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Cybill Shepherd/Betsy (ex di Peter Bogdanovich) di TAXI DRIVER è sempre stata meno affascinante rispetto alla “lesbica” Jodie Foster/iris


11 Jan

Cybill Shepherd

Sono sempre stato un uomo complicato. Una contraddizione vivente come De Niro/Travis Bickle.

Ora, se andate da un uomo normale e gli chiedete chi sceglierebbe fra la Shepherd e la Foster, senza pensarvi su due volte, vi risponderà la prima, cioè Cybill.

Perché la Foster è lesbica? No, perché gli uomini “normali” scelgono le bellezze più canoniche, più à la Baywatch.

Infatti, pure Travis, pazzo “conclamato”, sbagliò in questo. Non soltanto perché Jodie fu minorenne in Taxi Driver. Quindi lui, non essendo giustamente pedofilo, rifiutò la proposta indecente di Robert Redford, no, offertagli dal pappone Harvey Keitel/Sport.

Salvandola invece da questo debosciato.

Semplicemente perché anche Robert De Niro è sostanzialmente un uomo banale. Da cui The Good Shepherd. Cioè la bona Sibilla?

Ah ah, no, il titolo della sua seconda regia. Buon film, comunque sia.

Il buon pastore.

Sì, cari sempliciotti. Voi vi accontentate delle banalità.

Gli uomini e le donne non si guardano e amano dall’apparenza e non si ammirano solo per via della loro più evidente bellezza.

È il fascino che fa la differenza. Ed è per questo che vi siete ridotti su TikTok.

 

di Stefano Falotico

foster

Chi trova un amico trova un tesoro?


12 Sep

Il grande o piccolo Cinema smentisce uno dei più infimi luoghi comuni. Cioè quello secondo cui due uomini non possano essere soltanto grandi amici pur frequentandosi assiduamente. Perché qualche malalingua potrebbe pensare male, alludendo ad altro. Ah ah. Basta, davvero. Basterebbero, infatti, questi film e queste coppie storiche per distruggere tali oscene chiacchiere da bar e queste retrive, tristissime, abiette dicerie figlie delle peggiori menti malate più bigotte.

di Stefano Faloticohill bud spencer New Rose Hotel Asia Argento

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altrimenti ci arrabbiamo

chi trova amico tesoro

TITANIC è un capolavoro, voi no!


15 Jun

Titanic Winslet DiCapro


Bisogna abbattere la Critica cinematografica assai vetusta, dunque parziale, superata e logora, bisogna scardinare i luoghi comuni, non solo sulla Settima Arte più raffinata, anche di noi stessi…

Ancorati a una visione vecchia, dobbiamo svecchiarci e ringiovanire tutti assieme appassionatamente.

Evviva la retorica? No, la veritas.

Ebbene, con lo spopolare del web, tutti si stanno dilettando a far i tuttologi, anzi i dietrologi.

No, gli psicologi, i cardiologi, pure i virologi. E questo morbo è più virale del fantomatico Covid-19.

Su cui avrei da dirvene, anzi, già ne sparai parecchie nel mio libro Bologna HARD BOILED… in vendita sulle maggiori catene librarie online (questa dicasi, ah ah, pubblicità occultissima).

Sì, i potenti stanno occultando la verità, seppellendola in un mare d’inganni. Noi, circuiti, traviati, adesso tutti vaccinati.

Ci allarmarono e terrorizzarono, incatenandoci in quarantene figlie dell’oscurantismo più medioevalistico.

Così è, non voglio sentire ragioni. Da un po’ ci si può spostare, fra l’altro, tra regioni. Anche erogene? Oh, finalmente si può fare all’amore senza la profilassi delle precauzioni?

Ciak, azione. Cos’è un film con Siffredi Rocco? Macché. Oramai, Rocco è andato… e non solo con quelle… da tempo immemorabile. Rocco è fottuto, moscissimo. Bisogna pensare al nuovo. Ci siamo induriti e rotti le palle a causa dei lockdown esagerati.

Uomini e donne, eh eh, siate accalorati. Negazionisti, non negateci però il piacere dell’amoroso contagio più letizioso, oserei dire sfizioso, per la donna cremoso e per il maschio voglioso.

Basta, adesso. Non facciamo all’amore, facciamo i seri. Sì, le persone troppo serie non sanno amare neppure il Cinema con gusto e quella sana impudicizia che fa rima con godibilità malata soltanto di fottuta, superba malizia.

Che voglio dire con questo? Sono affetto da anti-moralismo, da ermetismo, oppure da poetico decadentismo? Non lo so.

Voglio dire che i veri amanti del Cinema e non solo di questo, eh sì, non hanno alcun pregiudizio.

Sono capaci di amare un film abbastanza mieloso e sdolcinato come Paura d’amare con Al Pacino e Michelle Pfeiffer, in quanto romantici come quel frustrato di Giacomo Leopardi, e allo stesso tempo sanno adorare anche Julia Roberts di Pretty Woman.

Ecco, se sei Richard Gere del succitato film di Garry Marshall (anche quello con Al, eh eh, lo è), vieni reputato figo. Se sei un cassaintegrato, vieni considerato un miserabile che deve pagarla, sennò non arriva/i a niente! Ah ah.

Di mio, sono Al Pacino di Serpico. Non mi vendo. Amo le donne ma posso giurarvi che non ne pagai mai una alla pari del grande Charles Bukowski. Allora, non capisco perché i perbenisti vogliano farmela pagare. Che ho fatto di male? Ah, ma allora sono dei moralisti falsi. Sono dei maniaci. Ah ah.

Comunque, io non sono un monaco. Detto questo, Capodanno a New York, sempre del Marshall, non è affatto male. A parte il fatto che abbiamo un Jon Bon Jovi nelle sue ultime, musicali performance decenti. Poi, abbiamo un parterre di donne capaci di risvegliare un morto qual è De Niro alla fine del film (spoiler!) Dunque, il film è vedibile, eccome. Ah no? Halle Berry, Lea Michele, ancora Pfeiffer Michelle, Sofia Vergara (cioè la controfigura e la “brutta” copia dell’ex pornoattrice Esperanza Gomez), Jessica Biel, Katherine Heigl e Sarah Jessica Parker? No, quest’ultima è racchia. Ex del Cage? Mah, contento lui…

È sempre assomigliata, molto vagamente, a Barbra Streisand. Con l’unica differenza che Barbra è una cantante che, pur esteticamente impresentabile, grazie alla sua voce melodiosa, riusciva a essere la Maga Circe. Insomma, non certo fisicamente una sirena. Ah ah.

Ah, mi son dimenticato di Hilary Swank. Ora, ha delle gambe magnifiche ma ci sarà un motivo se interpretò Boys Don’t Cry? E ho detto tutto.

Arriviamo a noi. Tanto, con queste qua, pezzi da novanta…, non potremo arrivare a una beneamata minchia. Ah ah. Sono inarrivabili. Vi arriverete soltanto se siete ricchi come Richard Gere. Ah ah.

Oppure se le vedrete nelle loro scene di sesso. No, non sex tape, cavolo! Pensate sempre a quello? Mi riferivo ad Halle Berry di Monster’s Ball unrated. Ah ah.

Sì, siamo uomini e donne angariati da una vita ladra e puttana. Al che, per compensare le mancanze e il vuoto interiore, non riuscendo a riempire e tappare i buchi…, ci diamo al Cinema, dando ancora più soldi a Richard Gere. Ah ah.

Be’, col tempo, compresi di essere demenziale come Mel Brooks. Cioè, in una società di matti e dementi, sono stato l’unica persona al mondo capace di distruggere un intero ordine psichiatrico, emulando, contro ogni strizzacervelli, il Mel di Alta tensione.

È vero, non sto mentendo. Mi credete? Miscredenti, atei, creduloni? Sì, un plurilaureato in Freud, ah ah, pensò che fossi da manicomio. Al che gli chiesi con estrema nonchalance:

– Mi tolga una curiosità, primario e luminare. Qual è la percentuale di guarigione dei pazienti in quest’istituto ove sono internati i suoi curati…?

– Una ogni morte di papa.

Uhm… sarebbe la morte cerebrale di Jack Nicholson di Qualcuno volò sul nido del cuculo?

 

Dopo questa risposta, fui dimesso e tutti gli psichiatri furono radiati dall’albo.

Ora, prendiamo un regista che è sempre stato fissato coi manicomi. Ovvero John Carpenter.

Io sono l’unica persona al mondo capace di guarire Amber Heard di The Ward e Sutter Cane de Il seme della follia (eh già, il matto è lui, non Sam Neill), in virtù del fatto che sono il bambino sano di Village of the Damned. Comunque, non sono albino, non sono neanche un alpino. Però sono una cima. Ah ah.

E dire che fui scambiato per Fantozzi/Paolo Villaggio. Be’, in effetti, se mi fossi attenuto ai metodi psichiatrici, sarei divenuto Christopher Reeve dopo la sua caduta da cavallo.

Sono rimasto lo stesso… Superman. Ovviamente.

Comunque, complimenti di nuovo ai medici. Mi scambiarono per Fracchia la belva umana e invece non riuscirono a capire che fui e sono Clark Kent. Ah ah.

Voi credete nell’imponderabile? Non tutto ha una spiegazione scientifica nella vita.

Sì, credo in tutta sincerità di possedere poteri paranormali.  A mo’ di Chris Walken de La zona morta e di Jude Law di The Young Pope. Più che altro, quando sono in vena, riesco a entrare in telepatia, no, in empatia-sintonia col prossimo. A meno che lui non soffra, nei miei riguardi, di preconcetti e consequenziali antipatie. Ah ah. E vi garantisco che non c’è bisogno di essere laureati in psichiatria per capire che, se una persona si vuole suicidare, è perché è caduta in un profondo stato di apatia o melanconia. Oppure, non più gli tira a causa dei farmaci assunti. Oppur ancora vuole andarsene via in mezzo a tanta pazzia.

Io sono cinico? No, realista.

Un mio ex amico mi domandò:

– Stefano, secondo te, se la tua ragazza (la sua, oh, non la mia, suvvia) ti lascia, non bisogna farsene un cruccio? Anzi! Forse non era quella giusta! Sì sì, è così.

– Come no… Forse invece era quella giusta. Ma tu non eri quello per lei, giusto? Sbaglio? Per lei eri per di più sbagliato.

– Quindi, mi devo suicidare?

– No, ti dico la verità. Se vuoi consolarti, leggi le frasi dei baci Perugina.

– Sei troppo pessimista.

– Invece tu sei troppo ottimista.

– No, dico solo che non bisogna farne una tragedia. Me ne troverò una migliore. Sì, la troverò. Però, che (s)figa!

–  Vuoi che ti sia sincero?

– Certo.

– Non la troverai.

– Perché mai?

– Hai la stessa età di Richard Gere ma, a differenza di Richard, non hai i suoi soldi.

– E che significa?

– Significa che, al massimo, troverai una vecchia di settant’anni!

 

Perché sopra scrissi… ex amico? Perché si ammazzò. Lo uccisi io? No.

Ecco, che c’entra tutto questo con la cinefilia e i luoghi comuni attorno al Cinema? C’entra, eccome se c’entra. Se invece non entra, significa che non te l’ha data. Ah ah. Solitamente, tutti quelli che dicono che Nicolas Cage sia/è inespressivo (si fottano i congiuntivi del cazzo, ah ah), non hanno mai recitato neppure nel suo film peggiore come interprete, ovvero Zandalee. Però, vi avrei messo la firma per essere al posto suo. Il suddetto, molto sudaticcio film, eh già, fa schifo per l’appunto al cazzo ma Nicolas Cage, in tale pellicola, ha un paio di scene da Siffredi. Capisc’ a me!

Nel Cinema e nella vita vera, senza falsità o consolazioni, si fa tutto un altro campionato. E io sono stanco di passare il tempo a fare le classifiche. Continuate, pure, a farvi le seghe. A fare le distinzioni. Volete essere uomini distinti. Fidatevi, è meglio Basic Instinct. Non desidero per nulla fottermi nel discutere col prossimo se sia più bello Taxi Driver o Al di là della vita. Film metafisici par excellence. Nel primo vi fu Cybill Shepherd, nel secondo, Patricia Arquette ma, rispettivamente, entrambi i protagonisti non è che se le scopino molto. Diciamocela! In Taxi Driver, De Niro salvò una prostituta minorenne. La gente lo elevò ad eroe. Dopo aver portato la Shepherd a vedere un porno, lei lo scambiò per un pervertito e lo mandò a farsi fottere. Alla fine, gliel’avrebbe data tutta ma lui la mandò a fanculo. Ah, bella roba, ah ah. Nella vita reale, comunque, Cage la sbatté in quel posto a Patricia molte volte. Nel frattempo, girò pure City of Angels.  La verità è una sola (l’accento ficcatelo voi, a piacimento!). Nicolas Cage è un grande, Richard Gere è un grande (guardatelo ne Gli invisibili, eh eh, incapaci).

E, secondo me, chi parla ma non fa mai nulla, se la fa solo sotto. Per esempio, da un punto di vista prettamente cinematografico, Over the Top con Stallone è un film puerile. Cioè, avreste preferito che avesse vinto o vincesse Bull Harley? Ah ah.

Col passare del tempo, ho capito che Titanic di James Cameron è un capolavoro. Sì, lo è. In poche parole, Cameron voleva arrivare allo spettacolare e devastante climax dello scontro con l’iceberg del transatlantico ma, per tre ore abbondanti, non ci raccontò questo.

Cioè, noi sapevamo già come sarebbe andata a finire ma volevamo vedere come sarebbe finita, cosa fu quella storia. Questo si chiama genio.

Cameron ribaltò il concetto secondo cui la trama sarebbe importante. No, la vicenda narrataci può essere anche apparentemente banale e sdolcinata. Niente è banale e dolciastro se chi dirige la storia sa come emozionarci, sa come viverla… sa come tenerci col fiato sospeso.  Soprattutto perché volevamo vedere integralmente le tette di Kate Winslet ma Cameron ci fotté.

Dunque, sapete chi dice roba del tipo… oramai è stato già detto e inventato tutto? I falliti. Quelli che parlano e criticano. E basta. Oppure, peggio, esaltano e magnificano i “maestri” perché loro non lo sono. Ma, idolatrando i maestri, si sentono meno stupidi e meno inetti.

In giro, sento un sacco di cazzate. Sento che il mondo è peggiorato, che la società fa schifo. Che gli uomini e le donne sono imbarbariti. Mi spiace deludere questi tristissimi luoghi comuni.

Sembrano Harvey Keitel sia di Taxi Driver che di Holy Smoke.

Sono peggiorati quelli, coloro che fanno certi discorsi. Perché non sanno fare altro. Solo chi fa, sbaglia. Rimedia figure di merda e non. Altrimenti, siamo soltanto zombi. E molti di voi lo sono ma non lo sanno.

Di mio, posso dire che ho una certa faccia da culo.

Infatti, le donne mi guardano e pensano: quel ragazzo va fottuto a sangue.

Sì, molte donne vogliono, in tempi di pari diritti, farselo come un uomo.

Un tempo, solo gli uomini lavoravano.

Oggi come oggi, il culo se lo fanno anche quelli che non sono omosessuali attivi.

Insomma, come dice Peter Boyle, chi più chi meno, siamo tutti fregati.

Dunque, fottetevi, ah ah.

Su questa cazzata, vi lascio alle vostre porcate.

Domani, devo farmelo ancora.

Invece per voi saranno cazzi amari.

 

di Stefano Falotico

In un mondo caotico, ci vuole un uomo dal fascino entropico, ciclopico, oserei dire falotico… un uomo che batte Tarantino a mo’ di Kenshiro, un uomo Mad Dog & Glory, un uomo che sa… cosa non si sa


11 Feb

nino-d-angelo napoli Ancora guardate programmi come Striscia la notizia? Non arrapatevi, “attapiratevi”.  A forza di vedere Staffelli, dimenticaste le belle… storie. Quali? Quelle su Instagram per cui, “grazie” a un cuore in più, rimaneste scottai, scorati? Sì, la vostra lei ha molti spasimanti. A voi dice che sono solo fan. In verità vi dico che, con lei, sono ansimanti… Forza, non ansimate. Riprendetevi. Anche se non la riprenderete. Lei, intanto, sta respirando “bocca con bocca” con un altro. Quest’ultimo ha un brutto alito e non è un grande uomo. Una ne prende e una ne lascia. Evviva Nino D’Angelo!

Sì, di cornuti ne vidi molti. Una volta, credetemi, vidi anche il diavolo. Non aveva però le corna. Per forza, Lucifero è vergine. Ah ah. Sì, prima fu un angelo e tale è rimasto. Tradì Dio e fu spedito all’inferno.

Voi vedete la Madonna? Fatevi benedire a Lourdes. Ah ah. Lo stadio San Paolo è ora Diego Armando Maradona! Il demone Pazuzu, ne L’esorcista, tentò di possedere Linda Blair ma, a mio avviso, cannò tutto. Lo seppe bene Lino Banfi de L’esorciccio. Arrapatissimo dinanzi alla donna posseduta, non da lui, però. Ah ah. In passato, fui crocifisso, molto timido. Anzi, mi correggo. Non fui credente in dio. Avete capito? Col tempo, divenni gigionesco come Al Pacino di The Devil’s Advocate. Ora, possiedo un fascino da John Wick dei poveri. Voi, per un nonnulla, bestemmiate in faccia alle vergini santissime. Siete Harvey Keitel de Il cattivo tenente, per caso? Non va bene, non andate neanche a messa. Andate, ecco…

So io come dovreste mettervi. Inchinatevi dinanzi alla veritas. Lei vi tradisce con la religione cristiana.

Sì, è monogama, monoteista e metodista. Ma vi nasconde il vero. Col prete, con cui si (s)confessa, è infatti poligama. Recitano assieme tutta la Bibbia e parlano tutte le lingue di Babele. Voi siete agnostici, gnostici o amate i pronostici? Ecco, il mio pronostico nei vostri riguardi è questo: prevedo una pioggia biblica di rane… piombarvi in capa. Teste di rapa, capre!

Sì, siete dei ranocchi e delle ranocchie. Che volete? Il principe azzurro? Allora, fa bene vostra moglie a tradirvi. Siete dell’altra sponda. Sì, attraversaste questo ambiguo fiume Giordano del vostro coming out a torso nudo, dorso o a rana? Ah, capisco, amate lo stile libero e non volete alcuna rottura di palle. Bevete l’acqua San Pellegrino e digerite… il fegato amaro. La vostra lei non è Federica Pellegrini. Siete all’asciutto. Sì, non avete neanche i soldi per la Ferrarelle. Figurarsi per la Ferrari, anche Isabella. Comunque, questo Covid-19 è demenziale come il Robin Hood di Mel Brooks. Basta attraversare un ruscello millimetrico e si finisce inchiappettati. Sì, vi sbatteranno in carcere se, anziché, andare a Rimini, luogo marino-balneare con migliaia di persone, vi recherete in un’altra regione. Erogena? Semmai nel paese più piccolo d’Italia. Ove, non solo non c’è il mare, non ci sono fiumi né case. Tranne quella dell’unico abitante ivi residente. Un povero cristo e diavolo non cagato da nessuno. Nemmeno da un parroco e da quelle che si bevono tutto…  Sì, ne vidi di fesse, no, di fessi in questo mondo. Molta gente crede al dio cristiano. Molti credono pure di essere degli dei. Soffrono di manie d’onnipotenza. Quasi tutti sono impotenti. Appena peccano, infatti, nessun problema. Basta che si confessino e possono nuovamente mettere le corna… a chi vogliono. Ah ah. Aveva ragione Joe Pesci di Quei bravi ragazzi. Cornuti e mazziati. Certa gente ha le corna e se le tiene. Molti ex di Luisa Corna, per esempio, non ebbero delle buone cornee. Io capii e vidi subito che Luisa era bella come Maria ma, al contempo, notai immantinente che aveva occhi per tutti. Sì, voleva pure diventare una cantante come la Ciccone! Sì, molti idioti, alla pari di Sean Penn, pensarono davvero che la cantante di Papa Don’t Preach fosse una donna purissima. Comunque, cazzi loro… Dio li fa e poi li accopp(i)a.

Nel videoclip di questa canzone storica come Like a Virgin, Madonna sembra Sean Penn di Bad Boys. O no? Sì, stessa faccia da scugnizza/o alla Nino D’Angelo. L’uomo di Pop Corn e Patatine…

 

di Stefano Falotico

 

Abel Ferrara, Chris Walken e Willem Dafoe, cioè praticamente me incarnato, scarnificato nella Trinità degli dei


12 Jul

walken king of new york

Mah, di mio, ho sempre preferito le periferie fatiscenti, degradate e fetenti della New York spettrale, cupa e onirica, lisergica, malandata e sporca, ipnoticamente ammaliante nella sua schifezza trasudante sudiciume di uomini devastati e di donne strafatte, al Cinema lezioso e perfettino di Woody Allen.

Comunque, Woody Allen fu ed è meno nevrotico di me. E ho detto tutto…

Sì, Woody Allen è un genio ma io non abiterei mai a Manhattan. È il sogno di chiunque stazionare in un iper-accessoriato super appartamento del quartiere residenziale più chic della Big Apple.

Però se, dopo aver risparmiato un patrimonio, se dopo non essere usciti mai di casa, non spendendo soldi per circa vent’anni al fine di accumulare ulteriore danaro necessario per cambiare vita e trasferirvi, per l’appunto, nella città più demograficamente populous degli States, cioè, che ve lo dico a fare, la metropoli ove abitò il macellaio Daniel Day-Lewis di quella mezza cagata sopravvalutata di Martin Scorsese con un Leo DiCaprio appesantito e una Cameron Diaz puttana sino al midollo spinale, ladra di tutti i gioielli, metaforicamente e non, se dopo essere stati salvati dalle grinfie di un pappone come Harvey Keitel di Taxi Driver, vi eleverete dal porcile di massa e vorrete/voleste fare gli altolocati come Jodie Foster… di Panic Room, sì, semmai incontrerete pure tre mariuoli certamente imbranati, altresì rompiballe, che cazzo farete? Ma dove cazzo pensate di andare?

Tornerete a Napoli e affitterete un monolocale nei quartieri spagnoli ove vi deruberanno anche di una brasiliana dai facilissimi costumi, espatriata da Rio de Janeiro nel capoluogo che fu peraltro la patria di Diego Armando Maradona, argentino non proprio nell’anima doratissimo, però coi denti placcati oro grazie ai soldi elargitigli dal drogato Ferlaino, sì, “noleggerete” una baldracca da quattro soldi raccattata sotto il Vesuvio dei vostri bollenti, magmatici spiriti con cui v’illudeste di giocare almeno di spagnola dopo aver gustato una zuppa inglese, uno zabaione come dessert dopo essere arrivati totalmente alla frutta, per di più scaduta, alla pizzeria gestita da Nino e Gaetano, chiamata Salutami a Sorrata?

Tanto vale che rimanete nella vostra casa ficcata in culo al mondo. Non fatevi venire strane idee, miei ragazzi puri, pure come Riz Ahmed di The Night Of.

So che, per l’appunto, la mela del peccato vi tira e volete leccarla tutta. Ma vorranno fottervi, incriminandovi di omicidio e stupro soltanto perché finalmente anche la povera disgraziata che ve la offrì ignuda e bagnata, eh già, morì ammazzata in una notte kafkiana da Fuori orario. Saranno cazzi molto amari, fidatevi.

Eh sì, che rottura di palle, miei amici buoni alla Griffin Dunne. Grissin Bon! Io, per esempio, avrei lasciato stare perdere subito quella Rosanna Arquette. Insomma, fu la co-interprete di Cercasi Susan disperatamente.

Lo so, voi, uomini morti di f… a, cercate invece disperatamente solo delle susine. Ma neppure da Susanna, quella donna palindroma che svende le banane al mercato, riuscirete a ottenere una gratuita limonata.

Veramente. Io vi ficcherei immediatamente dentro New Rose Hotel. Assieme a quei tre matti sconsacrati! Porco Giuda!

Per piacere. Non smadonnate come la Louise Ciccone di Occhi di serpente.

Sì, scegliete invece una vita bergmaniana alla Settembre e Interiors di Allen.

Ma che cazzo vi salta per la testa? Guardatevi, ragazze. Siate oggettive. Non siete mica fighe come Diane Keaton de Il dormiglione. Continuate pur a dormire sogni tranquilli. Tanto, Javier Bardem di Vicky Cristina Barcelona lo vedrete col binocolo.

E non dite che siete lesbiche come Jodie Foster, tanto non ci crede nessuno. Soprattutto nessuna. Le vostre amiche sono più brutte di voi.

Diciamocela! Dovete dirvela tutta. Anche perché non potete darla a nessuno/a. Siete più racchie di Lily Taylor di The Addiction.

Eh sì, farete la fortuna di tutti gli psichiatri del mondo. Ché, coi soldi che darete loro, illudendovi che potranno curarvi dalla vostra schizofrenia amante soltanto dei vampiri di Twilight, v’inculeranno a sangue, succhiandovi tutto il portafogli, altroché. Infilandovi depot inibenti la vostra rimanente, oserei dire già smunta libido.

Ah, non avrete molte scelte. Penserete di essere, per l’appunto, la Vergine di Mary.

Suvvia. Juliette Binoche che crede di essere la madre di Cristo, dai, fa veramente bestemmiare.

Credo che Juliette, dopo aver assaggiato Day-Lewis, sì, stavolta de L’insostenibile leggerezza dell’essere, se prima di ciò, pensò di farsi monaca di clausura o di Monza, poi divenne anche fan de Il cattivo tenente.

Annamo bene… cazzo. E qui faccio il Ninetto Davoli di Pasolini.

Sì, la Binoche è una prostituta di classe. Cosmopolis docet.

Asia Argento, invece, malgrado sia stata per anni con quel magnaccia di Morgan, non è una puttana.

Pazza, però, sì. Ah ah. Come attrice è una cagna ma credo comunque che possa essere curata da Christopher Walken di King of New York, un lupo della notte che, al min. 0:52 di questo trailer, bacia certamente meglio di Asia stessa di Go Go Tales.

Mah, un mio ex amico pensa che io sia L’angelo della vendetta.

Di mio, penso che il gelato al cioccolato misto al gusto di stracciatella, ingurgitato alle quattro di notte, valga molto di più di 4:44 Last Day on Earth.

Non so come sia questo film. Mi manca. Dopo la leccata al gelatino, mi sparerò alle 5 e 03 di mattina davvero questo filmettino.

Poi, alle prime luci dell’alba, come un Nosferatu Walken, ballerò sul terrazzo. Prendetemi pure per pazzo ma questa vita, fidatevi, va pigliata come viene…

È inutile che pensiate a come sarà il vostro futuro.

Ah, come potrà essere? Ve lo domandate pure? Allora siete più scemi di me.

Siamo tutti fottuti. Chi più chi meno. Quindi, finitela di menarvela.

Non siete Abel Ferrara né Woody Allen.

Non siete un cazzo.

Non si cazzeggia, qui.

di Stefano Falotico

new rose hotel

Playlist definitiva su Martin Scorsese: parlo per me, voi (de)scrivete la vostra Shutter Island, ah ah


05 Jul

jodie foster warhol

gambardella la grande bellezzaIn questo pezzo, vediamo se siete colti, troverete una bella anafora.
Ripetizione dello stesso termine con una sottilissima sfumatura.

Ecco, a pochi giorni dalla diffusione pubblica della mia recensione (anche in video) su Shutter Island, da me reputato un film concettualmente sbagliato e approssimativo in molti punti, neanche a farlo apposta, Federico Frusciante, sul suo canale YouTube, ha inserito la sua review Patreon del medesimo, identico film.

Pura casualità. Le nostre opinioni, in merito, sono assai divergenti sebbene collimino in molti punti.

Io “postai” la mia rece… in tempi non sospetti. Quindi, non posso minimamente essere accusato d’insospettabilità, ah ah, no, di aver fatto come sovente, ahimè, mi accade, il bastian contrario per puro spirito provocatorio.

E a proposito di purezza, mie schifezze… ah, La grande bellezza.

Fatto sta che, tralasciando le opinioni diverse a riguardo del succitato film di Scorsese, direi di partire da quest’immagine iconica di Jodie Foster. Apparsami in un gruppo Facebook di Cinema soltanto qualche giorno fa. Stranamente, da me mai vista prima. Dico stranamente poiché è/fu firmata da Andy Warhol e, raramente, di lui m’è sfuggito mai, se preferite, mi sfuggì, un solo suo ritratto. Sì, qui Andy ritrasse Jodie in tutto il suo splendore da ninfa purissima, ambiguamente perversa con tale suo furbetto sguardo ammiccante e vagamente, impercettibilmente perverso. Propendente, oserei dire, verso un civettuolo, seduttivo fascino incommensurabilmente castissimo da innocente Lolita già forse contaminata nell’anima… che bella bimba.

La purezza incarnata, priva d’ogni Hardcore schraderiano, forse post Taxi Driver?

Quando è stata scattata questa foto leggerissimamente ritoccata?

Tanti anni fa, esattamente un anno prima che su di me incombesse un ricovero da “manicomio criminale”, prim’ancora che, superando ogni vetta inimmaginabile della forza psicofisica più umanamente concepibile, mi scagionassi da ogni infondata accusa immonda delle più discriminative e stigmatizzanti, maggiorando la mia mente ed elevandola Al di là della vita, innalzandomi in una sorta di Bringing Out the Dead fatalmente miracoloso per me stesso resuscitato come Cristo il salvatore, quattamente indisturbato, pur essendo già, da tempo immemorabile, imputato di essere una persona disturbata e disturbante, più che altro recalcitrante ad omologarmi al porcile di massa, spesso nauseante e inducente a una sartriana repulsione verso le frivole socialità carnalmente edonistiche e facete, mi recai alla multisala di Rastignano, situata in provincia della mia natia Bologna, per assistere a un sottovalutato film per la regia di Neil Jordan. Ovvero Il buio dell’anima.

Stando alla generalista Wikipedia, luogo ameno ove imperano le banalità più mal assortite, spesso redatte da studenti che, dietro piccoli loro contributi sbrigativi, allestiscono semplicistiche sciocchezze figlie del loro relativismo tipico delle loro esistenze misere, perlomeno circoscritte alla loro età, per l’appunto, ancora inevitabilmente confusionaria e a farsi, in quanto ancora scevre del dolore e anche del piacere più umanamente, empaticamente sentiti, la pellicola di Jordan è stata (psico)analizzata all’acqua di rose, come si suol dire, entro la brevità di un’idiozia immonda peggiore del più sciocco proverbio del mondo. Che è… rosso di sera, bel tempo si spera.

La stronzata di Wikipedia, invece, è la seguente:

col passare del tempo, le ferite del corpo guariscono, ma non quelle dell’anima che faticano a cicatrizzarsi: in Erica nascerà un forte desiderio di vendetta che la spingerà a farsi giustizia da sola, interessandosi anche alle ingiustizie capitate ad altri vicini a lei.

Deduttiva e scontata scempiaggine inserita, certamente, da un ragazzo o da una ragazza sprovvisti della cultura cinematografica appartenente alla New Hollywood più stratificata e perciò complessa. Giovani inconsapevoli di soffrire di varie complicazioni difficilmente curabili, cioè dei precoci… inculati, poco addentro, per l’appunto, la veridicità più viscerale e senziente della loro stessa esistenza troppo immatura, troppo acerbamente impura ed esaltata per poter, con cognizione di causa, dissertare in ambito non solo ermeneutico, bensì più sincero soprattutto nei riguardi di sé stessi. In quanto, falsificando la propria coscienza nello svenderla all’apparenza più saputella, si palesano soltanto tristemente come biechi menzogneri auto-bardatisi nella finta, saccente boria di presuntuosi universitari, oserei dire untori, con la bava alla bocca e le cazzute, ridicole ambizioni a mille più cretinamente fottute.

Questi ragazzi non ce la faranno. Prima o poi crolleranno dinanzi all’orrore kurtziano della loro già avvenuta Apocalypse Now.

Lo so per certo, per vissuto personale poiché, oggi come oggi, io deambulo come un ectoplasma. Che vaga, gironzolando da zuzzurellone. A volte sono un po’ cafone, a volte critico i bugiardoni e non credo agli psicofarmaci con tanto di relativi bugiardini.

Dovrebbero, per esempio, finirla di puttaneggiare su Instagram, esponendo smorfie e boccacce che hanno poco a che vedere sia con la sana goliardia del Boccaccio che con l’immacolatezza stupenda della Foster sopra citata. Indubbiamente, eccitante.

Incarnazione della gioventù a farsi, in fiore a divenire e ad accoppiarsi, a copularsi, no, ad accorparsi nella graziosa forma artistica di un’intellettuale d’indubbia naturalezza e potenza carismatica impari, dannatamente bella e sensualissima nella lucida nitidezza delle sue mille, ipnotiche espressività fortissime dalle sfumature più soavemente cangianti e, per l’appunto, limpidissime.

Il buio dell’anima non è un grande film. È giustizialista e ovviamente non regge il confronto minimamente con Taxi Driver.

Anche se potremmo giocare di simpatici parallelismi meta-cinematografici. Se Jodie Foster/Iris non fosse stata salvata da Travis Bickle, se non fosse stata liberata dalle grinfie di quegli avidi speculatori del suo corpo da minorenne schifosamente sfruttata, forsanche stuprata, prima o poi avrebbe afferrato una 44 Magnum. E, a mo’ d’Ispettore Callaghan, no, di Scorsese nel suo cammeo devastante, anziché rivolgersi alla moglie fedifraga che tradì Martin con un ne(g)ro, in piena notte si sarebbe diretta, forse con taglio da mohicana da Chiara Ferragni che scelse il barbiere di Fedez anziché la parrucchiera di tua sorella, verso il covo del magnaccia Harvey Keitel/Sport.

Sfondandogli la porta, puntandogli la pistola alle palle e urlandogli:

– Sai come riduce un uomo una 44 Magnum fra le cosce?! Dovresti vedere come riduce un uomo, fra le gambe, una 44 Magnum. Sì, io t’ammazzo. Che posso fare, oramai? T’ammazzo, eh sì, t’ammazzo.

 

Sì, Jodie Foster non simpatizza molto per gli uomini. Infatti, è lesbica. Ah ah.

L’unico per cui simpatizzò fu Hannibal Lecter de Il silenzio degli innocenti. Ovvero un genio fottuto che la liberò dalle falsità ipocrite di un mondo (s)porco.

E, in modo mellifluo, implicitamente le lanciò tale messaggio inequivocabile:

– Clarice, fottitene. Odi, senti ancora il lamento di quei poveri animali scannati? Piangono ancora prima di essere macellati? Secondo te, ce la faranno tutti? Oppure impazziranno come Dente di fata di Manhunter? Hanno ancora i denti da latte. Allattali, no, allettali.

– Dottor Lecter, ho ancora dei brutti incubi. Li sento ancora.

– E che cazzo, ‘sti cazzi, Jodie. L’Oscar per Sotto accusa e per il film succitato da noi girato assieme allora non sono serviti a farti venire le palle. In effetti, hai ragione. Sei una donna. Con la gonna!

Ti capisco. Porta avanti con fierezza la tua femminilità e anche la tua diversa sessualità. Basta che non ti affili al movimento MeToo. È un movimento della minchia. È peggio di un circolo di cucito.

Sì, è pieno di donnacce che l’hanno preso solo nel didietro. Anzi, mi correggo. Non l’hanno preso in questo posto neanche dalle amanti del loro stesso sesso.

Sì, chi se l’incula queste qui? Si fottano!

– Gli uomini sono pure peggio.

– Ah, Clarice. Lo so bene. Altrimenti, perché m’avrebbero sbattuto qui, secondo te? Ah, ma io me ne sbatto!

– E che/i sbatte, dottor Lecter? Al massimo, può tirarsele sul catalogo di Postalmarket che le regala, a mo’ di sfottò, il Dr. Frederick Chilton.

– Sì, il direttore di questo manicomio ove m’hanno (in)castrato e inchiappettato, eh già, è un puttaniere semi-pedofilo. Altro che Chilton. Quello pensa alle children.

Per esempio, una volta m’accorsi che stava ammirando, con sguardo malandrino, una tua foto, cara Jodie.

– Quale foto?

– Quella dello spot Coppertone?

– Davvero? Ma allora è peggio di Miggs.

– Direi assai peggio. Almeno, Miggs/Stuart Rudin è un povero disgraziato quasi quanto George Noyce/Jackie Earle Haley di Shutter Island.

– Colui che ha interpretato il reboot, molto brutt’, di Nightmare nella parte di Freddy Krueger che fu dell’imbattibile, mitico Robert Englund? Attore che, alla pari di Anthony Perkins di Psyco, fu rovinato da un ruolo così comico, no, iconico? Appena la gente vedeva Anthony, no, non lei, Hopkins, bensì Perkins… pensava:

sì, è molto bravo ne Il processo. Ma siamo sicuri che non si sia inventato tutto? Visti i suoi trascorsi?

– Sì, Clarice, una situazione kafkiana da Fuori orario.

Povero Perkins. E povero Englund. Povero anche me! Uomini totalmente bruciati.

Ci vorrebbe Charlton Heston de L’infernale Quinlan per ripristinare un po’ di giustizia in questo mondo di falsi e di figli di zoccola.

– Ha ragione, dottore. Anche quello de I dieci comandamenti.

– Sì, pure quello de Il seme della follia.

– E di Ben-Hur, no?

– Scusa, Jodie/Clarice. Ti piaceva, per caso, Heston?

– Era oggettivamente un bell’uomo.

– Jodie, mi viene un dubbio. Posso farti… una domanda? Permettimi l’indiscrezione, la mia piccolissima investigazione.

– Chieda pure, dottore.

– Non è che per caso tu e Mel Gibson avete trombato?

– No, perché? Siamo stati soltanto colleghi di lavoro. Non dubiti. Posso mettervi la mano sul fuoco.

– Sì, per l’appunto, la mano sul fuoco… Perdonami, Clarice. Ho diffidato della tua buona f… a. Scusami, volevo dire, Fedez. No, fede.

– Dottore! È impazzito?

– Che io sia pazzo mi pare ovvio. Che tu sia lesbica non è invece tanto chiaro a tutt’oggi, eh.

– Perché mai?

– Secondo me, Jodie bella, fra te e Bob De Niro, a distanza di vent’anni da Taxi Driver, ci fu, diciamocela, una segreta scopatella. O no?

– Ma no?! Ma che va pensando?

– Scusa, non dovevi essere tu a dirigerlo in The Kingdom of Big Sugar? Detto anche Sugarland.

– Sì, più di una decade fa.

– E come mai non l’hai più diretto?

– Lui era sposato e non s’è fatto un cazzo.

Uhm, capisco. Però, vedi… Bob ha ora la sua età, certo, ma ha divorziato dalla moglie. Spinge ancora, malgrado tutto. Quindi…

– Quindi… che?

– Jodie, sei un’anima pia. Ha interpretato infatti The Dangerous Lives of Altar Boys. Fai una cosa. Vai a trovare Joker in manicomio. Tiralo un po’ su, ok?

– Sarà fatto.

 

Che c’entra tutto ciò con Scorsese? Ora, non so c’entrò fra Hopkins e la Foster, sicuramente Martin Scorsese è un genius. Secondo me, superiore ad Hannibal Lecter.

E questi sono i suoi sette massimi capolavori. Se non li avete mai visti almeno una volta in vita vostra, farete la fine di Ray Liotta in Hannibal. Appunto!

Avete oramai il cervello fritto e impanato. E, a mio avviso, anche qualcos’altro è tutto impantanato e sempre solamente dentro i pantaloni.

Insomma, ve la tirate e basta. Invece, dovreste amare la grande Jodie Foster a livello di purissima ammirazione e scopare una come Julianne Moore. Offrendole, dopo la notte “sanguinaria”, una dolcissima colazione.

Se non ce la fate, basta che non rompiate più il cazzo. Chiaro, coglioni?

Comunque, prima di sfilare la lista come una gran passerona in passerella, secondo voi perché mai chiesi a Frusciante di recensirmi Smoke e Lo spaventapasseri?

Potrei forse essere io il Keitel del film di Wayne Wang e l’Al Pacino del capolavoro di Jerry Schatzberg?

Oramai non più. Sono cazzi vostri, adesso, eh. Ah ah.

Infine, Keitel fu nel cast di Buffalo Bill e gli indiani mentre De Niro, oltre ad aver fatto il culo a Sport in Taxi Driver, in Heat fotté sia Amy Brenneman che il viscido…

Sì, che capolavoro, Heat. Un film che non è soltanto un western metropolitano ove tutti, chi più chi meno, metaforicamente e non, s’inchiappettano. Per dirla come Il Mago/Peter Boyle… tutti fregati.

Sparandosi a vicenda e tradendosi a ripetizione.

Un film ove, peraltro, l’attrice de Il cigno nero, depressa a morte, non riuscì neanche a farsi… Cioè bucarsi. A tagliarsi i polsi, però, sì. Ah ah.

Cavolo, se Al/Vincent Hanna non l’avesse salvata in extremis, Natalie sarebbe morta.

A causa dei suoi compagni di scuola che la bullizzavano.

Chiamate(mi) Léon.

Questi sono i sette film. A Bologna, invece, c’è Santo Stefano con le Sette Chiese. Vero?

Taxi Driver, Toro scatenato, Fuori orario, Quei bravi ragazzi, Casinò, Al di là della vita, The Irishman.

Ecco, se non v’è piaciuto o piacque oppure mai piacerà quest’ultimo, fatemi il piacere.

Siete retorici e siete froci.

Dunque, non può piacervi Jodie Foster.

Su questa freddura, vi lascio e sgattaiolo nella notte.

Come dice Joe Pesci, in Goodfellas, fanculo a mammata.

Da cui il film Mamma, ho perso l’aereo.

Mentre De Niro, in The Irishman, perse l’unico amico vero della sua vita del cazzo.

 

di Stefano Falotico

 

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Ho dei dubbi che The Irishman, riguardando Scarface di De Palma, sia un capolavoro così come credo che DiCaprio non meriti di avere più nomination di Al Pacino


26 Dec

scarface poster

Parte goliardica da Porky’s. Non ho detto da porci, da Porky’s, il famoso film di Bob Clark che all’epoca fece scandalo ed è invece solo una sorta di Scuola di polizia senza pulizia, ah ah

Sì, The Irishman è un capolavoro? Secondo una falange di critici, irrimediabilmente perdenti o solo pendenti dalle labbra di Scorsese, lo è, indiscutibilmente.

Una panoramica e parabola malinconica, di natura proustiana, sulla caducità del tempo, filtrata attraverso la coriacea ottica, senza retorica, di un uomo apparentemente fallito.

Un Frank Sheeran incarnato da e in De Niro statuario, apoteotico simbolo gangsteristico di altri “loser” celeberrimi da lui stesso resi celebri.

La segmentazione, l’ideale prosecuzione, la rigenerazione ad libitum nella deaging granitica, robotica della sua leggendarietà attoriale, trasfusasi in una CGI opinabile, forse non del tutto perfezionata, aspramente criticata dai maniacali certosini snob da prendere onestamente a testate, non giornalistiche.

Le classiche personcine perennemente scontente, eternamente insoddisfatte alla ricerca d’una idealizzata perfezione, d’una intoccabile purezza e completezza che invece è quanto di più brutto possa esserci, non solo nel Cinema, bensì nel concetto stesso di bellezza in senso alato e anche lato b.

Una perfezione dunque illusoria, irrealizzabile, fantomatica e oscena. Inculante.

Per esempio, a mio avviso, non è bellissima una donna esteticamente, a prima vista, perfetta. È semmai un manichino palestrato adatto a facili gioie ormonali di natura prettamente eiaculatoria, masturbatoria, dunque untoria e poco romantica, sebbene abbia sortito l’eccitazione con tanto di spermatico spumante fantastico. Ah ah.

Poiché, si sa, la donna vestita in abiti attillati, dunque attizzante, scatena il capriccio schizzante d’ogni macho membro di tal mondo oramai alle strette e alle tette, cioè succhiante solamente l’istinto genetico e primigenio di tale imbuto da poppanti ingenui. Esternatosi nello sfogo estemporaneo della frustrazione quotidiana da riversare in un fazzoletto ove espellere e depositare ogni ira e ogni stress pressante dopo averlo avuto tutto in tiro per un finale che sembra brillante, invece è solo maleodorante. Ah ah.

Impazzano le donne perfette su Instagram, sfilando in una vetrina da macelleria di corpi monumentali fotografati e scanditi, distillati in regolare reiterazione anti-emotiva, anti-empatica. Sinceramente antipatica.

Sì, vedi un bel culo e sodamente qualcosa s’ingrossa indubbiamente tangibile e presto incandescente per la lavica colata da lì fuoriuscente. Ma è un tirarsela momentaneo che svanisce presto come la non durevole erezione d’un mondo oramai fottuto nella perdizione, asfissiato e spremuto, unto e bisunto nello sbraco collettivo e nei gemiti edonistici d’una società arrivista e impunita. Diciamocela, sputtanata.

Insomma, una donna è bella a cazzo mio. Non sopporto più questi corpi che non emanano vero calore dell’anima, detesto queste donne di poco cuore che vorrebbero sprigionare ardore quando invero sono soltanto poco signore. Ma per favore!

Sul sito Gli spietati, leggo recensioni, in merito a The Irishman, da farmi accapponare la pelle e incazzare, scritte alla buon’ora da parte di uomini senza palle che non meritano manco una suora. Una suola, sì, cioè una pedata per sbatterli nella topaia del loro solaio.

I quali ebbero l’ardire di scrivere certa roba:

Scorsese vira troppo all’Affresco Americano tipo Oliver Stone, rischia di sovraccaricare lo spettatore di informazioni e perde un po’ il controllo della situazione. Il film si sfilaccia, sbanda, annoia, per poi riprendersi nella parte finale (tutta l’escalation di suspense umana ed emotiva che culmina nell’uccisione di Hoffa da parte di Sheeran) che si chiude definitivamente, però, con un rischio di pietismo senile evitato per un soffio (ma comunque evitato).

Certo, si tratta di un bel film, ci sono momenti alti, indubbiamente bellissimi (la telefonata di Frank Sheeran alla moglie di Jimmy Hoffa) e De Niro trova il personaggio perfetto per dare un senso compiuto alla sua recitazione sempre più statica e rarefatta. Ma l’ultimo di Scorsese rimane un film smisurato, diseguale e forse incapace di giustificare a pieno i 210 minuti richiesti per poterne godere.

Lasciando stare le escalation e ogni “eiaculation”, aveva ragione Adriano Celentano. Questi critici della minchia sono in piena zona svalutation. Ah ah.

Sì, si fanno i pompini a vicenda in questa Pulp Fiction di troiate. Angelo Bruno/Harvey Keitel lo sa, lui è Mr. Wolf, cari volponi. Poveri cazzoni!

Suvvia, guarda quello. Crede di essere Joe Pesci, in realtà è quello che è, ovvero un pescivendolo.

Molti di questi critici s’infervorano come Al Pacino/Tony Montana di Scarface.

Sì, Al è bestiale. S’incazza di brutto quando sua sorella, la Mastrantonio, va nel bagno con l’amante semi-siculo tutto impomatato e di sé sicuro che prima le tastò il culo per poi darle il gel alla Tutti pazzi per Mary.

Sì, ah ah. MARY Elizabeth Mastrantonio, donna che piace a ogni uomo di nome Anto’, in americano Anthony. Come il Provenzano/Stephen Graham e tutta la compagnia di omonimi. Ah ah.

Sì, in questa vita da falli, no, falliti, fate i trenini come nelle catene di Sant’Antonio e pensare che, in Italia, avemmo pure Lietta Tornabuoni. Che come donna era più brutta della Mastrantonio di The Punisher, come critica abbastanza buona ma non buonissima. Cioè severa nei giudizi. Ah ah.

In entrambi i film di Brian De Palma con Al Pacino, dunque il succitato Scarface e Carlito’s Way, vi sono sequenze al cardiopalma, appunto, nei bagni sporchi e fetidi delle discoteche e stanze con dipinti di rosse palme. Ambienti per donne strafighe come Michelle Pfeiffer ma anche per uomini e donne da De Filippi. Da gente che non possiede il vivo nitore delle sessualità (im)pure del Cinema di Pedro Almodóvar.

Grande uomo, Pedro. Uomo che non è un uomo ma ama le donne e pure gli uomini. Ah ah.

Evviva Rossy de Palma con la d minuscola e la sua faccia da Picasso. Cazzo!

Bagni merdosi ove il corrotto avvocato Sean Penn tastò la mulatta, lei l’allettò, anche allattò nella latrina e non in un comodo letto. Sean spalmò quello che sapete e poi fece il botto, sudando freddo in ospedale come se fosse macchiato d’olio. Ma, dopo tutto quest’accaloramento riguardo The Irishman, sto qui a riflettere come De Niro. Nella solitudine delle mie malinconie decadenti.

Purtroppo, mi spiace per Scorsese. Scarface è un film superiore a The Irishman. Poi, con tutto il bene che posso volere a Bob De Niro e ad Al Pacino, C’era una volta in America e Scarface sono più belli. E loro erano davvero più giovani, più cazzuti, più fighi e forse anche più bravi. In Scarface si respira una forza immane. Una passione quasi cristologica di livelli abissali. Con questi colori incendiari e la stupenda fotografia cremisi di John A. Alonzo, con queste impressionanti scenografie kitsch. Quasi trash!

Pacino, rosso di rabbia e super permaloso. Pacino, sì, fuori di testa, megalomane e senza freni, ringhiante, animalesco, manesco, puttanesco, con queste scene di gelosia indimenticabili e strazianti, con questo ritmo isterico, con una colonna sonora da brividi. Ce la vogliamo dire?

Senza nulla togliere all’originale, lo Scarface con Al e Michelle Pfeiffer è una genialata derivativa, certo, ma partorita dalla fervida mente d’uno dei più grandi cineasti di tutti i tempi, Brian Russell De Palma.

Allora ha ragione Mereghetti. Prima diede a Scarface due stellette e mezzo. Quindi tre. Ora è passato a quattro. Cioè capolavoro assoluto. Il Cinema di Brian De Palma è un delirio totale così come la discesa nella scalinata di Joker, così come John Rambo. Cioè, quando parte in quinta, non ce n’è più per nessuno.

Un Cinema energico e furioso, voyeuristico, anche nichilistico, senza psicologie olistiche né stronzate utopistiche. Senza riflessioni didattiche, senza panegirici e spiegazioni da inutili teorie quantistiche e scientifiche, un Cinema che spinge in maniera costruttivista. A volte è fancazzista, a volte hitcockiano, a volte ti spupazza, ti strapazza e di emozioni sanguigne t’ammazza.

Spinge nel “push”.

Ricordate: d’altronde, Brian è il regista de Il falò delle vanità. E ho detto tutto… Ah ah.

Parte seconda: Brian De Palma appartiene alla New Hollywood ma, a differenza di Scorsese, Coppola e Spielberg, mai vinse un Oscar

Una doverosa precisazione scabrosa più di Omicidio a luci rosse e Vestito per uccidere, più agghiacciante di Blow Out.

Fu colpa di Al Capone e dell’era del Proibizionismo? Sì, pure altri geni come David Lynch e Cronenberg non possono fregiarsi di un Oscar. Ma almeno furono candidati.

De Palma manco questo.

Sì, al giuria degli Academy Awards dev’essere come John Lithgow di Doppia personalità. Prima disse e dice che quasi tutti i film di De Palma sono capolavori, poi non li candida per la statuetta.

Ultimamente, Brian deluse non poco anche i suoi più accaniti ammiratori. Al suo Domino è preferibile, pensa te, il Domino di Tony Scott.

Brian De Palma può non piacere.

E ora la sparerò grossa. Non essendo mai stato premiato né nominato, a parte Mission: Impossible, a Brian non diedero molto credito, di conseguenza neanche tanti danari.

Ma è più grande di Scorsese e Coppola.

Purtroppo, sì.

 

di Stefano Falotico

Anna Paquin rischia di essere candidata agli Oscar come miglior attrice non protagonista, sebbene in The Irishman reciti una sola frase


30 Nov

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Burlesca disamina delle sordomute anime, invero eloquenti da uomo iconico di tutti gli intro-versi, cioè i poeti che scrivono versetti e, per quanto ricattati, non ne vogliono sapere di adattarsi, non c’è (capo)verso

Sì, sarebbe un caso unico. Più unico che raro, una rarità, come si suol dire.

Perché non hai chiamato Jo?

 

Sì, questa è l’unica frase pronunciata da Anna Paquin in The Irishman.

D’altronde, Marlee Matlin invece vinse l’Oscar come miglior attrice protagonista per Figli di un dio minore.

Donna meno(a)mata di poche minigonne tolte lei dagli uomini, elevati o non, eppur dall’Academy in gloria elevata.

Marlee detiene ancora il record d’essere stata l’attrice più giovane, cioè a solo ventun anni, a vincere l’Academy Award pur recitando la parte di una sorda.

Mentre Adrien Brody de Il pianista, un intellettuale in un mondo violento, nazistico e ricattatorio, è ancora l’attore che detiene il primato d’aver vinto, per il suddetto film menzionatovi, l’Oscar come miglior attore a soli ventinove anni.

Secondo me, anche Alberto Sordi meritava di vincere. E Ornella Muti, no? Ornella possedeva una bellezza che parlava da sé, mozzafiato, senza bisogno di aggiungere altro. Anche se va detto che gli uomini, rimanendo di fronte a lei senza parole, volevano indubbiamente scoparla. Anche a costo di partorire la prole.

Di mio, posso dire di aver attraversato tutte le malattie psicofisiche possibili e immaginarie. Immaginabili!

Dagli altri definite ipocondriache e dunque da costoro, gli impostori, fui visto e vengo tutt’ora visionato, molto superficialmente, come un coglione, solamente semplicisticamente, assai sbrigativamente, fallacemente e scarsamente psicanalizzante la mia anima invero emotivamente elettrizzante.

Fui enfant prodige, quindi m’ammalai di elefantiasi, divenni muto e non spiccicai parola e, ricordate, non c’è peggior sordo di chi non vuole sentire.

Sì, io provai a spiegare le mie emozioni ma gli altri non mi stettero ad ascoltare.

Anzi, non vollero assolutamente auscultarmi. Cioè entrare in empatia col mio cardiaco, viscerale, profondo sentire. Preferendomi snobbare e liquidare con fare fanfarone e protervia da costoro reputata insindacabile, veritiera e assolutistica. Sì, non riceverò mai da codesti pusillanimi una benché minima assoluzione poiché sono convinti che io abbia mentito e la mia versione dei fatti sia del tutto inattendibile e figlia, per l’appunto, delle mie distorsioni mentali giudicate insanabili, addirittura pericolose e malsane.

Per forza, non parlavo, ah ah. L’abito fa il monaco, anche il monco. Infatti, per anni volli scopare donne come Renée Simonsen di Sotto il vestito niente ma, per l’appunto, essendomi chiuso nel mutismo poiché, vivendo libero da regole castranti e da dogmatismi genitoriali limitanti il libero, spensierato arbitrio puramente giovanile, fui paradossalmente reso limitato, angariato e psicologicamente minacciato, sessualmente inibito, represso e intimorito, venendo scambiato per uno psicopatico scemo più del film succitato e dei film di Carlo Vanzina.

Gli altri, essendo stupidi come Boldi & De Sica dei cine-panettoni, mi facevano le smorfie, in segno di compassionevole incomprensione ma, soprattutto, anche sotto e basta, si facevano infatti tutte le più smorfiose. Al che, dovetti aprirmi, giocoforza, in quanto umiliato e dunque sottostimato, vagliato e misurato soltanto come cosiddetto cacasotto.

A causa di questa stigmatizzante coercizione immonda, esplosi di pene… in modo furiosamente spasmodico. Tant’è che, a questo punto, dopo essere stato considerato un inetto, infetto, lebbroso e sfigato, fui patentato di un’altra immeritevole etichetta, quella dello psicotico-psicopatico con tracce indelebili caratteriali da perenne, penoso, insalvabile disadattato da cure psichiatriche e necessaria, consequenziale assistenza sociale. Fui però lo stesso scambiato per un maniaco sessuale. Sì, trovatomi che ebbi, dopo essermi perso in selve oscure, nel mezzo del cammin di mia vita che la retta via era smarrita, non essendo molti femminili retti(li) da me fottuti a causa del non poter comunicare loro d’averlo eretto, in quanto mi mostrai assai poco e ovviamente la gente pensò che fossi un mostro, appena mi tirai su, gli uomini e le donne con le palle, come no, credettero che volessi fotterli. Urlandomi: – Vai a prendere per il culo qualchedun altro, mica noi, testa di cazzo! Tu vorresti farci credere che eri muto solo perché reclusoti nell’essere elusivo? Hai finito di fare il taciturno con lo sguardo allusivo, non sei speciale, non sei un ragazzo che ha sul mondo l’esclusiva, sei un escluso. Capitolo chiuso!

Adesso, ti cuciamo la bocca e t’intimidiremo coi ricatti più mendaci. Vai a lavorare, porco, merdaccia!

 

In compenso, perseverarono senza vergogna a sfottermi, le donne, eh sì, togliendosi la gonna per mettersi a pecorina, in posizione su(p)ina da gogna, dinanzi e (di)dietro a bulli da loro visti come uomini lungimiranti. Delle loro prese per il popò, io me ne fottei, altamente me ne sbattei. Insomma, ricevetti inculate continue. Se fossi stato un omosessuale passivo, adesso sarei ricco. Invece, mi chiusi solo a riccio mentre anche le più brutte ricce mi chiamavano ciccio. Per quanto mi concerne, devo pubblicare il mio prossimo libro. Sì, sono un poeta al cui confronto Javier Bardem di Mare dentro è un principiante. Comunque, a parte gli schizzi, no, gli scherzi, non sono immobilizzato a letto. Sapete perché? Dopo essere stato ingiustamente sorvegliato speciale a vista da gente ignorante che non capì le mie apparenti chiusure e le mie immutabili introversioni da uomo non vanaglorioso e volgarmente appariscente, appena mi ribellai e con furore esternai la mia anima, come Bardem, però di Prima che sia notte, mi diedero solo più botte, anzi, pure della bottana da Uova d’oro. Detenendomi in libertà vigilata in attesa di giudizio. Ah ah.

Sì, sia come Anna Paquin che De Niro stesso di The Irishman, con lo sguardo loquace, senza bisogno di aggiungere troppi monologhi da Al Pacino, diciamo, ho detto tutto…

Marlon Brando, una volta disse a Jack Nicholson, sul set di Missouri, che un grande attore si riconosce dallo sguardo e dalla mimica facciale anche se non pronuncia una sola parola. Esperisce le emozioni della vita e le trasmette con la forza degli occhi. Quindi, posso affermare che, a furia di capire tutto ma dire quasi nulla, possieda io oggi gli occhi più espressivi del mondo e un carisma immane.

Comunque, per farla breve, Anna Paquin vinse a soli undici anni l’Oscar per Lezioni di piano. In questo film di Jane Campion, c’è Harvey Keitel. Ovvero Angelo Bruno di The Irishman. Uno che abusò del suo potere ne Il cattivo tenente e desiderò educare-imboccare Kate Winslet di Holy Smoke. Insomma, un povero coglione. Uno che non sa affrontare la complessa, sofisticata, stratificata realtà. Preferisce continuare nelle sue ottusità, nelle sue accuse relativistiche da figlio di puttana qualunque.

Va subito preso e in manicomio sbattuto.

Tornando invece a Lezioni di piano, che io mi ricordi, me ne sparai molte sul nudo integrale di Holly Hunter.

 

di Stefano Falotico

Ebbi il presentimento e il sentore istintivo che The Irishman sarebbe stato il mio ultimo film definitivo, posso darvi ora l’addio, alla prossima s-figa


22 Oct

Anna+Paquin+Flack+UKTV+Premiere+Red+Carpet+SQe6nYkAZK0lFrase epica: di cento cose che dico, novantanove sono vere, solo una è falsa ma non mi ricordo nemmeno io quale.

Sì, ho completato il patto stipulato con me stesso anni or sono quando annunciai che, a visione terminata di The Irishman, quando tale opera magna fu ancora in fase d’iniziazione, ancora prima che si parlasse di pre-produzione, pochi minuti dopo aver letto la notizia su Variety in mento alla sua futura lavorazione, avrei posto fine alla mia vita.

Dopo aver visionato tale pellicola mastodontica, dopo un’attesa interminabile durata in modo spropositato, dopo aver assistito all’infinito scandirsi dei titoli di coda, dopo esser rincasato a Bologna post mio viaggio a Roma, dopo aver allestito un’epica, epocale, magniloquente recensione, giunto che son ora nella mia umile dimora, nuovamente asfissiato dall’autunnale incedere inesorabile della mia melanconia incurabile, asserisco testé e ivi che la mia esistenza non ha molto più senso ancor d’inoltrarsi e avanzare.

Mi pare logico e obiettivamente realistico abbandonare ogni utopistica illusione e far sì che la morte possa bussare presto alla mia porta. Le offrirò un dolce caffè e poi scivolerò via, scremato lievemente fra le mie essiccate labbra screpolate nei sepolcri della mia vita solo trasognata e mai davvero lambita, mai veramente voluta e ambita, probabilmente soltanto non capita, per crepare come un bacio di morbida panna nella calda cioccolata del mio squagliarmi lontano da ogni ansia zuccherata. Vivamente mi cremerò nell’estasi della perpetua dissoluzione senza chiedervi omaggianti, retoriche assoluzioni.

Poiché già patii una resilienza immane atta solamente a scagionarmi, in questo decennio abbondante, da vili e spregevoli, malvagie infamie proterve e stupidamente arroganti.

Dunque, dopo essermi inutilmente giustificato dinanzi ai più burocratici, frettolosamente e scandalosamente organi preposti alla valutazione psicofisica della mia interiorità morale, inviolabilmente sacra e mortale, dopo essermi vanamente sbudellato e scorticato le interiora al fine soltanto d’attestare la mia giammai contraffatta integrità a degli animali sesquipedali, affermo che è un mondo affetto da mentale, irreversibile infermità. Cosicché, dirimpetto a una mostruosità disumana dalle proporzioni spaventose forse maggiori del budget enormemente dispendioso di The Irishman, parimenti a questa titanica e indimenticabile, insuperabilmente sopraffina prova artistica improba e impari, decreto catacombale di tale iper-sintetica, poetica silloge la mia devastante dipartita monumentale. Oserei dire cimiteriale.

Ah, per forza. Una volta morto, tu speri davvero di ascendere al paradiso? Stai fresco.

Sì, sottoterra stai freschissimo. È caldo d’inverno e freddissimo d’estate. Stai di un bene…

Senza battere ciglio. Sono stanco delle incitazioni superflue e sdolcinate attuatemi affinché possa fingere di essere felice e di mischiarmi alla baldoria euforica d’un mondo che, dalla nascita, dannatamente non m’appartiene né mai allineato sarà al mio spirito metafisico super raffinato. Puniamola, pugnaliamola, no poniamola così, ah ah. Altrimenti, se dovessi essere obiettivo, mi dovrei suicidare e basta. Ah ah.

Questo è uno scritto di puro afflato sebbene mi senta molto affaticato.

So che posso indurvi a ridere, perfino a deridermi nell’esternare con indubbia fierezza ciò che potrebbe apparire come strafottente, ilare irriverenza o come un’antipatica posa figlia d’un mio momento imbarazzante d’assurda deficienza.

Sì, quando opto per uno stato deficiente, sono un uomo splendente, autentico. Quando invece voglio omologarmi alla contemporanea imbecillità corrente, in quei momenti assumo espressioni innaturali come se stessi fremente cagando la diarrea più puzzolente.

No, mi viene facile essere un uomo ostico, assai difficile. Mi riesce pressoché impossibile ballare e ridere come tutti. Poiché alle scimmie preferisco la solitudine coi miei salati arachidi.

A nulla mi servì la scienza. La psichiatria di fronte a un granitico macigno indissolubile come me, in quanto convinto assolutamente che questa terra a me non s’addica e mi dica da tempo immemorabile e assai spettrale un bel niente, s’arrese esterrefatta e disfatta!

Completamente putrefatta, sconfitta grazie alle fitte che le riservai coi miei metaforici pugni allo stomaco.

Costernata e perfino vilipesa, oltraggiosamente affrontata dal mio genio stupefacente che sfatò e sfondò ogni teoria cretinamente partorita da Freud il malato. Uno che non possedette certamente una bella mente a voler enucleare le psiche altrui quando invero avrebbe dovuto copulare con la sua anima connaturatamente irredenta. Irridendo a stretti denti la sua boria penosamente, sorridentemente vergognosa ed esecrabile nel ridente essersi presa gioco di me con tale orripilante strafottenza.

Poiché chi ardì solamente a voler studiare i meandrici cunicoli della nostra inconscia, ermetica, criptica e perciò non decriptabile sofisticatezza, meriterebbe il manicomio eternamente. Nel suo folle delirio da onnipotente, elevatosi per l’appunto a dio giudicante quest’umanità derelitta e spregiudicatamente, irrimediabilmente violenta anche solo psicologicamente, commise il madornale orrore d’un tragico, insalvabile e insanabile pregiudizio che, in realtà, avrebbe dovuto applicare alla limitatezza della sua ridicola demenza.

Avrebbe dovuto effettuare a danno della sua inconsapevole pochezza, per l’appunto nei riguardi della sua incoscienza, nei confronti della sua presunzione farneticante e immonda, tale abominevole stoltezza.

Vomitante solamente la tristizia della sua boriosità tremenda.

Mi sento come Frank Sheeran, un uomo materico che non soffrì sensi di colpa né ebbe da confessare a chicchessia, tantomeno a un ipocrita uomo di chiesa, la durezza della sua spericolatezza e della sua insopprimibile, folle fermezza.

Visse senza sapere di vivere, camminando strisciante come un fantasma della notte. Aleggiando macabro nel nitore dei suoi estemporanei ardori, dei suoi brillanti seppur rari fulgori.

Vedendo attorno a lui dei fantocci di cartapesta, dei moralisti senza ritegno che, semmai, quando non impauriti dalla sua cupa, ombrosa e lombrosiana grandezza, gli consigliarono solo di redimersi e di mostrarsi al prossimo con più contegno. Quella che, falsamente, denominarono come dignità.

Sì, la dignità di coprirsi dietro un lavoretto per celare tutte le magagne dei loro nascosti magnaccioni. Mannaggia!

Evviva chi s’arrangia e non è mai contento in quanto non è un frivolo uomo di panza.

Ma quale tornare indietro? Ma che state dicendo? Non vi penso nemmeno a infatuarmi di un’altra puttanella. Perderò la testa per lei ma anche i testicoli. Poiché, dopo avermi sedotto e concupito, dopo avermi svuotato le palle e soprattutto il portafogli, m’evirerà come quella bagascia che, tanti an(n)i fa, per mia disgrazia conobbi. Una tale Elvira, baldracca che si spacciò per direttrice d’azienda. So io invece, eccome se lo so, di cosa fu rettrice. Donna poco retta ma comunque amò pigliarlo tutto ritto nel suo ottimo retto.

Sì, pappammo assieme un filetto e poi degustammo una saporita cotoletta. Quindi, ci sparammo un filmetto e lei si ficcò tutto il mio pisello dal notevole infilarglielo come un rastrello, leccandosi pure i baffi con tanto di lamento.

Ma quale amore di questo par de palle. Semmai prendo una cotta per innamorarmi di una con cui mettere al mondo Anna Paquin. Attrice che, dalla faccia, è più stronza del padre.

Infatti, secondo me, tra lei e Hoffa ci fu una sessuale truffa che Gesù avrebbe svelato, scoprendo gli imbrogli d’una insindacabile scopata che non viene riportata nel film di Scorsese né ufficializzata da nessun atto depositato alla cronistoria degli autotrasportatori ma che io so che avvenne poiché Pacino, con duri colpi di bacino, riempì il suo vuoto pneumatico, sgommando anche d’amplesso furioso sulle sue curve mozzafiato da divetta di Hollywood.

Poiché sono The Irishman, l’uomo più cattivo di tutti. Un lupo solitario dallo sguardo di ghiaccio.

No, quello fu Iceman, il signor Richard Kuklinski.

Uno che, arrivato all’età della cosiddetta maturità, non ebbe più il tempo di farsi le seghe su Valérie Kaprisky.

Al che, prima la buttò in vacca come Charles Bukowski ma poi capì che Bukowski non lo caga nessuno perché tutti i ritardati odierni amano i selfie e leccarsi il culo.

Arriveranno all’età di Frank Sheeran col rimpianto di non aver davvero fatto quel cazzo che vollero ma, improntati al buonismo più fariseo, dopo essersi scambiati baci di Giuda similmente ad Al Pacino nei confronti di John Cazale de Il padrino – Parte II, non più avranno il coraggio di mentire a sé stessi e null’altro nelle loro anime vi sarà se non la magra consolazione d’una esistenza da figli di troia.

Di mio, non ho da scusarmi né ricuso le ripugnanti, immisericordiose patologie attribuitemi. Poiché figlie del vostro mondo che, come detto, non è il mio.

E ne sono felice d’estrema unzione ad averlo (s)macchiato con furente passione.

Sentite condoglianze da parte di un uomo forse sfortunato, forse fortunatamente mai nato. Dunque, ancor prima di nascere e morire, ammainatosi.

Su questa stronzata vi auguro una felice notte.

Ci sentiamo domani.

Se devo dirla tutta, The Irishman è un film magnifico.

E la scena in cui De Niro, a tarda sera, entra nel locale in cui v’è quel bastardo di Joe Gallo e lo ammazza a sangue freddo, cazzo, vale un’erezione superiore a quella che potresti avere quando vedi Holly Hunter, madre di Anna Paquin in Lezioni di piano, superbamente ignuda.

Ora capisco perché ad Harvey Keitel danno sempre la parte della merda. Non si riprese dalla figona di Holly. Una che, nel succitato film di Jane Campion, interpreta la parte di una muta ma che riesce a parlare a ogni uccello meglio di tante laureate. Da cui il famoso detto: sì, quella donna è molto colta ma, stringi stringi, non serve a un cazzo.

In The Irishman vi sono quasi solo uomini. Ora però Paolo Mereghetti deve spiegarmi perché C’era una volta in America lo reputa un film misogino mentre The Irishman… no. In The Irishman v’è solamente e molto sola Anna Paquin, figlia viscida di De Niro avuta da un matrimonio con una donna che lui disprezzò. Io so la verità, Paolo scrive recensioni a seconda di come gli tira.

Ecco, Anna Paquin è la classica femmina che non sai se è figa o racchia. Ma un’inchiappettata liscia ci sta a prescindere. Ma sì, fottetevene. Pensate alla salute. Ora vi saluto.

La vita comincia a farsi dura e non la vedo benissimo. No, non ne vedo molte ma so come uscirne.

Non è difficile. Basta che lei ti dica: levati dai coglioni.

Ah ah.

Ricordate: non fate i galli come Joe.

 

di Stefano Falotico

the irishman

Date quest’Oscar al Joker, anzi il Nobel e non ci pensiamo più


28 Sep

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Ebbene, oramai la sfida per gli Oscar è circoscritta a tre pellicole, ovvero JokerThe Irishman e The Ballad of Richard Jewell di Clint Eastwood.

Eh sì, a sorpresa, Clint esce il 13 Dicembre nei cinema americani con la sua ultima opera. Spero non ultima in senso di definitiva.

Colpo di scena!

Ma io lo sapevo. Clint fa sempre così.

Intanto, ieri è stato presentato The Irishman. I critici ne parlano come di un capolavoro, esaltando soprattutto la prova di Pacino e sottolineando che Bob De Niro, negli ultimi trenta minuti, sfodera una classe melanconica da far piangere tutti.

Un film sulla vita, la mortalità, le amicizie tradite, le risse, gli sbagli, insomma sull’esistenza.

Eppure, nei sottoboschi felsinei, nella grotta dei suoi ricordi e delle sue emozioni mai sopite, vive un uomo spesso inconsapevole di esserlo. Che ammicca, vaneggia e volteggia. Ammiccando a man basta d’occhio lesto. In mezzo agli uomini funesti e a quelli oramai sperduti nella foresta, quest’uomo non ama molto le feste ma emana magnetismo a pelle. Sguscia, appare, scompare, si rintana e ancora non l’acchiappi. Forse lo inchiappetti ma lui se ne fotte, ah ah.

Dalla purezza intonsa, un uomo fantomatico che conosce il sapore falotico del tempo (in)esistente.

Un uomo dal camaleontico trasformismo capace di passare dal fascino intellettuale di Nanni Moretti a quello bestiale di Tom Cruise in due battiti di ciglia e un istante netto, forse in tre secondi eretto. Ah ah.

Rimanendo sempre, nonostante tante cazzate, eternamente pulito. Probabilmente solo esternamente o forse ancora fuori di mente.

Chissà.

 

di Stefano Falotico

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