Posts Tagged ‘Gangs of New York’

Burbanza inquisitoria, requisitorie, la retorica, le oche, il superomismo e le indagini aleatorie


23 May

Prove tecniche di trasmissione? No, di copertina.

J’Accuse, atto accusatorio ineludibile della mia ricerca di giustizia inestinguibile.

Bologna HARD BOILED & l’amore ai tempi del Covid, miei prodi.

Chi mi ama così come sono non mi persegua ma mi segua. Chi necessita di biglietti di giustificazioni, eh già, soffre d’indisposizione genetica.

Io insisto e, imperterrito, la mia strada perseguo, inseguo.

(In)Seguitemi, ah ah!

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di Stefano Falotico

 

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JOKER: Rated R… Joaquin Phoenix è superiore a Leonardo Di Caprio, sì, lo penso davvero, non è una bestemmia da “disturbing language”


23 Aug

phoenix padroni della notte

Sì, Joker ha finalmente ricevuto la censura. Era d’uopo. Bisognava aspettarselo.

Questa è una notizia esaltante. Pagliacci, jolly vari, uomini senza dignità, uomini spogliati del vostro amor proprio, uomini accusati di viltà, donne additate come irrimediabili sfigate irrecuperabili, donne deflorate della vostra innata innocenza purissima, uomini che ne passaste troppe, sì, mi riferisco sia figurativamente a quelli che, dopo troppo sesso e troppi flirt inutili, son divenuti nichilisti e persi, sia a quelli che invece non furono amati da nessuna, nemmeno dalle loro madri, dunque ricevettero dalla vita solamente dolori e tostissime batoste crudelissime.

Uomini amari, uomini che amate La Mer, uomini rammaricati che non volete più le maniche rimboccarvi perché tanto non servirebbe a un cazzo ripartire daccapo se non a pigliare altre sberle e pugni in faccia, non dovete assolutamente reagire dirimpetto a quest’immane delusione ch’è stata la nostra vita tragica.

Dobbiamo buttarla a ridere, ironizzarvi sopra e sdrammatizzare lo scempio compiutoci da una società ingrata e belluina, grazie alla stupenda, ilare virtù dei nostri blues brothers fintamente demenziali e sapidamente cretini. All’apparenza coglioncini, in verità vi dico assai svegli e volpini.

Uomini cioè che hanno il pelo sullo stomaco e, malgrado le cos(c)e siano andate malissimo, sì, dobbiamo essere realistici e oggettivi, senza poetizzare, romanzare nulla, poiché noi odiamo i consolatori buonismi e la retorica a buon mercato, detestando e pigliando a testate gli psicologi perché tanto c’imboccherebbero soltanto di caramelline zuccherose, rabbonendoci con psicofarmaci inibitori delle nostre, vivaddio, sanissime pulsioni non certamente santissime, meglio così, guardiamo in faccia la realtà per quella che è. Senza nasconderci in piagnistei superflui e patetici. Deleteri e controproducenti.

È stata una vita orribile, mostruosa, un horror continuo. Un percorso esistenziale talmente sfortunato d’averci illuminato nell’esistenzialismo più fantastico.

E, come Travis Bickle di Taxi Driver, camminiamo funerei nella notte più cerulea, donando baci bollenti a donne parimenti inculate da questa vita misera e puttana.

Ah ah.

Dunque, la smettessero quelli che cercano solidale compassione e la stima altrui attraverso false leccate di culo ignobili.

Noi riconosciamo, di onestissima Mea Culpa, che indubbiamente il nostro cervello andò a farsi fottere molti anni nel didietro, no, addietro.

Ma il nostro battagliero spirito guerrigliero inarrendevole, la nostra caparbia temerarietà da Armata Brancaleone di folli condottieri, eh sì, ci condurrà verso altre sfighe immani e disumane.

Non fatevi illusioni, ah ah.

Esiste la felicità? Ovviamente, sì.

Però, come giustamente asserì il mitico, imbattibile Totò, la felicità perpetua non esiste e non può esistere, a meno che voi non siate degli idioti.

Poiché la vita è oggi un petalo di rosa e una donna armoniosa forse tua leggiadra, romantica sposa, domani è il suo amante segreto che scoprirai troppo tardi quando lui l’ha messo sia a lei che a te in quel posto.

Non ci sono cazzi. È così. State in occhio. Non credete di essere arrivati e non fate dunque i gigioni come Leonardo DiCaprio.

Volete la verità?

A me Leo DiCaprio piacque molto in Voglia di ricominciare.

Sì, fu bravissimo in questo film. In Titanic fu invece bellissimo.

Sì, sono un uomo etero, non credo eterno, prima o poi creperò ma debbo constatare, senza vergogna, che se fossi stato una ragazzina ai tempi in cui il film di Cameron uscì, guardando Leo a prua e a poppa, eh già, avrei avuto in sala la fighella tutta bagnatina e avrei sognato di fargli un pompo.

Sì, è per questo che all’epoca le sale furono allagate, no, affollate. Ed è sempre per questa ragione che restaurarono Titanic in 3D. Per rendere l’orgasmo più oceanico, al fine di ottenere un affondamento totale di questo pubblico di borghesi sdolcinati che si emoziona(ro)no per du’ baci sulle note di Céline Dion.

Siamo uomini ghiacciati che succhiano un ghiacciolo, degli iceberg inaffondabili, probabilmente solo annacquati.

Ah ah.

Basta, questi non sanno nemmeno che cosa sia la vita dura. Leggessero piuttosto Louis-Ferdinand Céline. Sì, siamo uomini oramai offuscatisi nel Viaggio al termine della notte.

Ma quali yacht, motoscafi e varie mignotte. Questa realtà non c’appartiene e non c’apparterrà mai!

Dunque, prendete quel Jordan Belfort di The Wolf of Wall Street e sbattetelo dentro.

Costui è solo un viziato, un nababbo, uno che va subito ridimensionato.

E la smettesse Leo DiCaprio con le storie di vendetta.

L’uomo vero perdona gli errori altrui, non è altrettanto punitivo come gli scellerati che gli commisero danni irreversibili e, oserei dire, irreparabili.

E che è quel film The Revenant?

E poi… in Gangs of New York, Leo fu un pirla mai visto.

Combinò un casino della madonna solo perché suo padre, Liam Neeson, combatté per lo spirito santo ma fu trucidato da un macellaio…

E a che servì? Tanto Leo fu/è credente come il padre ucciso. Perciò, Liam forse ascese a un mondo migliore.

Mentre l’omicidio, caro Leo, è un peccato capitale, un reato gravissimo. E si finisce all’inferno se si ammazza un Butcher sebbene possa comprenderti e capire che l’incazzatura sia stata fortissima.

Ci sarebbe anche da dire questo. Se fossi stato al tuo posto, Leo bello, avrei lasciato che, dal paradiso, Liam si fosse vendicato da solo. Dimostrò infatti innumerevoli volte che è capace, quando vuole, di resuscitare come in Io vi troverò, come ne La preda perfetta, cioè di risorgere dalla ceneri della sua walk among the tombstones.

Non sei credibile come uomo, Leo/Amsterdam Vallon. Torni a New York per innamorarti di Cameron Diaz? Ma è una zoccola.

È stata con tutti in quella città. Perfino con Day-Lewis. Cioè, fammi capire bene, tu accoltelli mortalmente il Butcher per poi sposare e avere figli maschi con una che gliela diede solo per due gioielli in più?

È una borseggiatrice, una meretrice, con tutta probabilità è come quella bionda di Alighieri Dante, vale a dire Beatrice, donna che a prima vista sembra che possa regalarti l’idillio, sì, la vedi e pensi… che figa di dio. Poi scopri che t’ha portato dritto all’inferno. E lì rimarrai conficcato per l’eternità a scervellarti, sbudellato dalle fiamme del tuo peccato. Sì, la vagheggiasti ma non la trombasti. E sei finito fottuto.

Ma che schifo! Vedi, Leo, poi non prendertela se lei, sconvolta e in stato confusionale, diventerà come Anna Maria Franzoni. Shutter Island docet.

Sì, non impazzisti dopo che tornasti dal lavoro e assistetti all’orrore commesso da tua moglie. Secondo me, fosti già prima da manicomio.

Io, una con la faccia di Michelle Williams, non l’avrei sposata manco se mi avessero dato i soldi che ti diedero per girare The Beach. Una gran porcata!

Sì, la Williams la prendono quasi sempre per parti da folle, schizofrenica, isterica, depressa cronica.

Obietterete qui, voi, volendomi correggere. Dicendomi che interpretò anche il ruolo di Marilyn Monroe.

E state sbagliando ancora. Secondo voi, la Monroe fu una donna felice?

Fu solo una poveretta in mano a omaccioni che sfruttarono la sua bellezza magnifica. Compreso quel puttanazzone di Kennedy.

Che donna disgraziata! Morì impasticcata per colpa di questi figli di troia! Diciamocela!

E ne vogliamo parlare del suo primo marito? Quel cazzone di Joe DiMaggio? Io avrei preso quella mazza e gliel’avrei data in testa. Sulla capa come De Niro/Al Capone!

Sì, Leonardo DiCaprio è sopravvalutato.

Meglio Phoenix.

Quest’uomo disagiato Da morire, questo ragazzo spaurito e timido da Innocenza infranta, questo Johnny Cash vivente, questo Cristo da Maria Maddalena!

Don’t Worry, figlioli! Mettiamo su Bob Marley… be happy…

We Own the Night!

 

di Stefano Falotico

IL SILENZIO DEGLI INNOCENTI: Video-recensione dal libro di Jürgen Müller e tutto ciò che aveste sempre immaginato impossibile su di me e invece vi ho mangiato vivi


30 Jul
SILENCE OF THE LAMBS, Jodie Foster, 1991

SILENCE OF THE LAMBS, Jodie Foster, 1991

Nel video dico che Ted Levine è morto. Come no?

Più morto di così, si muore.

Muore pure in Heat. Ah ah.

Ecco, recentemente, ho vinto un concorso letterario.

Contenente un mio racconto, intitolato Un angelico miracolo. Facente parte di una raccolta antologica edita dalla Historica Edizioni.

Ecco, voi conoscete le regole dell’editoria, giusto? Ebbene, il racconto da me contenuto in questo libro non è la versione originale da me inizialmente proposta.

Io ho uno stile barocco, dantesco, arcaico e forse aulico. Uno stile che poco si addice ai canoni commerciali di quest’odierna cultura impostata sul mercantilismo.

Dunque, quelli d’Historica, rimanendo comunque ottimamente impressionati dal mio testo, mi chiesero di approntare al testo stesso molte correzioni al fine di rendere più fruibile a tutti il mio racconto. Mi domandarono cioè una versione, diciamo, più giornalistica e intelligibile da chiunque.

Dopo circa due ore, mandai loro una versione più semplice. Quella da loro pubblicata.

Ma voglio qui farvi leggere la versione, appunto, oserei dire primordiale, pura. Da me partorita nella reminiscenza dei miei cangevoli stati emotivi che sorsero, o meglio, rinacquero allora. Nel tempo e nell’istante (de)fratturante nel quale risorsi. Nella fonte battesimale d’una sorgente luminosa, riarsa in me, m’abbeverai.

Sì, questo è il mio racconto. Ed è per questo che, pur riconoscendo che Gangs of New York non sia un capolavoro, ne sono indissolubilmente, affettivamente, visceralmente legato.

La mia vita è stata contrassegnata dalla stranezza più imponderabile.

Segnali della mia rinascenza s’intravidero dopo il servizio civile. Perché in quel luogo, a contatto nuovamente con la realtà giornaliera, già i ricordi, in me assopitisi e offuscatisi in cupi, malinconici, quasi manicomiali anni di letargo psicologico e pseudo-adulta incomprensione altrui, cominciarono a far scricchiolare la parete stagna delle mie emozioni per immemorabile tempo raffreddatesi e seppellitesi vive.

È quella che in psicanalisi viene chiamata rimozione. Qualcosa deve avermi turbato, qualcosa d’ancestrale, cosicché la mia adolescenza giammai esistette appieno. Vagò ermetica di notte in notte nel crepuscolo delle mie ansie divoranti e lunatiche. Bruciacchiando in estemporanee euforie che sparivano però in fretta.

Da cui la sublimazione. La sublimazione avviene quando, per allontanare appunto qualcosa che inconsciamente c’angoscia, si sposta il campo percettivo-emotivo spesso all’interno dell’introversione solitaria.

I meccanismi difensivi della mente per difendersi da qualcosa che la perturba possono essere di vario tipo. Ci si può ammalare di manie igieniche, di rituali compulsivi al fine di sigillare il tormento esistenziale in tutta una serie di strategie comportamentali atte a proteggere il proprio secret garden.

Ogni stato alterato di coscienza non è qualcosa che si studi a tavolino.

Cioè, non è che uno se ne sta bello seduto e pensa… oh, adesso impazzisco.

Si diviene folli o ci s’avvicina alla follia per tutta una serie incalcolabile di reazioni e fattori.

Il novanta per cento delle persone affette da qualche patologia, una volta contagiate dalla cosiddetta malattia mentale da loro stesse indirettamente eretta e sviluppata, eh già, non ne escono più.

Si dice anche che siamo tutti matti. Soltanto i matti più ingenui vengono però diagnosticati matti. Gli altri, i falsi sani, rimarranno matti sin in punto di morte, forse avranno perfino ottenuto gloria, fortuna e successo ma non avranno mai capito, così come d’altronde neanche coloro di cui si sono circondati lo capiscono e capirono, di essere solamente, totalmente fuori di testa.

Pensiamo a Hitler, uno dei più grandi psicopatici della storia.

Lui nemmeno in punto di morte comprese di essere un mostro. A tutt’oggi, i filonazisti non hanno capito, appunto, così come non lo compresero i suoi fedeli, i quali gli leccarono pure il culo smodatamente, di essere personaggi da internare.

Anzi, al contrario pensa(ro)no che siano le persone normali quelle da bruciare…

Ecco il racconto…

Un angelico miracolo durante la premiere di un film con DiCaprio

Salve,
mi presento.

Sono un uomo di trentotto anni e amo definirmi un menestrello pindarico, un funambolico poeta dell’immaginazione perché in me la fantasia più alata regna sovrana e incontrastata. Sebbene il mondo, con le sue trappole ricattatorie e le sue regole mendaci, abrasivamente spesso ci costringa a barricarci nella pigra, grigia alterigia e nell’osservanza dei superficiali valori sol improntati all’apparenza più edonistica.

No, io ostinatamente, coraggiosamente ancor inseguo, ghermisco e fortissimamente, irresistibilmente bramo quegli spazi materialmente intangibili ma vividi d’armonico splendore del cuore mio più incandescente, predatore dei più sentiti, personali e squillanti amori. Ove il magma candido dei miei sognanti nitori possa spandersi al di là dei tetri orizzonti miserabilmente angoscianti della vita che è sovente tanto abietta nella sua tetraggine più meschina e scevra d’ogni infuocante, marmoreo, vitalissimo ardore.

E ancor non mi rassegno a dar le dimissioni dalla mia sfrenata passione per la venustà leggiadra del mio innato romanticismo puro, invero, ahimè, da tanti cinici osteggiato.

Ora vi racconto un’incredibile storia accadutami anni fa. Non pretendo che crediate sia vera, appare a me stesso tanto fantomaticamente assurda che i miei stessi sensi ancor increduli e perplessi di oggi vorrebbero respingerla, ma poi puntualmente abdico all’inevitabile verità eccezionale che a me, in tutta la sua magniloquente potenza, fulgida e roboante come un bacio d’angelo bianchissimo sceso dal cielo a illuminarmi, mi si para dinanzi tutt’ora con ipnotico, inesorabile, magico furore.

Rimembro la mia adolescenza spesso così tanto funestata da patetici lamenti, da un perenne, esistenziale tormento che, nella sua agonizzante, schiacciante, opprimente tristizia, mi soggiogava in stati d’animo d’insopprimibile malinconia come se fossi un fantasma vagante in un animo che, un po’ masochista, scacciava ogni spontanea gioia e ogni più lieta, naturale letizia.

Sì, ero immensamente depresso, tanto da chiudermi nel più assoluto mutismo. E avevo soppresso ogni slancio fieramente vitalistico, imprigionandomi in un ectoplasmatico cuore mio emozionalmente asmatico.

Ma comunque vivevo, altresì, di poderose passioni, come quella fortunatamente ancor in me furente per il grande Cinema più splendente.

Così, di buona lena, abbandonando momentaneamente le mie melanconiche, addoloranti inerzie, mi diressi a Roma, per assistere alla prima del film Gangs of New York con protagonista Leonardo DiCaprio.

Era l’11 Gennaio del 2003, sì, una quindicina di anni fa. Ah, come scorre celermente il tempo quando, adesso che superate le tristezze di quel mio paralizzante, emotivo spazio-tempo tanto a me affliggente, qui felicemente ricordo con nostalgia commovente quell’attimo miracoloso tanto infinitamente suadente. Dopo tante ipocondrie strazianti, il vigoroso attimo indimenticabile più lucente.

Sì, perché me ne stavo lì tra la folla osannante il suo beniamino e all’improvviso avvertii un lancinante intorbidimento dei miei sensi, cosicché fui prossimo allo svenimento più stordente.

Sì, l’ultima volta che in vita mia davvero ero stato spensierato e felice, avvenne molti anni or sono, molto prima di quella premiere.

Sempre a Roma quando, a pochi mesi dalla mia tribolata adolescenza, mi trovai nella bellissima capitale in gita scolastica. Ah, che periodo stupendamente ridente.

Si giocava, si scherzava, nell’animo si danzava squillanti.

Mai più, da allora, mi ero sentito tanto euforico e baldanzoso, robustamente, sì, orgogliosamente, vividamente adolescente e placidamente festante e pimpante.

Mai da allora più sentii in me scorrere la forza della vita più magnificamente sfavillante.

Non so cosa esattamente a Roma, lì, in quell’istante mi accadde.

Per molto tempo fui sentimentalmente arido e cieco ma finalmente udii rimbombare nella mia anima, com’irradiata dall’alto da un’illuminazione soavemente ardente, un brivido piacevolissimamente terremotante.

E tremai, dapprima impaurito da quel devastante fulmine emotivo piovutomi dentro l’anima turbata e di colpo rinvigoritasi in modo tanto bruciante che il mio spento cuore trafisse a ciel sereno in maniera meravigliosamente a me luminescente e tonante, quindi rividi il mondo con enorme chiarezza stupefacente.

Ero di nuovo vivo e innamorato del mondo.

Sì, così come se durante quella gita scolastica qualcosa di nefasto e misteriosamente inquietante mi successe e inconsciamente m’indusse poi a esiliarmi e a vivere sempre strozzato nella cupa nerezza della depressione più lancinante ma quindi, nuovamente ritrovatomi a Roma, per strano, non pronosticabile e imperscrutabile, fatale e sbalorditivo scherzo del destino, proprio lì, riscoccò in me la memoria del tempo perduto, il fulgore dopo tanto patito e perfino compatito, auto-ingannevole dolore. E risi fra lo sgomento, il terrore e il mio riagguantato, per troppo tempo smarritosi, sconvolgente amore.

Secondo me questo è stato un miracolo. Chiamatelo tenero, dolce, inaspettato e inaudito calore!

Io credo davvero che lo sia stato.

Tutto qui.

Ecco, vedete, credo che a leggere di quest’esperienza senza averla vissuta, si può rimanere indifferenti. E questa breve storia può indubbiamente apparire perfino banale e sciocca. E, ripeto, mai e poi mai pretenderò che possiate prenderla seriamente.

Io so che stentiate a credermi. E, per certi versi, come potrei darvi certamente torto?

Vorrei farvi credere che un semplice viaggio a Roma abbia in un nanosecondo cancellato tanta mia vita affaticata e affranta?

E che davvero dal cielo io sia stato prodigiosamente illuminato da una radente, angelica grazia a infondermi la scintilla vitale per immemorabile tempo in me offuscatasi?

Non so. Io ripenso oggi a quest’episodio con lucidità e puntiglio estremamente raziocinante e non addivengo a nessuna scientifica, chiarificatrice spiegazione logica.

Come mai però, in quell’interminabile, martellante intervallo di tempo, nella mestizia più sconsolante mi ottenebrai e, oserei persino dire, un po’ ingenuamente vagai fra umori così rabbuianti e una coscienza mia mai davvero di vita scalpitante, soffocato da continue, imperterrite, emozionali intermittenze? E poi, in un istante incantato, rinacqui?

Sì perché da allora, dopo quella mia visita a Roma, il mio cuore si rinvigorì di ritrovata e forse dall’alto a me ancor concordata, armonia e interiore, florida bellezza?

Questa è la mia verità e di verità, assurde, grottesche, surreali e allucinanti è fatto il nostro mondo, pervaso com’è innatamente e dannatissimamente da profondissimi e arcani, irrisolti misteri divini insondabili e addirittura perturbanti, davvero inquietanti.

Si racconta anche che Roma non sia stata costruita in un giorno ma poi si trasformò in un prosperoso, immane impero, che poi soccombette dinanzi alla sua tragica caduta e che, dalle ceneri del suo tristissimo disfacimento, in gloria e folgorata da nuova luce risorse come il mio stesso umore rivitalizzato di riafferrata temerarietà del cuore.

Ci avete mai pensato? Si nasce, si muore e si rinasce ancora, inseguendo altre abbaglianti, calorose aurore, con riscaturito, sfrecciante ardore. Fra altri sofferti dolori ancora bloccati dai nostri stupidi o vigliacchi pudori.

E a questo miracolo non credo ci sia né mai potrà esserci una veritiera, innegabile, realistica spiegazione.

Perché questa è la vita nel suo incedere tanto esoterico e strambo e noi siamo stelle viaggianti in quest’altalenante, incerto ma affascinante spegnersi e riesplodere dei nostri rinnegati e ritrovati amori, persi magnificamente in tale insistente, battente, eterno essere, fin alla morte, senzienti e presenti.

Figli del nostro inesplorabile destino.

Ma ora… Un antico proverbio dice che non c’è mai due senza tre. Quindi, vi chiederete se da allora io sia ritornato a Roma.

Sì, son stato altre volte a Roma. Ma non è successo niente.

No, posso dirlo in tutta sfacciata franchezza, non è il tipo di città in cui vivrei, è storicamente importantissima, architettonicamente un capolavoro vivente, ma è troppo frenetica, cinetica, caotica e frastornante per un tipo come me.

Che or riama la vita ma allo stesso tempo ama anche la paciosa rilassatezza sanamente inquieta di un’esistenza che vive nel suo appartato, tranquillo, più discreto cogliermi in ogni silenzioso e poi sonante, interiore rumore.

 

Ora, il mio cambiamento di personalità non è avvenuto a quel tempo, era invero avvenuto prima.

Sì, era prima che non ero io. Perché mi negai per sopperire all’ansia della vita.

Io non sono mai stato escluso da nessuno. Anzi, fin dalla primissima infanzia, hanno fatto tutti a gara per stare in mia compagnia.

La mia consapevolezza creò una spaccatura vertiginosa fra il prima e il dopo.

Ora, vi è tutto chiaro o devo farvi un disegnino?

Detto ciò, Il silenzio degli innocenti è un grande film ma il materiale che affronta in due ore è troppo vasto e complesso affinché io possa definirlo un capolavoro.

Ad esempio, di Hannibal Lecter ci viene accennato solo il suo passato nel gioco speculare dei dialoghi fra lui e Clarice Starling ma tutto rimane molto in superficie.

Così come la figura di Buffalo Bill. È caratterizzata con troppa banalità. Tagliata, è il caso di dirlo, con l’accetta.

Cioè, secondo Demme e lo sceneggiatore Ted Dally, Buffalo ammazza le donne solo perché le desidera ma non può averle perché in cuor suo sogna proprio di essere una donna?

No, è una conclusione troppo sbrigativa e, appunto, commerciale. Così com’è commerciale il libro di Thomas Harris che ne è all’origine.

Pur riconoscendo l’immenso valore de Il silenzio degli innocenti, è stato involontariamente il progenitore di tutta una serie di pellicole dozzinali e orribili sui serial killer.

Concludo così…

Da svariati mesi, un mio hater su YouTube continua ad accennare robustamente al mio passato per andare sempre a sollecitare il mio trauma superato. Nel tentativo di cristallizzarmi nella malinconia meno reattiva.

Poiché è troppo vigliacco per ammettere che, contro di me, ha perso.

Dunque, provoca in maniera anonima per indurmi a reazioni scriteriate tali che lui possa ancora una volta dimostrare l’assunto del suo insanabile, terrificante disegno criminoso.

Adesso, finalmente ci siete arrivati?

Il mostro è lui.

Vedete, quasi sempre la criminologia e la psichiatra sono scienze esatte, checché se ne dica.

Dai film, abbiamo imparato che l’assassino torna sempre sul luogo del delitto per sincerarsi che il suo delitto sia stato perfetto.

È proprio questo suo vizio a smascherarlo. Dunque, traslando questa sua procedura mentale, era ovvio che prima o poi sarebbe tornato dal sottoscritto, sebbene in forma “invisibile”, per provocare ancora. Io e lui vedemmo Il silenzio degli innocenti per la prima volta assieme quando eravamo molto piccoli.

Io sono cresciuto, lui no.

Manhunter è un film superiore al Silenzio degli innocenti. È un film struggente e straziante.

Alla fine di questo film sentiamo la frase: ce l’hanno fatta quasi tutti.

Ora, che significa?

È materia pasoliniana, questa.

Dente di fata è un diverso, cioè la sua atimia gli ha impedito di vivere una vita cosiddetta normale.

Al che incontra il personaggio interpretato da Joan Allen. Anche lei è diversa. È cieca.

Sono due solitudini che s’incontrano, che si amano con dolcezza infinita.

Però, dobbiamo considerare ciò. Ecco, Dente di fata nel frattempo era diventato “matto”, al che scorge un attimo, un bagliore di luce attraverso l’amore disinteressato di una donna per certi versi simile a lui. Se n’infatua.

Ma è soltanto un fuggevole istante, un battito cardiaco subito infartuato dal ritorno potente dei suoi demoni dostoevskijani.

Un’illusione.

Stamattina, ad esempio, ero in macchina e ho ascoltato la speaker tessere le lodi della cantante Elodie, dicendo… ma avete visto quanto è diventata figa?

Ora, a me Elodie non piace né come cantante né come donna. Ma devo ammettere che ha subito una metamorfosi piuttosto sconvolgente. Agli esordi, era timidissima, impacciata, molto chiusa.

Al che, i produttori discografici devono averle detto:

– Elodie, guarda, la tua voce per la musica italiana e per i gusti medi va molto bene. Però, dobbiamo vendere. Tu devi diventare più figa e più sicura di te. La gente nota subito, a prima vista, se una persona è debole.

Devi cioè saperti vendere.

 

Torniamo dunque a Pasolini. Al solito, aveva ragione.

I genitori di oggi, di conseguenza la società attuale, non è vero che si preoccupino della vera educazione dei propri figli. Sono interessati soltanto che appaiano belli e forti. Cioè che siano delle merci.

Da questo plateale inganno nasce tutto il disagio a cui stiamo assistendo.

L’uomo, così come la donna, non sono nati per essere degli animali imborghesiti.

È la nostra anima che ci distingue dalle scimmie, il cui istinto predominante è il senso dell’animalità.

Ciò che la nostra società pare che stia trascurando. Saranno sempre di più, quindi, quelli che non ce la faranno. E si ammaleranno.

Tornando invece a me. L’ignoranza è cattiva consigliera. Dunque, se uno si “ammala”, gli altri pensano che stia facendo il furbo per non andare in guerra e lo definiscono pure coglione. Debbo ammettere che molti anni fa sbagliai. Non dovevo reagire alle provocazioni, facendomi del male. Dovevo fare come Al Pacino di Scent of a Woman quando il cognato scherza oltre il dovuto. Al, all’improvviso, pur essendo cieco, lo afferra per la carotide e lo sbatte contro il muro.

Chi sono oggi? Conan il barbaro mi fa un baffo.

Sì, oramai mi son indurito anche troppo. Potete scaricarmi addosso le peggiori offese, le più cruente reprimende e, anziché indebolirmi, diverrò sempre più forte, più veloce, più devastante.

Allora, il demente impunito persevera: ah ah, ti vedrei bene come Fantozzi e impiegato del catasto. Ah ah.

 

No, mi spiace deluderlo. Io sono un poeta. Gli farò pure schifo ma Fantozzi è suo padre che lo ha educato male.

Sono molto cattivo quando voglio.

Suvvia, andate a preparare il pranzo.

Ah ah.

Sì, ho attualmente un solo punto debole, la Kryptonite. Per forza sono o non criptico?

Ma che volete decriptare?

Ah ah.

Lo so, sono insopportabile. Mi pare ovvio. O no?

Ora, Superman è un personaggio della fantasia. Il Genius-Pop è reale.

Sì, sono anche assai solidale. Ogni sera vado a cenare assieme al Joker.

 

di Stefano Falotico

Il problema della CGI di THE IRISHMAN sarebbe da applicare tout-court a un mondo nato vecchio da ringiovanire! Dobbiamo sognare!


27 Jul

de niro the irishman

gangsfalotico

Cap. 1: che storia che sta diventando The Irishman

Eh sì, forse stavolta Martin Scorsese ha commesso il primo, vero passo falso, inaspettato da lui stesso, della sua carriera.

O meglio, non equivocatemi. Non voglio certamente affermare che The Irishman sarà un’opera sbagliata oppure un capolavoro imperfetto come Gangs of New York. Film verso il quale si nutrirono aspettative smodate, film del quale personalmente seguii ogni passo, anche il più microscopico o gossiparo, della lavorazione, pellicola per cui si scatenò un hype esagerato pari forse a quelle che oggi serbiamo, appunto, per The Irishman.

Gangs og New York, un film però sgangherato. Forse perfino sgarrupato, scalognato, addirittura scalcagnato. Con un incipit e un prologo piuttosto sensazionali, con un Daniel Day-Lewis grandguignolesco, monumentale sebbene a tratti caricaturale nella sua recitazione un po’ caricata da chi, dopo il suo auto-esilio da ciabattino fiorentino, si pavoneggiò eccessivamente del suo comeback, interpretando il suo villain con troppa baffuta arroganza e qualche birignao inopportuno e fastidioso.

Un film sorretto dalla fotografia del grande Michael Ballhaus e tenuto magistralmente in piedi dalle maestose scenografie di Dante Ferretti. Ricreate a Cinecittà dopo che De Niro, inizialmente designato per il ruolo andato poi a Day-Lewis, vide il suo sogno andare in frantumi.

Sì, conoscete la storia? De Niro, in concomitanza con l’allora ancora potente Weinstein, prima dunque della caduta rovinosa di quest’ultimo, sognò di realizzare un mega-studio a New York. Ove si sarebbero svolte le riprese proprio di Gangs of New York.

Ma il sindaco Rudolph Giuliani, dopo aver ripulito Hell’s Kitchen, smantellò pure ogni speranza di Bob, tarpandogli le ali. All’inizio, Giuliani gli concesse il suo nullaosta, quindi all’improvviso cambiò idea e mandò in fumo ogni sogno deniriano di gloria. A suo avviso, infatti, una volta eretto questo fantomatico, tutt’ora fantasmatico, ah ah, studio cinematografico di proporzioni faraoniche, le mappe topografiche della Big Apple sarebbero state macchiate, ah ah, da una sbavatura di colore nero come il carbone.

Sì, non sto scherzando. Giuliani fu convinto che i tetti neri dei caseggiati degli studios dello studio stesso avrebbero deturpato il quadro geografico dell’insieme.

Perciò, Scorsese optò in extremis per Cinecittà, chiedendo a Ferretti di ricostruire la Nuova York, descritta nel libro di Herbert Asbury da cui trasse il suo film, alla periferia di Roma, a pochi passi peraltro dagli studi televisivi di Mediaset che ospitarono in quel periodo la prima edizione del Grande Fratello.

Infatti, quando vidi la prima edizione del Grande Fratello, la prima e ultima da me vista, temetti che Cristina Pleviani (la vincitrice), durante i suoi amplessi con Pietro Taricone (pace all’anima sua…), sarebbe stata interrotta sul più bello, cioè nel momento topa, no, topico del sopraggiunto, prossimissimo orgasmo, dai rumori tonanti dei fuochi artificiali della festa notturna di Gangs of New York nella quale Day-Lewis, come sapete, cammina come un porco, tutto tronfio e a testa alta, gigioneggiando cazzuto.

Non sto schizzando, no, scherzando. Potete controllare su Wikipedia. Vedrete che tutto coinciderà. La prima edizione del Grande Fratello si tenne durante i ciak di Gangs of New York.

Invece, nonostante la Plevani, all’esplodere… dei fuochi pirotecnici, spaventatasene, si scostò dal sesso scalmanato di Pietro, Taricone non desiderò affatto il coitus interruptus e deflagrò ugualmente da vero Guerriero indomito e infermabile.

Che uomo incandescente, un lavico fiume in pene, no, piena…

Sì, mi dispiacque molto per la morte di Pietro. Fra l’altro, io avrei dovuto chiamarmi come lui.

Sì, conoscete la tradizione meridionale dei nomi, no?

Cioè quella secondo cui al primogenito si dà il nome del padre di suo padre, ovvero di suo nonno paterno?

I miei genitori, originari della Lucania, però non amarono né amano ancora oggi il nome Pietro e scelsero perciò Stefano. Discostandosi dalle regole auree del casato araldico, diciamo. Mio nonno s’infervorò, di rabbia s’infuocò e per molti mesi non rivolse parola ai miei genitori. Sfogando i suoi peggiori istinti bollenti su mia nonna. Mio nonno, il quale ora sta lassù, deve ringraziare i miei genitori se in quei giorni scopò mia nonna come dio comanda. Ah ah.

Sì, mio padre e mio zio deve averli partoriti durante una delle sue crisi incazzate-toste.

I miei genitori, comunque, per tranquillizzarlo e farlo contento, mi affibbiarono un secondo nome fittizio, diciamo, ah ah, all’anagrafe, cioè Piero.

Cosa? Sì, Piero anziché Pietro. Doppia presa per il culo e mio nonno, a quel punto, esaurite le cartucce sessuali, volle vendicarsi alla stessa maniera di DiCaprio/Amsterdam.

Urlando e minacciando, coi coltelli di cucina, ritorsioni punitive:

– Ma che razza di nome è Amsterdam? No, scusate, Piero! Ucciderò il nascituro!

 

Invero, nella notte della mia nascita, si schierò in prima linea con tanto di fazzoletto in mano e un cardiologo che gli misurò i battiti ventricolari andati su di giri per via della commozione emozionale.

Ah ah.

Sì, alla prima edizione del Grande Fratello, fratelli e sorelle, consanguinei e non, sanguinari o mangiatori del sanguinaccio, partecipò anche un uomo verace e vesuviano di Napoli. In realtà di Siracusa. Vicina all’Etna.

Vale a dire il tuttora imbattuto peso massimo di una delle maggiori stronzate della Storia e della Letteratura mondiale a tiramento di culo, il leggendario Salvatore “Salvo” Veneziano.

Colui che ebbe l’ardire di dire che Dante Alighieri non era morto perché l’aveva visto pochi giorni prima a Forum. Sì, scambiò Dante per Sante Licheri.

Un’ignoranza paragonabile a quella di Rocco Casalino. Uomo d’indubbia protervia e inconsapevolezza dei suoi limiti che all’epoca criticò aspramente Cecchi Paone e ora invece fa il pavone per i 5 Stelle.

Sì, Rocco è adesso il nuovo conduttore di Io sto con la natura, non lo sapevate? Ah ah.

Paone invece, da accademico giornalista di format storico-geografici di spicco, fu scelto per partecipare a una recente edizione de L’isola dei famosi.

Sì, Paone coltivò imperituramente il sogno di diventare l’Indiana Jones italiano ma, sinceramente, malgrado la sua preparazione e la sua acculturazione rilevante, non ha mai avuto né avrà oggettivamente la carismatica statura dell’Harrison Ford meraviglioso che fu.

Ecco, torniamo a The Irishman, nuovamente. Non perdiamoci in avventure nostalgiche, non smarriamoci in ricordi adolescenziali da Spielberg.

Sì, non vedremo The Irishman nemmeno a Venezia.

Quindi, c’è qualcosa che non va, anzi, non sta andando per il verso giusto.

D’altronde, al momento abbiamo solo potuto visionarne un trailer che invero trailer non è, dato che non si vede niente. Al massimo, abbiamo scorto una pallottola che gira come i coglioni che vi faccio girare io quando me la tiro da De Niro e Al Pacino e le voci off dei due mostri sacri appena menzionativi.

Eh già, a quanto pare, gli effetti speciali per ringiovanire gli attori sono poco convincenti.

Vanno rifatti daccapo.

Il film non è ancora incredibilmente pronto. I costi stanno lievitando a dismisura.

I tecnici del reparto effettistico non sono riusciti, appunto, a generare degli special effects efficaci e degni di nota.

Non è però, in fin dei conti, un grosso problema. Suvvia!

Si dovrebbero, secondo me, affidare al sottoscritto. Il quale calzerebbe a pennello nei panni di Frank Sheeran/De Niro da giovane. Assegnandomi anche i ruoli giovanili di Pacino e Pesci.

Sì, sono più camaleonte di De Niro, fuori dal tempo come Marcel Proust, a mio avviso il tempo non esiste.

Per me ieri è oggi e domani è ieri.

Io ricordo tutto, so portare il mio stato mentale indietro nella mia memoria storica, oserei dire antologica e mitologica. Forse a volte stolta ma soprattutto stoica.

Voi invece (vi) raccontate molte balle. Fate i fighi ma siete appassiti, appunto, da tempo immemorabile.

Disconoscete anche il vostro passato. Il passato personale non va mai sconfessato. È in virtù dei traumi e delle ferite patite che ci si fa uomini e non Butcher…

Per esempio, quel tipo lì, già di una certa età, ancora mente alla sua famiglia in merito ai suoi attuali meriti. Perché invece non racconta loro chi era, chi fu? Non ci sarebbe niente di male. Non bisogna giammai vergognarsi delle proprie umane debolezze, anzi, bisogna (ri)guardarle con lucidità e oculatezza.

Sì, lo sa suo figlio che, prima di fare l’intellettuale del cazzo, fu un alcolizzato cronico e lo salvò la moglie dalla perdizione infernale, iscrivendolo a una magistrale scuola serale?

Ecco, la verità è importante. Non bisogna insabbiarla e accanirsi in guerre fratricide. Altrimenti ci si scanna come in Gangs of New York.

Io, in questa mia chiesa sconsacrata innumerevoli volte, mi pento e mi dolgo dei miei errori. A mia discolpa posso solo dire che furono errori di distrazione, di gioventù. Dunque, finitela di farmene una colpa.

Come dice il grande Al Pacino di Scent of a Woman…

Entrando qua dentro ho sentito queste parole: “la culla della leadership”. Be’, quando il supporto si rompe, cade a pezzi la culla e qua è già caduta, è già caduta! Fabbricanti di uomini, creatori di leader state attenti al genere di leader che producete qua. Io non so se il silenzio di Charlie in questa sede sia giusto o sbagliato. Io non sono né giudice né giurato ma vi dico una cosa. Quest’uomo non venderà mai nessuno per comprarsi un futuro.

E questa amici miei si chiama onestà. Si chiama coraggio. E cioè quelle cose di cui un leader dovrebbe essere fatto. Io mi sono trovato spesso ad un bivio nella mia vita. Io ho sempre saputo qual era la direzione giusta. Senza incertezze sapevo qual era. Ma non l’ho mai presa. Mai. E sapete perché? Era troppo duro imboccarla. Questo succede a Charlie. È arrivato ad un bivio. E da solo ha scelto una strada. Ed è quella giusta. È una strada fatta di principi. Che formano il carattere. Lasciatelo continuare per il suo viaggio. Voi adesso avete il futuro di questo ragazzo nelle vostre mani! È un futuro prezioso. Potete credermi. Non lo distruggete. Proteggetelo. Abbracciatelo. È una cosa di cui un giorno ne andrete fieri. Molto fieri.

 

Io non compro la mia dignità, leccando. Se vi sto antipatico, almeno abbiate appunto la dignità di deporre le armi e di non continuare in assurde rivalità cretine da bambini.

Se voleste invece aiutarmi nei miei sogni, ecco un esempio che ho da offrirvi.

Cercate la campagna crowfunding de La leggenda dei lucenti temerari.

Vincere?

E allora vinceremo!

Lasciando stare i fascismi e tutte le puttanate varie. Le prese di posizione e le stupide, ottuse prese per il culo.

Le riprese di Gangs of New York: 18 Settembre 2000 – 12 Aprile 2001.

Grande Fratello prima edizione: 14 Settembre – 21 Dicembre 2000.

 

Cap. 2: la Storia non vi ha insegnato allora nulla? Prendetela come viene…

Come puntualizzò Pasolini, la Storia è sempre la stessa. Vive di recrudescenze, interminabilmente per i giovani si presentano gli stessi problemi degli insanabili, annali, secolari, millennari(stici) conflitti generazionali. Dunque, se negli anni trenta, la gente combatté per la fame, vivendo di stenti, dunque a stento, ossessionata pressoché dalla sola preoccupazione della sopravvivenza, uscita dalla Prima Guerra Mondiale, desiderò solamente un po’ di requie, svagandosi con Stanlio e Ollio e l’allegria che esorcizzò lo spauracchio delle battaglie infernali da cui si salvò miracolosamente, arrivò poi però Hitler, nacque il nazismo, pullularono le teorie scioviniste, in Italia avemmo il fascismo, scoppiò di nuovo insomma un gran casino.

Fu tutta una Resistenza e ancora una volta la giustizia trionfò nonostante le perdite incalcolabili e immani.

Nuovamente, la gente si rimboccò le maniche, invase le strade, festeggiando la libertà. Tutte le persone, uomini e donne si abbracciarono, scopando come bestie selvagge per tutta la calorosa notte di balli e canti, forse anche di qualcuno rimasto solo come un cane nell’alzare comunque alla luna il calice. Ringraziando iddio d’essersi appunto salvato.

Ecco, The Irishman è un film di Netflix.

Lo streaming già esisteva, i film piratati da una vita oramai imperversavano sul web. Sì, certo, ma Netflix ha dato compiutezza al marasma generale, divenendo produttrice in prima linea d’un concettuale, nuovo, avanguardistico modo di guardare (al) Cinema.

Sono tanti quelli che ancora, ostinatamente, fervidi passatisti e nostalgici di un’era oramai, nel bene o nel male, non spetta a me giudicare, scomparsa, sepolta viva dalla Settima Arte sullo schermo del pc, non vogliono arrendersi né darla vinta a Netflix.

Dunque, abbiamo due fazioni di cinefili che si stanno fronteggiando a muso duro. Come detto, quelli di una generazione, poco più grande della mia, sono decisamente convinti che il Cinema, nella sua accezione migliore del termine, vada gustato in sala, ovvero costoro sono i denigratori di Netflix.

Guidati dal Priest Vallon/Liam Neeson, difensore chiesastico della tradizione.

Turbati oltremodo da questa piattaforma che ha stravolto e coinvolto perfino registi importantissimi come il suddetto Scorsese.

Il quale, alla pari del suo Andrew Garfield di Silence, abiurò dinanzi alla legge laicamente spietata del commercio… O forse invece, come spiegherò e disaminerò nelle righe seguenti, fu già invece illuminato e agnostico come Cronenberg.

Sì, io sono pro Netflix. Non si era capito?

Sono William Cutting?

No, ma credo che, come tutte le invenzioni, non vada demonizzata.

Scusate, non è colpa di Enrico Fermi se furono scagliate le bombe atomiche a Hiroshima e Nagasaki.

Lo stesso discorso è applicabile a Netflix.

Tutto ciò che è innovazione m’affascina.

Guardiamoci in faccia.

Ero prima in macchina. E ho ascoltato un filosofo che ha analizzato la situazione sociale-economico-antropologica odierna, scoprendo l’acqua calda. Ah ah. Eh sì.

Ha sciorinato un campionario di banalità dette assai meglio da Cronenberg e da Black Mirror.

Cioè, per farla breve, ha detto che in un futuro non tanto lontano saremo così tecnologizzati da diventare uomini-macchine.

Eh, il dottorino laureato a Padova ha fatto, come si suol dire, la scoperta dell’America.

Io lo dico da una vita. Su per giù da quando avevo tredici anni. In effetti, da allora quasi tutti mi scambiarono per pazzo.

A tutt’oggi, mi urlano in faccia: ma ce l’hai una vita tua? Come fai a vivere se non vivi le cose realmente?

Poveri idioti, voi sapete ben poco della mia vita, dei meandrici corridoi delle mie paure, dei tunnel neuronali delle mie emozioni ancestrali, etiche e anche etniche. Non sapete nulla nemmeno di quel che patii sebbene mi compatiate.

Credo che abbiate di me frainteso tutto. Dandomi dello schizofrenico, del fobico sociale, dell’impresentabile cacasotto irrimediabile, dell’irrecuperabile uomo che vive di sogni irreali.

Ovviamente, io sono il sognatore fattosi Videodrome, il disagiato Stephen Lack di Scanners, l’eXistenZ (non) vivente giammai marcescente che impeccabilmente risulta sempre sano/a di mente malgrado tutte le vostre psicanalisi da quattro soldi sul sottoscritto da A Dangerous Method.

Voi non siete né Freud né Jung. Ecco, se foste Keira Knightley, potrei darvi retta. Anche darvelo nel retto. Keira è bona!

Voi non siete buoni. Siete degli ipocriti.

Vivete di patti d’onore da russi come ne La promessa dell’assassino, non cambiate mai punto di vista sulle cose, nemmeno sulle cosce. Il vostro è un Naked Lunch di stronzate, una Cosmopolis di seghe mentali.

Siete fastidiosi come La mosca, Inseparabili dalle vostre certezze bacate. Come in Crash, siete “bucati” e spaccati.

Però, la vostra Zona morta non è veggente come Christopher Walken. Anzi, più passa il tempo e più diventate come l’omicida del film appena citatovi.

Vi nascondete e rinnegate ogni vostro atto criminoso. Io, come Cristo, no, come Chris, conosco il vostro Demone sotto la pelle.

Sì, parimenti a Cronenberg, non sbaglio mai. Se dico che uno è pazzo, lo è.

Per esempio, da qualche mese a questa parte, s’è rifatto vivo un demente che continua anonimamente a darmi patenti da Spider.

Definisce inoltre le mie critiche e le mie recensioni cinematografiche assai scontate, apostrofandomi con epiteti sconcertanti. Dipingendomi come vecchio e polveroso.

Polveroso? Basta portare la giacca da un’ottima lavandaia e la ripulirà da ogni acaro, miei cari.

Farete la fine di Icaro.

Mah, essere vecchi a 39 anni è un’impresa da M. Butterfly. Cioè, è troppo presto per cristallizzarsi perfino nella sessualità. Oggi può piacerti Cristina Quaranta, domani pure.

Se a te piace John Lone, sarai Jeremy Irons di Lolita. Che cazzo devo dirti? Hai dei gusti un po’, diciamo, perversi.

Ma non sono un moralista. Basta che non inculi me e io continuerò ad affermare che Julianne Moore di Maps to the Stars è una figona.

Io sono un tipo particolare.

Per molto tempo, fui scambiato per Evan Bird. Ragazzo prodigio talmente invidiato che tutti lo spinsero a gesti osceni.

Al che entrai in rehab da curatori dell’anima come John Cusack. A differenza del film, però, Cusack non era mio padre.

Insomma, una tragedia, ah ah.

Cusack combinò danni al figlio più di Barry Lindon, figurarsi coi figli degli altri quanti danni avrebbe potuto combinare.

Sì, infatti incontrai molti santoni-psichiatri, demagogici e stronzi. Che vollero spingermi a tirar fuori le palle. Sì, dei Lee Ermey di Full Metal Jacket.

Ragazzi, non fatevi istruire da questi qui.

Questi spegneranno ogni vostra savia fantasia da Eyes Wide Shut. Vi riempiranno di psicofarmaci e ingrasserete più di Vincent D’Onofrio.

Questi psichiatri sono delle palle di lardo…

Vi racconto questa…

Nel 2006, così come avrete visto in uno dei miei recenti video inseriti su YouTube, lo infilai spesso a quella che era la mia ragazza. Che poi… già l’espressione “mia ragazza” m’è sempre stata sul cazzo.

Che cos’è una proprietà privata, un oggetto, una lavastoviglie?

Comunque, fra il dire e il fare, una sera riguardammo assieme il sopraccitato film di Kubrick.

Finita la visione, lei mi guardò negli occhi:

– Che dobbiamo fare, ora? Scopare? – le chiesi io.

– No, stasera non ho voglia. Piuttosto, devo confidarti, alla maniera della Kidman, una mia fantasia erotica su un ragazzo che non sei tu. Posso riferirtela?

– Ah, ormai, anche se non m’hai spiegato di che si tratta e di chi si tratti, m’hai detto platealmente che hai una fantasia su un altro. L’hai detto pure a voce alta. L’ha sentito/a anche il vicino. Ottimo, che tatto, che sensibilità, cazzo.

Vai, spara.

– Ecco, la fantasia è questa. In realtà, è una fantasia realistica, diciamo molto corposa.

– Cioè? Vieni al sodo.

– L’altro è già esistito in maniera molto tangibile e senziente.

– Detta come va detta, m’hai messo le corna.

– Un po’ sì. Ma non del tutto.

– Specifica non del tutto…

– Abbiamo fatto l’amore, sì, non lo nego. Vorrei però spingermi con lui oltre… Secondo te, è una fantasia lecita?

 

Ecco, come la presi?

A schiaffi, ecco come la presi. Ah ah.

 

Ve ne racconto un’altra…

Nel 2004 invece stavo con una di Trieste di nome Roberta.

Dal nulla, mi capitò a tiro… una di Roma. Era una scrittrice.

Chiese d’incontrarmi perché, dopo aver letto un mio libro, voleva darmi una mano…

Diciamo qualcosa in più.

C’incontrammo, andai a prenderla alla stazione.

La feci entrare… in macchina. Lei, dopo tre minuti, mi saltò addosso. Anzi, s’avventò prima sul mio collo, poi cominciò a infilare la sua lingua dentro la mia bocca.

Dopo un minuto abbondante, mi sputò in faccia.

– Be’? Non hai nessuna reazione? Non sei cresciuto! Fottiti! Dio mio? Perché Roberta sì e io no? Sei una merda!

 

Sì, da quel momento per lei tragico, lei cominciò a calunniarmi con Roberta. Non so come fece ma riuscì a impossessarsi del suo numero di cellulare:

– Roberta, lascialo. Io e Stefano l’altra notte ci abbiamo dato di brutto. Lui ti ha tradito! Lui va con tutte!

 

Intimai codesta mentecatta infima di smetterla:

– No, non puoi mettermi a tacere!

– Perché vai da Roberta a diffamarmi?

– Lo farò finché tu non mi farai. Ecco, facciamo così. Salirò di nuovo a Bologna. Faremo quello che devo fare con te. Poi starò zitta e dirò a Roberta che io e te non è vero che abbiamo scopato. Affare fatto?

 

Sì, guardate, amici, è un mondo che vuole fotterti sempre.

Scorsese è l’unico al momento che non m’ha mai tradito.

In un modo o nell’altro, ce la farà!

 

 

 

di Stefano Falotico

 

dante ferretti

La cattiveria sardonica di un genio immacolato che odia le falsità buoniste ed è un rocker, nel senso di Joe? No, nel senso di cane Spaniel Inglese col pan di Spagna del cock maggiorato


17 Feb

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Io mi sto facendo delle risate che nemmeno il diavolo sa.

Ma non è da ieri, nemmeno da un mese, sono anni immemorabili che la risata sta assumendo contorni infinitamente strepitosi. Perfettamente allineati alla mia visione cinicamente romantica. Che per molto tempo imbecilli con poco sale in zucca vollero addolcire, ammantandomi di etichette affibbiatemi per puro diletto sadico.

Loro pensavano di conoscere tutto di me, io invece io ho sempre saputo di loro, non dando nell’occhio. Infatti, m’avevano scambiato per cieco. Io ci vedo benissimo. E, senza battere ciglio, sotto i baffi mi sparavo un divertimento immenso. Sì, son baffuto come l’ex frontman dei Queen.

Dio salvi la regina? Sì, lo sceneggiatore di The Queen, firmato Stephen Frears, è Peter Morgan. Lo stesso che, assieme ad Anthony McCarten, ha scritto Bohemian Rhapsody.

Ho detto tutto.

Credo che gli inglesi siano proprio delle teste di cazzo.

La signora Elizabeth Alexandra Mary, più comunemente nota come Elisabetta II, è uguale a mia nonna. Entrambe, nella vita, non hanno mai lavorato. Ed entrambe campano ancora.

Soltanto che la prima è arci-miliardaria, si fa servire e riverire dal maggiordomo della minchia, i disoccupati da film di Ken Loach muoiono di fame ma l’acclamano, distraendosi nel tifare Manchester City mentre la loro moglie ha il Cancro. Invece mia nonna ha sempre vissuto in un tugurio da farti venire il tumore ai polmoni. E suo marito, cioè il mio ex nonno, allevava le galline. Poi, vendeva le uova scadute al mercato.

Entrambe fan buono brodo? No, solo mia nonna che almeno, a differenza della Regina, sa cucinare. I suoi tortellini sono ottimi. La Regina non usa nemmeno la carta igienica omonima. Sì, la Regina non è una donna normale. Lei non caga come tutti/e. Lei è dinasticamente una pulitissima merda e basta.

Una stronzata di donna.

Insomma, noi italiani staremo messi male. Abbiamo al governo degli analfabeti e dei puttanoni.

Ma in Gran Bretagna, e non mi fate bestemmiare contro la Brexit, stanno a pecora. Sì, come le pecorine che pascolano nelle verdi valli della Nazione limitrofa, l’Irlanda.

The Commitments, comunque, è un bel film. So già che adorerò The Irishman e mi piace da morire Liam Neeson. Ma non fatemi vedere quel Bono Vox!

Fa l’umanitario con gli anelloni placcati oro al dito. Ho detto tutto. Mister ipocrisia per antonomasia.

Infatti, gli U2 son sempre stati molto amati dalla gente ricca che, per discolparsi un po’ dai loro privilegi spesso immeritati, di tanto in tanto vanno a manifestare in stile Sunday Bloody Sunday.

Sì, cazzo, c’è anche quel film Domenica, maledetta domenica. Che cosa? È di Oliver Stone? Ma no, quello è Any Given Sunday. Questo è di John Schlesinger.

Esordio attoriale di Daniel Day-Lewis. Day-Lewis è un ibrido. Sì, un britannico con cittadinanza irlandese.

Nel film Nel nome del padre e The Boxer è irlandese DOC. Talmente rabbioso che appartiene all’IRA.

Anche in Gangs of New York mi pare irlandese. Sì, un macellaio dal sangue freddo.

Questo è un maiale che scanna tutti, anche Liam Neeson. Ah ah.

Sapete che vi dico? Sono meglio le islandesi. Sembrano tanto fredde, eh sì, in Islanda si gela, ma sono più calorose.

Sì, per anni sono uscito con degli idioti. Che, pensando di avere a che fare con un timidone, un imbranato patologico di natura fantozziana, con un taciturno “malato” di melanconia, mi trattavano, che ve lo dico a fare, da coglione.

Loro giocavano a Sin City e io già avevo un debole per Jessica Alba.

Sì, alla prima veneziana di Machete, ho visto Jessica Alba dal vivo. Ho conservato il suo pregiato culo in qualche mini-VHS. Se volete il filmato, datemi cinquemila Euro.

Ma comunque è una bambina, Jessica. Non fa per me. Dopo che te la sei bombata, come passi la giornata con questa qui? Aspettando di prendere sonno, facendo le boccacce su Instagram o Snapchat? Mah.

I primi giorni ci può anche stare. Al terzo giorno, diverrete schizofrenici e crederete davvero alla minchiata della Genesi.

Finito che Dio ebbe di creare il mondo, io mi sono sempre chiesto: ma come ha passato il tempo?

In questa galattica noia abissale e spaziale, ebbe solo un attimo di umanità. Inseminò la Madonna via etere. Sempre meglio che in vitro. Poi è capace che i figli vi nascano con problemi genetici. A proposito di geni e credervi onnipotenti.

Voi, uomini, siete solo dei nani partoriti male. Pieni di paure, di superstizioni, spettegolate, vivete d’invidie. E subito speculate sulle vite altrui.

Ad esempio, una ha letto il mio precedente scritto, ANGELO DEL BAVAGLIO e tale femminista, ragionando a cazzi suoi, turbata oltremodo quando ho detto che sono misogino, mi ha contattato:

– Ciao Stefano, come stai?

– Bene, grazie. Tu?

– Io sono eccitata.

– Perché? Finalmente la Mondadori ha accettato il tuo manoscritto?

– No, sono sdraiata a letto senza mutandine. Ti piace, vero? Forza, scendi dal pero. E succhiami le pere.

– Ah, però. Sei già alla frutta a trent’anni. Guarda che a settant’anni, bella mia, non so se ci arriverai. Non puoi andare avanti di dessert. Il diabete non ti darà tregua.

– Su, non fare il frocio. Sai la verità? Tu non sei misogino e nemmeno superiore. Sei un porco, una bestia ma non hai il coraggio di ammetterlo. E ti spacci per pensatore libero.

– Non ho il coraggio di mettertelo, sicuramente. Posso ora mangiare un kiwi? Grazie, buona serata.

 

Sì, sono terribili queste ragazze. Se sfoderi un po’ di sana virilità, anche solo a parole in uno scritto, appunto, s’incazzano e provocano per appurare se sei davvero elevato o solo uno che vuole elevarglielo.

Dev’essere stato quel movimento stupido del MeToo a fotterle del tutto.

Comunque, ora dico la mia sulle rockstar.

Jim Morrison era un maschione, anche un minchione. Si era dato da solo l’appellativo di Re Lucertola. Quindi, era “viscidissimo”.

Mick Jagger è una scimmia. Sì, avete presente quegli scimpanzé di Quark con Piero Angela?

Mick Jagger si differenzia da loro solo perché le donne dicono che è sexy. Sì, certamente.

Io conosco, ad esempio, Michele Iagghero, napoletano detto Mickey perché lui si crede Mickey, appunto, Rourke e invece non ha neppure i soldi per comprarsi e mangiarsi una banana.

Seppure sia povero in canna, non è il tipo a cui, come si suol dire, a vederlo non gli daresti una lira. No, no.

È alto, ha un gran fisico, sa ballare e ha una bellissima voce. E le donne, appena lo vedono, impazziscono.

Ma lui non può invitarle a cena, allora queste mettono su le canzoni dei Rolling Stone.

David Bowie? No, non era omosessuale. Era “trisessuale”. Sì, Life on Mars. Prima di scendere coi piedi per terra, David faceva l’amore con le saturnine. Uno Zeus. Un Giove. Poi è andato con la venere nera Iman.

Di mio, giocavo da piccolo a He-Man e ho giocato poco con l’imene. Ma me la meno.

Eddie Vedder non ho mai capito cosa sia e fosse. Piaceva ai ragazzi che hanno fatto la stessa fine di Emile Hirsch di Into the Wild.

Sì, quel rock malinconico da effeminati che si spacciano per duri.

 

Insomma, ce la possiamo dire?

La prossima volta andate a prendere per il culo vostra sorella.

Evviva Elvis the Pelvis!

 

di Stefano Falotico

L’Oscar al maiale dell’anno goes to Liam Neeson di Buster Scruggs e io divento sempre più grande


08 Dec

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Sì, in queste ore alla Fiera Più libri più liberi, nello stand della Historica Edizioni, è esposto anche il volume di una raccolta di racconti che annovera, ovviamente, un mio scritto.

Come si può evincere da queste foto.

Ecco, premettiamo quanto segue.

Io, come Bruce Willis con Maria de Medeiros di Pulp Fiction, cazzo, mi ero raccomandato.

Dopo che il mio racconto fu selezionato fra quelli vincitori, comunicai all’ufficio stampa che vi era un ripetizione che andava cortesemente corretta.

Ovvero, l’incipit è questo:

Salve,

mi presento.

Sono un ragazzo di trentotto anni e, fra un paio d’anni, supererò la soglia dei quarant’anni e, ahimè, entrerò anagraficamente nella fascia d’età oramai adulta al cento per cento. E non posso negare che questo traguardo mi angusti non poco. Io mi sento ancora giovanissimo, un perenne adolescente in questo brillante e poi opaco viaggio che è la vita nel suo imperterrito inondarci sempre di emozioni. Alle volte negative, talvolta felici e liete. Che ci riaprono alla vita e c’irradiano di grande estasi.

 

Ecco, questo doppia mia vita di doppia vita appunto non mi piaceva. E dissi loro di modificare la seconda vita… con esistenza. Dunque, che ci riaprono all’esistenza…

Oggi ho trentanove anni e non trentotto. Ma il racconto fu da me spedito quando appunto ne avevo 38.

Più avanti, vi è un refuso. Dalla fretta, non mi accorsi che, anziché scrivere leggermente, scrissi leggeremente.

Un errore leggero ma va corretto.

Poi… affranto dalla depressione. Sì, tutto sommato ci sta. Come riportato dalla Treccani, affranto dalla stanchezza, dalle delusioni…

Sì, può andare.

Dopo di che… sentii un indicibile svenimento.

Uhm, insomma, lo svenimento non è una cosa che propriamente si sente/a. Era meglio se avessi scritto… mi sentii svenire.

Ma sì, è licenza poetica svenevole.

Fatto sta che è stato pubblicato così. Compratelo e non rompete i coglioni.

 

Ma, nel mentre dei miei festeggiamenti, mi è sovvenuto ancor in mente Liam Neeson de La ballata di Buster Scruggs. Uno dei più grandi maiali della storia. Mai visto un porco del genere. Credetemi.

La scena finale del terzo episodio dell’antologia dei Coen è qualcosa di veramente terrificante. Liam, dopo aver scoperto la gallina dalle uova d’oro, è proprio il caso di dirlo, si accorge che il ragazzo monco del suo “circo degli orrori” non gli serve più a un cazzo. Così, fa un’ispezione. Raccoglie un masso da terra e lo getta nel fiume. Per vedere se l’acqua è sufficientemente profonda…

Ho detto tutto…

Povero ragazzo…

Eh sì, amici. La vita fa schifo ed è anche bella. Uno pensa di aver trovato La preda perfetta e invece scopre che il Falotico non è il monco di Buster Scruggs ma Liam Neeson.

Non quello appunto del suddetto episodio coeniano, perché questo lo è lo stronzone, e neppure quello di Io vi troverò. In quanto non sono una persona vendicativa.

Sono al massimo Liam di Run All Night.

 

Sì, detta volgarmente, questa si chiama antologica inculata.

Complimenti per la vostra figura di merda.

Sì, un demente così non l’abbiamo mai visto.

Un Babbo Natale che protegge i bambini e dice porcate magnifiche alle belle, ricciolute passerine.

Insomma, una bella oca questo Falotico, no, volevo dire Neeson. Altro che coglione, questo ha un grosso ciddone.

 

Ora, per finire. Avete capito, dopo aver letto il libro del mio racconto, a quale film con DiCaprio si riferisce il giorno del miracolo del quale fui investito e che scatenò tutto questo casino della Madonna?

Provate a ricordare, no, volevo dire indovinare.

Aiutino?

C’è Liam Neeson, cari butcher…267B7B0900000578-0-image-a-64_1425949768503MV5BNGViNjIzYWItMzFkNS00N2EyLTk1NmEtOGM2YmFkNmIxNzE0XkEyXkFqcGdeQXVyNjUwNzk3NDc@._V1_

 

di Stefano Falotico

Un angelico miracolo durante la premiere di un film con DiCaprio


24 Jul

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Foto by Unsplash di Dario Veronesi

Salve,
mi presento.

Sono un uomo di trentotto anni e amo definirmi un menestrello pindarico, un funambolico poeta dell’immaginazione perché in me la fantasia più alata regna sovrana e incontrastata. Sebbene il mondo, con le sue trappole ricattatorie e le sue regole mendaci, abrasivamente spesso ci costringa a barricarci nella pigra, grigia alterigia e nell’osservanza dei superficiali valori sol improntati all’apparenza più edonistica.

No, io ostinatamente, coraggiosamente ancor inseguo, ghermisco e fortissimamente, irresistibilmente bramo quegli spazi materialmente intangibili ma vividi d’armonico splendore del cuore mio più incandescente, predatore dei più sentiti, personali e squillanti amori. Ove il magma candido dei miei sognanti nitori possa spandersi al di là dei tetri orizzonti miserabilmente angoscianti della vita che è sovente tanto abietta nella sua tetraggine più meschina e scevra d’ogni infuocante, marmoreo, vitalissimo ardore.

E ancor non mi rassegno a dar le dimissioni dalla mia sfrenata passione per la venustà leggiadra del mio innato romanticismo puro, invero, ahimè, da tanti cinici osteggiato.

Ora vi racconto un’incredibile storia accadutami anni fa. Non pretendo che crediate sia vera, appare a me stesso tanto fantomaticamente assurda che i miei stessi sensi ancor increduli e perplessi di oggi vorrebbero respingerla, ma poi puntualmente abdico all’inevitabile verità eccezionale che a me, in tutta la sua magniloquente potenza, fulgida e roboante come un bacio d’angelo bianchissimo sceso dal cielo a illuminarmi, mi si para dinanzi tutt’ora con ipnotico, inesorabile, magico furore.

Rimembro la mia adolescenza spesso così tanto funestata da patetici lamenti, da un perenne, esistenziale tormento che, nella sua agonizzante, schiacciante, opprimente tristizia, mi soggiogava in stati d’animo d’insopprimibile malinconia come se fossi un fantasma vagante in un animo che, un po’ masochista, scacciava ogni spontanea gioia e ogni più lieta, naturale letizia.

Sì, ero immensamente depresso, tanto da chiudermi nel più assoluto mutismo. E avevo soppresso ogni slancio fieramente vitalistico, imprigionandomi in un ectoplasmatico cuore mio emozionalmente asmatico.

Ma comunque vivevo, altresì, di poderose passioni, come quella fortunatamente ancor in me furente per il grande Cinema più splendente.

Così, di buona lena, abbandonando momentaneamente le mie melanconiche, addoloranti inerzie, mi diressi a Roma, per assistere alla prima del film Gangs of New York con protagonista Leonardo DiCaprio.

Era l’11 Gennaio del 2003, sì, una quindicina di anni fa. Ah, come scorre celermente il tempo quando, adesso che superate le tristezze di quel mio paralizzante, emotivo spazio-tempo tanto a me affliggente, qui felicemente ricordo con nostalgia commovente quell’attimo miracoloso tanto infinitamente suadente. Dopo tante ipocondrie strazianti, il vigoroso attimo indimenticabile più lucente.

Sì, perché me ne stavo lì tra la folla osannante il suo beniamino e all’improvviso avvertii un lancinante intorbidimento dei miei sensi, cosicché fui prossimo allo svenimento più stordente.

Sì, l’ultima volta che in vita mia davvero ero stato spensierato e felice, avvenne molti anni or sono, molto prima di quella premiere.

Sempre a Roma quando, a pochi mesi dalla mia tribolata adolescenza, mi trovai nella bellissima capitale in gita scolastica. Ah, che periodo stupendamente ridente.

Si giocava, si scherzava, nell’animo si danzava squillanti.

Mai più, da allora, mi ero sentito tanto euforico e baldanzoso, robustamente, sì, orgogliosamente, vividamente adolescente e placidamente festante e pimpante.

Mai da allora più sentii in me scorrere la forza della vita più magnificamente sfavillante.

Non so cosa esattamente a Roma, lì, in quell’istante mi accadde.

Per molto tempo fui sentimentalmente arido e cieco ma finalmente udii rimbombare nella mia anima, com’irradiata dall’alto da un’illuminazione soavemente ardente, un brivido piacevolissimamente terremotante.

E tremai, dapprima impaurito da quel devastante fulmine emotivo piovutomi dentro l’anima turbata e di colpo rinvigoritasi in modo tanto bruciante che il mio spento cuore trafisse a ciel sereno in maniera meravigliosamente a me luminescente e tonante, quindi rividi il mondo con enorme chiarezza stupefacente.

Ero di nuovo vivo e innamorato del mondo.

Sì, così come se durante quella gita scolastica qualcosa di nefasto e misteriosamente inquietante mi successe e inconsciamente m’indusse poi a esiliarmi e a vivere sempre strozzato nella cupa nerezza della depressione più lancinante ma quindi, nuovamente ritrovatomi a Roma, per strano, non pronosticabile e imperscrutabile, fatale e sbalorditivo scherzo del destino, proprio lì, riscoccò in me la memoria del tempo perduto, il fulgore dopo tanto patito e perfino compatito, auto-ingannevole dolore. E risi fra lo sgomento, il terrore e il mio riagguantato, per troppo tempo smarritosi, sconvolgente amore.

Secondo me questo è stato un miracolo. Chiamatelo tenero, dolce, inaspettato e inaudito calore!

Io credo davvero che lo sia stato.

Tutto qui.

Ecco, vedete, credo che a leggere di quest’esperienza senza averla vissuta, si può rimanere indifferenti. E questa breve storia può indubbiamente apparire perfino banale e sciocca. E, ripeto, mai e poi mai pretenderò che possiate prenderla seriamente.

Io so che stentiate a credermi. E, per certi versi, come potrei darvi certamente torto?

Vorrei farvi credere che un semplice viaggio a Roma abbia in un nanosecondo cancellato tanta mia vita affaticata e affranta?

E che davvero dal cielo io sia stato prodigiosamente illuminato da una radente, angelica grazia a infondermi la scintilla vitale per immemorabile tempo in me offuscatasi?

Non so. Io ripenso oggi a quest’episodio con lucidità e puntiglio estremamente raziocinante e non addivengo a nessuna scientifica, chiarificatrice spiegazione logica.

Come mai però, in quell’interminabile, martellante intervallo di tempo, nella mestizia più sconsolante mi ottenebrai e, oserei persino dire, un po’ ingenuamente vagai fra umori così rabbuianti e una coscienza mia mai davvero di vita scalpitante, soffocato da continue, imperterrite, emozionali intermittenze? E poi, in un istante incantato, rinacqui?

Sì perché da allora, dopo quella mia visita a Roma, il mio cuore si rinvigorì di ritrovata e forse dall’alto a me ancor concordata, armonia e interiore, florida bellezza?

Questa è la mia verità e di verità, assurde, grottesche, surreali e allucinanti è fatto il nostro mondo, pervaso com’è innatamente e dannatissimamente da profondissimi e arcani, irrisolti misteri divini insondabili e addirittura perturbanti, davvero inquietanti.

Si racconta anche che Roma non sia stata costruita in un giorno ma poi si trasformò in un prosperoso, immane impero, che poi soccombette dinanzi alla sua tragica caduta e che, dalle ceneri del suo tristissimo disfacimento, in gloria e folgorata da nuova luce risorse come il mio stesso umore rivitalizzato di riafferrata temerarietà del cuore.

Ci avete mai pensato? Si nasce, si muore e si rinasce ancora, inseguendo altre abbaglianti, calorose aurore, con riscaturito, sfrecciante ardore. Fra altri sofferti dolori ancora bloccati dai nostri stupidi o vigliacchi pudori.

E a questo miracolo non credo ci sia né mai potrà esserci una veritiera, innegabile, realistica spiegazione.

Perché questa è la vita nel suo incedere tanto esoterico e strambo e noi siamo stelle viaggianti in quest’altalenante, incerto ma affascinante spegnersi e riesplodere dei nostri rinnegati e ritrovati amori, persi magnificamente in tale insistente, battente, eterno essere, fin alla morte, senzienti e presenti.

Figli del nostro inesplorabile destino.

Ma ora… Un antico proverbio dice che non c’è mai due senza tre. Quindi, vi chiederete se da allora io sia ritornato a Roma.

Sì, son stato altre volte a Roma. Ma non è successo niente.

No, posso dirlo in tutta sfacciata franchezza, non è il tipo di città in cui vivrei, è storicamente importantissima, architettonicamente un capolavoro vivente, ma è troppo frenetica, cinetica, caotica e frastornante per un tipo come me.

Che or riama la vita ma allo stesso tempo ama anche la paciosa rilassatezza sanamente inquieta di un’esistenza che vive nel suo appartato, tranquillo, più discreto cogliermi in ogni silenzioso e poi sonante, interiore rumore.

 

 

di Stefano Falotico

Sono il commediante, Ash dell’Armata delle tenebre, il più grande genio della storia, credo sia oramai palese e inconfutabile


06 Mar

Armata delle tenebre

Ebbene, vi presento questo video in cui il grande Antonio Gallo presenta la mia opera Il commediante, libro che dovete acquistare per assurgere a dimensioni più elucubranti e rallegrar le vostre vite spesso ripiegate in afflizioni senza speranza. Io do vivacità alle anime spente e le rinvigorisco, forgiandole al sapere onirico della nostra rinascenza. Sì, esercito di zombi e scheletri ambulanti, schieratevi in battaglia perché qui stiamo parlando della vostra vita. E dovete averla a cuore se non vorrete risvegliarvi un giorno e rimpiangere ciò che poteva essere ma la vostra stupidità, i vostri autoinganni vi hanno costretto in dimensioni poco sagaci, poco ruspanti, poco voraci, e mentiste alla vostra coscienza, allineandovi al porcile di massa, scoprendo che rinnegaste solo le vostre vere passioni soltanto per far felice una cretina che, peraltro, era l’unica che un po’ vi cagava.

Secondo il Morandini, L’armata delle tenebre del Raimi (e qui c’è l’assonanza con Morandini, ah ah), è la storia di un grullo che mette in discussione tutto e fa saltare completamente il cervello a tutti. Secondo Morando, è un film per persone dall’età mentale di 12 anni o per snob capaci di cogliere gli echi di Paolo Uccello…

Secondo le nuove generazioni, è un capolavoro assoluto, che alla sua uscita fu enormemente incompreso, tant’è vero che per questi qua, fanatici le cui esistenze sono molto “obiettabili”, hanno allestito una limited edition in super Blu-ray piena di contenuti specialissimi che entrerà ufficialmente in vendita l’8 Marzo.

La verità dove sta? È un film da storia del Cinema come professano i suoi indefessi estimatori o un filmetto al limite solo divertente, scacciapensieri e un po’ demenziale?

La verità, come in tutte le cose, sta nel mezzo. Un film da sette, perché indubbiamente la sua visione scorre liscissima e te lo godi immensamente ma, suvvia, non esageriamo. È anche una bella cafonata un po’ stupidina. E, onestamente, spendere 80 Euro per “collezionarlo”, mi pare qualcosa che si possono permettere solo i tonti.

Ma chi sono i tonti? Secondo il dizionario Treccani, il tonto è colui che è “malato” di stupidimento, una persona affetta, e probabilmente incurabile, da buaggine, imbecillità, castronaggine, microcefalia e ocaggine.

Insomma, il contrario del Falotico, che in quanto falotico (cercatene il significato sempre sul vocabolario) è essere geniale, stravagante, bizzarro e non inquadrabile, dunque di gran cefalo, di cervello sofisticato, sconfinato e, stando a quello che dicono le donne, anche dotato di un uccello come la motosega di Ash.

Insomma, chi nasce tonto non può morir quadrato, forse come lavoro farà il quadro e, avendo poca fantasia, non arrederà la sua casa di bei quadri, passando la vita a giudicare il prossimo secondo la sua ottica distorta, e cercando d’inquadrare perfino me, che in quanto non catalogabile dal suo cervello piccolino, non può rientrare nelle sue classificazioni generiche e stolte.

Ora, molti si chiedono: ma cos’è successo a Stefano? Questo ragazzo che stava sempre zitto e che, a prima vista, appariva come tonto, veniamo a scoprire che è il genio numero uno della storia?

Ecco, se avrete la pazienza di ascoltare questa mia storia, per quanto incredibile possa apparirvi, se abbandonerete i vostri pregiudizi, ve ne incanterete e mi darete ragione. La ragione non si dà ai matti ma agli uomini oltre l’umanità cretina e vanagloriosa.

Ora, mi ricordo, e la mia memoria, sapete, mai mi tradisce, che andai a Roma a Gennaio del 2003 a vedere l’anteprima italiana di Gangs of New York. Alla presenza di Scorsese, di DiCaprio e Day-Lewis.

Improvvisamente, venni colto da uno strano malessere e stetti per svenire. Sì, ero stato a Roma in gita scolastica nel lontano 1992, più di dieci anni prima, e in quel periodo ero estremamente sano, amavo la vita e, posso dirvelo, a patto che mi crediate senza batter ciglio, c’era una bella biondina, di nome Tiziana, che detta fra noi voleva leccarmi l’uccellino…

Poi, il mio uccello appunto svenne, non venne e nelle mie malinconie si svenò…

E, in quel giorno della premiere di Gangs of New York, tutto mi riapparve chiarissimo.

 

Da allora, nessuno psichiatra ci ha capito un cazzo. Ed è stata un’immonda barzelletta e presa per il culo.

Il resto lo sapete…

Insomma, diciamocela senza infingimenti, la mia vita è stata una stronzata per molto tempo, è giusto che ora sia un capolavoro…

 

 

di Stefano Falotico

Daniel The Butcher sono io! Fuoco e fiato alle trombe!


11 Aug

 

La leggenda del Butcher, l’Uomo che “sbuccia” e succhia le vostre boccucce da banane, miei scimmiotti!
L’ascia contro le bagasce!
La gente s’è scocciata della bontà a tutt’andare, scagliate frecce e bruciate le loro case, appiccate e impiccate, calma piatta e paura a conficcata!
Che confettino eh? Ecco la confettura! La birra “Nastro Azzurro!”.

Terrorizzati, affiniamo le armi. Affinità “muliebri”, misoginia pura. Feroce, van sbranate, che cosa sbraitano?
Io sono il poeta, il “macellaio” delle carni “addolcite” che saccheggio in appuntito arrostirle con bracieri a mia lanterna rossissima, altro che Revenge con Costner e la Stowe. Sono il mohicano e quella va spalmata nel fuoristrada con del burro d’arachidi, d’amplesso gorillesco inculato nei posteriori. Tanti car(at)i, essendo quel culo un pezzo da novanta di gran “bigiotteria”. A rombar di motore scoppiettante nello scoparla di boschi forestali. Deflorazione! Basta con le flore intestinali, mie da gastriti e fegatini! Ecco il lupo al sangue! Agnelline, che taglierino! La fauna pelosa va “disboscata” nella quercia ardimentosa, nei cespugli abbisogna, miei bisonti, aggrovigliar il rovente prepuzio e d’arbusti esserle bellimbusto! Che praterie!
A bastardo poi lasciarla come una cagna, per inseguire altre “delfine” su tal vita da rodeo!
A velocità supersonica, trombo di tuono e col tonno condisco l’insalata anche delle anoressiche scricchiolanti di cavalline. Che “magro”, nuda e cruda di costolette! Delle frustate da frustare col salsicciotto nel carburare di burro e permear di pioggerella come la marmellata granulosa delle fette biscottate.
Inacidito, sì, oleoso son permaloso se gl’idromassaggi schizzan di mia precoce “effervescenza”. Ma io batto il ferro caldissimo, a martello che trivella in pneumatici “vuoti a perderlo”.
Lo sperpero, le sperono, indosso scarponi e m’arrampico sulle loro “sdrucciolevoli”, montagnose e scoscese colline, ché rassodo le lagrimine delle valli e lieto-latteo m’allieto al “cioccolato” svizzero su mio orologio a cucù che “sbecca”, spicca svettante e incula nel lì volar alla Nicholson.
Sono da manicomio, ove sederò nel sedere ogni Fletcher. Ecco la siringa!
Azzardando poi slavine di valanga alla “vaniglia” nell’infernale Quinlan che tutte le Marlene Dietrich striglia! Con tanto di “in sequenza” che plana pian pianino a “mano nella manina”.

Sì, le donne mettono tristezza, si commuovono sempre per i film tristi. Roba tipo Pretty Woman nella Julia Roberts della loro minigonna un po’ vacca e po’ a Richard Gere “il carino” che le “ovatta” da “brave bimbine”. Vai, american gigolò!
Giochicchia Richard, provoca e la farfallina scricchiola. Che scricciolo. Va “scaccolata” la sua depressione, dinoccolandolo a tocchi del profiterole e scandendo allo zabaion’ nel “distillarlo” rosato tendente, se non modererete la foga nelle fighe di Savoiardi, arrossato sul rossetto sbavato.
Ah ah. Van “sbrindellate”, di brillante “affogarlo” e infilate andran sciancate dell’infilzata.

Ma sì, ci vuole un cazzo senza tenuta stagn((ol)a, basta con queste lagne. Tu, idiota, vai a “stirar” la lana, voglio la coperta di Luna sottosopra. La imbocco io di “termosifone” con tanto d’unghie da Wolfman.

Queste donne coi figli a carico. Dovete caricarli subito di “cascate” e non condurli a guardare Madagascar. Cartone animato d’accartocciare in quanto fa cagar’! Cascamorti ipocriti! Vi stupro i coglioni, che siete, a morsi.
Senti, puttana: “Ti strappo il mascara, ti riempio di denso mascarpone e la frutta sarà una mela o una macedonia?”. Sì, finché c’è zuppa va il pen bagnato.
Tanto queste sono tutte “languide” e liquorose. La linguaccia! Ecco il Grand Marnier, di marca “pregiata”, come sfregio io d’insaporirlo liquido neanche il cappuccino più cremoso. Io stuzzico dolcissimo nell’agre imbiondarlo su uve di mia vigna aggrappata ai grappoli che digradano poi in altre vagine di-vine.
E “stappo” ogni topa anche in cantina, dando alla candida un vinello d’ubriache finte e alla dura zoccola una mentina su piantagioni di “zucchero”. Ecco la canna!
Ecco lo spinello, avvocaticchio! Ecco la pipa, psichiatrello! Ecco il vasino, bevilo tutto!

Viviamo nel 2013 e queste ancora son delle patite di Top Gun. Ecco lo Sputnik con tanto di ingoia e sputa. Ecco il razzo sulla rampa di “slaccio”.
Accordami il decollar del tuo Concorde e vedrai che corde vocali! Sparirà come un Ghost! Sono il Cancro!
Sì, sono un “mostro”, e me ne fotto! Se uno viene da me e vuole punirmi per tale “esecrabile” mio “gesticolarle”, gli prendo i testicoli e li faccio al roast beef, dando poi la carne ai porci!

Me ne sbatto, di mio faccio un cazzo! E così dev’esser scopata. Senza cazzi da lavoratori della minchia!
Ecco il lavoro. Al tuo culo. E piglialo “al volo”. Altrimenti, altro “turbo”.
Hai colto? No, non hai i riflessi pronti. Questo sgozzarti invece fa sgolare? No? Allora, ci vuol lo “spago”. Panzone, tracanna e ciuccia la cannuccia di tal “cannolo” penzolante!

Eccoti servito il dessert, faccia di merda.

E te lo sei andato a cercare!

Ordine erotico perentorio
“Donna, fammi vedere il seno, va insinuato subito. Perentoriamente al mot(t)o perpetuo del balistico imperialismo. Avanti, non aspetterò una puttana in più”.

“Tenere” son le notti quando s'”addormon” nell’efferata ira “ascetica” del “pacifico” Uomo delle solitudini “lunatiche”


24 Aug

 

Qui, vige la Legge inoppugnabile del più forte, di suo mantello “preistorico” nella (ri)nascita delle sue stesse, camaleontiche “morti”

Orde barbariche agli angoli di questa strada mendicano il mio talento, sputandolo in viso al fin che “lo” offra in sacrificio ai loro oboli. Ah, il lobo delle vostre orecchie sarà “morente” nella mia voce, e la udirete quando “insaponerà” le friabili vostre ossa, già martoriate nelle bestemmie “tendenziose” della trappola che “sogghigna” nelle insidie delle vostre “insigni” bugie, quando v'”imbavagliate” in cene ove l'”orgia” è assuefatta a labbra torpide di un’arida ingannevolezza “ariosa” che, invero, incenerì i vostri pusillanimi cuori cinici nelle “dolcezze” d’uno svenimento che disgusto.

Ah, che schifo. Raccolo solo la mia saliva per spargerla a virtù incensante in onore dei deboli di Spirito ché, affiliati alle gengive mie sanguinarie di morsicanti ire del mio reame mai assopito nella vostra pasciuta sazietà, innerverà di DNA principesco le cellule delle anime “impaurite”, per spronarle d’una energia guerrigliera, accerchiando quindi, accigliato, i torvi mentecatti per poi (s)fasciarli nel “soqquadro” convulso d’una “bestial” irrisione “burlesca” quanto la degenerata pazzia, così fallace, che assassinò la Luce lucidissima delle coscienze “irregolari” con la “propedeutica taumaturgia” ancor schiava e succube della vostra deviante “leggiadra”, tanto “aggraziata” quanto ingrata a chi come me, fiero delle sue (ano)malie, non fu atterrito dalle regole a cui vorreste che atterrisca. Oh, le terrorizzate, incupendone, sì, le avvenentissime libertà. E vi turba che esse or (vi) ridano in faccia, commosse e vive, magnificenza che si tocca sol annusandoci da lontano. Me e la mia “prole” di prodi (e)letti e di prodigiosi effetti, a “bruciarci” nella Notte, “foschi” per esser delicati solo all’indulgenza del nostro Piacere.

Spogliati Donna, apri le gambe, mostra alle nostre “cristologie” le stigmate per cui peccasti d’avarizia, ed elargiremo odi all’allegria fra questi “grattacieli” storti, “penzolanti” e già traviati da “intimità” mostruose ischeletrite d’armadi senza sogni e da corrotti “indaffarati” e “onesti” nel romper solo le uova nel paniere e a spezzar le teghe di “baldacchino” senza il ve(t)ro baccano della nostra forza.

Topo, ti scoverò quando te “la” fumi, “sbaciucchiante”, nel tuo “scolo”.
E scoperò il “pozzo” nero della chiave di tua moglie.
Altro che la tua cloaca. Con me sarà davvero “allocca” e tutto (in)fioccherà… è una falsa monaca e tu un prete per la nostra “Comunione”.

Ora, gemi e prega. Il silenzio è il tuo Pastore.
E ti ho salvato dall’idiozia.

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. Gangs of New York (2002)
  2. The Warrior (2001)
  3. Mad Max: Fury Road (2013)

 

Genius-Pop

Just another WordPress site (il mio sito cinematograficamente geniale)