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Mi pare doveroso omaggiare ancora una volta uno dei più grandi attori di tutti i tempi. Cioè me stesso? No, JEFF BRIDGES


11 Jul

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Io adoro quest’uomo anche se la mia lei adora me. La mia lei infatti mi considera più virile del King Kong con Jessica Lange. Ah ah.

Janet Maslin lo definì, a ragione, giustissimamente, insindacabilmente così: il più sottovalutato grande attore della sua generazione.

Ora, sempre a ragion veduta, oramai appurata, dunque anche sanamente impura e sessualmente nella mia lei “certificata” in maniera di forte goduria, non sono omosessuale e credo che Maria Sharapova sia a tutt’oggi la donna più bella della storia: http://www.geniuspop.com/blog/index.php/2020/07/come-bello-essere-the-punisher-e-joker-fuori-i-vecchi-i-figli-ballano-non-vi-lascero-come-elias-koteas-de-la-sottile-linea-rossa/

Le sue gambe sono muscolosamente, infatti, affusolate, tonicamente allineate a una simmetrica perfezione di atletiche rotondità asciugate in un corpo mozzafiato più esaltante di un suo colpo vincente che annichilì qualsiasi racchia sua sfidante grazie alla movenza basculante del suo bacino assai piccante associato a braccia possenti, autoreggenti, no, impugnanti una racchetta sfiancante.

Sì, qui faccio il Ballard della situazione. E allora?

Detto ciò, depositato agli atti “notarili” il mio amore per la mia lei con tanto di clausola secondo cui la Sharapova rimarrà la mia f… a “virtuale” par excellence, spostiamo ora la nostra eccitazione, no, attenzione su un tocco d’uomo intramontabile.

Sì, in Una calibro 20 per la specialista, sì, un po’ “tonto” lo è. E non fa una bella fine. Spompato dalla stanchezza sopravvenutagli dinanzi a una realtà indubbiamente tremenda e maialesca.

Lui, rinato come il sottoscritto in Starman. Capolavoro sottostimato di Carpenter che commuove più dell’amore purissimo e incondizionato fra Robin Williams ed Amanda Plummer ne La leggenda del re pescatore.

Ma che classe quest’uomo con la sordina. Che recitazione d’alto pregio attoriale nel finale del bellissimo Hell or High Water.

Un attore, come si suol dire, che vale il prezzo del biglietto.

Di mio, dirimpetto alla Sharapova, comunque mi svaccherei come Il grande Lebowski di fronte a Julianne Moore. Senza vergogne, no, vergogna alcuna. Con sfacciataggine (in)sicura.

Sono difatti un uomo senza paura, vero Fearless che colse il suo attimo fuggente da Cinema romantico di Peter Weir, ah, estasiante, pubblicando i suoi primi libri con Albatros(s) di Ridley Scott?

Sì, malgrado fossi già mezzo sciancato, affaticato, quasi del tutto distrutto come Il grinta, ritornai in sella e incontrai la mia lei che mi cavalcò come Rachel Ward di Due vite in gioco. Film che contiene una canzone stupenda di Phil Collins e soprattutto una scena cul(t) quasi più figa della Sharapova.

Comunque, l’appena menzionatovi film di Taylor Hackford non è un granché.

Mentre io e Jeff siamo più grandi di Al Pacino de L’avvocato del diavolo.

Sì, altro che L’ultimo spettacolo. Allora, se Peter Bogdanovich stette assieme a Cybill Shepherd, la biondona super bona di Taxi Driver, credo che tua sorella attualmente se la faccia con John Turturro, per l’appunto, di The Big Lebowski. Jesus di che? Ah ah. Quintana? Ma questo è un pervertito da San Quintino.

Mentre io sono Tucker, un uomo che credette e ancora crede nel suo sogno. Infatti, molti anni fa m’addormentai, psicologicamente parlando, risvegliandomi soltanto quando mi apparve la madonna, cioè Michelle Pfeiffer de I favolosi Baker.

Sì, con la mia lei divento Crazy Heart. E lei mi ha reso più dolce e sensuale di Colin Farrell.

Sì, vissi dentro un incubo da Arlington Road. Oh, a me piaceva Mark Pellington. Diresse pure dei videoclip per Springsteen.

Perché mai, se sono Falotico, i miei odiatori mi diedero invece la patente di uomo falena come in The Mothman Prophecies?

Voci nell’ombra? Ma di che? Mi asfissiarono, più che altro, nel mutismo. Da cui Il silenzio degli innocenti. Per ritrovare la mia farfallina, dovetti penetrare… in casa di Buffalo Bill e fargli il culo.

Incredibile. Comunque, l’italiano medio è fermo alle farfalline della BELENA.

Diciamo che vive solo di fantasie live action di totale computer graphics dei suoi neuroni fottutisi nell’adorare soltanto Jessica Rabbit. E ho detto tutto.

Veri conigli! Guardate Tron!

Sì, in Hell or High Water Jeff Bridges recita da dio, soltanto accavallando la gamba.

Come me. Un uomo che, anche quando non fa nulla da mattina a sera, emana un carisma puro, pure da Kevin Spacey di K-Pax.

Se non vi sta bene, non avete capito niente di me e della vita. Per non dire… anche di qualcos’altro.

Vi siete offesi? Ma tanto lo foste dalla nascita. Eh sì, miei storpi, la verità è questa. Fatevi benedire e andate a Lourdes.

Il mondo capovolto! Tideland? Il film più brutto di Terry Gilliam. Comunque, sempre meglio, ripeto, di tua sorella che sta con Turturro.

A questa non basta neppure Lourdes. Puoi depurarla con qualsiasi acqua benedetta ma preferirà sempre i luridi.

Di mio, sono solamente un maledetto.

Che vogliamo fare?

Dovrei tornare a catechismo?

Invece, ordinerò un altro White Russian. Con tanto di cubetti di ghiaccio…  Per un grandioso Brivido caldo.

– C’è Mickey Rourke di Orchidea selvaggia in questo film? – mi domanda un demente.

E io: – Scusa, se Rourke è in Orchidea selvaggia, come può stare in Brivido caldo?

– Scusa, Stefano. Ne I cancelli del cielo, ci sono sia Bridges che Rourke in un cammeo. Dunque, non era la mia una domanda idiota.

– Sì, ma a William Hurt tu non piaci.

– Stefano, hai mai visto Il bacio della dogna ragno?

– Certo. Allora, vuoi che ti combini per lo zio Fester, no, per le feste de La famiglia Addams?

 

Insomma, sono un cinefilo. Non fatemi incazzare, sennò potrei anche diventare poco cinofilo. Sì, miei cani, il lupo ulula e la mia lei sempre più m’allupa. Da cui la bionda che si fa col luppolo! Ah ah.

 

di Stefano Falotico

“Fearless” di Peter Weir, recensione di Davide Viganò


09 May
Scampato a un incidente aereo Max Klein vede la su vita rinnovarsi e sconvolgersi del tutto. In lui nasce un distacco verso la famiglia e gran parte delle persone, ma anche una profonda sensazione di onnipotenza. Ed è proprio questa che lo spinge ad aiutare Carla, una giovane donna di origine messicane che nel tragico incidente ha perso il suo bambino di appena un anno.
Sono due modi diversi di affrontare la sciagura che si incontrano e cercano faticosamente una sorta di equilibrio, un tentativo di ritorno alla vita, (Max parla spesso di “scomparire,siamo già morti,siamo fantasmi”) ma, mentre l’uomo ha trovato una dimensione di esclusione e “strafottenza”, quasi noncuranza nei confronti della vita e della morte, (ad esempio mangia fragole, frutto per lui pericoloso in quanto allergico),la donna si abbandona totalmente a un straziante dolore e un feroce senso di colpa.
Max è circondato dai media, da un avvocato delle assicurazioni cinico e invadente, da un bambino che ha salvato e che non lo molla mai, da uno psichiatra abbastanza goffo che vuole psicanalizzarlo e sta vivendo una grossa crisi matrimoniale. La salvezza da una morte certa in realtà la legato fortissimamente alla stessa morte. Nel suo rapporto con Carla ritrova un vero motivo di esistenza, un reale scopo.
Peter Weir è un grande regista, sopratutto nel suo periodo iniziale in Australia ha diretto dei classici legati a un Cinema d’atmosfera inquietante come L‘ultima onda tanto per citarne uno, in America si è sempre comportato più che bene: Witness, lampante esempio.
Questa pellicola del 1993, per me è tra le sue migliori, un film complesso  e intelligente sul lutto, la sopravvivenza a un grosso disastro, la perdita di un figlio, lo scontro e incomprensione tra chi è sopravissuto e gli altri, ma anche tra gli stessi che son usciti salvi dal funesto e terribile incidente, la casualità della vita, il senso di impotenza di fronte alla morte dei cari e quello di onnipotenza, il cinismo della società che sfrutta una vita per riempire giornali e tv o per prendere più soldi dall’assicurazione.
Tratto da un romanzo di Raffael Yglesias, che firma anche la sceneggiatura della trasposizione cinematografica, è un’opera di lucidissimo dolore, che evita quasi sempre facili scivoloni nel sentimentalismo o nel ricatto emotivo, un’attenta indagine psicologica non solo dei due protagonisti,ma anche del mondo che li circonda
Il tema della morte per me è fondamentale, amo i film che l’affrontano e sopratutto quello che come si vive o supera un lutto, che trasformazione porta nelle persone e nella cerchia famigliare o il rapporto con la società. E questo lavoro del regista australiano, grazie a una buona sceneggiatura, affronta questi temi con la giusta misura di melodramma e dramma, sa quando spinger un po’ di più e quando fermarsi.
E poi è Cinema, grande Cinema. La scena iniziale con Jeff Bridges che esce dal campo di granoturco ha una potenza visiva meravigliosa, esattamente come l’incidente aereo che ci viene mostrato nel finale. Pare di essere su quel maledetto aeroplano, (io ho paura di volare e questo film mi conferma tutto eh!), ci si commuove anche per quella gente che muore o quella che sopravvive, per le mani che si cercano e non si trovano,veramente un pugno nello stomaco.
Il rapporto tra Max e Carla, che non sfocia mai nella inutile sequenza di sesso o nella storiella sentimentale, ha un rigore morale raro nei film che in un modo o nell’altro sono comunque non relegati alla nicchia del Cinema d’autore, ( e io amo le nicchie eh!), così come la scena dell’incidente di macchina che Max si procura per eliminare il senso di colpa a Carla è un momento, ripeto, di grandissimo Cinema, per montaggio,suono,recitazione, tutto.
Fearless ha un grande cast che funziona alla meraviglia, dai due memorabili e indimenticabili, Jeff Bridges e Rosie Perez, fino a Isabella Rossellini, John Torturro, Benicio Del Toro, Tom Hulce.
Opera forse dimenticata e trascurata, ma validissima, da rivedere.
Portate i fazzolettini perché si piange e tanto eh!

Genius-Pop

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