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Come gatti in tangenziale, siamo afflitti da queste macchiette alla Cortellesi e dalle benedette follie di Verdone


03 Jan

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Non me ne vogliate, in modo anche acceso e con estrema burbanza, da vero del Cinema amante, conservo il mio spirito birbante e per molte donne sono conturbantissimo, poiché il mio sguardo profondamente già in loro “invischiante” le rende turbate e io provo lo sturbo quando, essendo così “bellamente”, troppo sinceramente ammiccante e ammaliante, pecco di troppo esser loro scioccamente piccante e questo mio pormi in maniera troppo peccante mi rende d’offese inusitate travolto, sebbene esse ammettano che sia travolgente. Ma io rimango “evanescente” e loro in bianco di un “assorbente” che poteva inumidirsi in modo, diciamo, più corposamente “tangente”.

Da circa quindici anni a questa parte, c’è un’attrice, almeno lei sostiene di esserlo, e ciò già mi altera nel volerla insultare in maniera “esuberante”, che davvero, sì, mi turba. Ed è un turbamento assolutamente negativo. Ella risponde al nome di Paola Cortellesi, donna, o presunta tale, che riassume fisiognomicamente il concetto stesso di antipatia, sebbene a tantissimi risulti “molto” simpatica.

Appare indefessamente in ogni stronzata, si “trastulla” in maniera alimentare di film in filmetto senza vergogna, e ogni volta ripropone il suo campionario di smorfie e moine, battibeccando sempre con un partner che le regge la particina. Stavolta è toccato ad Albanese, e pare che questo film per cerebrolesi stia piacendo molto, tanto da aver raggiunto la vetta degli incassi del weekend, su cui un giorno scriverò un saggio “diagrammatico” per constatare, “prove” alla mano, che l’imbecillità del pubblico italiota medio non fa mai un passo in avanti. Dai all’italiano un piatto di spaghetti, un bel paio di tette e uno stipendietto da mezza calzetta, e lo Stivale rimane sempre superficiale e puttanesco, l’Italia è un borgataro che va a mignotte e poi, dopo i boc… i “finissimi”, ah ah, fa il saputello come fosse uscito dalla Bocconi.

Ma soprassediamo e lasciamo tal Paola alle sue pose “birichine”. Peraltro, si ostina a far la figa quando, senza trucco, è un cesso che non vorrebbe neanche un barbone incontinente…

Adesso, direi di spostare l’attenzione su un’altra macchietta vivente, Carlo Verdone. Lasciando stare i suoi esordi, davvero divertenti, in cui con gusto e puntiglio quasi antropologico ritraeva appunto macchiette del malcostume “folcloristico” nostrano, col tempo si è preso troppo sul serio e ora gira commediole finto-nevrotiche in cui, facendo ridere soltanto i romanacci più frustrati che lui stesso deride, ricicla sconsideratamente tutte le gag del passato, in film che non sono film ma sketch sciatti e banalotti incentrati sulle sue imbranataggini e sulla sua pelata canuta-tinta di pancetta munita su battutacce “stronzine”.

Siamo messi male.

An vedi…

Di mio, invece sono come Romeo, er gatto più bello der Colosseo! Ah ah!

Siamo afflitti da questi cani, mie oche!

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di Stefano Falotico

Cani, gatti e un ratto di buona patta


07 Oct

di Stefano Falotico

Lib(e)ro, un altro… lo divoro e getto la mia ira tutta fuori, forandovi di mio intelletto, non vi sfioro, nei vostri letti… deflorati di (in)g(i)usto, ché io penso all’Asia e a rispettar il prossimo, in quanto va(la)nga insuperabile da Dalai Lama stronzo e senza ideologiche mura di Berlino da orsi.
Evviva il Carlino, cane “truffaldino” che scodinzola alle gattine, sapendo che non gli frega un “garrese”, in verità, d’ammogliarsene, ma sol incularle, abba(gl)iando di suo latrato nel gettarle poi nella latrina ove gemeranno in lupe fottute da “lui” sfruttate sin all’osso del “buco”.
“Egli”, cane di razza bellina, “tira” e le stira, aitante le aizza “tutto” raddrizzante per amplessi esaltanti, ama le belle e, come Romeo del Colosseo, è un aristogatto che non ama Visconti e il Gattopardo, eppur strappa le leopardate e poi scappa, scopante, in un’altra “gattabuia”, arrestato a Rebibbia, incuneandosi nel Municipio e scoprendo gli altarini della “Patria” di tal nostra Italia fascista.
Il cane è libero, ulula al plenilunio nella sua metamorfosi da lupone volpone e beve birra di lup(pol)i da lui presi al “grappolo” d’altre uvette gran passere… offrendo loro della grappa di vulva e anno dopo ano.
E vai in groppa, tutte al galoppo.

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