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Credersi Montgomery Clift e Gregory Peck e scoprire che sei uguale a Mel Brooks e Carlo Verdone


23 Mar

monty clift

Sì, di mio, son sempre stato un uomo di poche parole. Taciturno, come si suol dire. Talmente impeccabile e serioso da indurre il prossimo perennemente a credere che fossi tonto.

E che navigassi nei sogni utopici con le mie folli chimere da spadaccino di mie incurabili ipocondrie da visione della vita distorta e distopica da topo, nel fronteggiare soprattutto la desolazione delle mie aridità e delle desolanti mie alienazioni per proteggermi da un mondo di continue, a me disturbanti feste e ilarità che mi son sempre parse sconsolanti e sconcertanti.

Un uomo cupo, ombroso, enigmatico, indecifrabile perfino per il mio riflesso allo specchio. Che m’ha puntualmente rimandato un’immagine amabile, altamente stimabile della mia persona.

Sì, io non ero avvezzo a specchiarmi molto perché, quando ciò accadeva, era solo per pettinarmi e lavarmi i denti, per sciacquarmi il viso e per tagliarmi la barba. Tutte situazioni in cui un uomo, tenendo alla sua salute fisica, alla sua composta presentabilità elegante e distinta, non è quasi mai smorfioso in selfie elogiatori di sé stesso.

Ma usa, appunto, lo specchio solo per migliorare la già nobile sua raffinatezza. Per aggiustare e rassettare la sua indole innatamente, se non perfetta, almeno ambiziosa e slanciata verso un modello alto di perfezione estetica, lontana da ogni sciatteria e da ogni disgustosa repellenza del proprio io, remota dalla trascuratezza e protesa a un insistito miglioramento della propria apparenza esterna da far combaciare il più possibile, maggiormente alla propria interiorità romantica, oserei dire ottima. Inappuntabile.

Sì, il mio specchio è stato uno dei miei amici migliori. Sapeva dirmi, senza pronunciare una sola parola ma soltanto emanandomi, con la sua smerigliata superficie diffondente, la mia parvenza, che non era certo quella di un deficiente o di un brutto uomo del volgo.

E io, in segno di stima, accarezzavo e lustravo il mio specchio, donandogli baci soffici delle mie labbra appena disinfettate col dentifricio più cremoso ed elargendogli la brillantezza che non avevo poiché, come detto, all’epoca ero melanconico.

Al che, andavo in sala e accendevo lo stereo, infilando uno dopo l’altro tutti i cd di Sergio Cammariere.

Grande artista lunatico da non confondere però con quel fornaio di Nicolas Cage/Ronny Cammareri in Stregata dalla luna.

Ci rendiamo conto? Raramente ho visto e vedrò in vita mia uno zotico come Cage in questo film.

Il quale, senza battere ciglio, s’innamora di Cher, del suo rimmel e delle sue sopracciglia. E, cafone agghiacciante, con tanto di petto villoso da scimmione, all’improvviso l’afferra da manigoldo e quindi la inforna.

Lei s’innamora. Hai capito le donne?

Io son stato invece talmente rispettoso dei pudori e delle sensibilità del gentil sesso da passare per femminuccia, anzi, per asessuato.

Timidissimo, ai limiti del patologico, chiuso in me stesso. Un uomo che adocchiava, sapeva ma troppo titubante si poneva. Patendo sofferenze inaudite di deliri d’amore raramente concretizzatisi.

Un uomo però che, con enorme dignità, indossava ogni suo fallimento esistenziale e sentimentale con uno charme da far invidia ad Alain Delon.

Tant’è che la gente, vedendomi così apparentemente impassibile, prima su di me spettegolava e poi sbottava:

– Ma è impossibile! Possibile insomma che questo continui a ricevere delusioni a raffica e non gli fa né caldo né freddo? Cos’è di marmo? Cos’ha al posto del cuore? Un iceberg?

 

No, come vi ho detto e come sanno gli uomini malinconici e ora perciò malconci, noi di questa razza psicologicamente un po’ anomala, poco chiassosa, non esterniamo quasi mai i nostri dolori. Teniamo tutto dentro nel cuore.

Eppure, dai oggi e non me la dà domani, la maschera del lord si scioglie e la società bavosa ti lorda con le sue porcate. L’infima pusillanimità della gente mediocre ti combina brutti scherzi perché, mal tollerando la tua principesca elevatezza, vorrebbe che fossi un comune stronzo come tutti.

E succede che, abdicando ai ricatti più mendaci, anche tu ti sporchi e cadi preda delle tentazioni più indegne del tuo nome. Del tuo uomo.

Però, anziché diventare appunto uno qualsiasi che ride, lavora per tirare a campare, si diverte come uno scemo e prende tutto come viene senza porsi problemi, il tuo cuore non può mentire. No, devi starlo a sentire.

Fingi una felicità e un’allegria che non ti appartiene. E allora, alla pari di tutti i grandi geni tragicomici, per non sprofondare nella collettiva demenza, ti dai al demenziale.

Così, può accadere che diventi più stronzo di uno psichiatra, come nella celeberrima scena di Alta tensione…

– Sono curioso. Qual è l’esatta percentuale di guarigione dei pazienti, qui all’istituto?

– La percentuale di guarigione? Glielo dico immediatamente. Una ogni morte di papa.

– Una ogni morte di papa. Uhummm…

 

Ora, cosa voglio dire con questo? No, il papa non è morto. Anzi, mi sta simpatico il Bergoglio e spero che possa campare ancora a lungo.

E io non sono guarito da un bel niente.

Come Mel Brooks e come Monty, ho sempre avuto semplicemente più classe e più pudore. Così grande da esser preso per un imbranato… e un sempliciotto.

Questa come la vedete?

Se oggi ho un lavoro?

E che se ne fa Mel Brooks di uno squallido lavoretto da quattro soldi?

Lui è davvero il più ricco di tutti. E sapete dove.

Che peccato insomma non essere diventato Gregory Peck così come avevo sognato.

Ma sarebbe stata in fondo noiosa una vita da gentile, amabile signore.

Meglio essere come Mel. Un genio spaventoso, almeno secondo Mel, no, secondo me.

Sicuramente non secondo a te. Ho detto a te, sì, a te.

E non secondo il modo di vivere falso della maggioranza.

 

mel brooks vita da cani

 

 

di Stefano Falotico

Salve, sono l’avvocato di De Niro nella disputa che il mio assistito ha contro Trump


01 Jun

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Mi presento. Sono l’avvocato di De Niro, quello di Pacino invece è The Devil’s Advocate. Io non sono mai stato un Keanu Reeves, sebbene abbia passato molti Point Break. Adesso, finalmente rinsaldato, mi son venduto al for(n)o dei saldi e De Niro mi ha acquistato a basso prezzo. Sì, De Niro usa i suoi soldi in maniera più redditizia, io sono un avvocaticchio e mi accontento di poco. Il suo amico Joe Pesci docet, fu Mio cugino Vincenzo. E questa causa non sarà un Casinò, mettete l’accento se volete sulla “o” di Otranto, cari uomini di Taranto. De Niro in questi giorni ha ritirato un dottorato “honoris causa”, d’altronde, uomini di cause, speriamo ad “affetto” e non effetto, De Niro lasciò gli studi superiori ma è colto in maniera superiore. Egli poi è volato a Toronto per promuovere la sua catena di ristoranti Nobu. In questi giorni, Robert, forse “affaticato” dalle riprese di War with Grandpa, si è lasciato andare a dichiarazioni poco simpatiche nei confronti del Presidente di Fuga da New York. Sì, il presidente di che? Egli sostiene che l’America sia tramutata in una stupida commedia e vari “uomini” su YouTube hanno colto l’occasione, servita, devo ammettere, da De Niro sul piatto d’argento, per ricordargli che proprio Lui non dovrebbe parlare, essendo stato il protagonista di film come Vi presento i nostri e Nonno scatenato. Ma io invece esigo che De Niro si scateni, che sia raging bull contro Trump. Egli è The King of Comedy e quindi tutto può, sebbene una scema (che mi denunci pure) su Twitter sostiene che De Niro sia oramai solo un clown poveraccio.

Costei, di cui non farò nome e cognome ma in privato vi darò il suo numero di cellulare e anche l’uccello del suo ragazzo, se siete omosessuali, non conosce la filmografia del mio assistito e Dio l’assista, benedicendo la sua indubbia ignoranza. Il mio assistito in questi giorni sta riscuotendo molti plausi della Critica per The Wizard of Lies, e quindi un uomo così non può essere accusato di dir bugie.

E poi sarà The Irishman, uno che fa il culo a tutti. Questa è la mia arringa, ora datemi una meringa, minchia.

E soprattutto, vostro onore, De Niro non è Tiziano Ferro. Non possiamo imputargli canzonette, ma solo quattro filmetti.

Se non viene capito il mio umorismo crudo, noleggiatevi The Comedian.

De Niro per il remake “moderno” di Vacanze romane?


05 May

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“Il Messaggero” riporta che De Niro sarà a breve in Italia, precisamente in quel di Roma, per girare questo rifacimento. Morando Morandini definì la commedia di William Wyler vispa. Io dico, più che altro, in vespa, così come campeggiava di Gregory Peck e Audrey Hepburn nella locandina storica, con tanto di Colosseo “turistico” e panoramiche cittadine che han fatto scuola mietendo proseliti e un “girovagare” di altre pellicole ambientate, appunto, nella città eterna. Eppur avanzo dei dubbi sula “veridicità” di questo progetto, invero intitolato For You e diretto da uno “sconosciuto” esordiente, autore sin d’ora “solo” di spot pubblicitari, di sue foto Instagram con trattorie in “po(e)s(i)a” romanaccia, ecco, e di alcuni video musicali alquanto raffinati e di “playforwardrewind”. Sinceramente, vista l’età settantenne di De Niro un po’ appesantito, mi pare alquanto improbabile che rivestirà i panni del fascinoso Peck e “carreggi” una magrissima giovincella principessa per la capitale. Forse, a lui sarà affidato un ruolo minore, quello dell’editore, anche se la sinossi, da IMDb, “recita” una trama molto differente:

When the handsome, young son of a wealthy Roman family meets the love of his life only to lose her at once, he rejects his parents’ plans for him and travels to France to reclaim his lost love and own life.

Insomma, più che un remake, mi sembra un film a sé stante, molto giovanile(istico, e De Niro dunque che c’entra? C’entra perché il suo “agente” Danilo Mattei è in “combutta” col Bob e gli ha trovato una parte/icina. E se fosse il protagonista?

 

Roma non fa’ la stupida stasera, tra felliniane donne di colore in calore, complanari, circonvallazioni, amatriciane e qualcosa di “pasticciato”.

 

di Stefano Falotico

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