Da piccolo ero un talento in erba, anche se i campi erano sterrati e le gambe mi “stiracchiavano”. Poi, verso la metà della mia adolescenza quanto mai impervia, inquieta, ansiogena, forse anche sessuofoba, giocai mezz’ala destra, servendo palloni ai centravanti. In allenamento facevo sempre rete, dunque quella testa di cazzo del mio allenatore decise una domenica, anzi era un sabato pomeriggio piovoso e incerto, di schierarmi appunto centravanti di “sfondamento”. Il mio fisico, all’epoca gracile e macilento, oggi appesantito da antidepressivi pesanti e asfissianti, si prestava bene per il ruolo scattante, ma fu un’illusione che durò solo un’ora e mezza. Disputai la peggior partita della mia vita, ne fui provato e da allora mai più in quella (im)posizione mi provarono. Eppur potevo essere un centravanti provetto, ma son rimasto mezzo poveretto. Ricevo molti colpi bassi e le donne mi deridono con guascona “euforia” delle lor cosc(s)e inseminate da qualche “goleador” più redditizio. Si sa, le donne cercano i figli e la famiglia, mentre io poco mi allatto, no, adatto a questa situazione “mestruante”. Oggi, ho bevuto dopo pranzo un caffettino amaro-dolce al Bar Centrale di Castenaso e, all’uscita, uno gridava che hanno acchiappato il lupo. Il lupo sarebbe Igor, il ricercato omicida di “Budrio”. Una notizia falsa, infatti non l’hanno beccato. Igor sgattaiola e dorme, latrando, nelle latrine. Mentre io mi scolo, tutto solo, un’altra lattina. Sognando la Via Lattea. Non sono un poppante né un furfante, sono emblematicamente faloticante.
Di mio, comunque, vado a “segno”. Più che altro a seghe.
Meglio che essere un lupo o un porco. Di mio, non sono neanche frocio, forse procione. Sì, i proci.
Evviva Belotti, detto il gallo. Evviva i cedroni. Anche la limonata, detta cedrata.
di Stefano Falotico