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Non siete Lynch né Scorsese, non siete Stephen King né Thomas Harris, abbassate le creste


29 May

deniro irishman

 

Ancora consigli per giovani scrittori di belle speranze e per inesperti cineasti alle prime armi, abbassate il tiro, pure Scorsese ha ora dei ripensamenti sugli effetti speciali del ringiovanimento in CGI di The Irishman.

Sì, avete letto l’intervista di Scorsese al Guardian?

Scorsese, visto il protrarsi inimmaginabile della post-produzione di The Irishman, ritardo imprevisto e assai spropositato dovuto al massiccio, sesquipedale, faraonico impiego sconsiderato degli effetti speciali deaging di De Niro, Pacino, Pesci e compagnia bella, ha detto che non avrebbe mai, appunto, pensato che il tutto sarebbe risultato così difficile.

Avrebbe potuto semplicemente realizzare un’epopea gangsteristica da C’era una volta in America, forse scegliendo il sottoscritto come “sosia” di De Niro da giovane, eh eh. Anziché affidarsi alla Industrial Light & Magic.

Sì, The Irishman sarà un film epocale e storico sia nel senso di sviluppo narrativo e filologico di un’era oramai appartenente al passato, sia nell’accezione di storico in senso propriamente figurato del termine. Cioè, un film che con tutta probabilità entrerà di diritto, da instant classic fenomenale, nella storia.

Perlomeno, considerando le credenziali di uno come Scorsese, un regista pazzesco, noi tutti amanti della Settima Arte più alta ed eccelsa, vivamente ci auguriamo che questo possa gloriosamente avvenire e che The Irishman, di conseguenza, nel suo avveniristico alternarsi di flashback proustiani, rappresenti immediatamente il futuro a venire del Cinema stesso.

Sino ad ora, il ringiovanimento attoriale è stato limitato a pochissime scene di scarsissimo minutaggio ove l’Anthony Hopkins di turno di Westworld o Michael Douglas di Ant-Man sono apparsi ritoccati e rinverditi dai fasti computeristici delle super moderne tecnologie più futuristiche e avanguardistiche.

A quanto pare, per metà della durata di The Irishman, invece vedremo De Niro e Pacino giovanissimi come ai tempi de Il padrino e del suo sequel.

De Niro che è l’unico interprete nella storia del Cinema, appunto, ad aver vinto l’Oscar, come miglior attore non protagonista, per lo stesso personaggio oscarizzato di Don Vito Corleone interpretato dal suo putativo padre dell’Actor’s Studio, ovvero Marlon Brando.

E Pacino, come sappiamo, di entrambi è stato il loro figlio ereditario Michael.

The Irishman, strepitoso meta-cinema alla massima potenza. Il primo film in assoluto ove De Niro non viene interpretato da giovane, che ne so, da un clone che vagamente gli possa somigliare, come avvenuto per esempio in Red Lights, bensì da lui stesso in carne e ossa digitalizzate.

Scorsese, in questa suddetta intervista, ha ammesso che pensava sarebbe stato più semplice ringiovanire gli attori.

E i primi risultati non l’avevano convinto affatto. Un conto è, appunto, ringiovanire un attore per una scena di pochissimi secondi, come lo stesso De Niro di Joy, ove l’attore semmai non ha nemmeno delle battute e fissa per impercettibili istanti il vuoto con un’espressione catatonica, tutta un’altra storia… invece riuscire a ricreare l’espressività mobile e polimorfica di un attore che prima è incazzato e poi, alla Marlon Brando, improvvisamente parla unicamente, malinconicamente con lo sguardo, stando muto e senza proferire nulla.

Brando l’ha sempre detto. Un grande attore non si vede solo quando recita lunghi monologhi, bensì anche e soprattutto quando, pur stando zitto, riesce a parlare alle anime degli spettatori solamente con un’occhiata.

Brando, Pacino e De Niro sono campioni in questo.

Vale a dire nel saper comunicare enormi emozioni soltanto tintinnando il capo come lo stesso De Niro/Noodles del capolavoro succitato di Sergio Leone.

Una bella gatta da pelare, Martin. Siamo sicuri che riusciremo a vedere The Irishman prima che tu, De Niro, eccetera eccetera, sarete già nella tomba e vi ringiovaniranno solo i cinefili passatistici e nostalgici del Cinema delle memorie perdute?

Invece, cambiando discorso ma rimanendo in tema di storia però attuale…

Voi, belli miei, che continuate a idolatrare le Strade perdute di Lynch e vi sdoppiate come in Mulholland Drive, vivendo segregati in casa come Elephant Man e sognando di accarezzare à la Velluto blu la vostra Isabella Rossellini, ex compagna di Lynch e Scorsese, peraltro, non è che mi diverrete, oltre che frustrati, anche asmatici e pervertiti come Dennis Hopper?

Sì, la dovreste veramente finire di credervi psichiatri indagatori della mente umana come Hannibal Lecter, a proposito di Hopkins, cannibalizzando voi stessi in vampirismi degni di un becero horror di Stephen King.

Sognate di essere i nuovi anfitrioni e i rivoluzionari padri della letteratura più profetica e millenaristica, invece non avete capito né Snowpiercer né perché, con due lauree all’attivo, avete meno soldi del vostro vicino di casa.

Il quale non sa neppure chi siano Scorsese e Lynch ma è più ricco e porco di Ed Harris del film appena menzionato di Bong Joon-ho.

Sapete perché è avvenuto questo? Perché siete i classici tipi che, anziché aiutarsi a vicenda, emarginate il prossimo solo perché, d’ingenuissimo refuso trascurabilissimo, scrive Basilicata al posto di Basilica e avete passato la vostra giovinezza a pontificare sul mondo manco se aveste ottant’anni suonati come il Bergoglio.

Che è un grand’uomo, a prescindere che voi siate cristiani o no, mentre voi siete solo dei moscerini moralistici e più rincoglioniti di un rintronato in stato avanzato di demenza senile.

Sapete come ho fatto io a ringiovanire nel viso ma soprattutto nell’animo?

Ho capito che avevo sbagliato tutto. E che soprattutto voi state continuando a fraintendere la vita coi vostri sogni di gloria con le pezze al culo.

Vi credete dei geni e forse lo siete realmente. Non voglio metterlo in dubbio. Ma non allontanate Viggo Mortensen di Green Book. E non fate neppure come Mortensen di Carlito’s Way. Insomma, non fate i traditori e le merde.

Magnificate C’era una volta in America. Va benissimo. Un film indiscutibilmente magistrale ed emozionante. Però, se a vent’anni avete già dentro i vostri cuori l’amarezza di Leone, a novanta sarete messi a pecora, miei uomini Buffalo Bill da Silence of the Lambs.

Continuate pure a ballare davanti allo specchio come Buffalo, denudandovi per avere due Mi piace in più sui vostri selfie da figoni e fighette. Credendovi sapientoni, bellissimi e intelligentoni.

Sì, ha ragione il grande Joe Pesci di Casinò quando il tizio al bar gli parla di progetti forse non nobilissimi ma che comunque richiedono la necessità impellente ed evidente di farselo tostamente.

E lui, senza badare a sottigliezze e a sofismi da quattro lire, gli risponde: – Sì, ma dove cazzo stanno i soldi?

Un mio amico mi chiede di leggergli un libro e di recensirglielo, un altro vuole che gli realizzi un video d’immagini sue in slideshow, un altro povero cazzone, per dirla sempre alla Pesci, mi costringe quasi con la forza a condividergli tutti i suoi filmati e filmini in cui scoreggia per avere più visualizzazioni.

Ecco, ora basta fare San Francesco e Santo Stefano, il primo martire storico.

In questi anni, ho aiutato gente semi-analfabeta a ritrovare la sua fiducia persa, regalando loro dizionari di sinonimi e contrari. Reggendo il loro gioco, sostenendoli nei loro sogni.

Ma ancora una volta anche questi qua mi hanno voltato le spalle, dicendomi che sono un senza palle.

È davvero uno scandalo che io debba essere continuamente inculato a raffica in questa maniera ruffiana e ipocrita.

Per tutta l’adolescenza ho scarrozzato la gente come Travis Bickle di Taxi Driver, regalando perle ai porci. E mi son pure preso la patente di coglione schizofrenico. Mi pare giunto il momento di smetterla con le assurdità.

Mi hanno pure detto che vivo di riflesso… non credo e comunque sarebbe sempre meglio che vivere come voi, idioti molto fessi.

Urge sterzare bruscamente, cambiare marcia come Sly Stallone di Over the Top.

di Stefano Falotico

ALITO – ANGELO DEL BAVAGLIO, presto nei migliori cinema, un film sponsorizzato anche da Marco Travaglio


17 Feb

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Sì, ci fu un tempo in cui me le andai a cercare. Con ostinatezza, anche ostinazione si può dire, incommensurabile.

Più subivo smodate, inaudite, vergognose prese per il culo sfacciate, più facevo finta di niente, abbozzando. Ah, le bozze!

Sì, un vero editing che resettava questo continuo lor mettermi i puntini sulle i. E dire che dovevo prendere ripetizioni. Io, che posso dare scuola a professori sgrammaticati e a letterati improvvisati. Dispensatori di banalità a buon mercato. Ah ah.

Più, considerata la mia immacolatezza, gli adulti facinorosi e maliziosi volevano annerirmi nella loro visione sporca della vita, adulterata, contraffatta, iper-corrotta (e vai di sinonimi), più io rimanevo intatto, ostentando una purezza misericordiosa tale da smacchiare ogni loro pensar male da traviati codardi.

Sì, non fidatevi degli adulti. Come sa Bob De Niro di Cape Fear, conoscono troppe trappole. E cercano di farti cadere. Loro fanno e disfano ma ti colpevolizzano anche se te fai solo una…

Una sega? Una canna? O entrambe? La domanda è retorica e non si pone, avete compreso il moralismo e il bigottismo di fondo. Ed è questo l’importante.

Ah, questi vogliono lordarti nei loro buchi. E lodarti soltanto se ti laurei con lode, una laurea comprata dietro leccate di culo cattedratiche. Ah ah!

E ti scavano la fossa se, come dicono in meridione, hai l’aria del fesso che non pensa, a differenza di loro, laidi, unti e bisunti, malandrini e dotati di una sempre vogliosa ocarina, continuamente, maniacalmente, anche maial-mente alla fessa.

Fessa, al sud, significa passera, vulva, in una parola povera figa. Detta anche sgnacchera, patonza, pezzo di lonza. Figa che può esser stronza e talvolta, scassando il cazzo a dismisura, troppo ti gira attorno perché ne vuole, sì, ronza. E a questo ronzio preferisco mio zio. Che se ne fotte.

L’uomo medio n’è ossessionato. Da cosa? Ma dalla coscia. Tutto ciò che fa nella vita sottende soltanto il volerlo tendere per ottenere godimenti animaleschi. Dietro o davanti le tende, quel che importa è averlo sempre teso. Un vero e proprio ottundimento non certo dell’uccello ma del cervello. E poi avemmo anche quegli altri ipocriti, i Neri per Caso, quando c’è sentimento, non c’è mai pentimento.

Ah no? Ad esempio, il mio vicino ha una nera per casa. È la badante del Ruanda che, in assenza della moglie, donna buona come il Panda, scopa il pavimento e anche sul divano col vicino stes(s)o. Vicinissimo.

Non c’è sentimento, è solo una scopata da traditore della fede coniugale, e non c’è neanche il pentimento.

Se ci fosse, la moglie, scoperte le corna, chiederebbe il divorzio con tanto di assegni di mantenimento, alimenti e possibili aumenti.

Ah ah.

Sì, non sono misogino. Le donne vogliono solo i soldi, gli uomini solo quella… tutti e due i sessi fanno schifo al cazzo, diciamocelo.

In Italia son tutti santi e poi scopri che, di nascosto, scrivono commenti alle modelle tope del tipo:

Che bella foto, Tatiana, vorrei scattartela io la prossima volta. Io so quando scattare. Tu, dolcezza, sai quando arrossire come questo bel tramonto che vedo alle tue spalle? Guarda che mare! Facciamo il bagno? Ti offro da bere.

Sono uomini integerrimi, tesissimi, chiamano anche le loro concubine tesori!

Sì, l’uomo medio non studia e fa carriera per migliorare la sua posizione sociale e per potersi emancipare dal degrado e dal sottosviluppo, per arricchire le sue conoscenze al fine di un maggior grado, non solamente istituzionalmente istruttivo, ma cognitivo, bensì per avere una posizione gerarchica tale da poter farsene tante in tutte le posizioni. D’imposizioni, soprattutto.

È un essere infimamente, infinitamente subdolo e maligno. La nostra società n’è colma e io ne ho piene le palle.

Adesso che, giunto all’approssimarmi lontano da una vita approssimativa, conosco di quest’esistenza ogni falsa informativa, ho bisogno, parafrasando Edgar Allan Poe, di sgravarmi l’anima. E di svuotarmele.

Tanto, mi sono aggravato. E oramai non posso più dar retta, giustamente, alle vostre infamie gravose. Da gente che mi vuol raddrizzare ma ce l’ha sempre rizzato a cazzi suoi.

Non sto (d)ritto, vi sarò diretto, anzi sol nel retto. Andate a fanculo!

Sì, nella vita v’è sempre un gravame infame. E io di questo vostro sesso puttanesco non ho nemmeno sete.

Andate a parare lì. Puntualmente, con una ripetitività allucinante. E dovrebbero veramente curarvi dai deliri schizoidi del desiderare ossessivo vostro di schizzare, spaccandovi le ossa.

Siete psicotici, psicopatici, paranoici, soprattutto noiosi. Libidinosi, velenosi, in una parola ignominiosi.

No, non sono il giovane Holden, io non mi tranquillizzo nel finale consolatorio.

Il finale di ogni mia opera letteraria è impeccabilmente un pugno allo stomaco.

Se, dopo averlo letto, vi fate schifo, il gastroenterologo vi curerà.

Se non riuscirà lui, non affidatevi agli psichiatri. Vi sederanno e basta. Reprimendo le vostre incazzature contro il sottoscritto.

Avete una sola possibilità di cura. Con tanto di mia fattura.

Vi faccio un esempio:

– Dottor Falotico, ho letto il suo libro. Finito che ho avuto di leggerlo, ho compreso che io della vita non ho capito nulla.

– Perché? Prima d’iniziare a leggerlo aveva qualche dubbio?

– Che vorrebbe dire? Che sono scema dalla nascita?

– No, ci mancherebbe. Dalla nascita no, assolutamente. Dall’età di venticinque anni in su, abbastanza.

Prima credeva all’amore, a sentimenti nobili. Poi si è sposata un miliardario e ha fatto la bella vita.

Bella vita per modo di dire. Perché, appunto, lei è una frustrata.

– E quindi?

– Ora si piglierà pure una frustata!

– Senta, dottor Falotico. Lei non me la racconta giusta. Mi farebbe vedere, per cortesia, che c’è lassù, sulle mensole?

– Certamente.

– Cazzo! Ma sono dei Blu-ray porno!

– Sì. E dunque? Mi fa scomunicare dal papa? Forza, zoccola, via dai coglioni!

– Lei è un peccatore, un mostro!

– Eh, come no. Al massimo sono uno che, se continua così, mi sa che dovrà trovarsi un lavoro da Earl Stone per tirare… a campare.

– Che vorrebbe dire?

– Eh sa, bisogna arrangiarsi. Coi libri, nonostante il mio impegno profuso e la mia anima disossata, non posso sicuramente pagarmi le bollette. È urgente che mi trovi qualcosa di più stabilmente economico.

– Eh, ma l’arresteranno!

– Tanto mi hanno arrestato pure prima.

– Che vuole dire?

– Vede, signora, ero talmente puro che m’hanno fatto passare per pazzo e volevano internarmi.

– Davvero? Ma è uno scandalo!

– Lo so!

– E questi qua che l’hanno accusata… lo sanno che lei lo sa?

– Sì, lo sanno. Ma vanno ogni domenica a messa a cantare Osanna!

Senta, signora. Se mi vuole bene, mi prepari un buon piatto di lasagne.

Ora mi scusi, però. Ho ricevuto una chiamata da Los Angeles.

– Grande! L’hanno presa per un film di Hollywood?

– No, sono quelli degli effetti speciali di The Irishman. Pare che le scene in CGI di Bob De Niro da giovane non siano convincenti. Vogliono che “doppi” io De Niro.

 

Ah ah.

 

di Stefano Falotico

 

The Irishman di Scorsese con De Niro e Pacino utilizzerà gli stessi effetti speciali di Benjamin Button, io non voglio stupirvi, appunto, con special effects


05 Oct

Sì, De Niro e Pacino ringiovaniranno.

Steve Jobs

Io, invece, uso la tattica del realismo.

(Non) adattamento ai principi di realtà, inteso come Principe al plurale, ah ah

 

Molta gente dubita delle mie potenzialità, soprattutto in ambito cinematografico.

 

Al che mi ricatta: – Se sei così esperto in materia di Cinema, giraci un film e dimostraci quanto vali, davvero, non solo a parole.

 

Risposta del sottoscritto: – Sì, se mi dai tu i soldi per una piccola-media produzione, per avere almeno tre attori decenti nel cast, ci sto.
Per ora, almeno, puoi pagarmi un caffè. La caffeina mi renderà tanto creativo da ovviare ai limiti di budget.

Una risposta, più che da Irishman, da Iceman.

Sincero, obiettivo, appunto realista. Morto di fame, lontano anni luce da Steve Jobs.

 

di Stefano Falotico

“King Kong” (1976) – Recensione


23 Oct

L’isola dell’antro e dell’ansito “primitivo”

La follia del tycoon De Laurentiis s’inerpica lungo la via “pericolosa” del remake, l’impareggiabile confronto con il ’33 più splendente e rivoluzionario, di quel B/N “ingenuo” ma già “proiettato” oltre, nei confini sconfinati dell’immaginario collettivo. La creazione “eterea” d’una creatura sovrannaturale, imponente a imprimersi nelle iridi mnemoniche, memorabilia del fantasy a venire. Dunque, avveniristico Oceano d’una “nebbia” che si diraderà dalle “comiche”, ancora Cinema muto ma mutuato nell’urlo della “foresta”.

Film “su commissione” come sarà Dune di Lynch… Stavolta, la scelta ricade su John Guillermin, artefice (e “artificiere”) de L’inferno di cristallo, il primo blockbuster sui “fuochi assassini“.

Infatti, in mezzo all’Indiano e fra gli indiani selvaggi, “qualcosa” non (in)quadra nel Cielo. Una nube sospetta, di origine “atmosferica” anomala. Ad avvistarla è un antropologo “clandestino”, già un Jeff Bridges “rebel” di ricerche indagative nel “grande sonno” da Lebowski per evincere e sviscerare la purezza dell’umanità fra le putredini dell'”ignoto”, del caso troppo presto “risol(u)to”. Il dubbio anzi risorto dell’enigma che non fa dormire, l’insomnia “somma” delle “certezze” che non persuadono, la ragione scientifica (ir)razionale.

Perché c’è del “fumo” nella “coltre?”. Una variante del “Meteo” o il respiro di un animale “selvatico?”.
Il superomismo della “scimmia?”.

Così, il nostro Jack-Jeff s’imbarcherà (anche “figurativamente” negli effetti speciali di Rambaldi, “animatronico” E.T. “di un altro Pianeta”) nel viaggio picaresco alle origini, forse della vita o della sua (ri)scoperta.
“Navigherà” assieme all’alive, bellissima ed esordiente già sgambata e in gambissima Jessica Lange, s(c)orretto dal dirigente affarista Wilson, un Charles Grodin serissimo.

Rinverrà un’Isola di Pasqua, ove si annida il mistero ancestrale più “biologo”. In mezzo a quella giungla benedetta da Dio, “giace” e rinasce, in ogni Notte di “plenilunio”, un “mostro” antropomorfo da “petrolieri”. Appunto, da “giacimento minerario”, da farci tanti soldi: Kong, King Kong.
Un gorilla gigantesco che possiede l'”elephant man” più umano e sensibile, un “tenerone”.

Kong vuole Jessica, sarà la sua “sposa”, la bella e la bestia…
Un “matrimonio che (nons’ha da fare“, impossibile.
Ma Jessica s’innamora, anzi s’infatua del romanticismo “innocente” di Kong, sfidando nel finale (tragico e melodrammatico) il “grattacielo” delle infrangibili ottusità, l”Empire state Building” delle follie “bombarole”.

Inferiore all’originale, un “prodotto” sbancabotteghino, ma superiore all’idiozia di Peter Jackson.
Con la Naomi Watts che non può competere con l’ambiguità della Lange e col suo erotismo vero.

(Stefano Falotico)

Perché il King Kong di Jackson fa schifo?

Guardate questa clip e poi ditemi:

 

Genius-Pop

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