Posts Tagged ‘Fog’

Coronavirus: siamo in un film di Carpenter? Facciamo le corna…


08 Mar

carpenterRipeto, non credevo che la situazione degenerasse in questa maniera.

Sottovalutai parecchio la questione Coronavirus sino a qualche giorno fa. Quando seriamente e maggiormente me n’informai, constatando personalmente lo stato angosciante in cui quasi tutti gli stati del mondo stanno sprofondando.

L’altra sera, per esempio, mi recai a Castel San Pietro Terme e nell’entroterra limitrofo dell’imolese. Rimanendo agghiacciato dalle misure di sicurezza sanitaria/e intraprese dai locali pubblici.

I banconi transennati a delimitare le zone di pericolo contagio.  Come si fa quando è avvenuto un omicidio e la polizia perimetra severamente le aree interessate alle indagini. Affinché nessuno possa lasciare tracce o toccare, con le sue mani poco igienicamente pulite, anzi sterilizzate, gli oggetti deputati alla prelevazione, non solo sanguigna, del “DNA” metaforico dei possibili incriminati.

Al Gallo Garage di Castel San Pietro Terme, luogo ameno di conviviali bevute, spesso frequentato da ragazze da bersi tutte d’un fiato, senza usare la cannuccia, bensì mordendole di dolci baci aspiranti ogni loro svenevole respiro passionalmente polmonare, assistetti a un desertico panorama tetro e spettrale.

Stesso dicasi della mitica Accademia del Pomelo. Ove, secondo decreto legislativo del sindaco rigidissimo, furono applicate precauzioni da fiaba nera del Pifferaio magico.

Prima di poter solamente sfiorare il vetro di un bicchiere contenente un caldo cocktail, forse più liquoroso dell’ardimentosa cameriera, in cuor suo sempre focosa, indubbiamente sollecitante e solleticante le virili regioni erogene più cremose della morbida e lieve panna spalmata sopra un White Russian squisitamente delizioso, bisogna urgentemente recarsi in bagno per smacchiare le mani sporche ed eventualmente morbose… no, solo affettuose poiché smaniose di tangere i polpastrelli di qualche pollastrella ma probabilmente affette da tale morbo contagioso.

Forse insudiciate per colpa d’aver mangiato un panino col wurstel di salsa piccante gustosa…

E ne vogliamo parlare del LAB0542 di Imola? Che già il nome sembra un codice a barre apposto sopra le confezioni di latte impuro, forse scaduto.

Locale stupendo bazzicato da donne talvolta stupide ma spesso soltanto, a loro volta, stupende.

Che inducono a baci salivari e a limonate spremute come l’alcol più caloroso. E non mi riferisco a quello etilico e disinfettante, bensì a quello ad alto grado di temperatura che, a novanta gradi, potrebbe stimolare qualcosa al limite dell’etico.

Insomma, non ne avemmo abbastanza di Salvini con le sue salviette, no, fascistiche pulizie etniche? Coi suoi dettami altamente castranti le libertarie anche più consapevoli libidini giovanili?

Adesso pure il Coronavirus. Un morbo di cui forse soffrirono le amanti di Fabrizio Corona da lui infettate di edonismo lercio che corruppe le già precarie loro purezze (e)stinte e fetide.

Guardate, uno schifo.

E dire che mai come oggi mi sentii ammalato… di voglie capricciose per toccare la pelle d’una nuova mia vita camaleontica.

Io uscii dalle tenebre della mia notte perpetua da seppellito vivo, risorgendo in tutta estatica magnificenza infermabile anche di giorno come il grande Thomas Ian Griffith/Jan Valek di Vampires.

Un Corvo alla Brandon Lee risvegliatosi miracolosamente da un misterioso sogno primordiale di natura ermeticamente catacombale.

Invece qui sta succedendo un’ecatombe e, per bloccare questo morbo virale, questo virus letale, bisogna essere duri come James Woods/Jack Crow.

Già per troppo tempo, soprattutto in Italia, fummo repressi dalle bugie ad alto tasso moralistico del fariseo Vaticano davvero fascistico. Sì, molte teste e testicolo (s)fasciò.

Ché usò contraccettivi di natura dogmatica per frenare la bellezza dei piaceri più selvaggi, castigando gli stati liberi di coscienza affinché si reprimessero in una falsa, pericolosa giustezza monastica.

Attenendosi falsamente e regole icastiche, oserei dire più nazistiche di quei dementi che, anziché maledirti con l’aglio, ti porgono una svastica.

Atta a sedurre, no, a sedare, in modo orribilmente capzioso, questo sì, vizioso e impuro, i gaudenti desideri insopprimibili e non schizzinosi nostri più profondi che, purtroppo, perennemente resi infecondi dalla finta giocondità del buonismo stronzo, questo sì, blasfemo e inverecondo, si celarono nel buio empio, poco empatico né simpatico, nebbioso e permaloso del nostro dormircela nel gelo bergmaniano più remoto… da ogni contatto fisico caloroso, dunque figo. Più gioiosamente mostruoso.

Come in Fog, i fantasmi delle nostre ancestrali paure, messe in quarantena come Michael Myers di Halloween, riapparirono e riemersero in modo bestiale.

Rabbrividiamo dinanzi a tale pandemia da L’ombra dello scorpione di Stephen King.

Dirimpetto a questo Seme della follia forse troppo allarmistico.

Poiché non dovete, amici e (a)nemici, temere di ammalarvi. Non state chiusi sempre in casa, accarezzando solo un micio. Non spegnete le vostre salubri, godibili micce.

Se vi animalizzerete, no, ammalerete di depressione apparentemente incurabile, con un’altra mia magia di prestigiazione mentale, riuscirò a debellare ogni vostro oscuro male.

Lasciate stare le penose malinconie da Battiato con La cura e, come detto, non date retta alle balle che vi rifilano quelli della curia.

Poiché il qui presente Falò è uomo di sé molto sicuro poiché, checché se ne dica, egli non soffre di nessuna oscurantistica paura né più starà male per colpa delle mentalità più superstiziose fottute d’arroganza micidiale.

Non c’è niente da fare. È un bellissimo genio, statene sicuri.

E, quando vi entra dentro, non potrete più staccarvi da lui…

Anche i vermi lo amano. Poiché lui sguscia e vi penetra piacevolmente sin ad arrivare al ventre.

Quindi, con la sua giacca di nera pelle, vola ancora nel vento.

Sventolate quello che sapete. Avanti. Comunque, presto uscirà il mio nuovo libro dotato di uno spettacolare fronte-retro.

E ricordate: se lungo il vostro impervio eppur impetuoso cammino, incontrerete dei maniaci che attenteranno alla vostra bellezza, usate contro di loro l’ammoniaca.

E non ammoniteli. Vollero spellarvi e ora dovrete espellerli.

Rendiamo grazie a Dio.


di Stefano Falotico

89416941_10215881657697208_1878060259327606784_o87867210_10215876251922067_3674334304000802816_o

Auguri di buon Natale nel recitarvi L’infinito di Giacomo Leopardi


24 Dec

the fog

Ecco a voi i miei auguri parrocchiali, no, particolari, oh, miei parrucconi, da uomo ermetico che divenne eremitico e poi, mitico, s’insinuò ancora nel giorno con far baldanzoso da sapido pagliaccio ammiratore dell’immenso suo imperturbabile e imperscrutabile come il suo profondo sguardo che scruta le interiorità sue e del mondo con prospettive abissali senza pari.

Lo sguardo di un Joker che non abbisogna di scolastici scrutini e di lezioni di vita cretine poiché, al di sopra della media degli stolti e dei babbei, è forse Kurt Russell di Qualcuno salvi il Natale. Ovvero un giocoso Babbo Natale delizioso.

Il Joker visse notti infinite e inesauste da Jena Plissken e si bendò un occhio per non spalancare la vista all’orrore del mondo così infausto e immondo. Un mondo ove chiunque, pur di avere un soldo in più, venderebbe l’anima al demonio, eh sì, Faust!

Il Joker invece, vivendo da semi-cieco, d’apparente scemo e in uno stato di strafottente dormiveglia da principe nel suo castello di vetro, cioè il suo bellissimo eremo, sa ancora guardare lucidamente il cielo e non è giunto quindi il tempo di accendergli un cero.

Nella Fog della sua anima obnubilata, il Joker si corrose nella melanconia tetra e poco giovialmente rise con spontaneità sincera. Anzi, fu apertamente deriso e scambiato per una strega. Ma ora, con far arridente, non si può ancora dire che sia un uomo sorridente ma certamente è, rispetto alla maggior parte della gente, vale a dire i deficienti, un uomo sapiente che, anche nel dolce far niente, sa ammaliare, mai più di tristezza ammalandosi.

Il Joker fluttua candido anche se non fa affatto caldo o forse sì. Poiché, nella durezza di tal rigido inverno, sullo sfondo di tale società oramai irredimibile e bruciata all’inferno, il Joker riprende (in)fermo donne con le gambe accavallate che coprono le loro grazie sotto provocanti, oserei dire piccanti e anche fragranti jeans attillati e caviglie sensualmente basculanti che stimolano ardori sopiti eppur segretamente incandescenti. Che s’innevarono, sepolti sotto una coltre di soave pudore e letiziosa purezza non fremente il piacere più bollente, ma finì il tempo nevoso, no, nervoso e nebbioso e la vita, in tutti i sensi, è nuovamente armoniosa, solare e cremosa.

Come disse Jack Burton, basta adesso.

Il Joker non è né pazzo né triste.

Diciamocela, è solamente un grande.

Il Joker, in quanto jolly, viene corteggiato dai signori di corte più importanti e concupito, spesso anche non capito, dalle donne più sexy, conturbanti e seducenti.

Poiché non sono tanti coloro che possono giustamente vantarsi di aver scritto, a soli quarant’anni, circa cento romanzi e un importante saggio monografico su John Carpenter.

E questo è quanto.

Auguri e figli maschi. Auguri per un felice Natale ed evviva la notte di San Silvetro.

La notte interminabile in cui Silvestro cercò di fottere Titti, donna che mai lesse una sola poesia del Leopardi di Recanati in quanto modella soltanto da Isole Canarie.

E, in quella sterminata notte fonda, Joker/Silvestro non vide la sua bionda, bensì bevve solo una birra, suonando l’ocarina alle donne carine ma oche e suonandole a tutti i somarini poiché invincibile Joker Marino.

 

di Stefano Falotico

Con l’impresentabile Dumbo, la carriera di Tim Burton può dichiararsi finita? E la magia del Cinema esiste ancora?


27 Mar

02_dumbo_dtlr2_4k_r709f_still_181105

dav

dav

Ecco, premetto questo. Il film non l’ho ancora visto e credo che in sala non lo vedrò.

Perché dovrei recarmi in una multisala e verrei attorniato da una massa tanto festosa quanto insopportabile di bambini pestiferi e chiassosi. I bambini sono la nostra salvezza ma non è propriamente bellissimo, eh eh, assistere al film di un maestro, quale Tim Burton comunque insindacabilmente è, e venir distratti da incontenibili entusiasmi molto, anzi troppo, fanciulleschi.

Detto ciò, mi attengo, almeno per il momento, a quelle che son state le reazioni della stampa italiana nei confronti, appunto, di Dumbo. Che in maniera quasi del tutto unanime e impietosa ha dovuto ammettere che, malgrado la forte simpatia che noi tutti abbiamo sempre riserbato nei riguardi di Tim, cantore favolistico dei diversi, delle vite difficili ed emarginate, sublimatore fantastico di ogni durezza della vita attraverso le sue nere fiabe poetiche, stavolta ha decisamente toppato. E forse la sua carriera s’è stoppata.

Perlomeno, davvero inceppata.

Invero, la Critica americana gli è stata più benevolente ma, si sa, noi italiani siam retorici a parole, demagoghi in trincea ma anche realisticamente, inevitabilmente più cinici. Sì, paradossalmente, questo già bistrattato Dumbo aveva tutti i crismi di un possibile capolavoro burtoniano. La storia dell’elefantino volante, vessato da tutti, che si dimostra prodigiosamente straordinario, lasciando anche i più stronzi e dal cuore di pietra, come si suol dire, con un palmo di naso, ovvero di proboscide, eh eh.

Ma a quanto pare, almeno leggendo le critiche, qualcosa non ha funzionato. Anzi, non ha funzionato nulla. I personaggi sono stereotipati, Colin Farrell che c’entra? E Michael Keaton, per quanto possa sforzarsi, a pelle non è credibile nei panni del cattivone. E soprattutto questo live action è stato accusato di mancare di poesia. Dobbiamo essere crudelmente schietti. Tim Burton non azzecca un film da una quindicina d’anni e passa. Ma è proprio così? In realtà, il Cinema di Tim Burton è sempre stato questo. Poetico, sì, ma anche molto stilizzato. In un certo senso, persino freddo. E sempre più mi stupisco che in Singles lo si abbia paragonato a Scorsese. In verità, Scorsese è quanto di più agli antipodi rispetto a Burton. Anche se Hugo Cabret, sì, qui lo dico, già lo dissi, è il miglior Scorsese degli ultimi vent’anni. Pensate che bestemmi? No.

Non fatemi più vedere, ad esempio, quella boiata stupida di The Wolf of Wall Street. Oltre a essere un film indubbiamente poco poetico, qui manca propria la poetica, signor Martin. Non v’è morale, non v’è nulla a parte le zinne di Margot Robbie e qualche scena finto-scabrosa che potrà aver entusiasmato e scioccato qualche sempliciotto in vena di scandali ma a me non ha fatto né caldo né freddo. Un film orribile! Diciamocela. Mentre Shutter Island è un film mediocre. A essere proprio sinceri, nei contemporanei tempi del cinismo a buon mercato di Black Mirror, la magia del Cinema, forse un po’ di tutto, s’è persa.

E noi non siamo più quei bambini attorno al falò di John Houseman dello splendido Fog di John Carpenter. Le storie fantastiche, le storie sui fantasmi, le storie tenebrose non ci spaventano né emozionano più. Quindi, non è vero che Tim Burton è finito e che il Cinema stesso sia agli sgoccioli. È la nostra umanità che è deperita, incancrenita, abbruttita. Siamo una società senz’anima ed è tutto un altro discorso. Se dite che questo è moralismo spicciolo, non è così, se volete dire invece che è purtroppo la verità, ahinoi, è così. La gente non crede più ai sogni perché tanto si è accorta che si era fatta soltanto un film inutile e pretenzioso. E la smettesse quindi Ligabue con le sue Luci d’America.

 

Le stelle sull’Africa 

Si accende lo spettacolo 

Le luci che ti scappano dall’anima

 

Ecco, a parte che Africa e anima è una rima baciata, no, assonanza dissonante da filastrocca per neonati, la dovrebbe finire Luciano di conciarsi come il gatto con gli stivali.

E smanacciare al vento nelle lande americane. Luciano, mi dia retta, torni nella sua Romagna e si pappi una piadina o un panino con la mortadella.

Lei, molti anni fa, era anche bravo. Va ammesso. Metteva pepe. Adesso è più sciupato in viso di Tim Burton e potrebbe fare concorrenza a Tim Roth de Il pianeta delle scimmie.

Sì, non me ne voglia, si scherza, lei ha perso da parecchio la testa come Chris Walken de Il mistero di Sleepy Hollow.

E, se continuerà su questa strada, farà la fine di Ed Wood versione “rock”. Sì, prenderemo i suoi ultimi album e li faremo a fettine come Edward mani di forbice. Una bella “tosatura”. Potatura!

Sì, la sua musica si è involuta paurosamente. È passato dai romanticismi schietti e ruvidi da Beetlejuice – Spiritello porcello, con tutti i doppi sensi che infilava da marpione qua e là, a romanticherie più buoniste de La fabbrica di cioccolato.

Insomma, lei si sta trasformando in un fenomeno da baraccone, mio briccone. E, ora che è diventato un riccone, fa proprio il ca… e.

Tanto non ci credi manco tu, Luciano, col tuo lifting da Alfonso Signorini.

Tu eri uno del popolo, un po’ sconcio e sbracato, onesto e simpaticamente sguaiato, perché mai ti sei dato al patinato più scontato?

Questo è grave, molto preoccupante. Sì, ci vuole un chirurgo plastico per rifar daccapo questa società di plastica. Questa società di svastiche e vacche. Ci vuole la poesia di un elephant man.

Un Falotico lynchiano che linci, trinci, no, tranci con occhi da lince come Travis Bickle questo mondo andato oramai… e sapete dove. Sì, un mondo che va stroncato subito. Prima che possa arrivare al primo posto del box office di ogni altra puttanata.

Che gigione che sono, ah ah, un po’ Topo Gigio, qualche volta uomo grigio, spesso uno che non transige in quanto della morale ligio. E volteggio nell’aria, ballando di naso lungo alla Pinocchio anche se le sventole mi tirano le orecchie. Solo quelle…

Insomma, mi sa che Luciano ce lo siamo giocati.

Tim Burton è quasi del tutto andato.

Rimane solo un uomo favolista.

Ed è anche favoloso.

Un uomo che va sempre più su, anche se spesso, va detto, questa società di pachidermi lo vuole mettere in gabbia.

 

 

di Stefano Falotico

Non mi par vero, 1997: Fuga da New York e Fog del mio maestro Carpenter finalmente in Blu-ray it


28 Dec

71iEaMGAe-L._SL1500_618qrPFR4LL._SL1500_Sogno o son desto? Questo 2019, a quanto pare, per noi cinefili e adoratori del maestro inizierà col piglio giusto, nascerà sotto la buona stella.

Ecco, innanzitutto, se non avete comprato il mio libro John Carpenter – Prince of Darkness, un testo che mi sta dando molte soddisfazioni, scritto con straordinaria competenza e amore sentito, rimediate quanto prima. Vi ricordo che lo trovate sulle maggiori catene librarie online, comprese Amazon e IBS.it, nei vari formati. Scegliete voi quello che più vi aggrada e vi stupirete di come, assieme al mio fidatissimo correttore di bozze, puntiglioso e impeccabile, abbiamo svolto un lavoro, oserei dire, eccelso.

Un libro che insomma non può mancare nella vostra libreria. Da sfogliare con dolcezza, parola per parola, da gustare alla follia. Nel seme della follia!

Detto ciò, mi pareva quantomeno doveroso pubblicizzarlo, ché la promozione non fa mai male, anche quando è un po’ spam, ah ah, dicevo… sì, la promozione serve, che volete essere bocciati? Ah, diamine!

Oggi, alla mia mail, è arrivata una missiva piacevolissima quasi quanto l’orgasmo che potreste avere con la vostra donna bramata da anni. Oh, semmai sarà una delusione e lei, dal vivo, v ammoscerà, ma sognare è lecito e immaginare l’attimo nel quale, delicatamente corposi, verrete… affusolati in lei calorosa, lo so, vi mantiene gagliardi, sempre reattivi, onestamente cazzuti. Ritti ed eretti.

Ebbene, in questa epistole elettronica, mi son stati segnalati due Blu-ray che certamente acquisterò, anzi, ho già accattato di prenotazione. E sono questi.

Vedete di guardare il Cinema di John, non annebbiatevi il cervello con puttanate dolciastre e immergetevi, come Jena il bastardo grandioso, nella notte dei vostri trip migliori.

Questo è grande Cinema, altro che le idiozie che, oggigiorno, acclamate. Basta con questa befana vien di notte (ma cosa volete che venga, a me sinceramente non farebbe venire neanche con la pompa…) della Cortellesi. Datele il carbone e ditele che l’attrice celeberrima di Pretty Woman è più figa ed è per questo che Paola non fa la pubblicità della Calzedonia. Ché poi io ho una pelle sensibile e preferisco il bagnoschiuma Neutro Roberts.

Sì, ora capisco perché, a forza di vedere film merdosi, caramellosi, sciocchi e vanagloriosi, quel vostro sogno di scoparvi la vostra donna dei sogni è rimasto, appunto, un sogno andato a puttane…

E ho detto tutto.

Guardate che se non comprerete questi Blu-ray, vi maledirò e, al buio, vedrete i fantasmi che vi fotteranno in culo. Non vi basterà farvi preti. E, se avete visto Fog, sapete perché. Ah ah.

Fidatevi.

 

di Stefano Falotico

Voglio pubblicare il mio libro di Carpenter anche in inglese, per il mercato internazionale, ce la farò? Sì, è una mission impossible ma nulla è improbo a me


11 Oct

fog13 1-2 pulp_42

Sì, innanzitutto, devo trovare l’indirizzo di Carpenter e spedirgli la copia del mio libro in italiano. Sì, sarà durissima. Così come sapere dove abita Salinger. No, forse un po’ più facile ma, attraverso vie traverse, in senso figurato e anche stradale, riuscirò a impossessarmi del suo address. Probabilmente quello della sua agenzia.

Al che, John avrà il mio libro in mano e, innanzitutto, noterà che nella recensione di Escape From New York, di punto in bianco, passo alla pagina successiva anche se c’era ancora molto spazio e potevo continuare col testo. Ma ho voluto creare apposta, d’impaginazione bizzarra, la suspense. Sì, perché Jena precipita nella fogna newyorkese e il lettore, che semmai non ha visto il film, rimane sul chi va là e scopre il resto nella pagina seguente. Nell’attimo fremente dello sfogliar con la saliva sul polpastrello la mia review.

Ho chiesto la ristampa. Sono mister pignoleria.

Ma non capirà ugualmente un cazzo perché, sebbene credo che Carpenter conosca diverse lingue, e soprattutto con Adrienne Barbeau fu molto limonante di linguino e anche di rovente inguine, l’italiano non sa neanche cosa sia.

Eppur noi siamo la terra di Dante e dello stilnovo. E, nonostante Carpenter sia stato rivoluzionario, un innovatore, uno sperimentalista, ancor meno capirebbe il mio stile barocco, un po’ farlocco, poetico e arcuato in prosa aulica come la facciata di San Petronio. Una chiesa che è come me. Doveva essere la più grande ma il Papa la “scomunicò” e rimase quella del Michelangelo la maggiore. Io non sono Michelangelo, infatti sono meglio. Lui non ha mai assaporato il brivido di poter vedere film come Halloween e recensirli col mio genio pazzesco. Eh no.

A parte tutto, tradurre un libro in inglese è un casino da manicomio. Di mio, lo conosco abbastanza bene. Sì, potrei tradurmelo da solo. Anche se poi, al termine del lavoro, m’internerebbero come Myers poiché, impazzito, dopo tanta frustrazione, andrei da Jamie Lee Curtis e le chiederei di farmi il suo spogliarello di True Lies, porgendole “delicato” un fuck me con lo stesso aplomb di Sam Neill ne Il seme della follia. Sì, Sam in questo film ha una faccia di bronzo magnifica, è un serpentello tutto incravattato che adocchia la donna editrice, sognando di montarsela ma volendo smontare la pantomima di una cittadina che lui crede lo stia pigliando per il culo.

Ah ah.

A parte gli scherzi. Potrebbe venirmi… in aiuto il traduttore di Google. Cazzo, ha fatto passi da gigante questo… adesso traduce veramente coi fiocchi. Inserisci un testo e compie una traduzione egregia, davvero signorile, inappuntabile come Il signore del male, un capolavoro impeccabile, che non sbaglia una virgola.

Però c’è un però. Anche un periodo. Ad esempio, periodo in senso grammaticale, del tipo… in questo mio periodo ho scritto questa frase, come me lo traduce? In this period of mine? Ma non è il periodo di tempo. Period va bene in tutte le forme… siamo sicuri?

Se invece scrivo cult in corsivo, il corsivo va tolto. Cult è già in inglese. Invece, cinema d’essai come cazzo me lo traduce? Art house theater.

Poi, nella recensione di Essi vivono scrivo: … E Piper, che attore professionista non era, è visibilmente in imbarazzo e impacciato…

Ecco, me lo traduce con embarassed and embarassed perché in imbarazzo, quindi imbarazzato, e impacciato si dicono pressoché alla stessa maniera. E io gli ficcherò clumsy. Una traduzione un po’ “impedita”.

A proposito de Il seme della follia, diventa in the seed of madness. Eh no, ci vuole il titolo originale.

Il seme della follia attinge anche ad Alle montagne della follia di Lovecraft, At the Mountains of Madness. Ma è molto simile a In the Mouth of Madness.

Ci sarà da farsi un culo enorme più di quello di Jennifer Lopez.

Vi ricordate di Pacino in Donnie Brasco? Che te lo dico a fare? Hanno fatto uno strepitoso lavoro di doppiaggio, rendendo idiomaticamente italiano l’’italoamericano mafioso… forget about it.

Ad esempio, il buzzicona di De Sica… gli americani come cazzo lo traducono?

Sarà una missione quasi impossibile. Perché il mio stile, indubbiamente, è molto lirico, gioca assai con le parole, intreccia le assonanze per creare ritmo e musicalità, e quindi è intraducibile nell’esatta forma. Con la traduzione in inglese, per quanto filologica e creativamente aderente all’originale, molti significa(n)ti andranno perduti. Ma questo succede anche con Stephen King oppure coi film doppiati appunto in italiano.

A volte, il doppiaggio edulcora dialoghi troppo forti e non riesce a riprodurre lo slang, che ne so, di uno di Brooklyn.

Come dire, se uno scrive un libro neorealista su un guappo di Napoli, l’espressione Madonna santissima del Vesuvio di San Gennaro, come la traducono gli americani?

Oppure, un mafioso che urla minchia arrusa…

 

Vincent: –  E sai come chiamano un quarto di libbra con formaggio a Parigi?

Jules: – Non “un quarto di libbra con formaggio”.

Vincent: – Hanno un sistema metrico decimale: non sanno che cazzo sia un quarto di libbra.

 

Eccetera eccetera.

Un traduttore professionista mi chiederebbe più di mille Euro.

Azz.

Ecco, AZZ com’è in inglese?

 

 

di Stefano Falotico

 

 

Provocazione del giorno: nessuno mi può giudicare, solo Carpenter mi può amare


04 Jun

00430203 04496411

Vi ricordate la scena in cui Nanni Moretti fa piangere il critico della mutua, leggendogli vicino al letto, anzi, declamandogli iroso tutte le cazzate che lui aveva vomitato?

Quando è cominciato tutto questo? Eh?! Forse quando hai scritto quel film coreano era un melodramma in costume… vestiti e soprattutto cappelli deliranti, e super femminista, fiammeggiante e demoniaco? Girato come fosse un trip alla Spielberg, entrato nei ritmi e negli spazi futuristi? E c’è poi Il pasto nudo di Cronenberg, puro pus underground ad alto costo! Un vero cult movie! Non è che le donne per Jonathan Demme siano migliori o equivalgano solo a quello che per Lin Piao erano i proletari e i sottoproletari dei tre mondi accerchianti, ma è certo che solo le sue donne hanno la stoffa per sostenere, dalla parte giusta, la guerra dell’immaginario-reparto operazioni chirurgiche! E infatti, prima che Lula e Sailor si riabbraccino in happy end, sussurrando love me tender, fioccheranno altri anni di galera per Sailor, voleranno teste umane frantumate, cani randagi acchiapperanno mani mozzate, fumeranno in bella vista centinaia di sigarette…

 

Sì, perché qui in Italia abbiamo gente come la Cortellesi e Anna Foglietta! Ma andassero a far le commesse della Coop! Vorrebbero essere gran donne ma anche umoristiche, spiritose, brillanti, e invece son due sceme patetiche.

Perché continuiamo a parlare sempre di sesso piccolo-borghese nei nostri filmacci, perché facciamo pochade squallide, film di donnette che fanno le fighe, di donne su Instagram che, mostrando un paio di cosce, si credono Greta Garbo, perché tutti in Italia parlano di Cinema e non sanno cosa sia un dolly e lo scambiano per un baby doll, perché abbiamo dei coglioni che mangiano fagioli in casolari abbandonati e si credono Terence di Lo chiamavano Trinità, perché la gente, incazzata, con manie vendicative per i torti subiti nella vita, riguarda la scena del duello finale tra Lee Van Cleef e Gian Maria Volonté di Per qualche dollaro in più, pensando fra sé e sé… ora, la pagherete, bastardi!

Quando è cominciato tutto questo? Quando vi eravate illusi che una laurea al DAMS significasse essere diventati Orson Welles, quando, dopo esservi sverginati con la prima sciacquetta, avete creduto di essere George Clooney? Sì, e perché strumentalizzate Carpenter quando vi sentite in lotta con la società, abbandonati, offesi ed emarginati, ed Essi vivono diventa allora il film-“propaganda” dei vostri mal di pancia? E cominciate ad andare in giro per strada con sguardo disilluso, da nullisti, forse solo da nullità, infilando come Roddy Piper le mani in tasca e fischiettando un me ne fotto sprezzante? Da quando avete visto una puntata di Black Mirror, camminate in centro e non vedete l’ora di sfottere qualche vecchietta, perché il cinismo va di moda e fa “cool”. E la vecchia generazione è analfabeta di bio-tecnologie? Dal nichilismo attivo di Nietzsche siamo arrivati al libro La parola ai giovani! Fottuta leccata di culo al fancazzismo. Poi, a dir il vero, un libro che dice molte cose giuste.

Nel 2007 Umberto Galimberti ha pubblicato un libro, L’ospite inquietante. Il nichilismo e i giovani, in cui descriveva il disagio giovanile da imputare, a suo parere, non tanto alle crisi psicologiche a sfondo esistenziale che caratterizzano l’adolescenza e la giovinezza, quanto a una crisi da lui definita “culturale”, perché il futuro che la cultura di allora prospettava ai giovani non era una promessa, ma qualcosa di imprevedibile, incapace di retroagire come motivazione a sostegno del proprio impegno nella vita.

Così abbiamo il Cinema “di” Ambra Angiolini, i concerti della festa dei lavoratori che guardano quelli che guadagnano diecimila euro al mese, perché gli altri hanno ben poco da festeggiare e chiedono a “viva” voce il reddito di cittadinanza.

E impazza la follia di massa, ove chiunque vuole essere un divo di Hollywood e recita estratti di libri che non ha mai letto, solo per tirarsela da uomo figo ma di “cultura”. Facendosi selfie in cui ammicca alla burina a cui, un tanto al mese, fa “lavori di classe”. Vero operaio che si sporca le mani!

Scusatemi, c’è solo una persona che può giudicarmi. È John Carpenter, perché vede il mondo come me, quindi è attendibile nel suo giudizio.

 

Vedo nebbia, molta nebbia! Nel vostro cervello!

di Stefano Falotico

Genius-Pop

Just another WordPress site (il mio sito cinematograficamente geniale)