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In Italia non è vero che non esistono serie scuole di Cinema, non esistono i coraggiosi e i prince of darkness


01 Jun

corpi17

Rimango basito quando si parla di Cinema italiano, come se ancora esistesse, e come se, appena escono un paio di film dignitosi, gridando tutti al miracolo, sperassero in cuor loro che questa rinascita sia finalmente avvenuta. Si tratta spesso di casi isolati, di film miracolistici, appunto, semmai giusti nel periodo in cui sono usciti, e allora tutti in giubilo credono che il Cinema italiano possa ritornare ai fasti di un tempo. Fellini, l’ho detto più volte, anche con una certa personale, motivata acredine, penso sia sopravvalutato, ma gli va riconosciuto, a prescindere dai più o meno opinabili gusti, il merito di aver varcato i confini nazionali. Anche se poi, a ben vedere, i suoi film maggiormente apprezzati all’estero, soprattutto negli USA, quelli oscarizzati, mitizzati, son stati quelli in cui esportava, a mo’ di cartolina un po’ piccolo-borghese, la nostra italianità. Bellezza da esportazione come la Fontana di Trevi de La dolce vita, ed esaltazioni anche grottesche, che agli americani piacciono tanto (vedi Sorrentino e The Great Beauty), di Roma e della sua sporca, triviale o storica monumentalità quasi turistica.

Sì, gli americani in fondo di Fellini amavano solo questo. Non possedevano il background culturale, il retroterra perfino mitteleuropeo, mediterraneo e peninsulare per poterli amare nella loro pienezza.

Tant’è vero che noi agli Oscar abbiamo poi vinto proprio col mediocrissimo Mediterraneo e con Nuovo Cinema Paradiso, film, non me ne vogliate, assai patetico e paesano…

Allora ci son rimasti due nomi forti su cui puntare per il nostro futuro. Sorrentino, del quale non ho visto Loro e certamente non lo vedrò presto, perché una “biografia”, sebbene delirante e sovrabbondante, su Berlusconi, è quanto ritengo di più lontano possibile dal Cinema che io bramo, amo, abbraccio. E la sua operazione, interessante o meno che sia, geniale quanto si vuole, non m’interessa.

E Matteo Garrone!

Sì, perché posso lodare Dogman ma è un Cinema che non mi appartiene quello di Garrone. La vita è già spesso triste di suo perché ce ne ammorbiamo con le sue variazioni à la Gomorra in salsa disperatamente suburbana, ché ho già la “tragedia” di portar avanti la mia carcassa per potermi dolere delle disgrazie altrui.

Posso emozionarmene perfino ma nella mia anima non scatta la scintilla inconsciamente fiammeggiante che mi possa far urlare al capolavoro.

Sogno un regista italiano che abbia il coraggio di scendere, sì, tra le periferie nostre abbandonate, ma semmai di raccontarci un horror metafisico come Il signore del male. Che abbia le palle di scarnificarsi con temi immensi come l’ambiguità della spiritualità, senza pesanti ore di religione alla Bellocchio, che sappia infondermi paura e brividi acuti, imponderabili, che sappia stupirmi in una chiesa diroccata e sconsacrata ai confini della follia, nelle notti turpi dell’agghiacciante condizione umana, con zombi mendicanti in stato catatonico, con ombre sul selciato, con suspense che scampanella nelle nostre vene come una guglia gotica di un’abbazia medioevale piena di mistero che squilla dai sepolcri delle nostre umanità recondite.

Che sappia, insomma, non uscire dal teorico, astratto DAMS e non si metta a girare film con la Angiolini

Voglio un film di angeli e demoni, ma che non sia quella baracconata del film di Ron Howard con Tom Hanks, ottimo attore, per carità di Dio, ma ve lo vedete Tom in un film cazzuto di John Carpenter?

Tom Hanks è il classico tipo da DAMS, corretto, pulitino, bravo bambino, un bel simpatico soldatino.

Ma ci vogliono jene per fare Cinema che varchi i limiti della prevedibilità e delle scolastiche ottusità da libretti e manualetti.

di Stefano Falotico

Viviamo nella società più violenta di tutti i tempi, e questo sia molto chiaro


19 May

Midnight in Paris

 

È uscito nella sale italiane Dogman. Film sull’abiezione.

abiezióne (o abbiezióne) s. f. [dal lat. abiectio –onis, der. di abiectus «abietto»]. – Stato di avvilimento o di bassezza morale: pur nella presente aconserva qualche cosa della sua antica dignitàcadere nell’a.; risollevarsi dall’abiezione. Nella pratica ascetica, atteggiamento di umiltà eroica per cui si rinuncia alla propria personalità o dignità, ricercando uno stato abituale di vita ritenuto spregevole dall’opinione comune.

 

Devo essere molto sincero e per nulla caritatevole verso un mondo che, nel propagarsi smisurato d’idiozie sovrane, persevera nell’omertà e nel finto benessere a distillare, con scadenze regolari, le sue violenze quotidiane. Viviamo in un mondo ove i giovani, ancora acerbi, dunque puri nei loro sogni vengono perennemente ricattati da adulti boriosi e strafottenti, che sanno impartire loro soltanto le più, appunto, abiette diritture morali. Perciò immorali. E, trovandosi in uno stato di continua incertezza, di precarietà emozionale, sprovvisti dei basamenti anche economici per poter autodeterminarsi, sono così esposti alla mercé del mercimonio di massa, del porcile laido e cafone che urla loro in faccia lo squallido, menefreghista, indifferente, ipocrita… crescete!

Ah sì, un chirurgo che opera al cuore merita di guadagnarsi tanti soldi perché salva vite umane. E di quale vite umane stiamo parlando? Del triviale consumismo che si riverbera, giorno dopo giorno, monotono e recrudescente, su Instagram, diventato un’enorme casa d’appuntamento ove signorine in gamba… esibiscono le loro grazie armoniche per esser corteggiate virulentemente, virilmente nella sua accezione più maschilista e pregna di rozzezza, da uomini perfino sposati, che cercano avventure, scappatelle per sfuggire al grigio torpore avvilente e castrante dello stesso sistema di vita che tanto difendono e si son affannati a montare… in gloria carnale? Traditori infidi, persino infingardi delle loro bugie iterate a ogni canto del gallo mattutino che scandisce l’inizio di una nuova giornata suina, supina. Questa smania del lavoro. Il lavoro concepito come sofferenza schiavistica per procacciare soldi che poi servano a divertimenti vacui, frivoli, edonistici e osceni. Il lavoro nobilita l’uomo? No, per come è inteso oggi, o forse per come sempre è stato inteso in questa Storia che ripete sé stessa generazione dopo generazione, ingenerando orrore sempre più mascherato da giustezza perbenista, è soltanto un escamotage per celarsi dietro maschere da Eyes Wide Shut.

Sapete, in passato mi hanno fregato tante di quelle volte che oramai vi ho fatto un callo che neanche la pieta pomice più adamantina potrebbe sanarmi.

E, scalzo come Gesù, cammino sulle acque della mia dignità magmatica, magnetica, folle e spacciata per delirante, perché soffro della “malattia metafisica”, del piacere immane della trascendenza in un mondo ove tutti animalescamente pomiciano, credendo in false scienze. Più che altro alle scemenze.

Quante ne ho sentite dire sulla mia persona. Perché dovevo essere uno come tutti gli altri. Che accontentava i genitori, accodandosi alle regole più manichee, e avrei dovuto frequentare una scuola “alta” così avrei scremato classisticamente, grazie al mio fascistico classicismo, tutti i deboli, i diversi, quelli che proprio non ce la fanno. Sì, così mi sarei attorniato di hostess scosciatissime che passano il tempo a farsi selfie mentre mangiano al ristorante i manicaretti dei loro insaziabili desideri erotici. Sanno di essere belle e allora possono avere tutti gli uccelli che vogliono, mentre gli aerei viaggiano al di sopra dei poveri fessi che vivono fra le nuvole.

Eh sì, oggi si è fessi se si scrive un racconto del terrore alla Edgar Allan Poe. Perché che val la pena addentrarsi nelle profondità delle nostre anime quando basta farsi il culo per avere tanti culi?

Al che, uno psicopatico su Facebook, dietro un profilo falso mi manda foto di prostitute dell’Est, perché pensa che io menta sul mio ascetismo e sia sol uno sfigato “maniaco-ossessivo” che di notte va sui viali. Ecco il mondo che avete (s)fatto, e poi non vi lamentate se qualcuno perde la testa. Vergognatevi!

Io sono l’incarnazione dell’abiezione. E dinanzi a questa società farò sempre obiezione. Sì, fui anche obiettore di coscienza, soprattutto della mia. Ma a che servì svolgere il servizio civile se il mondo è sempre popolato da incivili?

Un tempo nelle scuole insegnavano Educazione Civica. Adesso insegnano educazione cinica. E non mi stupisco che vadano di moda robe come Black Mirror.

Ahimè! E dire che potevo avere una vita elegante come Anouk Aimée.

Ma forse un giorno andrò a vivere a Paris e dimenticherò un passato in cui solo come matto apparii…

Adesso, scusate, devo portar fuori il cane a pisciare. Un cane migliore di voi. Perché quando fa delle cagate le fa dove può… senza smerdare nelle “proprietà private” altrui.

E ricordate: gli uomini non si misurano neanche secondo il Cinema di Garrone. Siamo tutti messi “a garrese”.

Io, comunque, ancora non mi sono arres’.

Dogman

di Stefano Falotico

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