Chiarissima, come la mia pelle, provocazione di un uomo (semi)nudo e crudo, impietoso anche contro sé stesso. Un uomo ascetico, sensuale o asessuato, inchiodato o rinato in modo cristologico. Chissà, ah ah.
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L’ultimo dei maschilisti, forse l’unico maschio ancor vivente, inculato, fottuto, a castrazione di ogni vostro coglione
Sì, una delle scene secondo me migliori della storia del Cinema è quella in cui Michael Douglas, in Basic Instinct, dopo essere stato arrapato dall’accavallamento, appunto, sto(r)ico di Sharon Stone, che all’epoca era allo zenit della super gnocca liscia come il burro, rincasa e ad accoglierlo vi era un’altra patonza esagerata, Jeanne Tripllehorn. Una donna che ti prosciuga ma che sa esser sciolta come Waterworld. Michael, un lupo imbattibile, ancor sconvolto da quell’eccitamento sensoriale dovuta alla figa bestiale di Sharon, senza motivo afferra Jeanne, le strappa tutto e la sodomizza di brutto.
Perché, come si suol dire, gli tirava il culo. Una delle mie scene must che d’adolescente mi scioccò quanto me l’indurì più delle zoccole sceme che vedo oggi in giro. Sì, le donne di oggi, imborghesite, son tutte da mandare a cagare. Odiano gli uomini e li considerano tutti falliti. Uomini, ahinoi, son finiti i tempi in cui potevamo essere degli orgogliosi, veraci falli. Eppure io sono un Falò.
La dovrebbero finire con lo sbandierare il femminismo. L’uomo è nato per essere un bel porcello e non lo si può castrare in moralismi fetidi e più puzzolenti dei piedi delle telegiornaliste. Sì, queste sinistroidi-destrorse tutte ben vestite che han leccato talmente tanto da essere diventate un mezzobusto.
A queste manca la materia prima robusta.
Il cosiddetto ciddone. Il ciddone, come già vi dissi, è quel muscolone situato in mezzo alle virili gambone che, se provocato a dovere, diventa grosso grosso come Schwarzenegger.
L’uomo ne va fiero e mi par giusto non inibirlo.
Sì, le donne sognano il principe azzurro. Ah, rimpiango i tempi in cui sognavano solo di essere principesse sul pisello. Tempi in cui stavano in casa a far la sfoglia, a sfogliare una rivista, a preparar la cena e ad aspettare il marito che le fornicasse dopo essere arrivato alla frutta.
Poi, si misero in testa la parità dei sessi. Qualcosa di nefasto per l’umanità e per la società.
Al che, abbiamo tutte queste donnette, figlie di Madre Teresa di Calcutta, che si son diplomate alle magistrali e già distorcono i poveri bambini con le loro educazioni cattoliche da Jodie Foster di The Dangerous Lives of Altar Boys.
Sì, ah ah, in effetti il femminismo osceno è stato spronato da Jodie Foster. In Taxi Driver faceva la prostituta che voleva essere liberata dall’Harvey Weinstein, no, Keitel di turno, in Sotto accusa denunciò, vincendo l’Oscar, i manigoldi da bar perché la stuprarono dopo che praticamente, seminuda, gliela offrì su un piatto d’argento? No, su un flipper, con tanto di palline e “segnapunti”. Un film orribile, peraltro, a prescindere dal moralismo di fondo.
Ne Il silenzio degli innocenti, invece, si capisce lontano un miglio che vuole ciucciarlo ad Hannibal Lecter, l’unico uomo che lei stima perché lui non è un’ipocrita, ed è cattivissima contro Buffalo Bill. Come si suol dire, gli strappa le palle a morsi di “grilletto”.
In Contact, preferisce la new age a quel pezzo di manzo di McConaughey e, infatti, uno così lei se lo sogna e vede col telescopio. Si dice col microscopio? Binocolo, mio occhialuto? Ah sì, insomma, non se lo scopa ma le stelle sposa. Bello, eh?
In Nell, addirittura, stufa degli uomini in generale, è mezza muta. Si chiama autismo schizofrenico dovuto a un alterato rapporto con la sua natura di donna repressa che fa la selvaggia perché è lesbica e Liam Neeson non glielo darebbe mai. Oh, Liam Neseson l’avete visto bene? È alto più di un metro e novanta. Deve avere un ciddone mostruoso. E di una come Jodie non sa che farsene.
In Inside Man, Denzel Washington, insomma, uno dei Tartufoni Motta più dotati del mondo, la corteggia di brutto. Lei gli accavalla le gambe e fa la superiore. Ma quale superiore. È un’inferiore, una da Dio minore. Questa è timidissima. Conosco donne che pur di venir leccate da Denzel, si farebbero suore.
Poi, Il buio nell’anima. Altro tremendo film giustizialista molto femminista. Lei viene aggredita e diventa Charles Bronson de Il giustiziere della notte.
Oh, cazzo. Attenti a una così. Anche se non l’aggredisci ma te la scopi, è capace che poi diventa Glenn Close di Attrazione fatale.
E torniamo a Michael Douglas.
Un uomo che avrei visto bene al posto di Waltz in Carnage. Ho detto tutto.
Insomma, dopo vent’anni di rotture di coglioni, io non sono cambiato per niente.
Sono la solita testa di cazzo di prima. Anche peggio.
Prendetevelo nel culo!
Sì, basta. Siete tutti dei coglioni. Uomini e donne.
Io sono il re della foresta.
Se non ti sta bene, ti starà di pene. Pene a volontà!
di Stefano Falotico
The Score: i vostri patetici omaggi e attacchi a Bertolucci, sono Marlon Brando/Kurtz
Credo che, ieri, dopo la morte di Bertolucci, abbiate toccato davvero il fondo.
Innanzitutto, partiamo da quelli che si atteggiano a intellettuali. Penosi, ridicoli. Cosa vuoi che ne sappiamo questi babbei, laureatisi al DAMS, ove si sono esibiti davanti al professorino, recitando pappardelle a memoria, apprese su Bignami del Cinema per neonati.
Ecco allora che abbiamo il critico in erba, che si crede rinomato, che riempie e infarcisce la sua bacheca di Facebook con tutti gli omaggi di altrettanti critici, più vecchi di lui ma che sono rimbambiti, rispetto a questo giovinastro già rincoglionito, almeno per colpa di aver vissuto davvero le “rivoluzioni”.
Dunque, il suddetto omuncolo, copia-incolla le parole di Emanuela Martini. Sì, un’eterna strega di Benevento dai capelli vermigli che ha leccato il culo a chiunque nella sua carriera “giornalistica”, osannando a destra e a manca. Il cui regista preferito è Scorsese, il quale però non la chiamerebbe neppure nei panni di Vera Farmiga, una rossa di fuoco, fra cinquant’anni. Sì, se Scorsese dovesse campare ancora, oppure dall’alto dei cieli volesse filmare assieme a Dio un altro film arrabbiato e intendesse realizzare il sequel del suo film più brutto, ahinoi, oscarizzato, quello di The Departed con la Farmiga oramai imputridita da una senile apparenza mostruosa, sì, forse potrebbe scegliere Emanuela Martini. Dandole il contentino di apparizione terrificante. Con Mark Wahlberg però che, dopo cinque minuti dall’inizio di questo sequel “paradisiaco”, ammazzerebbe la Martini, silenziando ogni altra sua ruffianeria omicida.
Queste le sue testuali parole, direttamente dal Torino Film Festival:
un visionario, un intellettuale, soprattutto un sognatore. Bernardo Bertolucci, dopo la rivoluzione, ha fatto il cinema come non immaginavamo più di farlo: più grande della vita, e per questo capace di restituirci tutta la vita, e la Storia, e la memoria, e il futuro, nella loro profondità.
Sì, la caccia alle streghe nel Medioevo è stata un’atrocità quasi quanto i lager nazisti, ma con la Martini io sono un inquisitore che l’arderebbe al rogo. Hai stufato! Ecco, or ti ficco nella stufa!
Sì, la Martini, colei che, anziché scrivere critiche, fa apologie elegiache su tutti i “grandi”. Per una retorica peggiore di Vincenzo Mollica.
Alla Martini, si accoda quell’altro demente di Roberto Benigni. Uno che ha esordito col fratello di Bernardo, Giuseppe. Berlinguer ti voglio bene. Un “mostro” che ha evitato il manicomio perché la RAI lo pagava per fare il clown da circo. Un altro che si è sempre professato di Sinistra e per un’ospitata, appunto, in tv ove recita Dante Alighieri, mischiandolo a battutine da Littizzetto, si cucca 5 milioni di Euro al minuto. Per dati Auditel di un’Italietta che applaude. Perché in Italia tutti pensano che Berlusconi sia un maiale come Liam Neeson de La ballata di Buster Scruggs, ma in fin dei conti sperano di farsi pubblicare dalla Mondadori. Vedi Daria Bignardi…
Che invasioni barbariche! Ma sono uomini e donne da Risorse umane. Infatti, qua da noi va forte un altro cazzaro, Paolo Virzì. Uno il quale afferma che chi oggi vota 5 Stelle è uno che fa così per rivalersi di esser stato un asino a scuola. E intanto piazza quell’analfabeta di sua moglie, Micaela Ramazzotti, in tutti i film perché Micaela mica è stata scema. Ha trovato il fesso a cui piace la sua gnocchina per diventare ricotta, no, ricca.
Come se non bastasse, addirittura abbiamo il delirio vaginale e uterino di una super frustrata, tale Ilaria Dondi, una che su un giornale femminista da MeToo si permette di scrivere una porcata immonda di tal livello:
nessuna parola può togliere nulla alla caratura artistica e all’arte di Bernardo Bertolucci, però, per favore, spendiamone una per dare valore alle priorità o usiamo la coerenza di non parlare più, indignati, di violenza contro le donne. (Già, di per sé, una frase che grammaticamente e sintatticamente sta in piedi a stento).
Perché nessuna pretesa artistica e nessun mostro sacro possono giustificare una scena di violenza reale su una donna. Perché la vittima non è – come è accaduto anche in questo caso, tanto per cambiare – solo un effetto collaterale.
Qualcuno spenda una parola per Maria Schneider, perché negare, nonostante le parole dell’attrice, che ci sia una responsabilità precisa nelle nevrosi, nelle crisi psichiatriche, nelle scelte autodistruttive di questa donna – peraltro in seguito licenziata da un altro set perché si rifiutò di girare scene di nudo -, significa ancora una volta sminuire la vittima o, peggio, non crederle o ritenere la sua la reazione esagerata di un donna in preda all’isteria.
Se oggi qualcuno ha Ultimo tango a Parigi da acclamare e da guardarsi non è grazie al genio artistico di un regista e di un attore. La realtà è che abbiamo il nostro capolavoro perturbatore e sovversivo perché è stato girato sulla pelle di una donna, che oggi in molti tendono a dimenticare.
Ecco, il povero Bernardo, in poche righe, si è preso la patente di stupratore, pervertito, misogino e “sciupafemmine”.
Ma andate a dar via, appunto, il culo, e usate anche il burro. I problemi psicologi della compianta Maria non credo proprio siano addebitabili a Bertolucci e Brando.
In fondo, non sono tante, anzi nessuna, le donne che potevano vantarsi di averla data pubblicamente all’uomo più desiderato del mondo, ovvero Marlon.
Se fossi stata in lei, altro che crisi depressive. Mi sarei sentita la donna più figa di tutti i tempi.
Quindi, smettetela!
Ilaria Dondi. Una che si presenta così, secondo voi, è credibile come donna? Scrivere delle storie degli altri è un modo per raccontarsi restando nascosti.
Innanzitutto, prima del gerundio ci vuole sempre la virgola. Regola basica dell’Italiano. In molti articoli e libri non compare, ma sbagliano. Tanto in Italia ce ne si fotte della “lingua”. Siete tutti “intellettuali”, sì, con la parlata da Christian De Sica fra una porchetta e l’altra.
Poi, cos’è questa: una guardona? Storie degli altri… per raccontarsi, restando nascosti.
Ora, mi segno la stronzata.
Perciò, la smettesse, costei… di farsi i cazzi altrui.
Sì, questa qui è invero Debra Winger, Una donna pericolosa.
Ah ah, ora vi racconto una delle mie.
Quando avevo quattordici e, in piena fase post-puberale, mi tirava come un cavallo, essendo forse l’anno 1993, registrai la prima visione televisiva de Il tè nel deserto.
E me lo sparai. Anzi, me ne sparai tante. Debra Winger, in questo film, è una donna enorme. Un culo stratosferico. Delle gambe magnifiche. E John Malkovich, in mezzo alla sabbia, che fa tanto orgasmo ruvido, gliele palpa in maniera deliziosa. Tanto che quella scena mi spappolò le palle negli an(n)i a “venire”… in modo sfizioso.
Grande passerona, la Winger. Una da mille e una notte, anzi, da Novecento… posizioni. Altro che quella scema di Liv Tyler in Io ballo da sola. E quelle ragazzine eccitate che pendevano dalle labbra di Vasco Rossi nella sua “parodia erotica” del succitato, succinto, ah ah, video di Rewind.
Sì, voi della mia vita non avete mai saputo un cazzo. Quindi, finitela di emanare giudizi moralistici così come, ieri, vi lanciaste in disamine ignorantissime su Bernardo.
Un tempo, allora, in cui ero minorenne e non potevo noleggiare un porno. Internet non esisteva. Le uniche maniere per tirarsi un segone erano due: o corrompevi l’edicolante affinché, “illegalmente”, ti elargisse una rivista con qualche scosciata stimolante, semmai pagandola… il doppio, oppure ti registravi i film con le scene “proibite”.
Che figa divina, la Winger.
E comunque, voi, sessantottini e anche sessantenni finto-trasgressivi avete creato un mondo peggiore di quello che volevate combattere.
Avete per anni, solo manifestando come dei pappagalli, esecrato la borghesia perché da voi, giustamente, demonizzata, in quanto nemica di ogni libertà, soprattutto giovanile.
E i giovani d’oggi sono tutti “malati di mente”.
Ma meglio di voi. Grassi, lardosi, porci e troioni. Unti e bisunti, rancorosi, lendinosi, forse solo lebbrosi.
Comunque, voglio buttarla a ridere.
di Stefano Falotico
Lo stagista inaspettato, il mio stronzo che spu(n)ta quando proprio sei ancora alla fase stage
De Niro, all’inizio del trailer di The Intern, celebra il pensionamento, definendolo un periodo d’enorme, abissale creatività che, eppure, va riempito, nonostante tutti i palliativi possibili, come imparare il Mandarino, con qualcosa che dia spinta all’azione, insomma… datevi una mossa, rimbambiti.
Stamattina, ero in macchina con mio padre, un uomo che ha sempre amato Totò, un “napoletano” Principe che sapeva che al mondo non ci sono solo fessi ma ce ne sono comunque tanti, non lasciatevi fregare! Ecco, guidando sulla superstrada, siam passati davanti a un cerbiatto col cranio spappolato, che “fu” travolto da un’automobile imbizzarrita. A Straight Story docet. Tenetelo ben a memoria, anche accelerando di vita frenetica a mille all’or(gi)a quando, travolti dai debiti, mediterete sulla ex pericolosità delle vostre donne con le curve “tortuose”, donne che v’han fatto “penare”, oberandovi di richieste solo per una “sgommata” (t)rombante di figa “clacsonante” orgasmi un tanto al diesel, affliggendovi con un lavoro, Dio che schifo, che la potesse “soddisfare” di “pompetta”. Mica pompini, ché sono meglio!
Ragazzi, fatevi seghe mentali e non, meglio delle pippe, delle pupe, della popò e della pummarola in compagn(i)a.
Sulle pippe torneremo presto. Son Pippo! Voi gufate ma io non cambio dal Goofy.
Io non ho mai capito la gente (s)pos(s)ata. Queste coppie che prima paion felici e scopan a tutte le ore, appena lei “se la” lib(e)ra, con lui che “spinge” tutto “indaffarato” a non metterla incinta, usando l’“airbag”del profilattico “pneumatico”, spompato e poi di nuovo gonfio come l’omino Michelin. Scopano e poi scoppiano, con lei che finisce alcolizzata cronica e lui depresso marcio. Prima la “bolla” e poi è bollito, la gente pettegola affibbia loro la “patente” di (s)caduti in basso. Un “amore” piano-forte con andamento lento-allegro-tristissimo-fine della storia, della troia e dello “spararsi” il “viaggio”.
Ora, la questione (de)pressione. Quando sei a terra con le gomme, quando la vita t’ha “sgominato”, vai da una psichiatra. Lei ti “accuserà” di schizofrenia tosta, subissandoti di neurolettici per moderare e stabilizzare gli umori d’una caduta libera irreversibile, per frenarti un po’ dal tuo esserti creduto uno schianto ed esser c(r)ol(l)ato invece, a picc(hiat)o, come olio di aia che botta(na).
Lei ti rincoglionirà con delle sedute strizzacervelli per “bloccare” il tuo uccello, ha un bel sedere, ma i farmaci a stento non ti fan usare lo sfintere. Ti farà pelo contro pelo, ti darà la pillola e tu, di strafottenza, te la fotterai di pelli freudiane con tanto di ano su Jung del gnam gnam.
Sì, una frust(r)ata, ridottasi a far la dott(oress)a perché nessuno se la caga. Ha la puzza sotto il naso, guadagna ottantamila Euro all’anno ma sta sempre assieme ai matti, compreso il suo fidanzato, uno laureatosi con una corrotta esaminatrice di cento e una notte, che “lorda”. Insomma, un porcello che sta con una di lunga parcella, due che san usar la “lingua” per fotter… la gente, con la panza piena ma lei con la patata anoressica-bulimica e lui con l’enciclopedia Treccani per “acculturarsi” ancor di più con sovrastrutture nozionistiche vecchie come il suo (ba)cucco.
Fidatevi, l’unica ragione per cui vivere è Bob freakin’ De Niro.
Il resto è la solita puttana(ta).
Comunque sia, Anne Hathaway ha delle belle gambe.
di Stefano Falotico