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IT Can’t RAIN All the Time – Pioggia eterna e micidiale per i dementi and VERS Un AVENIR RADIEUX!


04 Jun

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Terribile, devastante presa di coscienza per ogni mio hater ottuso e deficiente. La serie a cui mi riferisco, verso la fine del video, è When They See Us. Comunque, Hollywood bianca è venuto prima di Noir Nightmare. Buonanotte ai ritardati e ai tonti. Per la cronaca? Loro, assai nera, oso dire agghiacciante.

THE IRISHMAN | Trailer finale? Cercasi edicola per il numero di FilmTv sul capolavoro di Scorsese


19 Nov

SPLASH, Daryl Hannah, 1984

SPLASH, Daryl Hannah, 1984

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Prefazione che c’entra come i cavoli a merenda ma serve a dare pepe alla rivelazione: Daryl Hannah è davvero autistica?

Ieri pomeriggio, conclusi la scrittura del mio nuovo libro. Che spero di pubblicare entro Natale. Cosicché, potrò essere per voi, per l’appunto, Kurt Russell di Qualcuno salvi il Natale. Film di cui, in gran segreto, pare che si stia girando il seguito.

Ce la vogliamo dire? È una stronzata colossale ma Kurt, grazie al suo carisma indubbio, riesce ad ammantare tale pellicola per bambini di qualcosa di speciale.

Grazie al potere dei suoi personaggi del passato, il mitico Jena Plissken e Jack Burton in primis, riesce a farci dimenticare di essere oggi un simpatico nonnetto sposato a una donna a me mai piaciuta, ovvero Goldie Hawn.

Ma torniamo al mio libro, miei uomini liberi. Trattasi, ovviamente, come sempre di capolavoro assoluto della letteratura mondiale. Sarà, al solito, comprato da dieci persone. Due delle quali i miei genitori.

Ma io non dispero e offro perle ai porci. Inserendo, come vedrete, in copertina un’altra figa straordinaria. Che, modestamente, conosco e voi no. Ah ah.

Detto ciò, mie renne, un tempo la radiocronista Rosaria Renna mi fece drizzare le antenne e avrei voluto scartarla sotto il mio albero con tanto di luminose palline incandescenti.

Facciamo i seri, non lasciamoci prendere dal goliardico ormone dei nostri adolescenziali turbamenti. Sì, Rosaria oggi è ingrassata e forse, il 6 Gennaio, fa la calza…

Ah ah, ma vecchia gallina fa buon brodo e non si butta via niente.

Così come Daryl Hannah non è più la mega-gnocca stellare d’una volta, cioè quella di Blade Runner e di Splash.

Ora, chiesi alla modella del mio nuovo libro, di prossima pubblicazione, se parteciperà in futuro a una mia eventuale presentazione. Lei, meravigliosa e sorprendentemente pudica, mi disse con estremo candore e superba gentilezza, che parteciperà assolutamente ma non vorrebbe parlare in pubblico poiché è molto timida.

– Davvero? E come fai a fare la modella? Sì, capisco, basta la bellezza e tu ne hai da vendere ma pensa a Monica Bellucci. Ora, a mio avviso, non imparò mai davvero a recitare ma, una volta divenuta famosa come mannequin, ricevette proposte cinematografiche a iosa e dovette cogliere l’occasione al volo, frequentando dunque corsi di recitazione per migliorare pure la dizione.

– Stefano, si vedrà. Se son rose fioriranno.

 

Al che, contattai un mio amico:

– Sì, Stefano, è vero. La ragazza della tua prossima cover è magnifica. Come si suol dire, lascia senza fiato e senza parole. Dunque, potrebbe anche essere muta. Lei posa per le fotografie, non c’è bisogno che parli. La sua venustà parla da sola.

Per esempio, lo sai che Daryl Hannah è autistica?

– Autistica? No, non credo. Ha recitato in tantissimi film e l’ho vista in tantissime interviste. Non mi pare autistica. M’informerò. Se mi dici che lo è, perché non dovrei crederti?

Esistono però vari livelli di autismo. Sicuramente, Daryl non è la versione femminile di Dustin Hoffman di Rain Man.

Secondo me, potrebbe tutt’al più essere affetta da una forma particolare di autismo.

Esiste anche l’autismo schizofrenico, “malattia” che ti potrei illustrare perché io ne soffrii. Cioè, mi chiusi talmente tanto da diventare quasi muto, parlando a fasi e dando a tutti l’impressione di essere ritardato e un tontolone.

La matassa, ora, è stata sbrogliata. Diciamo che, ricevendo puntualmente l’insistita, mai redenta indifferenza altrui, non essendoci comunicazione di alcun tipo fra me e gli altri, si crearono nella mia psiche dei meccanismi inconsci di difesa per sopperire alle carenze persino affettive.

Appena mi sbloccai, successe uno zibaldone. Appena baciai la prima ragazza, tutto eccitato, come se avessi mangiato lo zabaione, le persone sospettose vollero farmi il festone.

Accadde un casino della madonna.

– Sì, è vero, Stefano. Credo che sia esattamente così. Conosco la tua storia.

 

Daryl Hannah, come volevasi dimostrare, io non sbaglio mai, soffre della sindrome di Asperger.

Al momento io, invece, soffro solo della sindrome della pipì da asparagi.

Sì, se doveste andare a letto con una donna, non mangiate prima gli asparagi. Poiché provocano l’alito cattivo e se, dopo l’atto sessuale, andrete in bagno per effettuare una minzione, potreste appestare tutto l’ambiente con un cattivo odore bestiale da puzzoni.

La vostra lei vi reputerà dei topi di fogna. Prima si riscaldò col vostro ardente tizzone ma, dopo che la mungeste, no, mingeste nel tazzone, vi prese a calcioni nel culone.

Sì, già dapprincipio, amico caro, ti considerò un minchione. Poiché anche se, al primo appuntamento al buio, non spiccicasti parola ma lei volle assaggiarti lo stesso in un sol boccone per via del tuo fascino da affascinante coglione irresistibile della situazione, constatando con mano e non solo che sei molto dotato, dopo aver depositato nel suo bagno tutto quel fetore, eh già, ti diede del minchione in senso (s)figurato, cioè ti prese a pedate nel culo e ti cacciò via dalla sua abitazione.

Ma, dalle mie avventure da uomo invisibile, che io mi ricordi, Daryl non mi parve proprio tanto chiusa, il protagonista di D.A.R.Y.L., eccome. Diciamo robotico, un Falotico.

Ecco, se continuerò di questo passo, no, non farò la fine di Berlusconi ma io stesso diventerò un manichino esposto degli ex centri commerciali Aiazzone.

Azz’, che sorpresone!

Lasciamo stare adesso, però, le belle donne e la mia prima donna, parliamo invece di Ed Sheeran, il cantante romantico. No, di Frank Sheeran, suo lontano, ingrato parente dinastico…

 

Ogni irlandese è uno scarrafone

Sì, da poche ore, possiamo ammirare il nuovo entusiasmante trailer di The Irishman. Un trailer oserei dire liscio come l’olio, in splendido, roboante HD che m’eccita non poco.

Mi eccita quanto l’attrice Lauren Cohan. Attrice dalle caviglie morbide, dai piedi delicati, donna che non saprà mai recitare come dio comanda ma l’importante è che sappia, con raffinatezza arrapare, come dico io. Io sono meglio di dio, è ovvio.

Bene, sono convinto che, se la Cohan si spogliasse totalmente ignuda dinanzi a me, riuscirei a farle vincere l’Oscar, insegnandole a recitare alla grande, sì, perché la recitazione nasce dall’anima, dunque, più l’anima è accalorata e senziente più, godendone a dismisura, ne verrà anche di superiore, egregia, brillante dizione, perciò sono altresì sicurissimo che The Irishman sia uno dei film più belli della storia.

Ecco, a differenza della Critica statunitense, totalmente concorde nell’esaltare giustamente quest’intoccabile capolavoro, molti critici nostrani, anziché scrivere sui quotidiani nazionali, sarebbe meglio che andassero a coltivare le cicorie, vendendole poi al mercato rionale.

Poiché, stroncare The Irishman, per puro diletto e per presa snob di posizione, così come fece Francesco Alò, equivale a dire, in maniera direttamente proporzionale, che Lauren Cohan non sia una passera enorme soltanto perché non ve la potete permettere.

Sì, torniamo alla storia della volpe e l’uva.

Giacché non siete Scorsese, lo criticare per gelosia.

Anch’io, essendo oramai scrittore inarrivabile e d’inoppugnabile grandezza esemplare, sono preso di mira da tempo immemorabile da gente che non soltanto non sa scrivere neppure con la stilografica, bensì la Cohan la vede solo col binocolo.

No, io giammai feci all’amore con la Cohan né forse lo farò. So però che la commessa della Coin in centro a Bologna, eh sì, si chiama Laura e forse con lei sarò Conan… il barbaro.

Sì, l’arte per me è stata basilare.

In tempi di magra sessuale, se non mi fossi appassionato a Scorsese e a De Niro, avrei fatto una strage come Travis Bickle di Taxi Driver.

Sì, molte metropoli sono dei porcili. Vige a tutt’oggi la prostituzione minorile, alcuni si vogliono candidare a sindaco e molte donne analfabete vogliono ascendere in Parlamento per dettare legge istituzionale.

Mi parve già allora che stessimo esagerando.

Oggigiorno invece impazzano gli hater.

Ieri mattina, condivisi il link della vendita di un mio libro su un gruppo letterario. Al che, un fake mi coprì d’infamie, spacciandosi per esperto editoriale.

Contattai la casa editrice per cui tale malfattore dichiarò, nelle info, di lavorare.

A quanto pare, non c’è nessun col nome fittizio da lui inventato chissà secondo quali strani ragionamenti bacati, che lavori per questa casa editrice della quale, in tale sede, non mi pare opportuno rivelare il nome.

Perciò, altra denuncia al “villain”. Ne collezionò già tre da fine agosto a metà novembre. Veramente un genio, questo qui, non c’è che dire.

Ah, la gente non ama Lauren Cohan, non ama The Irishman, non ama non solo il prossimo suo ma non possiede nemmeno dignità e amor proprio.

Tali persone dicasi poveretti.

Gente che, come si suol dire, senz’arte né parte, sa solo offendere, criticare, stroncare gli altri.

Ma, se fossi in costoro, vale a dire degli impostori, all’FBI delle loro coscienze sporche, eh già, finalmente confesserei la verità.

Tanto, la loro vita è emozionalmente finita, a che servirà fare quindi come Bob De Niro di The Irishman che, nemmeno in punto di morte, volle, anzi vuole confessare a un innocuo prete il suo crimine mostruoso?

Insomma, è gente mafiosa questa, questi qua non saranno mai pentiti ma li metteranno, quanto prima, alla protezione animali.

Sì, attaccano il prossimo perché, anziché fare il barista, fa l’artista e dunque, a loro avviso, non è una persona umile ma un porco.

Sì, visto che a loro piacciono i lavori “sporchi”, a forza di comportarsi da malavitosi ipocriti, li vedremo pulire le latrine… però dei volatili.

Sono delle orche! Fidatevi, a questi preferirò Orchidea selvaggia. Film di merda ma sicuramente meno merdoso di tali merde.

Di mio, ho poco da discolparmi. Furono gli altri ad accopparmi. Sì, gli altri, per via del fatto che s’accoppiarono e io no, vollero pure, come se non bastasse, prendermi a ceffoni.

Non ho rimpianti anche perché, a differenza di Bob De Niro/Sheeran, direi che sono ancora un bel guaglione.

Potrei fare la fine di Sean Penn, sciupafemmine mai visto, celeberrimo ex della signora Veronica Ciccone.

Come direbbe Renato Pozzetto: eh, la Madonna…

Tornando invece a Daryl Hannah. Sì, Joe Pesci, dopo anni di ritiro, in The Irishman fu nuovamente una rivelazione.

Poiché Pesci sa che i pescioloni abboccano.

E con Angie Everhart usò il pesciolone…

 

 

di Stefano Falotico

 

JACK TORRANCE meets JOKER: peccato che non diano più ZELIG, volevo incontrare Vanessa Incontrada ma andrò a vivere in altre contrade


03 Nov

abatantuono ecceziunale veramenteTutti pensarono che fossi timido ma con una bella voce alla Ermal Meta, insomma, non un metallaro con la voce da orco, invece devo solo tirare a campare per poter mangiarvi tutti. Ah ah.

Avete letto l’articolo sui migliori film tratti da Stephen King di Pier Maria Bocchi su FilmTv? Leggetelo perché questo mio pezzo lo sbrana, ah ah

Non vorrei che, Pier Maria, se mai sia dovesse leggere questo mio articolo, dalla rabbia ululasse come in The Howling di Joe Dante.

Come dico io, chi ha il pane non ha i denti e chi non è Alighieri Dante, alla pari del sottoscritto, non potrà mai trasformarsi, dopo la mezzanotte, in un Gremlin.

Poiché, quando scende la notte, l’uomo comune in maniera animalesca s’accoppia e fa le pecorine mentre io, essendo insonne, mi alzo dal letto e vado a mangiare un pecorino.

Sì, non m’è mai piaciuto accodarmi al gregge di pecoroni.

Sì, sono un cabarettista, un comico nato. Trasformo ogni quotidiana disgrazia in qualcosa di grazioso. Anche grinzoso. Sì, mi arrabbio e divento lupesco, quasi un animale ecceziunale veramente come Abatantuono Diego.

Poi mi calmo e divengo adorabile come un cagnolino tenero e delizioso. Ma sì, non dovete allarmarvi quando do di matto, sono il Jack Nicholson italiano. La mia non è pazzia, è istrionismo, versatilità, polivalente fare apposta il deficiente. Almeno, se reciti la parte del demente, tutti credono che tu lo sia davvero e puoi goderti il dolce far niente. Ah ah.

Jack è oramai in pensione, io al massimo, coi pochi soldi che ho, posso passare le vacanze in una pensioncina.
Dunque, a tutti quegli scellerati che continuano davvero a credere che io sia pazzo e da curare, prescrivo immediatamente una visita.

Non dallo psichiatra, però, bensì dal cardiologo. Devono avere davvero la panza piena e un appetito poco da ludri e lupi per trattarmi da agnellino.

Di mio, posso solo dire che Lupo solitario è il miglior film da regista di uno dei migliori amici di Nicholson, Sean Penn.

E col Jack de La promessa ho poco da spartire.

Sì, scioccati da questa mia licantropia benevola, potreste avere un infarto, guardandomi così. Ovvero più in forma di Michael J. Fox di Voglia di vincere quando diventa wolf.

Io sono specializzato nei mostri. Io stesso sono un attore monstre di me stesso. A volte, infatti, mi specchio e vedo un uomo piacente, spesso invece gli altri non si rispecchiano in me poiché, dinanzi al mio fascino da camaleonte, rimangono impressionati. E per invidia mi urlano che sono un porco quando i maiali sono loro.

Ah, sono persone facilmente suggestionabili. Pensare che si terrorizzano a guardare L’esorcista.

Anzi, vi dirò di più. Sconvolti da quello che reputano un mio cambiamento scientificamente inspiegabile, pensano che sia stato il demone Pazuzu a entrare/penetrare nella mia anima.

Suvvia, è gente superstiziosa da Esorciccio.

Di mio, per molto tempo volli spalmare Vanessa Incontrada. A una spagnola non si dice mai di no? O no? Ah ah.

Da quando ho iniziato a fare lo scrittore, sebbene i miei libri vendano poco e dunque non siano dei bestseller come quelli di King, appena una grassona alla Kathy Bates di Misery non deve morire, su Facebook, mi dice che ha comprato un mio libro, le dico di non provarci. Poiché, potrei essere un playboy come James Caan ma anche con lei molto cane.

Lei, di fronte a un mio rifiuto così terribile, capisce che oramai la sua vita sessuale sta vivendo L’ultima eclissi.

In questi anni, vi devo essere sincero, ho incontrato molti ragazzi simili ad Andy Dufresne de Le ali della libertà.

Sulla parete della loro cameretta, hanno affisso il poster non di Rita Hayworth ma della ragazza dei loro sogni. A volte, di nome fa davvero Rita, a volte è solo una bollita che ancora sfoglia le margherite.

Fatto sta che loro sono innocenti ma non riescono a uscire di casa poiché sono legati al letto come Carla Gugino de Il gioco di Gerald.

No, non hanno ammazzato nessuno ma sono semplicemente pazzi. Si sono rinchiusi da soli nella loro eterna adolescenza complessata da Carrie.

Comunque, sono simpatici. Quelli antipatici sono i cinquantenni frustrati che, non riuscendo più a scopare la moglie, ogni sera riguardano Stand by Me – Ricordo di un’estate.

Li comprendo. La loro moglie è più racchia di Shelley Duvall, appunto, di Shining.

Eppure, malgrado questi panzoni s’immergano nei lieti ricordi della loro infanzia felice per allontanarsi dal presente e, di patetiche reminiscenze passatiste, celebrare le loro melanconie, manco in questi momenti magicamente lirici sono realmente contenti.

Poiché ricordano che, in effetti, anche la loro infanzia fu uno schifo. Trovavano difatti sempre qualche bullo come in It.

Alcuni si sono salvati, sì, non hanno incrociato sulla loro strada un pedofilo come Tim Curry ma solo un pagliaccio come il clown di Pennywise della cagata di Muschietti.

No, questi qua non sono Tim Robbins di The Shawshank Redemption, nemmeno quello di Mystic River. Peccato però che non abbiano la fantasia di King e non sappiano dunque godere neppure del piacere delle loro esistenze horror.

Sì, molti di questi pseudo-adulti cazzuti si credono fighi come Matthew McConaughey de La torre nera.

Ho detto tutto. È la peggiore interpretazione di Matthew.

Queste persone però sono intimamente consapevoli di essere impresentabili. Al che, per fare i duri, hanno abbracciato le teorie filo-scioviniste di Hitler e compagnia non tanto bella.

Insomma, sono dei rincoglioniti come Ian McKellen de L’allievo. Di mio, che posso dirvi? No, non sono un tipo viulento al cento per cento come Diego, sono un giocoliere della mia anima come Maradona. Maradona non aveva bisogno di allenarsi. Cioè di stare assieme agli altri per migliorare. Anzi, a contatto coi brocchi, avrebbe perso il suo genio e avrebbe disimparato.

Gli altri si facevano il culo tutta la settimana mentre Maradona saltava tutti gli allenamenti.

Ed è per questo che Paolo Mereghetti è laureato in Filosofia e io no. Ma sono più bravo di lui sia come critico che come uomo.

 

di Stefano Falotico

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JOKER & la Critica snob


12 Sep

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Ebbene, dopo tempo immemorabile, ho comprato di nuovo la nostra rivista FilmTv.

Su suggerimento di un mio amico, mi sono precipitato in edicola.

Gli ultimi numeri da me comprati son stati quelli riguardanti gli speciali dedicati all’immane John Carpenter.

Essendo io l’autore del libro John Carpenter – Prince of Darkness, non posso esimermi dall’essere inevitabilmente attratto da tutto ciò che riguarda il maestro. Compresa, ovviamente, la super-deluxe edizione di uno dei suoi massimi capolavori, rieditata in fastoso Blu-ray di prossima uscita. Vale a dire il 31 Ottobre. Che ve lo dico a fare? La notte di Halloween.

Sebbene, debbo esservi sincero, questa festa pagana, da noi importata abusivamente, essendo noi figli della cultura ellenica-saracena limitrofa a quella mitteleuropea, non appartiene al nostro background e m’ha sempre puzzato di esterofilia peggiore di quella di Alberto Sordi di Un americano a Roma.

Ora, vi domanderete voi, che c’entra Joker con questa colorita prefazione? È stato un preambolo che, a prima vista, parrebbe poco in linea col discorso che qui, in totale umiltà, m’appresto a stilarvi, distillarvi, oserei dire a impartirvi. Che vi sia di monito come il severo cartellino giallo di un arbitro. Ché, mettendo freno alle vostre alzate di testa, ai vostri giochi più che balistici, sì, da ballisti, possa avvisarvi e avvertirvi se ancora, a causa della vostra fallacità, ah ah, commetterete sbagli clamorosi. Amputando film più potenti del sinistro del grande Bonimba, ovvero Boninsegna.

Film imprendibili che cerca(s)te di parare. Dunque stroncare! Ma, con le vostre critiche lentissime, imbarazzanti, appari(s)te soltanto più rincoglioniti di quel buffone di Gigi Buffon. Uno che oramai ha la schiena a pezzi ma non se la sente di ritirarsi. Poiché, se lo fotografano assieme alla sua iper-scosciata Ilaria, deve ottemperare al ritratto del maschio di sana e robusta, fisica costituzione. Deve cioè apparire sempre figo poiché lei è figa. Capisc’?

Dunque, non vuole mollare la presa anche se non ne prende più una. Fu un portiere magnifico, grazie alle sue parate vincemmo il mondiale del 2006. Ma dovrebbe guardarsi adesso allo specchio e ammettere che i suoi riflessi non sono più quelli di una volta.

Inutile tirarsela… da maschione quando sei al massimo, oggigiorno, pur sempre un marcantonio ma anche un bel coglione.

Gigi, lascia perdere. Hai fatto il tuo tempo. Dedicati a una carriera da commentatore e da opinionista. Poiché, ora come ora, come portiere sei molto discutibile. E combini papere a tutt’andare.

Ecco, tale metafora lungamente calcistica voglio qui applicare a quei critici un po’ superati che, sul nuovo numero del cartaceo di FilmTv, con enorme, scandalosa supponenza liquidarono il capolavoro di Todd Phillips, appioppandogli voti alquanto bassini. Figli soltanto della loro mentalità assai retriva, per non dire leggermente cretina.

Non me ne vogliate. La mia stima nei vostri confronti non muta. Come cantava De Gregori, non è da un calcio di rigore che si giudica un giocatore, come sostenuto da Checco Zalone nei riguardi di quel matto di Cassano, invece, non è da uno sputo all’arbitro che si giudica se sei un signore. Ah ah.

Sì, Giulio, Giona e Luca, siete qui sul banco degli imputati. Si scherza, eh. Non arrabbiatevi mica.

Poiché voi, impuntandovi sul Cinema d’una volta, con i vostri voti assegnati a Joker, senz’offesa, in questa settimana vi siete un tantino sputtanati.

Voi assai celermente rifilate sgambetti scriteriati al Cinema forse troppo veloce, troppo avanti rispetto ai vostri difensivismi da coloro che, barricatisi nell’esegetica cinematografica passatista, adottano puntualmente il catenaccio più oltranzista, intollerante e, per l’appunto, troppo moderato ed equilibrista.

Stando appunto sulla difensiva, non esaltandovi più di tanto, anzi per niente, dinanzi a film che, spiazzando le vostre certezze, v’hanno colto in contropiede, mandandovi in fuorigioco.

Qui, io v’ammonisco affinché possiate seriamente meditare sul vostro sensazionale errore e tornare sui vostri passi.

Giona, dico a te, sei un critico di risma bravissimo ma, stavolta, ti sei approcciato a Joker con troppa imperdonabile superficialità. La tua erudizione non t’ha salvato dalla mia simpatica punizione. Hai peccato, insomma, di tua esaltata vanità in tal caso da trombone.

No, il tuo misero 5 manco per il cazzo ci sta. Che film hai visto? Poi, concludi la tua breve disamina, il tuo sintetico trafiletto, dicendo che è meglio Endgame.

Eh no, qui hai trollato di brutto, Giona, hai toppato.

Luca e Giulio, invece, ora dico a voi. Acclama(s)te Ad Astra, stronzata galattica, in quanto siete fidi scudieri di James Gray e mi sottovaluta(s)te con tal vostro prosopopeico fare fanfarone quest’opera immensa di Phillips?

Eh già, mi sa che dovete cambiare prospettiva. E vi dirò anche altro. Dove vsionaste questo film?

Al Festival di Venezia? Mah, a me viene il dubbio che, piratato, lo trafugaste da uno dei produttori della Warner Bros e l’abbiate perciò guardato su un televisore a dodici pollici in b/n degli anni sessanta, prima appunto dell’avvento della New Hollywood.

Se andate alla Comet, vi tirano dietro un tv al plasma della Philips. Con una sola L. Con 50 Euro in più, prendete comunque quello della Sony, è meglio. Fidatevi.

Ah ah.

Ma io vi perdono e qua vi dono l’assoluzione. Per questa volta, vi do da recitare cinquanta Ave Maria e tre Pater Noster più una sberla da Don Camillo.

Alla prossima, non passa. Non transigerò.

Parola di Arthur Fleck.

Un uomo che conosce il Cinema, la vita, anche la figa migliore poiché ne passò così tante che ora se ne fotte altamente.

Sì, ne vidi di tutti i colori. Ebbi sfortune tragicomiche ma sono ancora sveglio, in palla per sapere che Joker è veramente un capolavoro e Zazie Beetz una gnocca mai vista di colore. Zazie colora le notti più cupe, malinconiche e tenebrose grazie al delizioso, eccitante tocco del suo caliente, profumato splendore.

Dio mio, tenetemi fermo. Ah ah. Le voglio saltare addosso, non si può vedere da quando è figa.

Se mi venite a dire che non è così, vi siete rimbambiti come Murray Franklin/De Niro.

Eh già. Usiamo il passato remoto!

Chi vide Joker in anteprima mondiale a Venezia seppe che Arthur Fleck/Phoenix, dopo una vita in cui lo prese platealmente in culo, trovò il coraggio di ribellarsi con furia ai tre manigoldi stronzissimi e bulli in metropolitana.

Quindi, assalito da una forza miracolosa, si precipitò ad abbracciare la sua bellissima Zazie/Sophie Dumond. Non oso pensare a cosa successe, in quella sua notte da ingordo lupo scatenato, fra lui e Zazie.

Un amplesso più devastante della bomba di Hiroshima. Chiamalo scemo… ah ah.

Da quell’orgasmo rinascente, Arthur divenne come Re Artù.

Artù fu il re, Joker è il Principe.

E ora per nessuno ce n’è.

Al momento, nella mia vita affettiva, sentimentale, forse pure sessuale… qualcuna c’è. Una o due o tre? Chissà.

Ma ancora lei, la prescelta, non ha estratto la mia spada dalla roccia.

Vediamo se ce la farà…

Quanto devo aspettare? Sto impazzendo.

Ah ah.

 

Morale della fav(ol)a: Arthur, dopo quella notte, superò ogni sua lentezza, venendo… no, divenendo impetuoso e uno straordinario buffone irresistibile mentre Gigi Buffon, nonostante da anni scopi Ilaria D’Amico, diventa sempre più tristo e polentone.

 

di Stefano Falotico

Ore 15:17 – Attacco al treno, recensione di Antisistema, utente di FilmTv


12 Feb

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Visto che porto l’avatar di questo mito del cinema, direi che è giunto il momento che parli finalmente di qualche film di Clint Eastwood, che a oggi volenti o nolenti resta il miglior regista vivente che ci sia ad Hollywood, nonostante gli sparuti detrattori che da American Sniper in poi stanno aumentando sempre più.

Con Ore 15:17 – Attacco al Treno, il regista conclude la trilogia filmica dedicata agli eroi recenti della storia americana; e tutto si può dire di quest’opera tranne che sia un brutto film come la gran parte della critica mondiale ignorante (in primis quella americana) vuole farci credere. Il massacro critico è presto spiegato, come i ben informati sanno, il signor Clint Eastwood sin dagli anni 50 è un sostenitore dichiarato del partito Repubblicano (è registrato come elettore), che ha sempre sostenuto in prima persona (anche con cospicui finanziamenti), e non da ultimo, ha dato il suo appoggio a Donald Trump. Ora da quando questo controverso presidente è riuscito a salire alla Casa Bianca, la reazione delle élite della cultura critica cinematogafica e di Hollywood è stata di totale chiusura verso questa novità. Tutto questo ha portato nell’ultimo anno a una repressione da parte della critica di tutti i film che non seguissero certi dettami come : il politicamente corretto, il femminismo, adeguata rappresentazione delle minoranze etniche, favore verso i diritti civili etc… in sostanza la solita solfa sterile di idee di sinistra… ma rigorosamente quella educata e “borghese” (chi spiega a questi geni che se non si raggiunge in primis una prequazione economica, i diritti che in astratto avrei non potrei ma farli valere nel concreto?). Il cinema di Hollywood oramai (quello impegnato in primis, ma anche il mainstream), sembra essersi ridotto per lo più a sterili spottoni di propaganda sulle pari opportunità e sui diritti civili affrontati in modo scolastico e con pensierini da terza elementare. Non dovrebbe stupire quindi che un regista, il cui cinema sin dagli anni 70 trae molta forza dalla rabbia, dall’insoddisfazione e dalla rappresentazione della lacerazione degli Stati Uniti, venga accolto molto male con questo film che non si preoccupa di seguire alcuna moda imperante del pensiero ed affronta in modo controverso la trattazione della materia in questione.

Affrontata questa doverosa premessa; c’è da dire che la trama è molto semplice e stringata, nonché nota poiché tratta da un fatto di cronaca molto recente e a cui è stato data ampio risalto.

Skarlatos, Stone e Sadler; sono tre ragazzi (i primi due sono anche militari in licenza) in vacanza nelle capitali europee che, durante un viaggio in treno verso Parigi, si troveranno loro malgrado ad affrontare e a sventare un attentato terroristico di un affiliato dell’ISIS.

 

Il film è semplice, schietto e diretto; questi tre giovani sono di forte ideologia Repubblicana e Clint Eastwood senza alcun timore reverenziale ce lo sbatte subito in faccia. Stringatezza e essenzialità nella narrazione della storia sono i due elementi cardini su cui si fonda quest’opera, che inizia dall’infanzia dei tre giovani per poi mostrarci di tanto in tanto dei flashforward dell’attentato al Treno del 21 Agosto 2015. Skarlatos, Stone e Sadler (Eastwood si focalizza specialmente sulla figura del secondo), sono tre giovani percepiti sin da piccoli come “anormali” e poco disciplinati. La loro vita è pura frustrazione per via di una società che punta a inculcare idee senza però spiegare il perché di esse (in primis i valori religiosi della scuola cristiana in cui i nostri tre ragazzini fanno parte). L’unico collante che li unisce è per assurdo la guerra… infatti passano lunghi pomeriggi a giocare a essa che, lungi però all’essere vista come demoniaca, è l’unico elemento che consente a questi tre ragazzini emarginati dal sistema di fare del cameratismo tra loro.

Come detto in precedenza, il cinema di Clint Eastwood sin dalle origini (e anche in veste puramente di attore) è cinema fatto di rabbia contro qualcosa o qualcuno… le istituzioni, i politici, la società, certe idee finto progressiste utopiche etc… ed Eastwood con quest’opera mette in piena luce tutto questo. Scegliendo di far interpretare il film ai veri protagonisti della vicenda reale, il regista cerca un’urgenza espressivo-formale che dei veri attori non avrebbero mai potuto dargli. Quello che la critica ha scambiato per appiattimento, semplificazione e inespressività degli attori, non è altro che la messa in scena della vita vera in tutto e per tutto. Per Eastwood i veri eroi non sono quelli che la Marvel ci vuole propinare con i suoi esseri fascisti di plastica e cartapesta, né gente dall’alta integrità morale e ideologica che spopolano in tanti biopic celebrativi (anche degli ultimi anni purtroppo); ma l’eroe per il regista è chi riesce a reagire immediatamente (anche incoscientemente) innanzi a un problema di grave entità e riesce ad affrontare in modo pragmatico quanto diretto tutti problemi della vita che sembrano volerti solo stendere. Interessante il discorso sull’immagine che il regista ultra-ottantenne riesce a compiere (e qua si collega alla TV di American Sniper che mostra le immagini dell’attentato alle Torri Gemelle) nella seconda parte di film molto criticata, dedita al turismo.

La vita di questi giovani e della loro generazione è fatta di immagini e indottrinamento tramite di esse. L’unico modo di potersi sentire qualcuno è replicare battute di film di scarso valore come quelle del Gladiatore nel Colosseo, oppure fare continui selfie (autoscatti) per condividere le proprie foto con gli altri… è l’immagine di sé che conta e non l’esperienza che si sta vivendo. In questo modo, questa generazione di esseri anonimi, pensa di poter uscire dalla massificazione egualitaria a cui sembra condannata, pensando di trovare la propria affermazione nel mare magnum della rete. Non a caso la regia, nella parte turistica del film, fa molto uso di stereotipi buttati in faccia allo spettatore e riprese tipiche da video condiviso da Instagram. Una generazione superficiale di americani che quando vanno in vacanza sono sempre i soliti cafoni (che poi per inciso, quando vado in vacanza, in un posto mai visto, vedo i monumenti, non è che vado nei luoghi quotidiani… sennò che viaggio a fare), che pensano che tutto ruoti intorno a loro e che la storia sia stata fatta da loro (un sapiente uso dell’ironia da parte della guida tedesca a Berlino fa capire che non è per niente così perché in effetti gli americani si prendono tutti i meriti, anche quelli che non sono i propri… come dire… se vi sono registi che pomposamente e didascalicamente celebrano gli Usa, il nostro vecchio Clint con una maestria da veterano demolisce il suo paese con una battuta politicamente scorretta).

In tutto questo vissuto normale di quotidianità vacanziera, il protagonista Stone ci dice ad un certo punto che forse pensa di poter essere destinato a qualcosa di più, ma è una riflessione giovanile superficiale, che viene subito derisa dal suo amico Sadler; ma la ripresa panoramica di Venezia fa capire come in realtà ognuno di noi, pur essendo interconnesso in un flusso vitale (in questo caso i calli di Venezia), cerca di trovare il modo di potersi realizzare uscendo da esso. A Eastwood non interessa il momento del treno, quello è un episodio che casualmente faceva parte del flusso della vita dei nostri tre amici e in cui, partendo da un semplice viaggio quotidiano, sono riusciti a salvare la vita a tante persone. Inoltre al regista non interessa minimamente creare momenti memorabili, perché tre amici che vanno in vacanza si comportano veramente così e non c’è bisogno di forzare l’espressività dei protagonisti, né di romanzare qualcosa dietro a questo viaggio e né di rendere il tutto artificioso con la recitazione di veri attori che, pur immedesimandosi nei veri protagonisti, non potranno mai far vivere la vera esperienza di quell’evento. In sostanza Clint Eastwood fa sembrare con questa sua scelta artistica invecchiati all’istante molti biopic contemporanei che puzzano di classicismo obsoleto, vecchio e stantio. Questi tre ragazzi (più un’altra persona) sono dei veri eroi; perché in quel preciso momento non c’era un’ideologia politica da difendere o quant’altro, ma si doveva solo agire e basta. Non c’è bisogno di approfondire il personaggio del terrorista di cui Eastwood sino all’ultimo non ci mostra il volto, poiché il pericolo è rappresentato da chiunque e ci passa accanto nella nostra vita e noi neanche ce ne accorgiamo (illuminante la scena del tizio di colore nel treno, e di fuori c’è il terrorista che tranquillamente cammina con il trolley). Un attentato sventato in modo secco, asciutto e senza retorica enfatica… realismo estremo e nessuna costruzione… non siamo assistendo alla recitazione, ma ciò che vediamo è un vero pezzo di vita. Il terrorista è solo un invasato che voleva fare una strage e saggiamente Eastwood non si addentra in una stupida quanto razzista critica contro i musulmani (l’ISIS viene citato di sfuggita da Skarlatoa in una conversazione internet… tutto viaggia verso il mare magnum della rete).

Che potrei aggiungere… l’ennesimo grande film di Clint Eastwood demolito da un’ignorante critica tesa a esaltare prodottini ordinari e demolire i veri film di qualità come questo… ce ne faremo una ragione e chi apprezza il vero cinema se lo saprà godere tranquillamente.

Attoriamoci


20 Oct

 

Sezione dedicata agli attori, i champions.
Il Cuore pulsante di ogni film che si rispetti. Gli zuccheri d’ogni colazione nutriente.
In questa sezione, loro:

I veri Fanta-Genius

 

Nell’ordine, sparso, a casaccio, i grandi, gli uomini che sparano dritto.
Cazzo. Chiamamoli per nome, ribaltiamo l’usanza di partire dal cognome. Della serie, nomi e poi i cognomi.
Anzi no, facciamo le cose “perbene”.
Le facciamo alla rovescia.

 

Partiamo da chi s'”attorizza”, non so, tutti quanti nella vita “crepuscoliamo” in un sembiante, immedesimandoci in Lui, quindi ne traiamo “forma” & beneficio, con le iridi sovraimpresse alla sua iridata, spesso, Bellezza.

In fondo, io mi “chiamo” Stefano Falotico, ma spesso m'”avarizzo” e anche “avatarizzo” in Travis Bickle 1979, e FilmTv.it v’illustrerà a riguardo, son anche “irriguardoso” quando mi (S)guardo.

Ah, chi sono? Domanda (non) retorica per me, “orat(t)ore”, ma potrei suggerirvi che sono uno scrittore che si presenta così…

… Salve, sono l’altissimo Stefano Falotico, da molti ivi vituperato perché non annesso alla comune massa omologata che si trascina nella polvere. Fautore dell’individualità e della coscienza libera, non ancora contaminato eppur miniaturizzato dalla brutalità umana, per scelta, forza e resistenza, ambisco a essere uno scrittore di “prestigioso” valore, il cui talento, che Madre Natura serbò in grembo solo per me, è ben accudito e coltivato da una mente fervida, immaginaria, di acuto splendore, anch’essa non inquinata dalle iniquità, ma pensante e vivente a modo proprio. Come recita il motto per cui sono celeberrimo, destinato ad accrescersi in nuove perifrasi: “Preferirò sempre Jeff Big Lebowski alla retorica dell’Italietta, adoro David Lynch, odio i pastoni manzoniani e il caffè scremato di chi mi vuol imboccare della sua cultura”. Oggetto di scherno per come sono unico, dunque poco condiviso e condivisibile, mi piace scindermi in più persone, trasformista e “grottesca” Luna di carne e anima umana, professo la derisione della seriosità e dell’intellettuale stoltezza di chi precetta, predica e poco combina, soprattutto in ambito “fantasioso” e letterario. Maestro eclettico, vampiro sonnolento, Marlowe apatico che denuncia la putredine del Mondo, amo vezzeggiarmi per fare autoironia.
Autore di tre libri di successo critico, molto ben accolti dai lettori, ci mancherebbe:
“Una passeggiata perfetta” della Joker Edizioni,  “Hollywood bianca” & il magnetico “Frankenstein” de Il Filo – Gruppo Albatros, entrambi rivenibili e acquistabili su Ibs.it e altre catene di vendita online.
Per ora è tutto, vi terrò aggiornati, ora c’è un piatto di carbonara con pancetta per la mia pancia da gustare, prelibatezza calorica per l’uomo mai accaldato ma dallo Sguardo di ghiaccio.

Nel tempo libero, che in me abita e deambula sempre, mi “snocciolo” nel definirmi “Il Genius”.

Direi, quindi innanzitutto, di “librizzarmi”.

Poi, c’è Tempo fidatevi, c'”attorizzeremo”.

 

 

 

Genius-Pop

Just another WordPress site (il mio sito cinematograficamente geniale)