Be’, che dire? È sotto gli occhi di tutti, è lapalissiano che l’attore di cui vi sto parlando negli ultimi anni ci ha stupito. Un attore verso il quale ho sempre nutrito una forte ammirazione, personalmente tenuto molto in auge. Chiamatela, se volete, una relazione alchemica fra me e lui dovuta a una sfrenata simpatia nei suoi riguardi.
Parlo di Michael Keaton che, stando al suo nome completo all’anagrafe, si potrebbe confondere con l’interprete di Basic Instinct, perché Michael Keaton è il suo nome d’arte, ma invero lui è nato come Michael John Douglas.
Michael Douglas, cioè quello, eh eh, di The Game, all’epoca era già famoso, e aveva peraltro vinto l’Oscar come produttore per Qualcuno volò sul nido del cuculo, e fu per questa ragione, per non essere confuso col Douglas di Coma profondo, che il “nostro” Michael cambiò il cognome in Keaton.
Ora, vi chiederete voi. Non è che Michael Keaton ha anche un certo grado di parentela con Diane Keaton, l’attrice di Manhattan? Per quello che ci risulta, no. Assolutamente.
Ma la storia è curiosa… Michael scelse Keaton come cognome proprio in onore di Diane, che lui stimava moltissimo, e per omaggiare al contempo un altro suo idolo, Buster Keaton.
Premesso questo, analizziamo in breve, lapidariamente, la sua carriera. Dopo qualche cortometraggio e una situation comedy, la sua faccia sta molto simpatica a Ron Howard e ad Amy Heckerling, ma è soltanto nel 1988, col macabramente spiritosissimo Beetlejuice di Tim Burton, che Michael Keaton comincia davvero a farsi notare. E lo stesso anno interpreta una pellicola, a molti tutt’ora misconosciuta, Fuori dal tunnel, nel quale offre una prova recitativa sofferta e intensissima che i ben informati sanno essere una delle sue migliori performance di sempre.
Quindi l’anno dopo finalmente s’impone, ancora grazie al suo beniamino Tim Burton, in Batman. Un Bruce Wayne decisamente atipico, dal fascino particolare. Sul quale aveva puntato soltanto appunto il suo fido amico Burton, perché lo studio desiderava un attore più famoso. Scommessa vinta appieno. Il Batman di Michael Keaton è misteriosamente carismatico e Keaton v’infonde rinomata personalità.
Così come poi avverrà anche col meraviglioso seguito.
Keaton continua a lavorare molto, nel suo carnet filmografico ci sono registi pregiati come il Kenneth Branagh di Molto rumore per nulla, ancora la sua vecchia conoscenza Ron Howard di Cronisti d’assalto, il grande Harold Ramis di Mi sdoppio in 4, Quentin Tarantino di Jackie Brown, e Barbet Schroeder di Soluzione estrema. Anche se la sua prova più citata e ricordata di quegli anni appartiene al film My Life – Questa mia vita con Nicole Kidman.
Poi, ecco che arrivano anni di oblio in cui Keaton, comunque, lavora sempre instancabilmente, ma in film che non arrivano neppure al cinema. E non è mai un buon segno…
Ci pensa Alejandro González Iñárritu a resuscitarlo, consegnandogli the role of a lifetime in Birdman, pellicola per la quale va davvero vicinissimo a vincere l’Oscar ma viene per un soffio sconfitto al rush finale dall’Eddie Redmayne de La teoria del tutto.
L’anno dopo è fra i valenti interpreti de Il caso Spotlight. Lui non viene candidato ma, come accaduto per Birdman, il film vince l’Oscar come Miglior Film dell’anno. Non sono tanti quelli che possono vantare di aver preso parte rispettivamente a film che, per due anni consecutivi, hanno primeggiato agli Academy Award. Voi vi ricordate altri casi? E infatti, sul palco, Michael Keaton gioisce come se avesse trionfato da Best Actor.
Soltanto l’anno dopo, offre un’altra interessantissima prova attoriale in The Founder. Ma sia i Golden Globe che gli Oscar lo trascurano. In compenso la Critica lo acclama nuovamente.
Diventa Adrian Toomes / Vulture nel nuovo franchise di Spider-Man con Tom Holland.
E presto, assai presto, lo vedremo nei panni del terribile Vandevere nel Dumbo del suo “mentore” Tim Burton.
Che grande, sfavillante ritorno!
Un ritorno che dobbiamo all’imprevedibile virtù dell’ignoranza?
di Stefano Falotico