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È morto il Pibe de Oro, Dio è morto, Marx pure, e anche io non mi sento molto bene, evviva comunque Francis Ford Coppola & Scorsese, Al Pacino & De Niro!
Un uomo è morto. Un uomo non tanto normale…
Colui che, anche se non fosse vero che sia stato the greatest football player of all time, cioè il più grande calciatore di tutti i tempi poiché, con buona pace dei napoletani, forse lo fu Pelé oppure lo è Messi, oramai verrà considerato tale. Mi pare un doveroso omaggio. Sacrosanto!
Diego Armando Maradona, forse, non era un grande uomo. O forse, così come disse la serafica, magnifica, sì, gran fi… a, Marlene Dietrich nei riguardi de L’infernale Quinlan, a suo modo, lo era…
Un uomo folle, vizioso, capriccioso. Soprattutto permaloso. In particolar modo perché, per l’appunto, nessuno poteva dirgli che Pelé fu più bravo di lui.
Una testa calda, un uomo sanguigno e verace. Argentino eppur partenopeo nell’animo. Un uomo vulcanico che, alla pari del Vesuvio, purtroppo non potrà più eruttare la sua magmatica e magnetica forza lavica, incendiando le platee anche solo col potere del suo focoso carisma inaudito e immane.
Ebbe una vita sregolata, drogata, oggi oramai definitivamente e mortalmente infartuata.
Che vi piaccia o no, che l’abbiate amato, adorato, idolatrato oppure l’abbiate considerato solamente un pagliaccio, un giocoliere da circo, Maradona è un mito.
È, Dio c’è. C’è ancora anche se adesso sta lassù. A benedire la sua patria immiserita, forse miserrima o patetica, sta là e non prega Allah, sta alla destra del Padre a sperare che il sangue di San Gennaro riesploda vitalmente e vivifichi molte reliquie viventi, asciugando le lacrime amare di tanta gente di Napoli disperata. Credete a Nietzsche o a Woody Allen?
O agli zingari di Emir Kusturica?
Maradona era così. Un tipo difficile, scontroso, dal carattere fumantino. Fumante come il Nevado Ojos del Salado.
Tutti sapevano che era il più forte, al che lo invidiavano a morte e lo facevano apposta arrabbiare ma lui, esasperato, li afferrava per le p… le, no, prendeva una palla e faceva questo.
Facendosi perdonare per aver segnato, (ir)regolarmente, un goal con la mano. Mano de Dios.
Eh sì, rigirava sempre le frittate in modo balistico, più che altro ballistico, grazie al potere fascinoso della sua pancetta ipnotica. E, con posa basculante da “tarchiatello” deriso da Diego Abatantuno di Tifosi, dribblava ogni cattiveria, fottendosene immensamente, rifilando a ogni pallone gonfiato un’acrobazia esagerata.
Pura rovesciata incredibile. Che classe, che portamento. Altro che quella del Pelé in Fuga per la vittoria. Visto che fenomeno? Dunque, è morto Sean Connery dopo essere stato ucciso nella finzione, su commissione, da De Niro negli Intoccabili. È morto Gigi Proietti che doppiò De Niro in Mean Streets simili ai quartieri spagnoli.
Ed è finita una vita da Asso come in Casinò… The Irishman è un capolavoro. Anche tutti i padrini sono opere grandiosamente belle quanto il goal più bello del mondo. Al Pacino viene ucciso da De Niro in The Irishman. E, nel secondo capitolo della trilogia di Francis Ford Coppola sulla famiglia Corleone, al crepuscolo di un autunno tristissimo, non ha il coraggio di piangere, pensando che forse ha fatto ammazzare, per orgoglio e vanità cretina, il suo fratello migliore, interpretato dal compianto John Cazale. Il fratello che gli voleva più bene. Colui che non l’avrebbe mai tradito, bensì servito e riverito.
Maradona, genio del Calcio. Coppola e Scorsese, geni del Cinema.
Uomini malinconici, uomini passionali e al contempo fragili e tragici, uomini melodrammatici, uomini nel cui cuore batte un falò…
Ovviamente, vostra signoria, un articolo del sottoscritto, ovvero Stefano Falotico.
I progetti irrealizzati, forse solo idealizzati, di Brian De Palma: innanzitutto, Toyer ma forse è meglio il libro Il diavolo è un giocattolaio
Sì, ogni regista ha almeno, conti alla mano, anzi su due mani, circa dieci progetti ambiti, i cosiddetti dream projects, giammai realizzati. A causa di tutta una serie di circostanze sfortunate, di difficoltà produttive, semmai all’ultimo momento, riscontrate. Per colpa di non dati per scontati scontri con chissà chi.
Per esempio, credo che Francis Ford Coppola, oramai più obeso di Marlon Brando dopo vent’anni da Il Padrino, per quanto s’ostini ad annunciare continuamente le riprese, più e più volte slittate, mai veramente partite, oserei dire di sudore freddo patite, posticipate, semplicemente rimandate, diciamo pure mai svoltesi né iniziate di Megalopolis, a causa di evidenti suoi limiti anagrafici e d’una demenza senile sempre più galoppante, non salirà in sella a tale suo sognato film perennemente mai concretizzatosi. Sì, oramai Francis è vecchio, rimbambito più di Bruce Dern di Nebraska e Megalopolis, film sci–fi di natura semi-peplum, ambientato cioè in un’antica, oserei dire postmoderna, avveniristica Roma simil Metropolis, non troverà mai la luce.
Sì, Francis, fra poco ascenderai nei campi Elisi. Campi ove non finirà quella frustrata della cantante Elisa, bensì è il posto dei Beati ove salgono lassù non solo i Russell Crowe de Il gladiatore ma anche tutti i cineasti, per l’appunto, paradisiaci come te. Da empireo, registi imperatori che per anni imperarono sulla Settima Arte con tanto di sacrosanta aureola, giammai riposandosi sugli allori.
Allora… Gian(n)ina Facio fa sì che Ridley Scott, ogni volta che quest’ultimo giace/ccia con lei a letto, essendo ora costei sua moglie dopo averla data anche a Fiorello che, a sua volta, di “Karaoke” lo diede a Katia Noventa, non so se pure a novanta, ecco, fa sì che il regista del super malinconico Blade Runner, alla fine dell’amplesso con lei, reciti in maniera liturgica, diciamo anche da arrapato Mimì metallurgico, il celeberrimo monologo di Rutger Hauer con tanto di Cristoforo Colombo di 1492: La conquista del paradiso, no, di lui al settimo cielo come una colomba bianca che se la ride come una pasqua, come si suol dire.
Sì, ragazzi, dinanzi a Gianina tutta ignuda, semmai anche in perizoma e tanga presto da lei tolto per annegare il suo “Triangolo delle Bermude” (da non confondere con quello di Renato Zero), Ridley mitraglia come Eric Bana di Black Hawk Down per tempeste ormonali sue da Albatross senza bermuda.
Comunque, lasciamo stare Ridley (non sono ca… i che ci riguardino) che scotta con la Facio ogni volta che se la fa e torniamo a Coppola.
Megalopolis… dovrebbe esserci adesso Jude Law e, tanti anni fa, nel cast doveva esservi pure il nipote del Coppolone, vale a dire Nicolas Cage, assieme a Bobby De Niro, Russell Crowe (sì, sempre lui), Paul Newman e Kevin Spacey. Castrato da Scott per via dello scandalo imputatogli, forse peggiore di quello al centro del prossimo film di Scott stesso, ovvero Gucci, estromesso e censurato da Tutti i soldi del mondo poiché Ridley non poteva sputtanarsi… e ho detto tutto.
Ma chi se ne fotte… di Coppola. Parliamo di un suo grande amico, vale a dire Brian De Palma.
A quanto pare, malgrado perenni rimandi, Brian dovrebbe girare Catch and Kill, una sorta di storia alla Predator. Cioè un reboot del capolavoro di John McTiernan con Schwarzenegger? No, uno psyco–movie perverso, in stile hitchcockiano su tipico stilema depalmiano da Doppia personalità e Omicidio a luci rosse, ispirato ad Harvey Weinstein. Ah, ma allora questi registi sono fissati a fare i guardoni. Ma che sono James Stewart de La finestra sul cortile oppure De Niro di Hi, Mom? Mah… Fatto sta che alla Donna che visse due volte preferisco il mio libro La vertigine del lieve crepuscolo. Mentre a Kim Novak preferisco Rebecca Romijn di Femme Fatale. A Hilary Swank di Black Dahlia, preferisco Scarlett Johansson. Invece, a Sharon Stone di Sliver, preferisco il suo vedo-non vedo, diciamo il suo upskirt senz’alcun velo, di Basic Instinct.
Brian De Palma voleva Nicolas Cage in un biopic su Howard Hughes. Poi, lo voleva nella parte di De Niro da giovane, cioè Al Capone, nel prequel de Gli intoccabili.
Con Gerard Butler nella parte che fu di Sean Connery. Meglio che tale stronzata non sia stata realizzata.
Nicolas Cage nella parte di De Niro mi pare infatti una cagata pazzesca. E qui sono Paolo Villaggio/Fantozzi che attacca, senza mezzi termini, La corazzata Potemkin. Da Brian citata in The Untouchables.
Vorrei parlarvi invece di Toyer. Film che doveva essere ambientato a Venezia con Colin Firth e Juliette Binoche. Sulla Binoche, siamo tutti d’accordo? Potrebbe anche stare ferma, in gondola, per due ore e mezzo di film, senza dire una sola parola. Recitando in maniera annacquata, cioè interpretando un ruolo mal cucitole addosso che fa acqua da tutte le parti. Sì, cucite male parti che non calzino a pennello a Juliette. Meglio, difatti, che Juliette sia pure senza calze.
La sua bellezza oceanica parla da sé e scatena una marea cataclismatica in ogni uomo non solo romantico da Ponte dei Sospiri…
Che cosa? Juliette è invecchiata? Non diciamo stronzate. Se si spogliasse davanti a voi, comincereste a guardarla (e non solo) da ogni angolazione come John Travolta di Blow Out.
Comunque, avete ragione. Carla Gugino di Snake Eyes è più bona. Anche l’ex di Nic Cage, Christina Fulton. Lo sapeva pure Val Kilmer/Jim Morrison di The Doors. Eh sì, il re lucertola… e si prende l’ascensore.
Sì, credo che Cage sia stato reso cornuto da Christina molto tempo prima di essere da lei lasciato e venir coglionato da Patricia Arquette. Nic, dammi retta, riguarda la scena finale di Al di là della vita e non recitare la parte del duro. Fai pietà. Di Michelangelo?
In Toyer, Colin Firth doveva interpretare la parte di un genio pervertito che, anziché uccidere le sue vittime, le torturava psicologicamente. Facendo loro dello stalking e dello body shaming crudele.
Al fine di farsele, no, farle impazzire, rendendole psicotiche e obbligandole, giocoforza, a coma farmacologici e a gravissimi TSO.
Praticamente, quello che alcuni idioti fecero a me.
Peccato che non avessero calcolato che so scrivere libri à la De Palma ambientati in laguna come Il diavolo è un giocattolaio.
E che la mia attuale lei sia la donna che compare in questa copertina.
A proposito di Val Kilmer e De Niro, non scoperto da Scorsese, bensì da De Palma, miei voyeur “dritti”.
Che cosa dice Al Pacino in Heat? È gente cazzuta, questa.
Comunque, non nutro pensieri vendicativi nei riguardi di certa gentaglia che volle indurmi al suicidio, non sono Il conte di Montecristo.
E non ucciderò nessun Ted Levine. Neppure quello de Il silenzio degli innocenti. Non sono mica Jodie Foster… de Il buio nell’anima, no?
Per cui, i miei haters possono dormire sogni tranquilli. Tanto, sono così scemi che confondono Freddy Krueger di Nightmare con Diane Kruger di Bastardi senza gloria.
Oh, nazisti filo-fascisti. Non sono bello come Brad Pitt ma sono Leo DiCaprio di C’era una volta a… Hollywood.
Se non vi sta bene, vi spediamo subito in manicomio come Charles Manson.
Ecco, molta gente mi urla che io debba soffrire e stare malissimo.
A me pare di stare benissimo. Ora, mi spiace per il demente che andava a dire che io fossi schizofrenico. Semplicemente, è stato distrutto.
Sapete, se provocato da imbecilli, posso essere più cattivo di Al Pacino di Scarface.
di Stefano Falotico
THE IRISHMAN: il carisma di Bob De Niro, la forza sovrumana di Pacino, Leo Gullotta doppia Pesci e io sto vivendo una mistica estasi-ascesi da Gladiatore stalloniano
Questa mia vita è stata un Casinò. Ah ah.
S’è attuato in me, nella mia fisiognomica apparenza e anche nella potenza della mia romantica irruenza, un putiferio.
Sono scalmanato, devo darmi una calmata.
Pochi giorni fa, esattamente la settimana scorsa, senza sprezzo del pericolo mi sono indiavolato, no, involato per Roma. Di solito, si usa il verbo involare quando si prende l’aereo ma molta gente mi disse che persi il treno e invece, puntuale come un orologio svizzero, salii su quello di Italo con enorme charme, sedendomi nel posto assegnato in carrozza. Al mio fianco, una bella fanciulla orientale. Sul posto davanti, una che sul pc portatile stava guardando Shutter Island. Alla mia sinistra una strafiga che, per le due ore e un quarto di mio viaggio da Bologna a Roma, non ha smesso un solo secondo di fare su e giù con la scarpa destra, modulandola su movimento basculante di caviglie così sensuali da lasciarmi stecchito. Eccitandomi a morte.
Stazionai non alla stazione, ah ah, ma in un albergo di Via Flaminia, detta dai romani anche Via Flaminio poiché il quartiere si chiama Flaminio.
Certo che questi romani si complicano la vita. E ogni via porta alla capitale, ah ah.
Ero molto teso. Sono un accreditato stampa, sì, grazie alle mie pindariche collaborazioni giornalistiche, ai miei scritti monografici su Scorsese, De Niro, Carpenter e chi più ne ha più ne metta, dopo il Festival di Venezia, mi sono sparato pure quello di Roma in mezzo alla stampa. Che figata.
A Roma, però, avendo ricevuto in ritardo la conferma via mail dell’accredito, da me poi ritirato opportunamente al desk, come sapete, ho visionato solo The Irishman.
Adesso passiamo al remoto passato, centurioni, miei uomini gladiatorii come Russell Crowe, poiché Roma è la città eterna e nel suo fastoso passato imperiale ancora si riverbera! Ah ah.
Miei prodi, al mio “ciak” scatenate l’inferno. Ah ah.
Piazzai la sveglia alle sei e mezza.
Dopo essermi destato di soprassalto per colpa, appunto, del casino infernale della suoneria, mi vestii in tutta fretta, raccolsi opportunamente tutti gli oggetti personali e mi diressi alla volta dell’Auditorium. Ma prima bevvi un caffè alla John Goodman de Il grande Lebowski, sorseggiandolo nell’adocchiare l’ottima milf barista.
La osservai senza dare nell’occhio, anzi porgendole di sottecchi l’occhiolino. E pensai, fra me e me, questa è bona forte. Poi aprì bocca e compresi che era solo una popolana. Sì, di seno stupenda come la Ferilli ma, alla pari della Sabrinona nazionale, sboccata, farsesca, volgare e troppo burina.
Insomma, un’Anna Magnani ficcata in caffetteria nell’urlare ai suoi clienti:
– Volete i cappuccini? Pagateli, sennò andate a pigliarvelo inter-culo.
Sì, una donna simil-Christian De Sica.
Al che, dopo aver deglutito il bollente caffè saporitamente zuccherato, di lì a poco sudai freddo.
Cazzo, me in un ambiente di conoscitori altolocati di Cinema. Minchia, la paura scoccò a novanta ma avvistai in prima figa, no, a fare la fila, una ragazza più terrorizzata di me. Fu la sua prima volta al festival.
Solo a Roma, però, no, non è vergine. Se vi dico che è così è perché lo so. Ah ah.
Perlomeno, sessualmente non lo è più. Perché venne con me o perché, dopo essersela fatta nelle mutande per l’imbarazzo di trovarsi al cospetto di critici con tanto d’attestati, guardandomi negli occhi miei, languidi poiché parimenti intimiditi, si sciolse in mezzo alle gambe?
Non lo so e non sono cazzi vostri.
Fallo sta, no, fatto sta che dopo i primi, comprensibili timori iniziali e qualche pudica titubanza, dopo essermi sorbito un cinefilo mezzo matto, entrai in Sala Petrassi con tre quarti d’ora d’anticipo rispetto all’erezione, no, polluzione, no… proiezione di The Irishman.
Cosa urlò il matto cinefilo? Siete curiosi? Quanto segue:
– Questo film sarà un capolavoro e abbasso i cinecomic. Evviva Netflix che ha permesso a Scorsese di realizzarlo. La dovrebbe finire anche Francesco Coppola, Francis Ford, di schierarsi contro i film di supereroi. Avete sentito che cos’ha detto ieri? Che i cinefumetti sono spregevoli! È solo un rimbambito!
Dunque, una donna con le palle gli rispose con estrema acredine e severità impietosa, zittendolo subito e ricevendo la standing ovation di tutti noi:
– L’unico rintronato sei tu. Fa freddo, stiamo facendo la fila, non sappiamo se riusciremo a entrare. Torna al tuo posto e non sbraitare, villain!
Io ebbi il pass giallo come quello di Francesco Alò. Il passa giallo è di “serie b”, nel senso che si dà ai giornalisti online che non scrivono per il New York Times. Quello blu è riservato ai critici “di risma” internazionale.
Ma per piacere. Il pass blu è fighissimo e io al semaforo non passo mai col rosso. Ah ah.
Pensate che sia finita qui? Macché. Entrammo quasi subito, sì, noi “gialli”.
Ora però devo dirvi questo. Se le maschere e quelli della sicurezza ti lasciano entrare, significa che in sala ci sono posti liberi a sedere e, solamente a sala piena, bloccano ogni altra entrata. Per cui i ritardatari stanno fuori.
Ma, dinanzi a me, vidi un gruppo di ragazzini ipereccitati che gridarono tutti assieme appassionatamente:
– Saliamo le scale in fretta e di corsa, altrimenti ci perdiamo il film!
Fu a quel punto che compresi l’abisso come Adso da Melk de Il nome della rosa:
be’, se sono critici intelligenti questi, io in mezzo a tali ritardati sono il più grande critico del mondo. Sì, intimamente li criticai, considerandoli scemi, stroncandoli di pallino vuoto. Cazzo, se siete entrati nell’atrio, significa che vedrete il film. Se no, vi lasciavano fuori. Ma forse voi, fuori, lo foste dalla nascita.
Questa sarebbe l’intellighenzia italiana?
Comunque, io salii le scale con calma olimpica. Mi sedetti a fianco d’un gentilissimo signore distinto.
Ma, ancora una volta, dio della madonna, non fatemi bestemmiare, accanto me vi fu un’altra gnocca mai vista. E, prima che si spegnessero le luci, odorai il suo Scent of a Woman, facendo finta di non vederla, cioè di essere cieco come al Pacino del film suddetto ma, ve lo posso dire, la sentii tutta. Eccome.
Un’emozione impalpabile, indescrivibile come quella che provai alla fine di The Irishman. Insomma, il classico orgasmo da pure sensazioni a palle, no, a pelle. Liquide come il piacere di essersi goduto un filmone estasiante da farti (s)venire.
Ora, amici, non so se nella vita sia meglio un filmone o un figone ma, nel dubbio, io sceglierei entrambi.
Avete mai visto Over the Top?
Prima di Giancarlo Giannini, Ferruccio Amendola doppiò spesso, oltre a Stallone, anche Al Pacino.
Secondo me, sì, è un film puerile, Over the Top.
Ma rimane un mio cult.
Bull Harley dice a Sly che lo storpierà perché è merda di porco.
Sly, prima di battersi con Bull, ebbe davvero paura di non farcela. Se avesse perso l’incontro, avrebbe perduto tutto.
A me ha sempre emozionato la scena in cui Sly vince e Bull Harley gli stringe la mano. Porgendogli uno sguardo fra l’abbattuto e il sommesso-commosso, come per dirgli:
sei davvero più forte di me.
Bene, sono tornato a Bologna. Solita vita.
Uno vuole la recensione di tutti gli episodi de Il metodo Kominsky 2, un altro invece vuole la recensione di Dolemite Is My Name.
Scusate, devo rispondere a una telefonata, anzi no.
È la solita rompiballe. So io cosa vuole questa…
di Stefano Falotico
JOKER: hanno spostato la proiezione stampa per gli accreditati del festival di Venezia al 31 – Frankenstein contro Dracula, Fracchia contro Dracula, sono davvero una belva umana!
Cazzo!
Ho pernottato in albergo sino al 31, sì, è vero, devo lasciare la camera prima delle undici del mattino.
E che me ne fotte? Sì, m’era stato comunicato, così come infatti scrissi, che Joker sarebbe stato proiettato alla stampa il giorno prima, appunto, della mondiale anteprima.
Fu una soffiata erronea.
A quanto pare invece, eh già, potremo vedere Joker in Sala Darsena alle otto e mezza del mattino?!
Dico, ma è un orario improponibile.
La sera prima non posso imbucarmi a qualche festa, leccando la passerina di qualche gattina. Non posso neppure ubriacarmi, insomma, sarà una vigilia di casta astinenza. Una bella inculatina.
Va be’, ultimamente sono molto astemio, però di più bestemmio.
Avete letto?
Bene, ragazzi delle scuole, segnatevi quest’aforisma appena coniato da me stesso, il Falotico presente-assente.
Repetita juvant e abbasso la Juventus: ultimamente sono molto astemio, però di più bestemmio.
Sì, ci sarebbe pure la proiezione quasi a mezzogiorno, sempre del Joker, in Sala Grande.
Eh, ma per poter accedere a questa proiezione, forse la sera prima bisogna fare il lecchino.
Ho detto tutto.
Ora, cambiamo totalmente argomento ma diamoci comunque dentro!
Ah ah. Ritengo Kenneth Branagh un genio. De Niro di più. Joaquin Phoenix, quasi.
Reputo invece tu un pagliaccio, sì, sei un invidioso come Iago. In verità ti dico che non sei dotato come un mandingo, ovvero Otello, il moro di Venezia.
E quella mora finirà a letto con Brad Pitt di Ad Astra. Secondo me, sì. Secondo te? Dai, ordina un piatto di tagliatelle, accompagnale con un buon vinello e Donatella amerà comunque sempre il mio uccello.
Sì, gigioneggio. Le sparo grossissime, sono un burlone, nel divertimento ilare volteggio e, chissà, forse Ilaria con me notteggerà per mie e sue congiunzioni carnali in gran quantità d’ormonale qualità. Ah ah. Terminata che sarà la fornicazione, dopo l’orgasmo e l’amplesso ginnastico, Ilaria riderà di gusto, poi andrà in bagno, si guarderà allo specchio e si truccherà per mostrarsi in pubico, no, in pubblico.
Sì, la gente cosiddetta normale, a cui ovviamente va messo alle donne, no, vanno annesse le donne, prima d’incontrare la realtà quotidiana che sta là fuori, cazzo, usa maschere che neanche Pirandello si sarebbe mai sognato di descrivere, scrivere, dipingere e (s)tingere.
Sì, questa donna da me a letto struccata, soprattutto toccata e assai trombata, dopo aver fatto sesso con un uomo nudo e crudo come il sottoscritto, per riassumere una parvenza da donna altolocata, chiamerà a raccolta tutto il Makeup Department del Joker, appunto!
Ah ah, sono proprio un Draculino e vi piglio tutti, in particolar modo tutte, per il culino.
Avete mai visto l’intervista che Kenneth Branagh pose a De Niro riguardo il suo, anzi loro, Frankenstein di Mary Shelley?
Prima, su YouTube era stata caricata integralmente. Adesso, ve n’è soltanto uno spezzone.
Comunque sia, amici, non fatemi la fine di Fracchia e Fantozzi.
Come dice Diego Abatantuono in Fantozzi contro tutti, appunto…
Avete incontrato, stavolta, chi vi ha dato pane per i vostri denti. Cioè pene.
Il filoncino speciale… ve lo ficco dentro il sacchetto?
Ma no, poveri rincoglioniti. Uno dei miei condomini, l’oramai anzianissimo signor Sacchetti, sta messo meglio di voi.
Forza, TONNA, cioè donna… come dice Abatantuono, vai a buttare la spazzatura.
Preparami la salsiccia!
Prendi anche questo sacchetto e ficcatelo in saccoccia.
Ehi, tu, non gufare!
di Stefano Falotico
Provocazione del giorno: Coppola è superiore a Scorsese, pure De Palma, Spielberg non lo prendiamo neppure in considerazione, le femme fatale, eccome, anzi, eccomi
Sì, fra i grandi registi della nuova Hollywood, c’è sempre stata una rispettosa rivalità acerrima fra questi quattro: i tre italoamericani Francis Ford Coppola, Martin Scorsese e Brian De Palma con l’aggiunta del quarto incomodo, lo statunitense di origine controllata più del vino del Chianti, Steven Spielberg.
Infatti, in questa tavolata di mangia spaghetti, che ci fa questo WASP di origini ebree sposatosi con Kate Capshaw?
E perché c’è anche George Lucas? Per stupire il cameriere con effetti speciali della Industrial Light & Magic a base di antipasti a forma di UFO?
Sì, George, fra una portata e l’altra, intratteneva tutti gli ospiti della trattoria, stimolandoli all’appetito:
– Non ce la facciamo più. Abbiamo le panze piene – urlavano tutti.
George: – Che la forza sia con voi. Siete solo al primo! Quando arriverete al dessert, sarete grassi quanto Francis e Brian.
Francis e Brian abbozzarono l’offesa riguardante la loro obesità, mentre Scorsese e Spielberg, da vecchie volpi, ridacchiarono, leccandosi i baffi.
Sì, fra questi quattro vi è stata enorme amicizia ma anche una competizione da ludri.
Avevano sempre fame di gloria. Appunto, la famosa fame da lupi. Rispettivamente volevano primeggiare sull’altro per mangiarselo vivo.
Steven Spielberg risolse subito la questione, girando Duel e Lo squalo. Ho detto tutto…
Rincoglionendosi poi col Cinema didascalico per vincere gli Oscar. Schindler’s List? Capolavoro, certo.
Ma il sopravvalutato Munich, no.
Sì, credo che, dopo Schindler, Spielberg si sia preso troppo sul serio. Dimenticò il sincretismo culturale del suo Cinema sognante a favore di un palloso Cinema impegnato più retorico della Costituzione redatta da Daniel Day-Lewis, cioè da Lincoln.
De Palma, poveretto, genio inaudito, è l’unico di questi che non solo non ha mai vinto un Oscar bensì non n’è stato neppure candidato.
Uno di questi giorni, di quest’oltraggio immondo, si vendicherà come ne Il fantasma del palcoscenico.
Perché, ad esempio, Coppola ha vinto per i primi due Padrini, Scorsese per il rifacimento in chiave Mean Streets proprio di The Godfather, in variazione sul tema a mo’ di poliziesco di Quei bravi ragazzi, con The Departed, uno dei suoi film più brutti, e invece De Palma per Scarface, Carlito’s Way e Gli intoccabili l’ha preso in quel posto?
Brian Russell De Palma, il più grande voyeur di tutti i tempi. Vero man, ah ah, altro che Antonio Banderas di Femme Fatale. Comunque, fra Brian e il bell’Antonio (che non è Cabrini, nemmeno Mastroianni del film di Bolognini), io preferisco Rebecca Romijn.
Credo anche voi. Se dite che non è così, vi consiglio Silence, Kundun e L’ultima tentazione di Cristo.
Sì, più che uomini timidi come Griffin Dunne di Fuori orario, voi siete dei buddisti radicalizzati nel cristianesimo più castrante.
Eh sì, eh. Se non vi piace Rebecca Romijn, le possibilità sono solo due: o siete detrattori del film Un’altra giovinezza e siete contenti di essere invecchiati, oppure siete attualmente ricoverati presso il manicomio diretto dallo psichiatra Ben Kingsley di Shutter Island.
Sì, sto riflettendo. Si dice che non ci sia due senza tre. Vi chiedo gentilmente di pazientare. Datemi cinque minuti. Sto cercando la terza spiegazione plausibile.
Ah eccola. Scusate se vi ho fatto aspettare. Avete avuto un incontro ravvicinato del terzo tipo. Da allora, non siete più molto umani.
Adesso, a parte gli scherzi, questi quattro sono degli alieni, degli extraterrestri. Altro che E.T. Pure extra-terroni come diceva Lino Banfi di Al bar dello sport. Sì, hanno origini siculo-lucano-calabresi. Qui la Terronia c’è tutta.
Però, mi spiace deludervi e deluderli.
Io sono più bravo di loro.
Ridete da matti e non mi credete?
E allora la vedremo! Sì, io quella di Rebecca vidi.
Se vi dico che è così, oh, è così.
Guardate che non è fantascienza e non è neppure un trip da Ready Player One. In quasi tutti i suoi film come attrice, Rebecca è ignuda.
Non era difficilissimo vedergliela.
Ora capisco la presenza di George Lucas.
Mise in guardia come Obi-Wan Kenobi il suo amico Brian dalle possibili tentazioni delle donne concupiscenti:
– Brian, attento che quella ti renderà come Chewbacca.
Di mio, sono spesso un uomo Solo, un vero Han.
Uomini soli, lanciamoci alla volta dell’impero del sole. Speriamo almeno che, dopo quella bomba da crepacuore di Rebecca, non ci scopi, no, non ci scoppi un’atomica da Hiroshima e Nagasaki per troppe emozioni terremotanti come un sisma devastante. Dicasi anche più semplicemente cataclismatico infarto spappolante.
Rebecca, diciamocelo, è bona. Ma è scema.
Di mio, ora vado a far merenda.
Ah, vorrei ordinare anche un ciuffo-banana come quello di Antonio Banderas oltre alle fragoline.
Si può?
di Stefano Falotico
Il Cinema esiste ancora? Certo, finché esisteranno personaggi come Mickey Rourke e uomini della pioggia
Sì, potreste definirmi Chesterfied Man. Altro che Marlboro Man. Marlboro era Don Johnson, vero dongiovanni. Rourke era invece Harley Davidson.
Sì, sono arrivato a cinque pacchetti al giorno di sigarette.
Son stato dal cardiologo. Mi ha detto che il cuore va benissimo. Pompa di brutto, come si suol dire. Ma mi ha consigliato una visita dallo pneumologo. O dal pneumologo? Su questo dubbio grammaticale oserei atavico, me ne frego del salutismo e, stasera, mangerò una pizza capricciosa con tanto di olio piccante alla faccia del colesterolo.
State tranquilli. Nonostante la pessima alimentazione e il fumo, non mi piglierà un ictus. Il cervello spinge.
I polmoni molto meno. Ma basta correre e io sono Born To Run…
Le connessioni neuronali sono a posto, malgrado l’ex uso massiccio di psicofarmaci, un bombardamento compressivo di pastiglie della felicità che io ho cestinato. Smaltendo poi i chili di troppo e ripulendomi dall’igiene mentale di questi insozzatori della coscienza.
Che vorrebbero turlupinarti i sentimenti, privandoti della tua personalità e lobotomizzandoti in un falso quieto vivere assurdamente allineato a canoni precettivi figli della Roma più fascista.
Sì, i critici romani, cioè la maggioranza della cosiddetta intellighenzia da bucatini all’amatriciana, dal se famo du’ spaghi e poi applaudiamo l’ultimo film di Nolan, sono insopportabili.
Dei borghesi marci figli di Antonello Venditti. Con le loro recensioni scolastiche come se fossero ancora al Ginnasio. Notte prima degli esami? Macché. Basta.
I loro video ammiccanti in cui, da piacioni quasi cinquantenni, porgono l’occhiolino alla collega con le occhiaie che scrive su Il Messaggero. Perché lei, ammirando il loro eloquio fluido da viveur sinistroidi con la panza piena, potrebbero starci.
Ed ecco che Luisa chiama Marco l telefono e assieme, dopo una cena alla trattoria di “Mario er burino che sa cucinare er burro”, amoreggeranno, rimembrando le loro fanciullezze liceali oramai assoggettate a un sistema editoriale per cui vengono pagati per acclamare tutto il Cinema più becero, loro direbbero “stracult”, elevando in gloria personaggi d’avanspettacolo, soubrette dalle forme giunoniche dalla recitazione che m’invoglia sempre più all’amore platonico.
Sì, in un mondo ove il puttanesimo impera, meglio vagheggiare, vaneggiare. Altro che questi salottieri da divanetti.
E sognare l’amore più puro come Russell “Rusty” James, il grande Matt Dillon di Rumble Fish.
Un altro Travis Bickle. Sì, come De Niro di Taxi Driver con la sua Cybill Shepherd, Matt capisce che Diane Lane è solo una benpensante.
La matta isterica si è arrabbiata soltanto perché in quella festicciola Rusty si è dato alla pazza gioia con un’altra. Andando poi con Cage, anche lui presente all’orgiastica seratina. Ma più furbo perché nipote di Coppola.
Nic ha gli agganci giusti. Può sistemarti e trovarti un lavoretto, Diane.
– Ciao, Diane. Stai con me?
– No, non sei il mio tipo.
– Ah, va bene. Tu sei laureata, no?
– Sì, perché?
– In Scienze delle comunicazioni?
– Sì, perché?
– Stai lavorando, al momento?
– No, mando ogni giorno il mio curriculum vitae ma nessuno mi si… ecco.
– Beì, mi ti… io. Sai conosco quello. Potrebbe darti una scrivania. Così poi diventi ancora più bella di quel che già sei potenzialmente. Sì, scompariranno le preoccupazioni per il futuro con una base economica soda.
E andrai in palestra, cantando da mattina a sera coi Thegiornalisti. Sai quanti followers?
– Ok, però solo una botta e via.
– Sì, solo una spintarella…, baby.
Intanto, Tom Waits, il barista saggio e mezzo matto, implora i ragazzi di moderare il linguaggio.
Il disagio sociale aumenta, la crescita demografica diminuisce, i giovani talentuosi si ammazzano o solamente si sviviliscono, disperati. Alcuni vengono tutelati, per modo di dire, da educatori laureati in pedagogia del buonismo ipocrita e provano a raccattare du’ spiccioli su Indeed e Bakeca.it.
Prostituendo i loro cuori pur di sbarcare il lunario.
Tom Waits brinda e sapeva che il maestro Dracula di Bram Stoker sarebbe tornato!
Tom ama Downtownn Train, da non confondere con Downbound Train di Bruce Springsteen, ed è amante della raffinatezza di Mr. Mystery Train, Jim Jarmusch.
Sì, Matt Dillon ma anche Matt Damon de L’uomo della pioggia.
Ove c’è sempre il mitico Rourke.
Matt si affilia all’avvocaticchio “nano” Danny DeVito. Ed entrambi combattono un’ingiustizia mostruosa.
Perché noi, vero, vogliamo che la gente sia come Francis Ford Coppola.
Che per colpa di pazzi come Trump non succedano più orrori da Apocalypse Now.
Nevvero?
Siamo stufi di questa gente che giudica e non combina mai nulla. Sprezzante, cinica, smorfiosa. Vogliamo gente cazzuta che cavalchi la sua moto sulle strade della California.
E siamo proprio stanchi delle umiliazioni di gente che non vediamo neanche.
Quindi, fratelli e sorelle della congrega, qui riuniti nella Dead Poets Society, il maestro ha da darvi una notizia festosa.
A maggio lui e un suo amico gireranno un mediometraggio.
E lo prenderanno tutti ove sapete!
di Stefano Falotico
Rusty il selvaggio: anche le società più primitive hanno un innato rispetto per gli alienati
Battuta memorabile di un grande Mickey Rourke nel capolavoro Rumble Fish di Francis Ford Coppola.
Sì, in occasione degli ottant’anni del maestro, ieri sera, intimamente ho rivisto questo suo film magnifico.
Esistono film fuori dal tempo, magici. Sensazionali.
Film che ti riportano indietro con la memoria quando come Matt eri un ragazzino un po’ disilluso. Al che tuo fratello maggiore, forse solo il tuo amico migliore, quello che ti capisce al volo senza che tu abbia bisogno di riferirgli per filo e per segno i potenti struggimenti del tuo cuore che tanto ti stanno tormentando, ti dice:
– Dai, cavalca e monta in sella sulla mia moto. Facciamoci un giro.
E, con la testa fra le nuvole, vivendo quei pochi istanti pindarici, nell’accelerazione gravitazionale della tua anima, dimentichi le fratturanti trappole dell’amore. Incantandoti nell’ammirare velocemente le insegne luminose, addentrandoti nel buio della notte ove la poesia più alta fa rima con l’immaginazione alata.
Rusty il selvaggio con un Dennis Hopper da Oscar sebbene si veda pochissimo.
Un avvocato disoccupato che vive in un tugurio. Che rincasa, fra opachi riflessi di animali domestici stampigliati nei muri fatiscenti di uno squallido stabile, come ombre cinesi dell’appartamento cangevole delle tue passioni infinite.
Matt, sconsolato, da solo al bar, chiede a Tom Waits come si possa capire se uno è matto.
E Tom, sorridendo dinanzi alla sua giovinezza acerba, gli dice che non sempre si capisce.
Quindi, Dennis chiede ai suoi ragazzi come va. Come in una canzone di Ligabue. Se in questo viaggio chiamato vita ora sono felici.
La sua vita è oramai rovinata ma quelli sono i due imperdibili boys. Il suo bene più caro al mondo. I suoi pupilli, i ragazzi per cui nutriva grandi speranze dickensiane.
La loro madre non è pazza, non vede la vita come gli altri.
Voi come state, amici? Fra poche ore mi aspetta un appuntamento cruciale per il mio destino.
Vi terrò aggiornati.
Ah, da quanto tempo non ci vediamo. Ne ho da raccontarvene. Andiamo a berci una birra e a farci delle pazze risate per le strade?
Io sono colpevole di molti errori. Lo so, me ne vergogno.
Ma il carisma brandiano resta e a maggio si parte con le riprese di un cortometraggio importante con un mio amico.
Abbiamo entrambi enorme fiducia l’uno dell’altro. Anche grande coraggio.
E possiamo garantirvi che ci stiamo impegnando al massimo.
di Stefano Falotico