Posts Tagged ‘Festival di Roma’

THE IRISHMAN: il carisma di Bob De Niro, la forza sovrumana di Pacino, Leo Gullotta doppia Pesci e io sto vivendo una mistica estasi-ascesi da Gladiatore stalloniano


30 Oct

brando padrino de niro padrino parte seconda

Questa mia vita è stata un Casinò. Ah ah.

S’è attuato in me, nella mia fisiognomica apparenza e anche nella potenza della mia romantica irruenza, un putiferio.

Sono scalmanato, devo darmi una calmata.

Pochi giorni fa, esattamente la settimana scorsa, senza sprezzo del pericolo mi sono indiavolato, no, involato per Roma. Di solito, si usa il verbo involare quando si prende l’aereo ma molta gente mi disse che persi il treno e invece, puntuale come un orologio svizzero, salii su quello di Italo con enorme charme, sedendomi nel posto assegnato in carrozza. Al mio fianco, una bella fanciulla orientale. Sul posto davanti, una che sul pc portatile stava guardando Shutter Island. Alla mia sinistra una strafiga che, per le due ore e un quarto di mio viaggio da Bologna a Roma, non ha smesso un solo secondo di fare su e giù con la scarpa destra, modulandola su movimento basculante di caviglie così sensuali da lasciarmi stecchito. Eccitandomi a morte.

Stazionai non alla stazione, ah ah, ma in un albergo di Via Flaminia, detta dai romani anche Via Flaminio poiché il quartiere si chiama Flaminio.

Certo che questi romani si complicano la vita. E ogni via porta alla capitale, ah ah.

Ero molto teso. Sono un accreditato stampa, sì, grazie alle mie pindariche collaborazioni giornalistiche, ai miei scritti monografici su Scorsese, De Niro, Carpenter e chi più ne ha più ne metta, dopo il Festival di Venezia, mi sono sparato pure quello di Roma in mezzo alla stampa. Che figata.

A Roma, però, avendo ricevuto in ritardo la conferma via mail dell’accredito, da me poi ritirato opportunamente al desk, come sapete, ho visionato solo The Irishman.

Adesso passiamo al remoto passato, centurioni, miei uomini gladiatorii come Russell Crowe, poiché Roma è la città eterna e nel suo fastoso passato imperiale ancora si riverbera! Ah ah.

Miei prodi, al mio “ciak” scatenate l’inferno. Ah ah.

Piazzai la sveglia alle sei e mezza.

Dopo essermi destato di soprassalto per colpa, appunto, del casino infernale della suoneria, mi vestii in tutta fretta, raccolsi opportunamente tutti gli oggetti personali e mi diressi alla volta dell’Auditorium. Ma prima bevvi un caffè alla John Goodman de Il grande Lebowski, sorseggiandolo nell’adocchiare l’ottima milf barista.

La osservai senza dare nell’occhio, anzi porgendole di sottecchi l’occhiolino. E pensai, fra me e me, questa è bona forte. Poi aprì bocca e compresi che era solo una popolana. Sì, di seno stupenda come la Ferilli ma, alla pari della Sabrinona nazionale, sboccata, farsesca, volgare e troppo burina.

Insomma, un’Anna Magnani ficcata in caffetteria nell’urlare ai suoi clienti:

– Volete i cappuccini? Pagateli, sennò andate a pigliarvelo inter-culo.

 

Sì, una donna simil-Christian De Sica.

Al che, dopo aver deglutito il bollente caffè saporitamente zuccherato, di lì a poco sudai freddo.

Cazzo, me in un ambiente di conoscitori altolocati di Cinema. Minchia, la paura scoccò a novanta ma avvistai in prima figa, no, a fare la fila, una ragazza più terrorizzata di me. Fu la sua prima volta al festival.

Solo a Roma, però, no, non è vergine. Se vi dico che è così è perché lo so. Ah ah.

Perlomeno, sessualmente non lo è più. Perché venne con me o perché, dopo essersela fatta nelle mutande per l’imbarazzo di trovarsi al cospetto di critici con tanto d’attestati, guardandomi negli occhi miei, languidi poiché parimenti intimiditi, si sciolse in mezzo alle gambe?

Non lo so e non sono cazzi vostri.

Fallo sta, no, fatto sta che dopo i primi, comprensibili timori iniziali e qualche pudica titubanza, dopo essermi sorbito un cinefilo mezzo matto, entrai in Sala Petrassi con tre quarti d’ora d’anticipo rispetto all’erezione, no, polluzione, no… proiezione di The Irishman.

Cosa urlò il matto cinefilo? Siete curiosi? Quanto segue:

– Questo film sarà un capolavoro e abbasso i cinecomic. Evviva Netflix che ha permesso a Scorsese di realizzarlo. La dovrebbe finire anche Francesco Coppola, Francis Ford, di schierarsi contro i film di supereroi. Avete sentito che cos’ha detto ieri? Che i cinefumetti sono spregevoli! È solo un rimbambito!

 
Dunque, una donna con le palle gli rispose con estrema acredine e severità impietosa, zittendolo subito e ricevendo la standing ovation di tutti noi:

– L’unico rintronato sei tu. Fa freddo, stiamo facendo la fila, non sappiamo se riusciremo a entrare. Torna al tuo posto e non sbraitare, villain!

 

Io ebbi il pass giallo come quello di Francesco Alò. Il passa giallo è di “serie b”, nel senso che si dà ai giornalisti online che non scrivono per il New York Times. Quello blu è riservato ai critici “di risma” internazionale.

Ma per piacere. Il pass blu è fighissimo e io al semaforo non passo mai col rosso. Ah ah.

Pensate che sia finita qui? Macché. Entrammo quasi subito, sì, noi “gialli”.

Ora però devo dirvi questo. Se le maschere e quelli della sicurezza ti lasciano entrare, significa che in sala ci sono posti liberi a sedere e, solamente a sala piena, bloccano ogni altra entrata. Per cui i ritardatari stanno fuori.

Ma, dinanzi a me, vidi un gruppo di ragazzini ipereccitati che gridarono tutti assieme appassionatamente:

– Saliamo le scale in fretta e di corsa, altrimenti ci perdiamo il film!

 

Fu a quel punto che compresi l’abisso come Adso da Melk de Il nome della rosa:

be’, se sono critici intelligenti questi, io in mezzo a tali ritardati sono il più grande critico del mondo. Sì, intimamente li criticai, considerandoli scemi, stroncandoli di pallino vuoto. Cazzo, se siete entrati nell’atrio, significa che vedrete il film. Se no, vi lasciavano fuori. Ma forse voi, fuori, lo foste dalla nascita.

Questa sarebbe l’intellighenzia italiana?

Comunque, io salii le scale con calma olimpica. Mi sedetti a fianco d’un gentilissimo signore distinto.

Ma, ancora una volta, dio della madonna, non fatemi bestemmiare, accanto me vi fu un’altra gnocca mai vista. E, prima che si spegnessero le luci, odorai il suo Scent of a Woman, facendo finta di non vederla, cioè di essere cieco come al Pacino del film suddetto ma, ve lo posso dire, la sentii tutta. Eccome.

Un’emozione impalpabile, indescrivibile come quella che provai alla fine di The Irishman. Insomma, il classico orgasmo da pure sensazioni a palle, no, a pelle. Liquide come il piacere di essersi goduto un filmone estasiante da farti (s)venire.

Ora, amici, non so se nella vita sia meglio un filmone o un figone ma, nel dubbio, io sceglierei entrambi.

Avete mai visto Over the Top?

Prima di Giancarlo Giannini, Ferruccio Amendola doppiò spesso, oltre a Stallone, anche Al Pacino.

Secondo me, sì, è un film puerile, Over the Top.

Ma rimane un mio cult.

Bull Harley dice a Sly che lo storpierà perché è merda di porco.

Sly, prima di battersi con Bull, ebbe davvero paura di non farcela. Se avesse perso l’incontro, avrebbe perduto tutto.

A me ha sempre emozionato la scena in cui Sly vince e Bull Harley gli stringe la mano. Porgendogli uno sguardo fra l’abbattuto e il sommesso-commosso, come per dirgli:

sei davvero più forte di me.

 

Bene, sono tornato a Bologna. Solita vita.

Uno vuole la recensione di tutti gli episodi de Il metodo Kominsky 2, un altro invece vuole la recensione di Dolemite Is My Name.

Scusate, devo rispondere a una telefonata, anzi no.

È la solita rompiballe. So io cosa vuole questa…

 

di Stefano Falotico

 

padrino pacino keatongladiatore crowe

 

OVER THE TOP, Sylvester Stallone, Rick Zumwalt, 1987

OVER THE TOP, Sylvester Stallone, Rick Zumwalt, 1987

FESTIVAL DI ROMA: sono diventato un intellettuale, nel mio processo d’individuazione, da quando…


17 Oct

sfida senza regole

…ho capito che essere troppo normale significava essere trattato da pazzo, anzi, da idiota.

Non so se abbiate mai visto il film Sfida senza regole, traduzione del tutto italiota che fa riferimento al sottotitolo sempre sbrigativamente appioppato dai titolisti nostrani assai cialtroni a Heat di Michael Mann, ove assistemmo all’epico confronto-scontro fra i cinematografici titani Al Pacino e Robert De Niro, oggi rispettivamente Jimmy Hoffa e Frank Sheeran in The Irishman.

A me raramente sfugge qualcosa. Io adorai e adoro, sin dalla primissima adolescenza questi due mostri sacri, icone leggendarie che hanno illuminato d’incandescenza solare le mie interminabili notti adolescenziali molto solitarie.

Poiché, alla pari di Neil McCauley/De Niro di Heat, sono un solitario ma non sono solo come Arthur Fleck/Joker, neppure come Travis Bickle di Taxi Driver.

Sebbene vada fiero della mia giammai rinnegata melanconia. Dalla gente ipocrita, ridanciana, carnascialesca e ruffiana come il pappone Sport/Keitel dell’appena succitata pellicola scorsesiana, non The Irishman, bensì per l’appunto Taxi Driver, non so che farmene e probabilmente non avrei mai dovuto sfortunatamente incontrarla. Dovevo immediatamente ripudiarla, anziché incasinarmi nell’ostinarmi a fornire a essa una spiegazione dei miei mentali corridoi meandrici. Anziché svergognatamente spellare i miei pudori, svelare tutto il mio segreto e forse segregato candore, disancorandomi dalla mia innata natura primigenia assai prelibata della mia emozionale alterità fulgida, comunque ancora immacolata, fortissimamente immutata e dunque non da questa debosciata gente corrotta e traviata.

Risplendo a tutt’oggi del mio genetico, suadente nitore e non voglio più far ammenda alcuna delle mie profonde, sacre emozioni. Anche perché fui estremamente equivocato quando, impudicamente, esternai senza nessun pavore le mie intime sensazioni, le mie ritrosie e le mie sane paure. Cosicché, non in pochi addussero, quando con furore e intrepido altrui agghiacciato stupore, sbudellai le mie interiora, che fossi matto e un ragazzo malcresciuto, soltanto mantenuto, che doveva quanto prima tornare sui propri passi, riconoscere sinceramente e immantinente i suoi errori per evitare l’inevitabile orrore a cui tali impostori credettero che sarei andato incontro se non avessi subito fatto dietrofront per salvare l’onore.

Pensarono banalmente che fossi il classico ragazzo disadattato e interrotto. Perciò, in tanti evocarono, diciamo, qualche malattia non solo del fisico e del cuore, oscurandomi nella coltre delle loro tremende reprimende e seppellendomi infimamente da infami con la crudeltà più mostruosa nello spettro delle loro patetiche, oscene calunnie e supposizioni.

Ancora oggi tali ottusi, ostinatamente caparbi a proteggere l’indifendibile lor arroganza, credono che io viva murato vivo in una stanza. Perimetrato nello spaesamento d’una cameretta ermetica in cui pensano che deliri, continuando ad amare scioccamente, infantilmente Robert De Niro.

Sì, De Niro mi piace irrimediabilmente ancora, nonostante non sia più oggettivamente, anagraficamente e forse persino qualitativamente quello d’una volta.

Forse tutto questo è iniziato con un tizio di nome Charles Randall.

Sì, queste son pressappoco le testuali parole che il detective David Fisk, incarnato da un Pacino in viso scarno, recita a inizio film.

Invece, questo delirio di molte persone su di me, un delirio da maniaci quasi assassini delle dignità del prossimo loro, in tal caso il sottoscritto, quando ebbe inizio?

Forse quando, nauseato dai miei coetanei, frivoli, stupidamente gaudenti e scioccamente ricattati da genitori castratori che li volevano solo dottori, trascurando invece i loro spontanei amori, le loro vive pulsioni e le loro più vere azioni, mi dissociai da tutto questo deprimente fetore.

E fui etichettato come ragazzo malato di qualche psicopatologica afflizione.

Si tirò in ballo la fobia sociale, la timidezza clinicamente pericolosa, ah ah, la schizofrenia psicotica mascherata dall’auto-inganno più atroce.

Ma, nel mentre gli ignoranti si fissarono su di me con boria discriminatoria da orripilanti untori, addirittura da fascisti punitori, io ancora perseverai con indomita, apparente idiozia, a inseguire la mia vi(t)a con sacrosanto menefreghismo da uomo di valore. Anche se, talvolta, giustamente onanista di sobrio fervore.

Voi, per esempio, non sospettereste mai che sono un collezionista non solo dei film con De Niro e Pacino ma di tutti i film, non propriamente da Oscar, di Naughty America?

Fate molto male.

Poiché io sono grande conoscitore del Cinema più alto, poetico e altolocato ma non sono certamente un eremita nel cervello toccato. Bensì una volpe che conosce le cosce molto toccabili.

Odio i luoghi comuni. In Italia s’è campato per anni dietro le più bigotte superstizioni.

Come quella secondo la quale chi si tocca o è un coglione oppure diverrà presto cieco in quanto poco figlio di puttana e bugiardo marpione.

Come quella secondo cui chi è il male di sé stesso pianga sé stesso.

La gente si riempie la bocca della parola dignità.

Secondo la Treccani online, la dignità è:

la condizione di nobiltà ontologica e morale in cui l’uomo è posto dalla sua natura umana, e insieme il rispetto che per tale condizione gli è dovuto e che egli deve a sé stesso. La d. piena e non graduabile di ogni essere umano (il suum di ciascuno), ossia il valore che ogni uomo possiede per il semplice fatto di essere uomo e di esistere è ciò che qualifica la persona, individuo unico e irripetibile. Il valore dell’esistenza individuale è dunque l’autentico fondamento della d. umana. Ora, secondo le teorie freudiane, la struttura psichica di ogni essere umano sarebbe composta fra L’Es, l’Io e il Super-io.

E se invece uno volesse precocemente fare Hermann Hesse? Cioè volesse mandare a fare in culo praticamente ogni religione, ogni inibizione, ogni sovrastruttura data per incontrovertibile e assoluta? Cosa succederebbe?

Diverrebbe pericoloso come Charles Randall o Joker?

No, non credo proprio.

In questi anni, amici o (a)nemici, ho visto tanti ragazzi farsi fregare dalle istituzioni. Ragazzi che, crollati a pezzi, si son dati da soli la patente di pazzi. Recandosi da qualche psichiatra per ricevere l’antipatica ma soprattutto anticipata pensione. Sì, un alibi del cazzo per rinunciare alla personale rivoluzione, per non preoccuparsi più del proprio disagio e poter vivere (in)felici, facendo dolceamara colazione.

È un pessimo modo per mentire al mondo, nascondendosi dietro la mancanza di reazione.

Poiché, andando a dire al prossimo che siete malati, invero solamente ipocondriaci, avete orribilmente accettato il fatto che potreste anche avere il talento di un bravissimo sceneggiatore ma, non conoscendo nessuno a Hollywood, non vincerete mai l’Oscar.

Dunque, avete rinunciato ai vostri sogni.

Vedete, il Festival di Roma si divide in due categorie.

Fra chi è invitato come le vallette e i televisivi presentatori, coloro a cui il Cinema interessa assai poco, personaggini squallidi in cerca solo d’esibizionismo per elemosinare, in ogni sen(s)o, un po’ di approvazione e calore, e chi invece è Stefano Falotico.

Un uomo che, senz’alcuna remora, ancora profuma del suo delicato odore.

Se questo vi fa schifo, su Rai Uno c’è Carlo Conti.

– Guarda, Stefano, che Sfida senza regole è un brutto film. L’ha dichiarato lo stesso De Niro in una recente intervista.

– Sì, forse è sbagliato. Bob però non ha dichiarato che ha accettato di girarlo per soldi ma soprattutto per palpare il seno di Carla Gugino?

– Ah, quindi secondo te ha girato Manuale d’am3re solo perché De Laurentiis l’ha riempito d’oro e lui ha potuto toccare le bocce di Monica Bellucci?

– No, secondo te è perché in colonna sonora c’era Morgan?

– In effetti…

 

di Stefano Falotico

JOKER: è meglio Giancarlo Giannini o il figlio Adriano, meglio Celentano o Al Pacino de L’avvocato del diavolo? Io mi sdoppio, doppio, faccio la tripletta!


12 Oct

Basta con gli sgambetti. Anche con gli sgabelli. Ove le telegiornaliste scosciano e io le osservo indubbiamente in maniera apolitica. Non m’importa che siano di Destra o di Sinistra, io opto per il Centro radicalmente.

Poiché le donne sono per me sempre di “attualità”. Ah ah.

Attualmente, adoro Tiziana Panella ma non so chi sia fra lei e Charlize Theron la più bella.

Con me le donne ridono come la Gioconda poiché il mio viso è ambiguamente sensuale come la Mona Lisa. Ah ah.

Morì il grande cantante Mango, autore dell’immortale Come Monna Lisa (sì, con due n, n di Napoli e n di non ho voglia, stasera, ah ah) e da poche ore se n’è andato Robert Forster, strepitoso attore-caratterista con la sordina.

Che peccato! Attore pacato la cui morte sta passando inosservata. Attore sofisticato con una faccia anonima da impiegato, invero, Robert in Jackie Brown fregò la nomination all’Oscar come non protagonista al Robert oggettivamente più camaleontico di lui, Bob De Niro.

Comunque, a De Niro non andò malissimo. Sebbene simulata, la scena della sodomizzazione a Bridget Fonda è estasiante quasi quanto la prova bellissima di Forster in Twin Peaks – Il ritorno.

Una prova, come si suol dire, che viene… subito al sodo, senza troppi fronzoli, una prova che spinge.

Anche troppo precipitosamente.

Ah ah.

Non so ancora se andrò alla Festa del Cinema di Roma. Attendo risposta dall’ufficio stampa ma siamo al weekend e questo sabato sera, onestamente, non è stato molto figo come Keanu Reeves.

Sì, Keanu è un mio idolo. Guardatelo in Matrix e nella saga di John Wick.

È uno di quei pochissimi attori che riescono a mettermi il dubbio se io sia bisex.

Sono eterosessuale convinto. Anche se molte donne, quasi tutte a dire il vero, nei miei confronti non è che ne siano proprio convintissime.

Ah ah.

Che gigione che sono. Sono maestro del gigionismo più delizioso e squisito come la performance di Al Pacino ne L’avvocato del diavolo.

Sì, sono come Al. Gesticolo forsennatamente, non sono di statura altissimo ma il mio carisma è indubbio, travolgente.

Spesso, come Al/Milton, m’infervoro, m’arrabbio, brucio d’ire infernali poiché il mio peccato preferito è la vanità.

Sì, sono il falò delle vanità. Ah ah.

Gironzolo di qua e di là, dispensando saggezze in quantità. Sono un uomo ardimentoso, focoso, qualche volta pure libidinoso. Poi ritorno pudico e nervoso, schizzinoso ed estremamente permaloso. In passato, dei deficienti mi considerarono perfino pericoloso. Poiché non amo Tiziano Ferro e le melensaggini false di questa società all’apparenza felice, invero sbandata, traviata, oserei dire debosciata.

Chiara Ferragni indice e istituisce un’universitaria facoltà per laureandi Influencer.

Mah, di mio, è da un anno che non prendo l’influenza. E da nessuno, d’ora in poi, voglio più venir influenzato.

Le critiche impietose a Joker del Wall Street Journal, del New York Times e de Il Fatto Quotidiano non sono attendibili né fattibili.

Sono critiche tristi e criminose come quelle che il sottoscritto ricevette in tempi (non) sospetti.

Quando fui accusato di soffrire perfino della sindrome di Asperger.

Di mio, mi piacciono gli asparagi.

Molta gente mi urlò… sparati!

Queste persone, infide e malevole, debbono stare lontane dai miei paraggi.

A proposito di Roma…

No, non mi piace Virginia Raggi poiché sono nato di segno zodiacale Vergine ma, ripeto, con me le donne sono raggianti.

Quindi, le anoressiche mi stressano e le persone con la puzza sotto il naso m’angosciano.

Non criticatemi più poiché io sono il migliore critico del mondo, non solo di Cinema, ah ah.

Le vostre critiche sono banali, scontate, vetuste, annacquate come i vostri cervelli malandati, per non dire qualcos’altro, sono critiche pretestuose che non fanno testo dinanzi alla mia testa.

Qui lo attesto. Non ho grandi attestati poiché non ho bisogno di attestare il mio sapere sconfinato.

Ma, se mi fate incazzare, no, non sono violento e non vi prenderò a testate ma, col solo potere del mio pagliaccio geniale, berrò comodamente un altro caffè con tanto di gambe accavallate.

Ah ah.

Se volete sapere come si diventa un genius come il Falotico, non ve lo dico, anche perché non lo so neppure io. Ah ah.

Miei baccalà, ora devo pernottare l’albergo…

Chissà, in quelle capitoline notti bianche, che succederà.

Ah ah.

No, non dobbiamo andare in giro ad ammazzare come fa Joker.

Ma dobbiamo ammettere, a malincuore, che non viviamo certamente in tempi molto simpatici ed empatici.

La gente è egoista.

Come no?

Mi piace una ragazza:

– Ciao, posso conoscerti?

– Per quale motivo?

– Per conoscerti.

– Il motivo sarebbe conoscermi?

– Sì, è grave?

– No, quindi ti piaccio?

– Un po’ sì.

– Bene, allora seguimi sulla mia pagina ufficiale Instagram.

 

Adocchio un tipo stimolante, culturalmente interessante:

– Ciao, come ti chiami? Sai che sei davvero molto in gamba? Potremmo diventare amici.

– Ho già i miei amici.

– Ah sì? Scusa, allora. Non voglio disturbarti. Se hai già i tuoi fidati amici, non mi permetterei mai. Posso solo sapere chi sono i tuoi amici?

– Gente che non mi tradirà mai.

– Cioè?

– Be’, Martin Scorsese, Clint Eastwood, Al Pacino, Robert De Niro. Loro non mi deludono mai.

– Ah, capisco…

 

Vi credete tutti divi di Hollywood.

E invece scambiate Robert Forster per Jodie Foster e pensate che De Niro sia l’interprete di Scarface.

Ho detto tutto…

THE DEVIL'S ADVOCATE, Charlize Theron, Keanu Reeves, 1997, (c) Warner Brothers

THE DEVIL’S ADVOCATE, Charlize Theron, Keanu Reeves, 1997, (c) Warner Brothers

 

di Stefano Falotico

McConaughey


09 Nov

Anni fa, sostenni che Matthew McCoanughey è uno dei più grandi attori della Storia, il suo comeback è titanico, brandiano, è Matthew il Dio moderno

No, so che rideste quando l’affermai. Che mi umiliaste d’offese ma, al solito, la mia profezia s’è rivelata tanto lapidaria quanto enormemente reale come ciò che abbiamo oramai, ineludibilmente, sotto gli occhi. McConaughey sta impazzando, e non è pazzia, sfodera colpi sanguigni ripetuti, non s’arresta un secondo, insegue la preda del suo animale in mimica all’apparenza inespressiva che però gioca a soggiogare il suo corpo attoriale, lo modella plastico e palestrato, dimagrito e allucinato, “scopato”, fottuto, sudato e addolorato, remissivo e romantico, “clericale” e sadomaso in mistica d’occhi spettrali per lo spettatore sempre più innamorato.

I sentieri selvaggi già l’osannano e leggiamo tale recensione in anteprima.

Voglio morire sui miei stivali.
Nella frase di sfida lanciata dal Ron Woodroof di Matthew McConaughey ai medici che gli danno solo 30 giorni di vita e che vorrebbero tenerlo in ospedale sta l’essenza di un film che pur raccontando, come milioni di altre volte, l’odissea della malattia nei rivoli della Giustizia, non si perde per vie procedurali, ma costruisce un ritratto nitido e possente del sogno americano, quello che va avanti, nonostante tutto, e da cui è impossibile non restare affascinati.

Un sogno americano che ha le fattezze maschie, redneck, malgrado il deperimento fisico, di un colossale Matthew McConaughey, di nuovo col cappello da cowboy dopo il twist of fate friedkiniano di Killer Joe. Il suo Ron Woodroof è un loser abituato come l’indimenticabile wrestler di Mickey Rourke a incassare i colpi, a vivere intensamente sul suo corpo ogni errore, portandone i segni, i lividi, i buchi. E a pagare, perché non esiste un secondo atto nelle vite americane. O forse sì. Forse è possibile risorgere, reinventarsi, rifondare il sogno. Daccapo.

Jean Marc Vallée firma il suo film più denso, più compatto,  ritornando a esplorare la diversità, l’alienazione dei reietti attingendo a dinamiche di gender e alla sua idea di famiglia, rifiutata e ricreata, come in C.r.a.z.y., ma all’interno della più vasta tradizione hollywoodiana, quella dei John Doe, degli eroi positivi, della solidità del classico. E infatti il suo Dallas Buyers Club avanza compatto, da manuale, affondando nel calvario del virus, nella desolazione umana e affettiva che lo circonda, per poi trovare una possibile via di salvezza nell’amicizia, nella solidarietà, ma soprattutto nell’intraprendenza economica.

È un last tycoon Ron: un imprenditore che trasforma il suo male in merce, in prodotto da vendere. La sua vera cura non è l’aloe ma il business, ed è in questo che Vallée indovina la via vincente aggiungendo strati su strati, lavorando sulle direzioni divergenti e complementari del maschile e del femminile.

Facendo di un eccezionale McConaughey e di un altrettanto meraviglioso Jared Leto i poli di attrazione di un racconto che, da una parte, guarda in direzione del capitale e, dall’altra, si concede aperture intensamente emozionali grazie alle fragilità di Rayon, alle sue tenere debolezze.

Entrambi esasperano i loro caratteri, mettendo in scena il cowboy con gli speroni e la reginetta del ballo, tutta trucco, abiti rosa e ciglia finte. Perché il centro di ogni sogno americano è la performance: quella acrobatica del lottatore di Aronofsky, così come la grande messa in scena hollywoodiana orchestrata dall’agente Ben Affleck in Argo, film al quale, pur con tutte le differenze del caso, il film di Vallée sembra rifarsi, in modo del tutto istintivo.

Come cinematografica è la continua e camaleontica performance di Ron, pronto a vestirsi da prete o da uomo d’affari per importare i medicinali, guardando sempre al cinema, in quanto elemento fondativo dell’economia (e della stessa identità…) americana.

Ed è allora uno strano oggetto questo Dallas Buyers Club, a prima vista così canonico, “film d’attori”, come si diceva una volta. Giustamente, perché dietro la mole di oscuro lavoro del regista canadese, che consegna il tutto con una fotografia livida e un lavoro sul suono appena didascalici, è veramente attraverso gli interpreti, nell’istrionismo performativo che il sogno si perpetua.

 

Festival di Roma 2013, il programma ufficiale


14 Oct

CONCORSO

Prima mondiale

ANOTHER ME di Isabel Coixet, Spagna, Regno Unito, 2013, 86’
Cast: Sophie Turner, Jonathan Rhys Meyers, Claire Forlani, Gregg Sulkin, Rhys Ifans, Geraldine Chaplin, Leonor Watling

Prima mondiale

BEN O DEGILIM / I AM NOT HIM di Tayfun Pirselimoglu, Turchia, Francia, Grecia, Germania, 2013, 125’
Cast: Ercan Kesal, Maryam Zaree

Prima mondiale – Opera seconda

I CORPI ESTRANEI / FOREIGN BODIES di Mirko Locatelli, Italia, 2013, 98’
Cast: Filippo Timi, Jaouher Brahim

DALLAS BUYERS CLUB di Jean-Marc Vallée, Stati Uniti, 2013, 117’

Cast: Matthew McConaughey, Jennifer Garner, Jared Leto

Prima internazionale

ENTRE NÓS / SHEEP’S CLOTHING di Paulo Morelli, Brasile, 2013, 97’
Cast: Caio Blat, Carolina Dieckmann, Maria Ribeiro

Prima mondiale – Opera prima

GASS / ACRID / ACRE di Kiarash Asadizadeh, Iran, 2013, 94’
Cast: Sber Abar, Pantea Panahiha, Shabnam Moghadami, Mahsa Alafar, Roya Javidnia, Ehsan Amani, Mahana Noormohammadi, Sadaf Ahmadi, Nawal Sharifi, Mohammadreza Ghaffari

Prima internazionale

HER di Spike Jonze, Stati Uniti, 2013, 120’
Cast: Joaquin Phoenix, Amy Adams, Rooney Mara, Olivia Wilde, Scarlett Johansson

Prima mondiale – Opera prima

LANSE GUTOU / BLUE SKY BONES di Jian Cui, Cina, 2013, 101’
Cast: ZHAO You-liang, NI Hong-jie, HUANG Huan, YING Fang, LEI Han, TAO Ye

Prima internazionale – Opera seconda

MANTO ACUÍFERO di Michael Rowe, Messico, 2013, 85’
Cast: Tania Arredondo, Arnoldo Picazzo, Zaili Sofia Macias

Prima mondiale

MOGURA NO UTA / THE MOLE SONG di Takashi Miike, Giappone, 2013, 120’
Cast: Toma Ikuta, Riisa Naka, Takayuki Yamada, Yusuke Kamiji, Takashi Okamura, Shinichi Tsutsumi

Prima internazionale – Opera seconda

OUT OF THE FURNACE di Scott Cooper, Stati Uniti, Regno Unito, 2013, 116’
Cast: Christian Bale, Casey Affleck, Woody Harrelson, Forest Whitaker, Zoë Saldaña, Sam Shepard, Willem Dafoe
Prima mondiale – Opera seconda

QUOD ERAT DEMONSTRANDUM di Andrei Gruzsniczki, Romania, 2013, 105’
Cast: Florin Piersic jr., Dorian (Doru) Boguta, Medeea Marinescu, Mihai Calin, Ana Popescu, Adina Cristescu, Alina Berzunteanu, Lucian Ifrim, Ada Zamfira, Paul Ipate, Dan Tudor, Ofelia Popii, Sorin Leoveanu

 Prima mondiale

SEBUNSU KODO / SEVENTH CODEdi Kiyoshi Kurosawa, Giappone, 2013, 70’
Cast: Atsuko Maeda, Ryohei Suzuki, Aissy, Hiroshi Yamamoto

Prima mondiale

SORG OG GLÆDE / SORROW AND JOY di Nils Malmros, Danimarca, 2013, 107’
Cast: Jakob Cedergren, Helle Fagralid, Nicolas Bro, Ida Dwinger

Prima mondiale – Opera seconda

TAKE FIVE di Guido Lombardi, Italia, 2013, 100’
Cast: Gaetano Di Vaio, Peppe Lanzetta, Carmine Paternoster, Salvatore Ruocco, Salvatore Striano

Prima mondiale – Opera seconda

TIR di Alberto Fasulo, Italia, Croazia, 2013, 85’
Cast: Branko Završan, Lučka Počkja, Marijan Šestak
Prima mondiale – Opera seconda

A VIDA INVISÍVEL / THE INVISIBLE LIFE / LA VITA INVISIBILE di Vítor Gonçalves, Portogallo, 2013, 99’
Cast: Filipe Duarte, Maria João Pinho, João Perry, Pedro Lamares, Susana Arrais

Prima internazionale – Opera prima

VOLANTIN CORTAO / CUT DOWN KITE di Diego Ayala, Anibal Jofré, Cile, 2013, 77’
Cast: Loreto Velasquez, René Miranda, Victor Montero, Alejandro Lafuente, Isaac Arriagada, Isis Kraushaar

Una Giuria Internazionale, presieduta da James Gray e composta da 7 personalità del cinema e della cultura di diversi paesi, con esclusione di quante abbiano collaborato alla creazione delle opere invitate o siano interessate alla loro distribuzione, assegnerà per i lungometraggi, senza possibilità di ex-aequo, i premi seguenti:

– Marc’Aurelio d’Oro per il miglior film
– Premio per la migliore regia
– Premio Speciale della Giuria
– Premio per la migliore interpretazione maschile
– Premio per la migliore interpretazione femminile
– Premio a un giovane attore o attrice emergente
– Premio per il migliore contributo tecnico
– Premio per la migliore sceneggiatura

Al film premiato con il Marc’Aurelio d’Oro non potrà essere assegnato nessun altro riconoscimento dalla giuria interessata.

Ad un film del Concorso Internazionale della Selezione Ufficiale verrà assegnato il Premio del Pubblico BNL per il miglior film, che sarà scelto, attraverso un sistema elettronico, da tutti gli spettatori.

 

FUORI CONCORSO 

AU BONHEUR DES OGRES / THE SCAPEGOAT / IL PARADISO DEGLI ORCHI di Nicolas Bary, Francia, 2013, 92’
Cast: Raphaël Personnaz, Bérénice Bejo, Émir Kusturica, Guillaume De Tonquédec, Thierry Neuvic, Mélanie Bernier, Dean Constantin Gaigani, Marius Yelolo

BORDER di Alessio Cremonini, Italia, 2013, 95’
Cast: Dana Keilani, Sara El Debuch, Wasim Abo Azan

LAS BRUJAS DE ZUGARRAMURDI / WITCHING&BITCHING di Álex de la Iglesia, Spagna, 2013, 110’

Cast: Javier Botet, Mario Casas, Santiago Segura, Carmen Maura, Hugo Silva, Carolina Bang

Prima mondiale

COME IL VENTO / LIKE THE WIND di Marco Simon Puccioni, Italia, 2013, 110’
Cast: Valeria Golino, Filippo Timi, Francesco Scianna, Chiara Caselli, Marcello Mazzarella, Salvio Simeoli, Francesco Acquaroli, Rosa Pianeta, Domenico Balsamo, Vanni Bramati, Vanni Fois, Enrico Silvestrin, Pascal Zullino, Alex Pascoli

Prima mondiale – Opera prima

GODS BEHAVING BADLY di Mark Turtletaub, Stati Uniti, 2013, 96’
Cast: Christopher Walken, John Turturro, Sharon Stone, Alicia Silverstone, Edie Falco, Oliver Platt, Rosie Perez

THE GREEN INFERNO di Eli Roth, Stati Uniti, 2013, 103’
Cast: Lorenza Izzo, Ariel Levy, Aaron Burns , Sky Ferreira, Nicolás Martínez

Prima Festival

THE HUNGER GAMES: CATCHING FIRE / HUNGER GAMES – LA RAGAZZA DI FUOCO di Francis Lawrence, Stati Uniti, 2013, 146’
Cast: Jennifer Lawrence, Josh Hutcherson, Liam Hemsworth, Woody Harrelson, Elizabeth Banks, Lenny Kravitz, Philip Seymour Hoffman, Jeffrey Wright, Sam Claflin, Jena Malone, Stanley Tucci, Donald Sutherland

Prima internazionale

JE FAIS LE MORT di Jean-Paul Salomé, Francia, 2013, 104’
Cast: François Damiens, Géraldine Nakache, Lucien Jean-Baptiste

Prima mondiale

LA LUNA SU TORINO / 45TH PARALLEL di Davide Ferrario, Italia, 2013, 90’
Cast: Walter Leonardi, Manuela Parodi, Eugenio Franceschini, Daria Pascal Attolini, Benedetta Perego, Aldo Ottobrino

ROMEO AND JULIET / ROMEO E GIULIETTA di Carlo Carlei, Regno Unito, 2013, 118’
Cast: Douglas Booth, Hailee Steinfeld, Damian Lewis, Paul Giamatti, Laura Morante, Thomas Arana, Kodi Smit-McPhee, Natascha McElhone

Prima mondiale

LA SANTA di Cosimo Alemà, Italia, 2013, 90’
Cast: Gianluca Di Gennaro, Massimiliano Gallo, Michael Schermi, Francesco Siciliano, Marianna Di Martino, Renato Marchetti, Lidia Vitale

Prima mondiale

SOU DUK / SAODU / THE WHITE STORM di Benny Chan, Cina, Hong Kong, 2013, 140’
Cast: Louis KOO, Nick CHEUNG, Sean LAU, YUAN Quan, LO Hoi Pang, NG Ting Yip Berg, LAM Kwok Pun, Kenneth LOW, Hugo NG, Treechada MALAYAPORN, Marc MA

Prima mondiale

SONG’E NAPULE di Antonio Manetti, Marco Manetti, Italia, 2013, 114’
Cast: Alessandro Roja, Giampaolo Morelli, Serena Rossi, Paolo Sassanelli, Peppe Servillo, Antonio Pennarella, Juliet Esey Joseph, Antonello Cossia, Marco Mario De Notaris, Ciro Petrone, Franco Ricciardi, Ivan Granatino, Antonio Buonuomo, Carlo Buccirosso

SNOWPIERCER di Joon-ho Bong, Corea del Sud, 2013, 126’
Cast: Chris Evans, Tilda Swinton, Ed Harris, Alison Pill, Jamie Bell, John Hurt, Octavia Spencer, Kang-ho Song

Prima internazionale

STALINGRAD 3D di Fedor Bondarchuk, Russia, 2013, 135’
Cast: Petr Fedorov, Thomas Kretchmann, Sergey Bondarchuk, Maria Smolnikova, Yanina Studilina, Andrey Smolyakov, Dmitry Lysenkov, Alexey Barabash, Oleg Volk, Heiner Lauterbach

Prima europea

TALES FROM THE DARK di Simon Yam, Fruit Chan, Chi Ngai Lee, Gordon Chan, Lawrence Lau, Teddy Robin, Hong Kong, 2013, 199’
Cast: Kelly Chen, Tony Leung Ka Fai, Simon Yam, Lam Ka Tung, Fala Chen

Prima mondiale

TRUDNO BYT’ BOGOM / HARD TO BE A GOD / È DIFFICILE ESSERE UN DIOdi Aleksej Jurevič German, Russia, 2013, 170’
Cast: Leonid Yarmolnik, Dmitriy Vladimirov, Laura Lauri

Prima mondiale

L’ULTIMA RUOTA DEL CARRO di Giovanni Veronesi, Italia, 2013, 113’
Cast: Elio Germano, Alessandra Mastronardi, Ricky Memphis, Sergio Rubini, Virginia Raffaele e Alessandro Haber

Prima europea

DI RENJE ZHI SHENDU LONGWANG 3D / YOUNG DETECTIVE DEE: RISE OF THE SEA DRAGON 3D di Tsui Hark, Cina, 2013, 134’
Cast: Mark Chao, Shaofeng Feng, Kevin Lin, Angela Baby, Kim Beom

Prima mondiale

IL VENDITORE DI MEDICINE / THE MEDICINE SELLER di Antonio Morabito, Italia, Svizzera, 105’
Cast: Claudio Santamaria, Isabella Ferrari, Marco Travaglio, Evita Ciri, Roberto De Francesco, Ignazio Oliva, Giorgio Gobbi, Vincenzo Tanassi, Leonardo Nigro, Ippolito Chiarello, Alessia Barela, Paolo De Vita, Pierpaolo Lovino, Beniamino Marcone, Roberto Silvestri

IN COLLABORAZIONE CON ALICE NELLA CITTÀAlice nella città

 

Prima europea

LA COUR DE BABEL / SCHOOL OF BABEL di Julie Bertuccelli, Francia, 2013, 89’

Prima internazionale

BELLE & SEBASTIEN di Nicolas Vanier, Francia, 2013, 98’
Cast: Felix Bossuet, Tcheky Karyo, Margaux Chatelier, Dimitri Storoge, Andreas Pietschmann, Urbain Cancelier Mehdi

METEGOL / FOOSBALL / GOOOL! di Juan José Campanella, Argentina, 2013, 106’
Voci: Rupert Grint, Anthony Head, Juan José Campanella

 

EVENTI SPECIALI FUORI CONCORSO

Prima mondiale

CAVALCANTI di Wes Anderson, Stati Uniti, 2013, 8’

Prima mondiale

CHIKYU KYODAI / BLUE PLANET BROTHERS di Takashi Miike, Giappone, 2013, 60’
Cast: Issei Okihara, Satoshi Judai, Hiroaki Harada

Evento speciale Fuori Concorso – In collaborazione con Accademia Nazionale di Santa Cecilia

IL CARATTERE ITALIANO / THE ITALIAN CHARACTER di Angelo Bozzolini, Germania, 2013, 100’

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