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JOKER: è meglio Giancarlo Giannini o il figlio Adriano, meglio Celentano o Al Pacino de L’avvocato del diavolo? Io mi sdoppio, doppio, faccio la tripletta!


12 Oct

Basta con gli sgambetti. Anche con gli sgabelli. Ove le telegiornaliste scosciano e io le osservo indubbiamente in maniera apolitica. Non m’importa che siano di Destra o di Sinistra, io opto per il Centro radicalmente.

Poiché le donne sono per me sempre di “attualità”. Ah ah.

Attualmente, adoro Tiziana Panella ma non so chi sia fra lei e Charlize Theron la più bella.

Con me le donne ridono come la Gioconda poiché il mio viso è ambiguamente sensuale come la Mona Lisa. Ah ah.

Morì il grande cantante Mango, autore dell’immortale Come Monna Lisa (sì, con due n, n di Napoli e n di non ho voglia, stasera, ah ah) e da poche ore se n’è andato Robert Forster, strepitoso attore-caratterista con la sordina.

Che peccato! Attore pacato la cui morte sta passando inosservata. Attore sofisticato con una faccia anonima da impiegato, invero, Robert in Jackie Brown fregò la nomination all’Oscar come non protagonista al Robert oggettivamente più camaleontico di lui, Bob De Niro.

Comunque, a De Niro non andò malissimo. Sebbene simulata, la scena della sodomizzazione a Bridget Fonda è estasiante quasi quanto la prova bellissima di Forster in Twin Peaks – Il ritorno.

Una prova, come si suol dire, che viene… subito al sodo, senza troppi fronzoli, una prova che spinge.

Anche troppo precipitosamente.

Ah ah.

Non so ancora se andrò alla Festa del Cinema di Roma. Attendo risposta dall’ufficio stampa ma siamo al weekend e questo sabato sera, onestamente, non è stato molto figo come Keanu Reeves.

Sì, Keanu è un mio idolo. Guardatelo in Matrix e nella saga di John Wick.

È uno di quei pochissimi attori che riescono a mettermi il dubbio se io sia bisex.

Sono eterosessuale convinto. Anche se molte donne, quasi tutte a dire il vero, nei miei confronti non è che ne siano proprio convintissime.

Ah ah.

Che gigione che sono. Sono maestro del gigionismo più delizioso e squisito come la performance di Al Pacino ne L’avvocato del diavolo.

Sì, sono come Al. Gesticolo forsennatamente, non sono di statura altissimo ma il mio carisma è indubbio, travolgente.

Spesso, come Al/Milton, m’infervoro, m’arrabbio, brucio d’ire infernali poiché il mio peccato preferito è la vanità.

Sì, sono il falò delle vanità. Ah ah.

Gironzolo di qua e di là, dispensando saggezze in quantità. Sono un uomo ardimentoso, focoso, qualche volta pure libidinoso. Poi ritorno pudico e nervoso, schizzinoso ed estremamente permaloso. In passato, dei deficienti mi considerarono perfino pericoloso. Poiché non amo Tiziano Ferro e le melensaggini false di questa società all’apparenza felice, invero sbandata, traviata, oserei dire debosciata.

Chiara Ferragni indice e istituisce un’universitaria facoltà per laureandi Influencer.

Mah, di mio, è da un anno che non prendo l’influenza. E da nessuno, d’ora in poi, voglio più venir influenzato.

Le critiche impietose a Joker del Wall Street Journal, del New York Times e de Il Fatto Quotidiano non sono attendibili né fattibili.

Sono critiche tristi e criminose come quelle che il sottoscritto ricevette in tempi (non) sospetti.

Quando fui accusato di soffrire perfino della sindrome di Asperger.

Di mio, mi piacciono gli asparagi.

Molta gente mi urlò… sparati!

Queste persone, infide e malevole, debbono stare lontane dai miei paraggi.

A proposito di Roma…

No, non mi piace Virginia Raggi poiché sono nato di segno zodiacale Vergine ma, ripeto, con me le donne sono raggianti.

Quindi, le anoressiche mi stressano e le persone con la puzza sotto il naso m’angosciano.

Non criticatemi più poiché io sono il migliore critico del mondo, non solo di Cinema, ah ah.

Le vostre critiche sono banali, scontate, vetuste, annacquate come i vostri cervelli malandati, per non dire qualcos’altro, sono critiche pretestuose che non fanno testo dinanzi alla mia testa.

Qui lo attesto. Non ho grandi attestati poiché non ho bisogno di attestare il mio sapere sconfinato.

Ma, se mi fate incazzare, no, non sono violento e non vi prenderò a testate ma, col solo potere del mio pagliaccio geniale, berrò comodamente un altro caffè con tanto di gambe accavallate.

Ah ah.

Se volete sapere come si diventa un genius come il Falotico, non ve lo dico, anche perché non lo so neppure io. Ah ah.

Miei baccalà, ora devo pernottare l’albergo…

Chissà, in quelle capitoline notti bianche, che succederà.

Ah ah.

No, non dobbiamo andare in giro ad ammazzare come fa Joker.

Ma dobbiamo ammettere, a malincuore, che non viviamo certamente in tempi molto simpatici ed empatici.

La gente è egoista.

Come no?

Mi piace una ragazza:

– Ciao, posso conoscerti?

– Per quale motivo?

– Per conoscerti.

– Il motivo sarebbe conoscermi?

– Sì, è grave?

– No, quindi ti piaccio?

– Un po’ sì.

– Bene, allora seguimi sulla mia pagina ufficiale Instagram.

 

Adocchio un tipo stimolante, culturalmente interessante:

– Ciao, come ti chiami? Sai che sei davvero molto in gamba? Potremmo diventare amici.

– Ho già i miei amici.

– Ah sì? Scusa, allora. Non voglio disturbarti. Se hai già i tuoi fidati amici, non mi permetterei mai. Posso solo sapere chi sono i tuoi amici?

– Gente che non mi tradirà mai.

– Cioè?

– Be’, Martin Scorsese, Clint Eastwood, Al Pacino, Robert De Niro. Loro non mi deludono mai.

– Ah, capisco…

 

Vi credete tutti divi di Hollywood.

E invece scambiate Robert Forster per Jodie Foster e pensate che De Niro sia l’interprete di Scarface.

Ho detto tutto…

THE DEVIL'S ADVOCATE, Charlize Theron, Keanu Reeves, 1997, (c) Warner Brothers

THE DEVIL’S ADVOCATE, Charlize Theron, Keanu Reeves, 1997, (c) Warner Brothers

 

di Stefano Falotico

Abbiamo un grosso problema in Italia. Tutti si credono artisti e invece non lo sono, sono proprio giocondi


14 Jan

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Solo io lo sono. Ah ah. Questo mi pare evidente, palese e riconosciuto anche dal Vaticano. Il Papa, infatti, mi ha contattato per scrivergli l’Angelus. Voleva che edulcorassi, con qualche mio tocco di classe cazzuto, il suo discorso troppo dolcemente ecumenico. E potessi dare una pennellata di maggiore sintassi realista alle sue stronzate buoniste.

Gli ho risposto che non ho tempo, a differenza di Michelangelo, per facilitargli il papato. Affrescando le sue “cappelle”. E che ho da mangiar la pappina.

Sì, mostro un mio libro a una mostra ma non nel senso di presentazione, appunto, di qualcosa in vetrina, bensì come femminile di mostro, cioè un cesso di donna. Ah ah. Cioè non le “opere d’arte” di Cattelan, vendute a caro prezzo ai fessi, grazie alle quali Cattelan si è comprato ventimila bagni nuovi, ma quelle donne diarreiche. Le merdose. Si trovano in ogni angolo delle topaie, sì, son tope da biblioteche che si credono gran signore ma invero vi dico son più zoccole di Marina Ripa di Meana. Una che provocava Sgarbi con le sue merde d’artista.

Una di queste è venuta a rompermi il cazzo, ieri sera.

Ripeto, le ho fatto leggere la sinossi del mio libro per chiederle umilmente se le piaceva.

Al che, con toni cattedratici da maestrina tu mi stufi, si è posta così.

– Chi l’ha scritta?

– Secondo te, chi l’ha scritta?

– Non dirmi che l’hai scritta tu.

– Sì, io sono il factotum. Sono io il curatore delle sinossi.

– Tu dovresti essere il curatore del tuo asino, figliolo. Ci sono troppi aggettivi. È impresentabile.

– Adoro lo stile massimalista. Barocco, eccessivo, caricato. Mah, Baricco. Tu invece ami lo stile minimalista?

– Io adoro lo stile.

– Sei una stilista, quindi, mah, pensavo che fossi una critica letteraria. Insomma, sei una donna da prêt-à-porter. Sì, mi sembravi Charlotte Rampling di Portiere di notte, invece mi hai denudato e pure sbattuto le porte in faccia.

– Ehi, ma che dici? Sei pazzo?

– Sì, talvolta sì. Soprattutto se qualcuno mi sbacchetta. Sono io che uso il bianchetto sui miei aggettivi, nessuna può “aggettivizzare” le mie opere. Le mie opere sono indescrivibili. Dobbiamo essere oggettivi, non puntigliosi sugli aggettivi.

– Nel senso che sono talmente brutte da essere inclassificabili?

– No, sono talmente belle ma così tanto belle in maniera inversamente proporzionale alla tua bellezza.

– Cioè?

– Cioè, secondo il calcolo delle proporzioni, Mariangela di Fantozzi, in confronto a te, è Monica Bellucci. Volevo usare un aggettivo dispregiativo di troppo ma avrei peccato di eufemismo.

– Senti, testa di cazzo. Chiariamoci molto bene. Tu quanti libri hai letto?

– Non lo so.

– Non lo sai perché ne hai letti davvero pochi, credo.

– Tu invece sai quanti ne hai letti? Cos’è? Finto che hai di leggere un libro, metti la crocetta? Arrivata a quota mille, sarai ospite del nuovo telequiz di Gerry Scotti, intitolato Per essere sapienti bisogna aver frequentato La Sapienza. Dai, saputella. Vedi di crescere.

-Dimmi, stronzo. Quali sono i tuoi scrittori preferiti?

– Nessuno. Ho i miei libri preferiti ma i loro autori non si sono mai ripetuti a quei livelli. Solo una o alcune delle loro opere sono perfette. Le altre no.

– La perfezione non esiste ed è meglio così.

– Invece esiste, seppure sia raro trovarla. Vorresti contestare la Mona Lisa solo perché tu non ti senti gioconda e ti piace fare la snob, dicendo che il Da Vinci poteva fare meglio?

– Infatti, poteva fare meglio. È un capolavoro ma, in linea teorica, poteva essere meglio.

– Ecco, in linea invece molto pratica, tu che fai nella vita?

– Pensavo lo sapessi. Sono una critica.

– Critica di che?

– D’Arte. Io ho studiato Arte.

– Ah sì? Quindi, hai studiato Arte e vuoi contestare il mio artista?

– Tu non sei un artista. Lo so perché conosco l’Arte.

– Quante opere hai realizzato tu?

– Io? Nessuna. Io valuto le opere. Non le realizzo.

– Ah, capisco. Tu quindi te ne stai stravaccata a giudicare il lavoro degli altri e il tuo lavoro sarebbe guadagnare nel lanciare giudizi sul lavoro, bello o brutto, del prossimo mentre ti gratti la figa. È un bel lavoro, sai?

– Senti, porco di merda. Io sono una seria. Per chi mi hai preso?

– Per quello che sei.

– Tu mi hai dato della puttana.

– No, ci mancherebbe. Ti ho dato di peggio.

– Ora, ti denuncio.

– Perché ho fatto una critica oggettiva alla tua vita?

 

Ebbene, dopo insulti voraci telefonici e tramite Messenger scagliatimi dalla povera disgraziata che m’ha ingiuriato in preda a crisi isteriche da Villa Baruzziana, famosa e infausta clinica psichiatrica dei colli bolognesi a cui manco accederebbe perché, sì, costei è pazza ma in tale villa accettano solo pazze decorose e non pazze che potrebbero rovinare la reputazione e gli equilibri dei veri malati di mente, bisognosi soltanto di calma e tranquillità, ah ah, l’irrecuperabile villana, appunto, m’ha detto che, se è vero che il mio scrittore preferito è Dostoevskij, lui si sarebbe rivoltato nella tomba a leggermi. Perché il Dosto dava importanza al contenuto e non alla forma.

– Ah sì? Sì, sai, credo che tu abbia ragione. Il suo contenuto, e infatti con quel disagio doveva contenersi, sennò diventava come te, era che siamo destinati all’inquietudine se esseri senzienti e profondi. Al che, invece che scrivere romanzi di cinquecento pagine, pieni di sottilissime descrizioni, avrebbe dovuto semplicemente scrivere un lungo telegramma con questo contenuto… la vita fa schifo, ogni giorno medito al suicidio. Cercasi una tomba al cimitero ma il becchino di San Pietroburgo m’ha detto che non ci sono posti per seppellirmi sino al prossimo anno. Quindi, se mi ammazzo, mi seppellirò vivo. Devo aspettare almeno una pompa funebre più in linea col mio pensare in grande.

 

Ecco, io dico. Perché fate le maestrine senza aver provato a fare niente? È troppo comodo giudicare. Anche io lo faccio. Quando recensisco un film. Ma, quando lo recensisco, provo sempre a immedesimarmi, almeno, nel punto di vista del suo regista. Che, secondo i miei canoni, può essere sbagliato ma è comunque già molto apprezzabile e lodevole perché, a differenza di chi giudica e basta, ci ha messo la faccia. A costo di rimediare figuracce.

Ho detto tutto.

Io ho un solo plateale difetto. Sono molto pigro. Ma se mi fate girare i coglioni, se non vi vado a genio e volete fare i fenomeni, vi sistemo a regola d’arte. Poi, non piangete se ho fatto il “teppista” delle vostre idiozie. Sì, uso lo scalpello. Un ritocchino qui, uno lì e vi pietrifico.

Il quadretto che verrà fuori non sarà però da Louvre Museum. Ma da museo delle cere. Non dovete arrabbiarvi. Non vogliamo mostri in giro. Ma solo mostre. Quelle belle, però.

Ah ah.

 

di Stefano Falotico

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