Posts Tagged ‘Festival di Venezia’

Space Cowboys di Clint Eastwood? Anche di Falotico


06 Jul

02291003

Nel 1998 quattro vecchi ex piloti collaudatori infinocchiano la NASA e, con due “riserve”, si fanno mandare in orbita a riparare un satellite russo di telecomunicazioni, in realtà carico di sei testate nucleari. Per salvare la Terra e i compagni, Hawk, uno dei quattro, porta il satellite verso la Luna. Gli altri ritornano su uno Shuttle avariato che il vecchio Frank fa atterrare pilotandolo a mano. Sul classico tema della “seconda occasione”, cimentandosi in un genere per lui nuovo, il settantenne regista-produttore C. Eastwood pilota ammirevolmente un altro film con l’abituale understatement, mescolando con sapiente leggerezza i toni, dall’umoristico al drammatico. Coerente con la sua concezione artigianale del cinema, ricorre agli effetti speciali subordinandoli al racconto e rivendicando la centralità delle doti umane (manualità, intuito, libertà di scelta) contro la supremazia della tecnologia. Melanconico e genialmente retorico epilogo lunare nel nome dell’amicizia in cui “Hawk vi si è riappacificato col suo destino, dopo un’attesa durata quaranta anni.” (A. Piccardi). Scritto da Ken Kaufman e Howard Klausner.

 

Tratto dal dizionario Morandini, deceduto forse sul Pianeta Rosso.

 

Con (pensiona)bile non so cos(ci)a, rammento la mia vita da trapassato e coniugo il futuro prossimo a memoria delle mie or(g)e già scadute, probabilmente non ancor “venute”. Da capitan di ventura del mio uccello, no, vascello, debbo ammettere che, alla mia placida, tormentata età di 36 anni suonati, non ho trombato molto, ma mi trombarono, metaforicamente, nel for(n)o della mia melanconia, facendomi tutt’or pa(r)tire.

Io subordino la vita reale alla grottesca danza “senile” d’una gioventù, appunto, ancora da (s)venire e rimembro Antonio Conte che perse la semifinale con la Francia ai rigori con la Germania, mentre Luca Carboni ha approntato due versioni della sua “Happy”, una in cui celebra il Calcio nazionalistico, dandolo in pasto al popolo, un’altra in cui afferma di contraltare di detestare i confini nazionali. Una contraddizione bolognese tutta sua.

Ma non me ne dolgo e misuro a (di)letto le doghe della mia periferia. Poche fighe vedon le mie ossa eppur mi (ri)poso. Poca carne al fuoco! Non avrò mai una (s)posa e questa è “bacata”, bella poesia. Così sia, io non son il messia ma che dice del mio pisello sua signor(i)a? Non ne vuole e allora sì che duole.

Cosa? Clint Eastwood (non) le dosa e sa quando volar sul nido del cu(cu)lo e del satellite nostro amico, cioè il mio man on the moon.

Questa dicasi stronzata da rincoglionito eppur è un coglione che ne ha due come Tommy Lee Jones.

 

di Stefano Falotico

Johnny Depp, l’ultimo ganster V Johnny Bepp’, l’ultimo dei (mohi)cani


06 Sep

johnny-depp-ingrassato2

Sì, Depp fu public enemy nel capolavoro sottovalutato di Mann Michael. E già m’apparse, in alcune sequenze, rotondetto di zigomi rimpolpati, quando parla con Marion Cotillard e nelle orecchie le riferisce il suo amore.

A Venezia, come i social network sfottenti sanno, è apparso fuori forma, extralarge, smodatamente grassoccio e di sospetto doppio mento sotto “braciola” di Amber Heard che, fra un bacetto e una lingua agli orecchini, le porgeva “carne” bona per i riflettori “bolliti” dei riflettori amplificanti la panza dissimulata nello smoking.

Ma l’attore feticcio di Tim Burton se ne “fotte”. Lascia che il suo compianto amico Marlon Brando degli anni suoi più lardosi, da lassù, lo benedica, regalandogli salsicce a “voluttà”.

Quella zoccola di Selvaggia Lucarelli ha incolpato la Heard, colpevole a suo “dire” d’aver troppo “viziato” Johnny.

Stia zitta quella tettona barona, capace di accattivarsi le simpatie aprendo il body fra un ammiccamento leccaculo e un’altra “furbetta”. Vada, come molte donne “arrivate” grazie al “darla”, sui viali, anziché spacciarsi per blogger e giornalista.

Comunque sia, in questo mondo impazzito, ove anche i sex symbol non son più quelli d’una volta, l’unico uomo che regge è Johnny Bepp’.

Uno che si sveglia alla mattina, urla “Lavoratori!” con tanto di scoreggia e pernacchio, e vitelloneggia, sì. en plein forme.

Non preoccupandosi delle (dis)occupazioni e sorbendosi un altro cappuccino, a cui insegna la morale (anti)cattolica su sa(gg)io del suo fanculo netto in trenta etti, no, secondi nati Vergine e non di Bilancia.

 

di Stefano Falotico

04054229 WBL207_070.tifJohnny Depp

Il Festival di Venezia mi angoscia, mi “scoscia”, mi scoccia, sostanzialmente sono come Liam Neeson


03 Aug

aaaliamneeson04

Ecco, non so se avete “colto” Liam Neeson nelle recenti foto che (non) lo ritraggono in giro per New York, i paparazzi non l’hanno “beccato” poiché egli è il fantasma oramai di sé stes(s)o, come dico io, ché non ci sono più da un pezzo, da un “pazzo”, faccio le puzze e mi mangio una pizza nonostante il fegato non “ci sta”, non c’è più, è scomparso, non “lo” vedo tanto bene, infatti, serve “solo per pisciare”, riposi in pace e non si dia “pene”.

Tornando a Liam, fa pena. Smagrito, scavato, macilento, fors’anche flatulento, sebbene lo stomaco sia sparito, spiritato, un (ecto)plasma vicino allo zero negativo, forse positivo, sembra che abbia l’AIDS.

L’eroe degli ultimi action non si muove tanto in forma. E nemmeno io, parafrasando Woody Allen, mi sento bene, eppur mi faccio sentire, forse senile, forse, più che alt(r)o, infantile, probabilmente adolescente, adulto o vecchio, quel che importa è il (porta)mento, chiaro dementi?

Ecco, facciamo un salto… a Venezia? Macché. Vedrei/drò solo (in)visi che si scann(erizz)-ano per una foto con la diva di turno, gir(in)i sfiancati da una vita tutto l’an(n)o sedentaria, assistenti sociali nei supplementari, no, supplenti dei portaborse sotto agli occh(ial)i, gente in caccia della star che non fa una vita da stella, vive sempre nella stalla e poi al Lido si (ri)specchia nel guadagnar un Guadagnino di “fango” sulle guance alla Tilda Swinton per A Bigger Splash di flash(ati). Che schifezz’, che monnezze.

Meglio Milian al Milan, il CalcioMercato impazza, a Settembre saremo nel vivo del campionato. Chi ha comprato l’Inter? Cary Fukunaga, extracomunitario orientale americanizzato, no nation, autore di film “ossuti”, inquietanti, di pancia, di “sfondamento”, di storie tese come un rasoterra alle palle, ma all’ultimo minuto s’è inserito il corto-“brevilineo” The Audition, divertissement costato un occhio della testa di DiCaprio, ché ha un testone che pesa 100 chili, deve dimagrire perché altrimenti si sogna il Pallone d’Oro, no, l’Oscar, eppur mi par imbalsamato seppur dorato, di culetto bronzeo a mostrar le chiappe chiare con la modella che “glielo” ritocca.

Comunque sia, questa è una grande bellezza, non c’è Sorrentino ma preferisco Sorrento a sorrata.

C’è chi è malato di core e chi non va di corpo, chi lo è di mente e chi sempre le prende.

Pig(l)ia(lo), e statt’ bonazzo un po’ sul frocino.

Ora, cari porcini, vi saluto col mio bacin’.

E vaffancul’.

Ma quale moro di Venezia e Leone. Povero agnello d’un Neeson, questo è morto.

Dentro o fuori, basta che (c’)entri.

Che c’entra? Ma ci azzecca! Vincerà Bellocchio!

Sangue del mio sangue!

Sangue_del_mio_sangue_02

 

di Stefano Falotico

Venezia 2015: In Concorso, oltre ai quattro italiani, il filmaccio “italico” DOC, La fam(iglia) dei tonti


29 Jul

thevoiceo_f03cor_2014111547JOYIl film capolavoro che Barbera non ha beccato.

Girovagando, fuori da ogni competizione e anche dai pet(t)i degli uomini “forti”, quelli che “sfor(bici)ano”, m’imbattei, e fui “sbattuto” come un “uomo” al tegamino, da persone d’ottusità ovale come appunto le uova meno appuntite, cioè quelle che Colombo non (ab)usò contro gli indigeni nella sua scoperta di Amerigo Vespucci.

Cosa ha a che vedere tal “mia” perorazione con la Mostra?

Tutto e nulla di che, così come “niente di speciale” i detrattori definiscono la nuova stagione di True Detective, di cui non han capito il senso ermetico delle riprese “subacquee” negli esterni delle ferrovie metropolitane e il ciuffo “arrotondato” d’un robusto Farrell Colin mesto, anzi mist(ic)o al Kit(s)ch, parimenti proporzionale di bravura a un imprevisto Vince Vaughn di eccellenza piramidale su Rachel McAdams, figa sesquipedale, conturbante quanto turbata da un infantile trauma a ca(u)sa del padre medio-orientale, un David Morse di barba “monumentale”, anzi, da “to(ta)ro” come un totem imbalsamato nel fantasma di Casper(e).

Dopo tal mia stronzata da incorniciare, passerei in rassegna(to) i film “assegnati” di red carpet, anche di The Audition scorsesiana sull’accoppiata deniriana alla DiCaprio “fregato” da Pitt, “ultimo” arrivato.

Sì, è l’unico film che non è un film, in quanto alto mediometraggio forse corto d’un (Con)corso che non m’attizza, a prescindere di sicuro da Sokurov e dal Fukunaga, apripista di ogni “carne” alla Pizzolatto.

Che c’entra la famiglia?

Di mio, so che una “buona” Malavita alla Besson è meglio di “The Family” all’italiana, della serie “finito/a Venezia, torniamo alla solita (s)figa” e chi s’è visto ché mi son perso quello migliore, anzi, quella col balconcino della prima fila su sedile del “poster” di Depp.

Insomma, questa è una black mass(a).

Se non l’hai capita, al primo bar dopo il traghetto, c’è una birretta “al vaporino”, ottima per la digestione degli stronzi.

Come diceva Ghezzi, buona visione.

BLACK MASS

di Stefano Falotico

The Howl


28 Aug

>The Howl: meglio del “festivalino” di Venezia e dei giretti in gondola. Di mio, ordino i Sospiri e vivo nel pont(il)e tutto l’an(n)o, di marea alle merde

Lucifero crepitò in agonia silenziosa, nomade della solitudine, dischiuse le palpebre e spense i sorrisi “candidi” dei mostri, linciandoli a scagliar vetustà serena su torpor linciante della più “turpe”, sacrosanta”, esecrabile vendetta. Esangui urlaron sangue marcio, li torturò, avvizziti cosparsero pianti, gemettero inascoltati nel tuono dell’ira potente e morirono trafitti da una punizione divina!

Risveglio. Mattina mia albeggi florida in tal “purezza” smorzata dai vili assalitori, prima (in)coscienti e poi a tenaglie roventi di guascona “euforia” della malizia più mendace, irresponsabile, di pugnali alle anime.
Apro il frigorifero, il latte gorgoglia entusiastico negli occhi “briosi” dei ciechi in allodola verginella stronzetta. La confezione, di bella stampa in “copertina lucida”, ritrae il volto angelico della pubblicità erotica più “cosmetica” della bieca putridità incastonata a subliminale, “smagliante” camicia sventolante aria “profumata” di rancida campagnola per “eccitar” di tette granulose da burrosa. Il fascino orrido della plastica. E la donna ridente, che inclina basculante il seno a grembo procace, non m’allatta di piacer materno o suadente. Colgo nelle sue gote un rancido saporin sdolcinato da puttanona in calore, così come la sessualità è oggi ingorda nei fremiti promiscui del becero porcile losco. Lo carezzi e sembra liscio, ma è varicoso e d’arterie come un “semifreddo”. Il cazzo amaro del vostro menzognero gridar amore anche se è solo scaduto liquore. Io illanguidisco le iridi per farvi vedere come vi liquido.
Donna, ove s’elevavan rizzi i capezzoli turgidissimi di fiera femmina d’allietar in scrosciarle sperma verace, s’erge qui invece al dì una meretrice, la troia pavoneggiantissima a incitar i cavalli ché la svacchino in virginal “Gioconda” lieta di finta apparenza ma, giammai contenta, s’accontenterà di berseli in un sol boccone, fra bicchieri scremati, borsello da caroselli e parzial scosciar per inguinale salivar anche l’ultimo degli asceti indomiti ed eterei. Ella, da lavandaia ed “educanda” cortesia, con le sue labbra pittate al bon ton illusorio, eppur molto allusivo e laido, sgorga all’intrepida carnagione arrossante su rossetto di fragolina del “bosco” in cui concupirà i lattanti nella Milf pregna di gravido profumo “bianco”, come l’arcata gengivale di denti splendenti da (s)porca “pulita”.
Una bovina nel gregge e anche il pastore s’aggrega alle odierne, “felici” leggi di tal in verità urna ch’adombra l’amor davvero notturno. Quindi lupo. Non cinico ma evoluto dai cagnacci. Ella, cupida e sobria, appar mansueta e dolce, ma io scorgo fra gli angoli della sua bocca uno sfiorito esser già sbocciata, di bocce aver spremuto troppo gaudio del limon più armonico e oggi ammuffita nella fisarmonica logorata a balorda ludra del proprio lercio utero. Zucchero (in)filato! Sì, una bocca che spalanca le fauci da diavolessa accalorata e sprona la “guerriglia” ad “affinata”, mascherata e sconcia impudicizia d’altre “eburnee” sporcizie.
Qui vibra la tua paura, piccolo borghese al qual sarò scortese.
Ti spruzzo di panna, ecco il gastroenterologo a entrarti come la speleologia che, via via, spela ogni corpo tuo cavernoso e lo sventra a picconate del rampicante spaccarti rampantissimo. Forse, sono Rambo. E, di diagonali scorciatoie, prega la croce per non incrociarmi, oh oh mio impaurito fuggitivo! Questa è la mia crociata. Questa è la mia guerra. Santini, fottetevi! Mitragliate e riceverete il rincarar, incagnito, della dose appuntita.
Io son l’entusiasta vanità di chi la faccia frattura e se una ragazza giovinetta, quindi di tettine, deride il mio sorseggiar misurato dalla giovial tazzina, l’erutto la “sordina” allo scaraventarla in spiaccicata come vitreo frantumar anche la mascella del bue suo a suini. Con tanto di saetta a setti nasali e a bugiardi nasini!
Sì, festeggiate di pasticcini a passerelle con passerone e di uccelli truccati a “trionfi” in passeggiar vostro “invaghito” del sempre più assopirvi nell’assaporar la superficialità delle “figate”. Questa dolcezza è cremosa quanto il mio mascarpone. Che ti fa colar, da erculeo quale quasi Dio sono, in una valle di lagrime giù dalla scarpata. E te lo piazza di rosse scarpette.
Sì, con tanto di sughino maleducato al tuo sanguinaccio.
Ecco la pellaccia. Salvati! Scommettiam che salterai?
A me l’onore di guastar la festa e ogni mondina a immondo vomitarle una giusta “mondanità”.
Perché quando si esagera, io son il primo a (s)montarti, poi non batto… ciglio e coltivo quadrifogli a sfoltir il giardino del tuo “vicino”. Uno sposato a una cagnolina ma il licantropo è il Diavolo nel peperone.
Salta in padella, ecco il mio “abbraccio”. Che braciola! Scotti nel braciere?
E, quando cala la Luna, l’ululato è urlo violento. Iroso e peli che raschio.
Or dov’è finita la tua spocchia, pidocchio? All’erta e in guardia di “occhiolini”, son dietro il tuo “spioncino”. Ah ah!
E, “pulcino”, oggi t’è spar(at)o in viso.
Morale della favola: allattate i bambini al perbenismo ipocrita ma se, quando dal branco gli agnelli fuggiranno e saranno macellati, un sopravvissuto potrebbe far Male nel suo silence of the lambs.
Quindi, dopo le sculacciate, (s)cuoio.
Di tutto “Cuore”. Ti sfondo il culo. Mentre te lo recido.

Di netto, ecco l’inetto. Di denti da lattaio!

Le “tonne” son le colonne del sudor’, meglio il Canal del Glande al largo dal lagunar in questa mer…!

Sottotitolo: se una mi provoca, l’affogo.
E poi getto le ancore del suo “Ancora, ancora!”.
Ecco il “nodo” marinaio dell’aiuola “bagnata”.

Fine dei giochi…, il resto è una cozza. Una cagacazz.

Settantesima Mostra dei mostri in “Laguna”

Basta con le rassegne stampa, coi brindisi e chi stappa, mi strappo i capelli in segno di nazismo ai gerarchi e alle caste di Clooney. Io son la bancarella e mica come George, mai in bancarotta sul Lago di Como.
Al laghetto delle sue concubine, io capisco la “Gravity” del mio grave stato di reumatismi eppur remo finché la barca va… lasciala andare a far in culo alla balena. Ecco il “bikini” atomico! Che bomba “sexy”.
Che esplosione festiva, ah ah. Artificiali siete e morirete di goder in champagne altrui.
Baluginando, sì, vado a sfotter dal “faro” su scogliera di urlar “Evviva gli spaghetti allo scoglio!”.
E aggiungo il Sole mio del vino d’ottima annata, in anal fregata.

Sì, tutti già al Lido, mai al verde state miei ricc(i)oni, teste di cazzo prima a Riccione, eppur io passo col giallo, rosso di sera io spingo di “prua”. Avanti col motore, timonieri, assalite i timorosi del Cinema di Schrader. Fotteteli alla James Deen nella gioventù bruciata di questo porcil’ che han “costruito”. Di questa società che fa cagar eppur frivola scopa come Dio la manda a dir. Van tutti “a culo” oggi, son putridi, viziosi, guardoni e pur maneschi. Facciamoli a poltiglia.
Spremiamo il grasso che cola, ungiamo perché unge la vendetta! Più nera da Nerone!
Abbasso Venezia, va allagata subito. Ecco la metafisica! Bombardare sulla Parietti e sai che “gommone”.
Sgonfiate i seni rifatti e d’ago siate pagliaio a quelli che fuman le paglie sullo yacht di qualche stronzon’. Ecco la pancia a mollo!
Al mio comando, ardete le case dei villeggianti, i miniappartamenti dei turisti dell’ultima ora, sfollate gli alberghi, arriva l’arrotino dell’oceanico tempestarli di “frigobar”.
Basta! Non sanno nulla né di Cinema né soprattutto di vita! Ma che vita fate? Che volete (stra)fare?

Reportage d’un “normale” dialogo fra due “cinefili” di razza:

– Come ti pare l’ultimo film del regista Suka Minchia? S’intitola Tetsuo fatti i cazzi tua con la cibernauta cinesina androgina di Blade Runner e non spappolar u’ Asimov.

– Notevole, un po’ lecca lo spettatore ma c’è una giusta miscela tra furbizia e la malizia che non guasta, poi si scioglie raschiante verso la fine con troppe menate buttate via. Arrugginisce e non va liscio di olio. Un finale al burro quasi cac(a)o, diciamo, speravo in una botta conclusiva di natura robotica a distruzione nichilista del futurismo più sospirante. Pecca di retorica, eppur ha il suo retrogusto caldo, ti rimane dentro e te lo godi anche dopo essertelo sparato tutto giù. Comunque, verso la metà della porcata a muccio selvaggio-metallaro, s’avverte un non so che di disturbante tendente all’omosessuale col parrucchino in versione remake di look platinato.

Sì, un film che “inonda” come sperma del cioccolataio che meglio “guarnisce” il prodotto a metà fra il darsi via sul p(r)ezzo ridotto e uno stracciarlo nel pistacchio in stracciatelle di Nutella con yogurt all’amarena. Il tutto diluito con la paletta dei magnoni in Sala Grande.

Il miglior film sarà Joe. Perché io ho sempre ragione io, eh!

Storia autobiografica che sembra sfigata e invece ha capito tutto.

Più che far il viveur fra gli zombi, l’antieroe sceglie la montagna.
E pure la barba da “barbone”. Passando il Tempo a regredir, barbarico, con un “bambino” più adulto dei cosiddetti adulti. Guarderanno la foresta e penseranno che quella di Sandra Bullock è da radere al suolo.
Ad accetta “spazial” di come adesso la vedi sulla sedia a rotelle, mignotta? Ronzano i soldi. Oscar interplanetario.

Si rivelerà l’unico sano di mente in una società che fa onestamente schifo.

Sì, vanno un po’ tutti a puttane. Quindi, amputateli subito.

E vedete di non rompere più.
Altrimenti, oltre a cambiar casa, cambieranno pure il casco. Ammesso che non faccia cascar un masso di pugni sul cranietto da dementi.

Nichilismo? Solo credo nel mio Cristo, mio fascista! Son pazzo come Kinski, meglio di te che fai scopa con la scema.
Otterrai tre cicorie e la tua (c)oca forse nel papero.
Sputami un puah e stai bene qua. Datti alle zoccole, e nun scassar u’ babà. Ah ah. Io vivo a Londra, domani ne ho ben donde.
Ecco che onda! Ti urta!? E allora datti alla scialuppa con una di scaloppina. Da me, sol che groppo in gola e ti strozzo.

E ricordate: accattatevi al tram.
Non attaccatevi, penso io ad appenderti al chiodo.

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. Tetsuo: The Bullet Man (2010)
  2. Gli spietati (1992)
  3. Nosferatu a Venezia (1988)

Genius-Pop

Just another WordPress site (il mio sito cinematograficamente geniale)