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Lo statista aspettato: come, à la De Niro, (s)fottei una signorina “tu mi stufi” alla Hathaway, ridendo poi da Dracula/Oldman


19 Jun

Non avendo un cazzo da fare tutto il giorno, compreso il mio, che da tempo non “pilucco”, stasera verso le “calende” ho provocato “gratuitamente” una donna su Twitter, “confutando” la sua scrittura a mio avviso “sgrammaticata” e poco italian(izzat)a.

Sì, secondo me non si scrive à la ma alla, for example si dice un neo alla De Niro e non à la Bob.

Lei, essendo io intervenuto in modo rozzo e molto informatico, m’accusò di essere ignorante e poco “informato” riguardo le espressioni francese ereditate dal nostro linguaggio “parlato”, webwriterizzato.

Infatti, con tanto di “cornice”, si permette di dedicarmi circa tre minuti netti della sua vita in(f)etta per “crittografarmi” in un retweet. Con far astioso, quantomeno permaloso, osò provocarmi a sua (s)volta, “abbellendo” la bacheca di questa sua “uscita” che si crede(tte) intelligentona.

alla

 

Ecco, io, in tutta (ris)posta, “glielo” posi in maniera altrettanto irriverente, e partì la chat “scontrosa” e scont(r)ata:

– Ora che rispondi, babbeo?

– Ho sempre sostenuto che, a proposito di Barbara, è sempre meglio per gli uomini “viaggiare” a dorso di mule…

– Bella battuta.

– No, è una battona. Sono un genio. Credo sia inconfutabile. Non lo confuti. Non obietti, non si dimostri abietta, sii/a obiettiva.

– Bel gioco di parole ma sei un mentecatto.

Ah, pensavo di poter “mendicare” nella tua gatta.

– Anche volgare. Scrittore dei miei baffi!!!

– Dei miei stivali, semmai. Come il gatto della fava, no, scusa della fiaba.

 

Stringi stingendomi, codesta non me la diede e io rimango alla De Niro di Taxi Driver con l’inconveniente di essere poco adatto al mondo, in stile bambina di Danny Collins, e qui c’entra Pacino, con l’uccello di Cannavale Bobby. Ché credo sia notevole come i suoi occhi strabici.

E me la rodo, no, rido alla Dracula di Coppola.

 

Firmato il Genius

Lo stagista inaspettato (The Intern) by Luca glispietati Pacilio


22 Nov

Un bel 7. Meritato.

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Lo stagista inaspettato secondo BadTaste e i recensori Francesco Alò/Gabriele Niola


18 Oct

Chi conosce la tendenza di molto cinema americano a realizzare commedie per la terza età sa già cosa aspettarsi. E sbaglia.
Inaspettato non è certo lo stagista del titolo originale ma l’esito di questo film scritto e diretto da Nancy Meyers, vera specialista in sciape commedie senili (Tutto può succedere, È complicato), e recitato dall’attore che più di tutti in questi anni si è lasciato andare: Robert De Niro.
Invece la storia di un anziano ex dirigente d’azienda ormai in pensione, con una moglie defunta e una grande voglia di fare, che accetta il lavoro da stagista in una società di internet, completamente diversa da quella che fabbricava elenchi del telefono in cui lavorava (paradossalmente nel medesimo edificio) è una miniera di sorprese.

Solitamente in queste commedie il vecchio trionfa sul nuovo, in un’apoteosi di buonismo e implausibilità che coccolano il pubblico coetaneo dei protagonisti, Lo stagista inaspettato non fa eccezione ma in esso il confronto tra presente e passato non è solo nell’età dei personaggi coinvolti, si misura ad un livello più alto. Permea ambienti, luoghi, mode, atteggiamenti e tempistiche. Quella diNancy Meyers è una prospettiva stavolta più ampia della questione. Quei personaggi che altrove sono pretestuosamente inseriti per dare possibilità ai protagonisti di emergere hanno un guizzo in più e le relazioni che stabiliscono non sono scontate. Ciò che accade tra lo stagista fuori tempo massimo (assunto in un impeto hipster di recupero vintage) e il fondatore di una startup di moda interpretato daAnne Hathaway (come sempre impeccabile), non è scontato, prende pieghe originali e nonostante abbia come missione i sentimenti più basilari, arriva al traguardo cogliendo più di quello che era lecito aspettarsi.

Sembra incredibile poterlo scrivere ma proprio questo atterraggio con stile nella terra del miele è merito degli interpreti. E se Anne Hathaway come già scritto è una vera garanzia, attrice giovane con la solidità e l’affidabilità di una veterana (sembra fare film da decenni), la meraviglia è vedere Robert De Niro tornare ad impegnarsi sul serio. Invece che limitarsi a sfruttare con pigrizia il consueto repertorio di smorfiette note, che rievocano nello spettatore ricordi di film migliori e illudono che stia recitando, crea un uomo d’altri tempi con un’aura quasi nobile, uno stile da Sinatra unito ad un’eleganza che pare naturale. Nel creare il fascino del suo personaggio De Niro crea anche il senso di un’operazione di affiancamento di vecchio e nuovo. L’attrazione che il pubblico stesso prova per quello che il Ben di De Niro rappresenta, il suo modo di porsi, fare, pensare e concepire la vita, è il punto di Lo stagista inaspettato. Vintage e imbattibile come la 24 ore di pelle che usa, virile con classe come il fazzoletto di stoffa che ha sempre appresso, Ben non è il solito vecchietto arzillo da commedia senescente ma la personificazione del contrasto contemporaneo tra corsa al progresso e passione retro per tutto ciò che viene da un’altra epoca, il senso della nostalgia e della mancanza di qualcosa che non è mai facile identificare ma che fa rima con una dimensione esotica dei sentimenti.

Lo stagista inaspettato, pollice su da Comingsoon.it


14 Oct

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Eccola qua.

Il nome della sceneggiatrice Nancy Meyersregista di soli 6 film dal 1998 a oggi, è molto stimato a Hollywood, sia in virtù di titoli di successo come What Women Want Tutto può succedere che dello sguardo attento con cui ha affrontato la commedia sentimentale e di relazione. Anche nel suo nuovo lavoro, Lo stagista inaspettato, tratta questi temi in una narrazione dilatata e intervallata dai consueti panorami di case, quartieri, alberi e foglie della Grande Mela nei vari periodi dell’anno, sottolineati da un’onnipresente colonna sonora. Si tratta di elementi ormai codificati in quello che ormai è diventato un genere cinematografico vero e proprio: la commedia sentimentale newyorkese con i suoi ritmi distesi e l’alternanza di divertimento e commozione, risate e riflessione.

Lo stagista inaspettato inizia con Ben, settantenne vedovo, pensionato e benestante, a cui manca la sfida quotidiana rappresentata da un lavoro da svolgere con passione. È per questo che, dopo 40 anni da dirigente in un’azienda che produceva elenchi telefonici, si presta a fare da cavia per un programma da stagista senior in una giovane startup di ecommerce specializzata in abbigliamento, la About To Fit. Lì viene assegnato alle riluttanti cure della direttrice e fondatrice dell’azienda, una giovane e stressata workaholic. Dopo essersi conquistato col suo savoir faire di altri tempi la simpatia dei giovani impiegati e l’amore di una donna matura, sarà anche fondamentale per salvare le sorti professionali e sentimentali della sua datrice di lavoro.

Ci sono film che hanno un target ben preciso e affezionato. Lo stagista inaspettato è rivolto essenzialmente a una fascia di pubblico prevalentemente femminile, forse più vicina all’età del protagonista che a quella dei suoi giovani comprimari. Sotto la forma della commedia il film ambisce ad essere sia favola che lezione di vita, con una morale espressa chiaramente sotto la cornice lieve e spiritosa: la storia mira ad infondere nuova fiducia nel futuro agli anziani e a convincere i giovani disorientati dai ritmi della vita moderna e dall’eccessivo ricorso alla tecnologia ad ascoltare chi ha vissuto in tempi più lenti e meditativi, dove più della velocità di reazione agli input informatici e al mondo virtuale contavano l’osservazione dal vivo e l’ascolto degli altri.

Non a caso Meyers ha scelto di ambientare il film in un sito e-commerce, che ha sede nello splendido loft dove prima si trovava l’azienda di Ben, che permetteva alle persone di comunicare pubblicando i loro numeri di telefono in giganteschi volumi. Il nuovo ha preso letteralmente il posto del vecchio, ma – ci chiede la regista – siamo sicuri che fosse tutto da buttare?

Il personaggio di Ben è una specie di jolly, il contenitore di tutte le doti dei bei tempi andati, che è pero straordinariamente in sintonia col mondo e coi giovani di oggi. Ci sembra però che quello di Nancy Meyers sia più che altro un wishful thinking: forse questo può essere vero e tutto può ancora accadere se parliamo di uomini benestanti, ricchi e in salute che hanno a disposizione i mezzi per imporsi e farsi ascoltare, senza farsi lasciare indietro da un mondo che corre. Ma in un paese come il nostro, dove all’età del personaggio di Robert De Niro è più probabile che una persona debba lavorare ancora dieci anni per avere la remota speranza di ottenere una pensione minima, che di essersi ritirata da 8 anni dalla cosiddetta vita attiva, l’assunto del film è più favolistico/fantascientifico che realistico. È ovvio che stiamo parlando di una commedia e di una storia di fantasia, ma gli elementi concreti immessi dall’autrice sono tanti e tali da indurci a fare dei paragoni del genere.

Al posto di Robert De Niro ci è venuto spontaneo immaginare Robin Williams, perché quello di Ben potrebbe essere uno dei suoi personaggi magici ed amabilmente eccentrici, capaci di diventare il centro di convergenza ed equilibrio di un mondo caotico e incapace di ascoltare. Al di là delle inevitabili nostalgie va comunque detto che De Niro è qui misurato e perfetto sia nella commedia fisica che nelle espressioni buffe o commosse richieste di volta in volta dal ruolo di un distinto signore di altri tempi che non alza mai la voce, porta il fazzoletto in tasca per offrirlo alle signore che prima o poi hanno bisogno di usarlo e si adatta con curiosità ed entusiasmo a situazioni che farebbero scappar la pazienza alla maggior parte di noi.

A seconda delle esigenze fattorino, consigliere, autista, ladro, babysitter e figura paterna, Ben è l’essere fatato che tutti sogneremmo di incontrare una volta nella vita, pur di essere abbastanza fortunati da riconoscerlo. C’è una buona sintonia tra De Niro ed Anne Hathaway, esagitata ma insicura donna in carriera, un po’ sprecata Rene Russo nel ruolo della “fidanzata”, e buono il cast di attori poco noti che li affiancano in una commedia che nonostante le tematiche attuali è davvero d’altri tempi, nostalgica di un mondo in cui Gene Kelly in Singin’ in the Rain intonava per Debbie Reynolds la dolcissima “You Were Meant For me” e le coppie restavano sposate per sempre, nonostante crisi e tradimenti.

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