittore.

Ah, la classica domanda a cui non basterebbe l’intera mia vita per rispondere. Chi sono? Non lo so e non voglio saperlo. So solo che, all’anagrafe, risulto nato il 13 Settembre del 1979, concepito, a detta di mia madre, in una notte di avido plenilunio, da cui forse è spiegabile la mia lunatica visione umorale della vita. Dunque, credo di essere congenitamente mutante nell’animo. A volte, naufrago dentro i rivoli turbinosi di emozioni troppo forti, ondose, travolgenti, e lascio che il mio cuore batta freneticamente, cavalcando il vento delle sensazioni a pelle. Altre volte, invece, è come se mi rannicchiassi, quasi soffocandomi in claustrofobiche malinconie. Però, in quest’anfratto, all’apparenza tetro, riesco sempre comunque a scorgere quel che dentro, di sangue asfittico, pare essersi ostruito e non voler più fulgidamente zampillare e sorgere. Scandagliando nei miei abissi, in quel che può sembrare a prima vista superficiale, un estemporaneo, cupo buio esistenziale, trovo dunque le energie per riemergere, ancor più battagliero e fortificato proprio da quei periodi tristi che son stati costruttivi, che mi hanno robustamente rafforzato. Credo di essere un guerriero delle emozioni, perciò me n’avvinco, esse mi posseggono e talvolta mi sommergono perché troppo potenti tanto che devo appunto, come dire, anestetizzarmi e bloccarle, per non sentire troppo e poi rischiar d’impazzire. Mai vinto…

2 – Quando e come è nata la tua passione per la scrittura?

Tutto nasce per caso, o forse no. Anni fa, per rielaborare una mia adolescenza particolare che mi tormentava, afferrai carta e penna e mi sfogai. A poco a poco che scrivevo, come per flusso di coscienza, da un personale “diario di bordo” della mia storia personale mi accorsi che, “inconsciamente”, in modo quasi involontario, il libro stava assumendo dei veri e propri tratti letterari. Alla fine, è diventato “Una passeggiata perfetta”, il mio esordio, pubblicato dalla Joker Edizioni. Una storia alla stand by me, una trama noir intrecciata ai ricordi della giovinezza, una storia “gialla” che all’improvviso viene spezzata da flash onirici a rimembrare il tempo perduto, un po’ alla Proust.

3 – Come nascono le idee per i tuoi romanzi e racconti?

Sono un fervente cinefilo, spesso dunque prendo spunto dai film, dai protagonisti che ho amato di più del grande schermo. Ma anche no… Altre volte mescolo il mio vissuto e l’associo, sì, a personaggi iconici della Settima Arte che semmai mi hanno ispirato, da cui ho attinto, ma tentando sempre di forgiarli in caratterizzazioni dotate di personalità mia. Credo che ciò emerga prepotentemente e sia abbastanza inconfondibile per chi mi conosce. Le idee nascono per pura fatalità, per strane circostanze sulle quali poi rifletto e a cui poi do forma. Passeggi, che ne so, per strada, incontri fortuitamente qualcuno, mediti su quell’incontro, ad esempio, lo romanzi e quindi dai il via alla creazione autentica d’un aneddoto che poi trasformi e plasmi a tua “penna”.

4 – Per i personaggi, che vivono nei tuoi libri, ti ispiri a qualche persona che hai conosciuto realmente o vengono tutti dalla tua fantasia?

In parte, ho già risposto a questa domanda in quella precedente. Sì, m’ispiro a figure più o meno reali, spesso del Cinema, come già accennato, ma i protagonisti delle mie storie presentano solo qualche tratto in comune, per il resto sono assolutamente frutto della mia fantasia.

 

5 – Hai un modello di scrittore a cui ti ispiri e a cui vorresti assomigliare?

Di libri ne ho letti tantissimi. Ora, non si confonda questa mia affermazione per posa mia superba. O per vantarmi di essere colto. No, non lo è, voglio solo dire che, certo, sono molti gli autori che mi piacciono, di cui ho amato alla follia alcune loro opere. Ma cerco di essere sempre, ripeto, me stesso, senza imitare nessuno. Sebbene ammetta che la beat generation e scrittori come William Burroughs inevitabilmente hanno avuto e penso avranno sempre il loro imprescindibile “peso” nel mio background.

6 – Cosa ti aspetti da questa tua passione per la scrittura? Quali mete vorresti raggiungere?

Bella domanda. Come sai, noi autori self-publisher abbiamo più difficoltà a commercializzare i nostri libri rispetto agli autori pubblicati dalle grandi case editrici. Perché in Italia, purtroppo, si legge poco, anzi pochissimo. E sbancano, ahimè, i “bestseller” frivoli di personaggi che, addirittura, con la letteratura han ben poco da spartire. Basta sfogliare la hit delle vendite e t’accorgi, a malincuore e avvilito, che primeggiano i libracci scritti dai VIP della tv. Pensa te. Non in pochi ironizzano sul fatto che io, come te e come altri emergenti, siamo poco conosciuti. Li biasimo. Se pensano che io scriva per avere successo, be’, lascio che pensino male e non me ne dolgo. Personalmente, scrivere nasce da un’esigenza interiore, è quasi diciamo un’urgenza mia intima ed emotiva. Essere apprezzato fa piacere, sarei ipocrita a negarlo, ma credo che non sia il mio obiettivo primario. Scrivo per far parlare la mia anima, per esternarla. Mi piace trasmettere emozioni…

7 – Quale messaggio vorresti lanciare ai tuoi colleghi scrittori emergenti?

Se credete in voi e pensate di aver scritto qualcosa di originale, insolito e soprattutto, ribadisco, molto sentito, non permettete che gente invidiosa del vostro talento vi demoralizzi. Non permettete loro di rubarvi questa stupenda e nobile passione. Inseguite sempre i vostri sogni e combattete affinché possiate concretizzarli. Anche se, all’inizio, tutti vi saranno contro e tenteranno in ogni maniera di buttarvi giù. Insistete come dei forsennati.

8 – Dove possiamo trovare i tuoi libri e come possiamo seguirti?

Le mie pubblicazioni si possono acquistare dal sito www.youcanprint.it, essendo state edite da questa casa editrice. Sono anche disponibili, sia in formato cartaceo che in e-Book, sulle maggiori catene librarie online: www.ibs.it, www.inmondadori.it, www.lafeltrinelli.it, www.libreriauniversitaria.it. I miei e-Book si possono anche scaricare dal sito www.bookrepublic.it. Tutti i miei libri si possono poi acquistare, su prenotazione, in tutte le librerie Feltrinelli, una delle più grandi catene librarie italiane. Inoltre, ho pubblicato molte opere eccentriche tramite www.lulu.com, reperibili proprio su questo sito o su www.amazon.it.

“Noir Nightmare” su Bookshelf e 10Libri


13 Feb

Un genio inconfutabile su videointervista televisiva ché la vita è come un “omicidio in diretta” contro chi complottò, e io, voyeuristico, capto ipnotico e da gatto li catturai, dunque…

 “Inguatto” i guitti!

Film del “Buongiorno” a Mezzanotte e dintorni: Omicidio in diretta di Brian De Palma che ringrazia Iddio ad Atlantic City, mangiandosi, nel “Mannaggia”, uno snack food a base di vapori nei ravioli d’una “viola”

Il mio amico Frusciante, come ogni dì, ci solleticò su Facebook, deliziandoci del trailer alla Snake Eyes. Ma osò azzardare di Nicola Coppola, senza timor reverenziale, dunque sfilò la “nuziale” Gugino Carla, donna sempre in zona “sifilide”, e la spalmò sul “ring” dell’incontro al buio “truccato”, urlando, durante l’acme dell’amplesso, “Ecco che arriva il dolore!”.

Invero, trattasi di “cagata pazzesca” ma ottima, con un Cage, a dispetto dei santi e delle sue puttane, non male. Come si dice in gergo, “Non malvagio”. Anche se non sai, dalle prime inquadrature, se è un cattivo stronzo o smidollato con le anelle al mignolo di cafone m(in)uscolo.

Insomma, parte tamarro che sbraita nell’adrenalinico incontenibile su rilascio d’endorfine erotiche alla rossa in prima fila, la fulva vulvona Fulton, sua ex moglie che lo indebitò dopo averglielo succhiato con tanto di “figlioccio”, poi si calma, si tira su il bavero, si pulisce dalla bava, sebbene osservi la Gugino per “sfondarla” fra i cuscin(ett)i, controlla i nostri schermi (tele)visivi, quindi pensa che non si sia trattato d’uno scherzo ma d’un mastodontico complotto con tanto di spolverino-polvere da sparo nel Gary Sinise che soffre un po’ di sinusite. Infatti, assoldato come guardia del corpo, è già corrotto e infettato, non più curabile. Cage “annusa” col suo nasone, e perciò vuole “ingollarglielo” ma viene distratto da Carla, “tanto bona e cara(ti)”, da perdere la bussola e perfino le palle s-quadratissime su camiciona floreale.

Ci son molti de-trattori che non amano questo film, bensì, già alla sua uscita (di sicurezza…),vollero raderlo da mietitrici, pensando che il mentore Brian si fosse indementito nel troppo “guardone”.

A ben vedere, invece, la pellicola funziona ed è efficacissima di manierismo esagerato. Fin dall’inizio, ri-montato in pianissimo… sequenza senza molto senso ma fluttuante nei seni delle spettatrici, poi oscillante e adamantino con tanto di “rubino” finale.

Invero, il final cut prevedeva un’end “rubinetto” turbinante contro i turlupinanti.

Un’onda anomala, causa uragano, doveva travolgere il casino/ò e “insabbiare” tutti i colpevoli.

Cage che, per tutte le due ore meno mezza, starnazza e non ci capisce un cazz’, si salva la faccia con un gesto eroico da poliziotto coi controcoglioni.
Tanto che rischia perfino di “raschiarlo” dentro Carlona, la gran ficona.

Voto a questa depalmiata: 3 palmette senza Palma a Cannes.

Picchi… di genialità “genitale” male(in)fica

Da quando risbocciai, amo anch’io le boccione, prima prendevo in giro i bocciati, spedendoli di bowling alla bocciofila. Ah, quei fifoni meritavan solo il mio fischietto con tanto d’infiacchirli per mangiarmi le pere… del fisico d’una “melina”. La melina è la classica “tarantella” fra un pollo nel mezzo e chi lo “gioga” attorno. La storia della mia s-figa.

A un certo punto del mio cammin di “rotta” vita, sviai nel vicolo dei “ratti”. Nel vicoletto, puoi scovare una cat per pelo “allisciabile” con tanto di “raccattarla”. Mica come gli accattoni che, quatti quatti, fan i signori e poi son ignoranti anche con le mignotte.

Il ratto, di suo, è “scarpetta” conclamata come gli zitoni della Barilla, per una mollica che non molla, anche se poi scoreggia con del vino rosé ad arrossare gli altri astanti. Si credon aitanti e di cotanto sdegno nei dentini stuzzicanti. So, per certo, che la loro è una cena da cretini. Quindi, meglio un criceto.
Costa poco e puoi coccolarlo, a differenza delle zoccole… Quelle voglion solo un lupetto impettito con lo stomaco villoso da fegato alla Vasco Rossi.

Non posso negarmi alla Natura, che m’ha voluto cerbiatto e anche volpe Antichrist che urla “Il caos regna!”. Sì, miei ragni, in quest’esistenza, arrangiatevi!

Vi profumate nel deodorante che adora il maschio d’addome sull’idioma, sudato-ascellato, da idioti puri senza von Trier che tenga. Voi, omaccioni, andate matti per il tanga, e la vostra lei, intanto-“nel ventre”, balla il tango con un Orango. Quando voi siete assenti, “giustificati” nel punire la segretaria, lei vi dà “pen” per focaccia e si svende al figone con tanto di “borraccia…” nel “Pigliamola in compagnia”. Beviamocela a collo con tanto di tracolla e lei che collasserà.

In questa società d’imbecilli e di bellimbusti, di fustini da lavatrice, solo un Uomo può “darvelo” nel dirvela: tua moglie fu mia quando ancora ascoltava Mina, adesso canta forever mine con le mine del generale vagante e vacantissimo.
Aspettando i funerali dei figli, di cui non vede l’ora di levarseli dalle palle.
Eh sì, il femminismo ha prodotto “donne” con gli attributi, castratrici come po(r)che.

Dopo aver trombato tutta l’azienda, oggi han trovato la consolazione che fa al “cazzo” loro: Facebook.

In quel bordello di massa e “massime” estrapolate da scrittori minimalisti, esse animaleggiano di sculettate, fra chi tifa Juve per lo Scudetto e chi Bukowski per altri etti di bovaro, con video “supposta” di Ligabue, lo spronante zotico che si crede Springsteen ma a cui, invece, schitarrerò di catarro.
Avare, quindi, van a teatro per ipocondriache vis(i)oni da Molière mule nei mulini a vento col ventaglio, millantando d’aver recitato nella parte della protagonista agnostica fra le ostriche dell’oste, cioè la maschera migliore della messa, quello che strappa il biglietto e pure le mutande, tanto se lo licenziano, non può perdere la faccia. Sì, interpreta Arlecchino, quindi non ci sarà Pirandello a renderlo Pulcinella, né “coccinelle” a farglielo nero. Egli è mille colori e ne vuole un milione ad appannaggio di un appannarlo nel dietro le quinte di terzetto-triangolo con le ballerine sulle punte nel seno di seconda al medio. E, mentre s-monta baracche, vacche e burattini, fra il burro e Balanzone, grida “Vai in Mona Lisa!”.

L’altro pomeriggio, un “contatto” m’ha cancellato. Chiesi spiegazioni:

– Scusa Elena, perché mi hai alienato?
– Sei lento. Non dovevi allentare la tensione.
– Ti stavo am-mirando e basta.
– Ecco, tu contempli e io, nel contempo, suono il mio “pianoforte” col dottor Bontempi.
– Eh. Sei un’angioletta da “Botticelli”, c’è sempre un Boncompagni che ti venera. Attenta, poi rimani delusa…
– A parte “tutto”. Puntavi solo su “quello”. Cercavo una relazione di testa. Non sono come Angiolini Ambra.
– E una tastazione di “tosto”, no? Per, resistente, rendermelo ombra in te diavoletta?
– Cioè?
– Ecco, datti al rotocalco. In copertina, c’è Massimo Vincente, fratello dell’Interrante, che è terrone quanto tu sei terragna. Però, tifa per il Milan. Dovresti saperlo, è berlusconiano, infatti, per accaparrarsi i tuoi voti, compra Balotelli, detto il cedrone-limone delle “belline” che belano col suo uccellone tricolore ma importazione di rigore.
– Che dici?
– Io non dico. Io do, a te no.

E ricorda, puttana: Stan Laurel fa Stanlio perché l’umanità è pasciuta nell’Hard-y che mi par troppo grasso per me. Sai, stupido è, chi lo stupido fa.

– Sei Forrest Gump?

– No, con me, la “tua” foresta non sarà bosco di glup!

– Sei un rospo!

– Sputa su un “altro”. E vedi di lavare il pavimento. Troppi tuoi dementi han dimenticato d’esser s-venuti senza pulirti.

Storie di ripicche infantili d’un pachiderma, malato di mente d’epidermide e odio a pelle, che si massaggia d’olio nella sua esecrabilissima vita da cocco su noce moscata del suo roditore con c-rapa

Nel quartiere, sono uno smargiasso e, se qualcuno rompe il…, lo sedo e lo “rassereno” subito, ficcandogli una lobotomia sapor non attenuato, ma “tenerissimo” di carta igienica a smerdarlo da Tenderly.

Ah, quanti ne abbiamo. In questo Mondo di “tenori”, ove tutti voglion far valere la propria vocina (stesera inizia Sanremo, ce risemo cogli scemi), alzando la cresta, mangiano i Teneroni e pretendono poi, perlopiù-meno a meno(a)marti, con tanto di pet(t)o scatologico, di scassarti e “gelatinizzarti” come la Simmenthal, appollaiati al porcile ove sgallettan per il pollo da far arrosto.

Ho sempre disprezzato costoro e, ciò che mi rende semplicemente geniale, è il “fallo” senza fair play. Sì, il mio (com)portamento è corpulento su dinamiche dinamitarde. Quando bombardano, io, con un bombolone “cremoso” su zucchero (af)filato, rifletto se bombarmi la loro moglie, spalamndole il Nutellone quando mi è nuda e umida nelle papille. Ci medito ma non mi (con)“viene”. Donnetta di malaffare da confettini, preferisco altre confetture, affettando i maiali di parimenti “affetto” alla lor boria affettata.

Prendiamo, ad esempio, una famiglia di morti di fame.

Ne abbiam già discusso, anche in sedi più opportune, cfr. tribunale causa oltraggi al mio pudore vigliaccamente “vilipeso” ché agognaron d’appendermi ma furon sgozzati e da me(nte), con delle lenticchie “portafortuna”, conditi a rosolarli come lo zampone di San Silvestro.

Sì, sono Titti, non lo sapete? Canarino tanto “carinuccio” che tira fuori gli artigli da canini. Di mio, non ho mai tollerato Audrey Hepburn e le colazioni da Tiffany. Ho sempre prediletto, senza preti a disfarmi i letti, “tuffarlo” nell’ano. Per un pasto nutriente e notturno di mia brioche ad allattarmi-immerso su dimensioni immense.
Basta con la mensa e i brodini! Messalina, mettiti a novanta e sbrodola!

Afferrando poi uno con una “risata da zafferano” e suonargliele di zampogna.
Lo sfianco mentre sfiato nei fianchi della sua “suina”, tanto asinina, da bue del presepino nel riscaldarla dal freddo e dal gelo, e “scende dalle stelle”, senza Mulino Bianco ma bianchissimo mentre “la” rabbonisco da stallone nella stalla.

Dopo questa digressione a regredirli e a erudirli, tornerei, toro-sverginatissimo, sulla famiglia tanto “tornita” quanto presto, nuovamente (eh sì, li rimetteremo a nuovo, son delle uova marce da soldatini in marcia nel “marchiare” così come ora marcati a brace, senz’abbracci), a torcer il loro braccio “violento”.

La madre, sicula rinnegata da un padre manesco che la riempiva di “miele” a smaltarla, “ammaliante”, nell’incesto smielato, da pedofila pentita divenne una “professoressa” compunta/ina troiettona a introiettarli di lezioncine per farli crescere da piccini a grandoni in lei aggradata e ben vezzeggiata.
Dalla Sicilia emigrò a Bologna e, dopo un paio d’altri “calzoni”, sposò un trombone da “tromba di culo e sanità di corpo”. Brevemente, glielo “allungava” al fin di salvarla con “salive” eccitanti quanto Calcutta, poco cicuta, simil Madre Teresa in uno “teso” sulla sua cute ad “accudirla” nella fog-n-a. Le lezioni orali del labiale ac-cul-turato nel cinturarla su erezione uguale alla minzione del suo panzon. Eh, il recinto delle pecorine.
Da tale accoppiamento forzato, nacquero due gemelli, ibridi fra i lombrichi e i vermi schiacciati perfino dalle lumache più “cammelle”.

Indirizzati alle Guido Reni, già allora il pater gliele spaccava, congestionando la loro minchia al Minghetti, liceo di bambagie a capo d’insegnatucoli barbogi e barbosi.
Presto, invecchiarono precocemente secondo il teorema ribaltato di Nietzsche: “Ciò che non ammazza, rende più forti”.

Sì, dal romanticismo candido dell’infanzia al cinismo in-dotto(rino) dopo tante tirate d’orecchie. Ah, se “lo” tirano, fra un onanismo fantasioso d’una diva americana da cui pendon dalle labbra e un dar del lebbroso alle lepri, razza a cui m’annetto senz’ammanettarmi a questa stirpe di sterco già innevato. Io, tali inetti, li inietto e li aborro. Che aborto! Ci voleva il cesareo di congiura a non dar al Mondo quel che non è umano. I miei nervi son aguzzi, e corro fra le praterie, indossando un ermellino comprato a Prato, capoluogo toscano ove John Malkovich mi regalò un cappotto di cashmere, fibra tessile delle loro industrie soffici per il mio “caprone” sbattuto in faccione a questi Al Capone, contro i quali mi scornai, e che sconteranno senza saldi una solo pelliccia: la penicillina di quando, in carcere, saran spelati. Spolpateli! Inneggiavano ai baci profumo pompelmo e, invece, saran spremuta!

Sì, se incontro dei fascisti, fascio le loro bocche. Non metteranno più becco al mio dire e ardimentoso indurirmi per indebolirli. Chiameranno psichiatri con la pipa ma mi siederò sul loro divanetto di pelle, sparandomi una pippa mentre leggo le avventure di Pippo.

E poi saltando addosso allo sciacallo delle anime, inveendogli così: “Ah, credevi fossi un Topolino, invece ho visto Full Metal Jacket e sono un Joker. Quindi, vedi d’addolcire la paziente che si spazientisce se non le fai il “depot” di somministrazione, “somma”, intramuscolare nella sua vagina, e lascia stare Edgar Allan Poe. Altrimenti, dementone, te lo piazzo io di terrore. Non darmi caramelline e torroncini. Torrido sarai da me inorridito”.

Chiara l’antifona? Se non v’è stata illuminante, il “luminare” andrà al solito con le lucciole e gli spengeremo anche lo “spinterogeno”.

Che volete farmi? Bruciarmi la casa? Non si può, è maledetta.
E lontana dai maldicenti. Al bisogno, son un bisonte di bis(cotto).

Son io che dico, son io che t’addito e te lo infilo:

 

– Stefano, non ti cambia neppure Gesù Cristo, sei incorreggibile.
– Certo, è ovvio.
– Come mai?
– Cristo sono io. A volte, quando soffro d’onnipotenza, le do al mio Creatore, ne assumo le sembianze, divento Dio e scaccio il Diavolo a botte di calci.
– Finirai all’Inferno.
– Meglio di questo “Paradiso” in terra. L’umanità non s’è evoluta da Adamo ed Eva. Adamo è rimasto uno che voleva solo fottersela, ed Eva lo condannò a e-spiare Lucifero, mentre si lucidava le unghie con un ungulato “grosso”.

Ho detto tutto.

Ora, silenzio!

Anzi no. Alcuni, ascoltando la mia voce, mi han paragonato a Fausto Paravidino. Di mio, so che non sono un tipo da Daria Bignardi, ma gioco a Calcio vicino a Villa Pallavicini, ove le stendo, nel campetto-erbetta, queste micine vicinissime.

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. Faust (2010)
  2. Videodrome (1983)
  3. La zona morta (1983)
  4. Scanners (1980)
  5. 15 minuti. Follia omicida a New York (2000)
  6. Crash (1996)
  7. Omicidio in diretta (1998)

Il mio capolavoro letterario, “Noir Nightmare”


26 Dec

 Il “martire” Santo Stefano martella ora gli invidiosi e invita codesti vili a presentarsi l’8 Gennaio in quel di Roma ove rifulgerò

Prefazione “dolcetta” di onomastico a chi masticherà il proprio fegato, un po’ spappolato di stesse “palle” che ho tumefatto

In Questo Giorno castissimo di dolci baci e affetto sincero, ho pensato… perché non recapitare un “presente”, regal adorabile, dorato come il firmamento stellato sotto il qual nacque proprio ieri il Re, al nostro demiurgo, che ringrazio dal più profondo e sentito dell’anima?

Discrepanze dovute all’anagrafe della mia maturità, che non tollerò il pregiudizio ostinato “a pelle” di gente nella sua marcescenza, m’induce a rivolgermi accorato a te, figliol prodigo e illuminato d’egregia signorilità che merita le più altisonanti lodi e l’incenso mirabile della mirra, prostrata (prostata?) d’immane inchino perché genuflesso a cotanto uomo dotto, dispensator acuto di consigli davvero ammirevoli. Il “salvatore” che mai sfuma i contorni e adorna il grigiore d’euforia così “colorata” e “allegra?”.

Dunque, sebbene le lontananze han separato i destini in-crociati (forse delle dita di coloro a cui soverchiai le ottuse regole “castranti”) delle nostre vite, amico intimo e (in)fine d’affinità elettiva come Stanley Kubrick che incontra un “lord(o)” orchetto da parchetti alla Larry Clark, voglio donarti il promemoria che possa risplender di Luce enigmatica in quest’ignote nostre notti, tanto abbagliate da crocevia furfanti dietro “furbe” macchinazioni quanto me rigenerato e suadentemente abbacinato dopo i veleni della letargia che ne “silenziò” la voce, perché taciuta del peggior tacciarla.

Un rintocco ch’albeggia dopo questo fresco Natale, rinnovato nella rugiada nevosa di tal città “ardimentosa” dagli svelti “bombardamenti” cagionati dalla “superba visione oltre” delle deduzioni spicciole come la previsione meteorologica che aveva previsto “serena inquietudine” e fu invece travolta da una valanga a sommergere ogni altro scalfir la roccia indelebile d’un Uomo vertiginoso, al di là del mero e misero materialismo “forte”, Mida del suo “eremitaggio” vaga-Bond-o fra i tonti che invece gusteranno irresponsabili e “incolpevoli” le fette di torta im-bandite di frivolezza e carnale golosità.
Madornali precipitosità, uh che “precipitazione”, quanto l’attesa delusione invece sorprendentemente elusa dai più inaspettati colpi geniali.

Sì, una società, mio caro, che soffre alla radice delle psicosi più schizofreniche, ove ragazzini balordi, che avran sfogliato tre pagine di manualetti mentre “arrotolavano” le “ambizioni e-rette (rettili?) fumanti”, si professan già professori e minano le pacatezze altrui col più arrogante disprezzo semplice semplice che non calcolò altra più sofisticata raffinatezza, e vollero spaccar la sua elevata, spiccata coscienza per il deliro ad a-gogna-r il brado rimpicciolirla a immagine e somiglianza del più indecoroso lor sdegno. Ragazzini che vivono d’apparenze e maschere assai “notevoli” e “notarili”, a cui vien concesso il lusso di (cal)pestar le dignità del prossimo con l’abuso dei soprusi più illeciti.

Tu amico, mi conosci e sai ove costoro han mostruosamente sbagliato. Un errore imperdonabile, partorito dalla demenza “genetica” di genitori “perfetti” e soprattutto estranei, che han la licenza gratuita d’incendiare le libertà giovanili perché “infastiditi” dalle (s)manie.
Ed ecco che vedon maniaci dappertutto, imbrattano, infangano e spesso affondano, abbattendo le riscaturite nascite. Cristologiche o buddhiste.

Ma, talora, il teorema si scontra davvero con un Dio, e il loro pianto è “commovente” come il faraone egizio annichilito e implorante pietà dinanzi a un biblico “spartiacque” Mosè nella sua vendetta appunto divina.

Proprio suo “fratello”. Tanto osteggiato, tanto di “burle” schernito dal “dotato” che lo spodestò con classe mastodontica a ribaltarne la “sovranità”.

Dunque, carissimo mio consanguineo, sarai felice d’esserti estratto anche tu da questi immondi scempi della massa scema e, assieme al sottoscritto, brinderesti a Roma, la Capitale di Michelangelo, il “nightmare” più “bianco?”.

Buon Natale, dolce mio…, augurio in ritardo…, festeggia Stefano e non la befana di tua madre.

Un bel carosello e un “carrello”. I carri dei falsi vincitori non mi son mai garbati.

Ora, tal cavaliere oscuro, (in)dimenticato, balza qui in piedi, miei detrattori, miei ratti col rastrello e miei adoratori giusti:

Vi rinnovo a venir in massa a Roma in data 8 Gennaio.

Ché do io, adesso a voi, un sereno calcio in culo.

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

    1.  Dalla Cina con furore (1972)
    2.  Lionheart – Scommessa vincente (1990)
    3. Over the Top (1987)
    4.  Il Cavaliere Oscuro – Il ritorno (2012)

Genius-Pop

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