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Anche questo Festival di Venezia è andato, la vita passa in un(a) lampo, la nuova stagione cinematografica, chi vivrà vedrà, eh già, sono ancora qua


11 Sep

PasoliniAh, i colpi di fulmine, le maschere di cera ed ecco che, zac, scivola la cerniera, salta la cena ma l’appetito vien mangiando, solo trombando(si).

Il tempo passa. Il tempo insiste, sì, è persistente oltre che insistente. E la calvizie si fa prominente oppure la stempiatura tua si fa sempre più evidente, oserei dire incipiente? Mio demente?

C’è, chi col tempo, incontenibile diviene, chi diventa incontinente, chi ha viaggiato in tutti i continenti, chi, invecchiando, è divenuto saggio oppure insipiente, c’è chi non è mai andato nel Biafra e, non solo è ben pasciuto, sì, di brutto ha sempre magnato, pure a sbafo, bensì ha tante donne inchiappettato e divorato. Detto altresì, costui, impunito sciupafemmine, forse pure sfruttatore magnaccia. Mannaggia! Poi abbiamo i patiti… di Lucio Battisti (ho fame, non soltanto di te), quelli col cervello partiti oramai da una vita, quelli che sono morti oppure semplicemente spariti, sì, un’inaspettata loro dipartita avvenne. Ci sono gli spioni, quelli che vengono spiati e quelli che non vengono neanche se, da voyeur, le coppiette spiano.

Ma che vogliono spiare? Le loro colpe espiassero, anzi, respirassero. Cioè, detta come va detta, scopassero! Sì, guarda quante passere, dai, suvvia… passerà. Mangia intanto l’uva passa e dai da mangiare ai piccioncini, mio passerotto.

Ci sono quelli che guardano solo le partite e quelli che, invece, non guardano manco un film ogni tre anni ma lanciano più di un occhio (eh sì, portano gli occhiali, sono i cosiddetti finocchi, pinocchi forse quattrocchi e idolatrano Michela Quattrociocche, donna sciocca ma gran gnocca, detta anche sgnacchera), eccome, solamente alle donne eppur le donne che guardano, eh sì, amano i calciatori coi soldi e non i tifosi che scommettono alla SNAI e non vincono mai. Perdendo pure il danaro da loro utilizzato nelle bische clandestine ove rimediano un due di picche pure di una partita a Poker.

C’è chi, come me, s’identifica col Joker, chi invece non ha mai letto un solo libro, dunque non è molto esperto d’italiana Lingua ma, fra un piatto di linguine allo scoglio e forse uno scolo, fra uno scolapasta e una donna che ama le olive, non soltanto ascolane, a letto è campione bilingue da inserire negli annali. Annali con due n. La N di Napoli e la N di Nunzia che però non è partenopea, neppure patriottica, bensì abita a Salerno e, oltre ad andare col “linguista”, va pure con uno che ama la Juventus e non ha mai gustato un grissino torinese.

Insomma, Gianna di Rino Gaetano andava con tutti, Il cielo è sempre più blu e tu non gliela fai più. Oltre a non fartene una manco se, per scioglierla, le regali tutti i dischi dei Roxette. Lei dà il rossetto e non solo quello/a a un uomo che, a differenza di te, non è mai solo. Appunto! Ma a lei non importa, affatto, essere presa per una poco di buono, non è di bocca buona, è solo bona da fare schifo al c… o e non le interessa darla al primo venuto… anzi, a uno che viene con tutte.

La vita è una sola… Quindi, il motto moderno è: goditela finché puoi, finché puoi. Finché, soprattutto, lei ne vuole, finché ha(i) voglia. A “voja”, te, a impegnarti al massimo se poi sei povero in canna e, in frigorifero, non c’è neanche il Vov. Famoso liquore afrodisiaco per vite, a differenza della tua, più paradisiache. Eppure sei bello da morire, sì, dionisiaco mentre Stefano Dionisi, pur essendo carino, in Farinelli – Voce regina, per chiarissime ragioni, anzi, per regioni da eunuco, non è che ne potesse fottere molte. Si lasciò però fottere dal cazzone del suo amico.

Ora, Farinelli fu omosessuale passivo? Invece, il critico di Cinema Pino Farinotti scrive il Dizionario dei film grazie solo alla farina del suo sacco o si affida al direttore della Cineteca di Bologna, l’omonimo (di cognome) Farinelli? Uomo però, a differenza dell’identico, nomen omen del personaggio incarnato da Dionisi, decisamente molto attivo, non solo a livello di Cinema Ritrovato.

Moretti girò Ecce bombo e a quella ragazza schizofrenica non importò assolutamente andare con lui.

Preferì non dargliela ma dirgli: faccio cose, vedo gente.

Chiedo io, anche venia: quali cose? Quale gente? Non mi sven(d)o!

So io quale gente bazzicate, voi, uomini e donne di malaffare. Siete degli affaristi o solo degli arrivisti?

Non arriverete a nulla se continuerete a non fare una beneamata minchia dalla mattina alla sega, no, sera.

Vi auguro buonanotte. Ah ah. Specialmente, buone mignotte.

E quell’altro? Che fine ha fatto? Il Magnottta! Lo presero per il culo con la storia della lavatrice.

Mentre Dante Alighieri lo volle mettere, da sempre, in quel posto (fisso, statale o comunale, ecco, sì, stavolta ci sta… anale) a Beatrice ma poetizzò ogni meretrice fottuta (da lui, no, però), ficcandola nel Purgatorio.

E Virgilio? Ne vogliamo parlare? Secondo me, fu meglio Numa Pompilio.

A essere sinceri, Pompilio, ovvero il secondo re di Roma, non valse una pippa. Ed è comunque sempre meglio Campbell Naomi nuda anche se sarà solo una fantasia (auto)erotica.

Quando si suol dire: Naomi non è una che giammai andò e vada per il sottile, la diede e dà a tutti indiscriminatamente, è/fu una facilona ma non guarda/ò quelli che non valgono/valsero (balli un valzer?) un cazzo, da lei quindi non otterrete neanche un pompino.

Se invece sarete i nuovi Flavio Briatore, state tranquilli, oltre a Naomi, avrete anche Nomi e non andrete mai con una frustrata come la cantante Noemi.

Siete un vuoto a perdere.

La cellulite, le mie nuove consapevolezze?

Campbell Naomi può essere pagata a peso d’oro e può permettersi ogni liposuzione. Voi, invece, comuni donne più altamente morali rispetto a Naomi, però più mortali, non avete neanche i soldi per portare il cane di vostro marito dal veterinario. Siete degli animali! Delle leonesse, delle fesse di sorrata?

Intanto, vi crescono le mammelle e i mammoni non esistono più. Ora, abbiamo i ragazzini che amano le milf coi seni rifatti più delle labbra di Alba Parietti.

Ah, che suzioni mammarie. Ah, che somari. Ah, che porci. Ah, vomito. Sto male, per la Madonna, santissima Vergine.

Aveva ragione Pier Paolo Pasolini. È tutto un porcile… Tutta una questione di Uccellacci e uccellini, anche di tamarri e burini che vogliono sol uccellare. Non soltanto con tipi come Pier Paolo, pure con Giampaola. Come dettovi prima, ci sono le alopecie androgenetiche, i nazisti che credono all’eugenetica, quelli che perdono i capelli e quelli che perdono pure la faccia. E non basta un lifting per mettergliela a posto. Ci sono le tragedie annunciate e incombenti. Ci sarà forse pure, presto, un altro tizio che vincerà il Nobel. Cavolo, allora, altro che ritardato. Ma sarà comunque troppo tardi.

Il suo nome infangaste, infingardi, ingiustamente lo snobbaste e di chissà quali crimini lo additaste e accusaste. Scusate. Ogni verità è stata svelata, tu sei stato poco svelto, svegliati, sveltisciti, in una parola… finiscila… ti dicono se non stai zitto. Sapete che vi dico? Me ne fotto!

Ti ricattano e ancora vogliono la ricotta, ti scottano, t’intimidiscono, coi giochini ti terrorizzano. Ma un uomo si rialza all’’improvviso ed è qualcosa di mai visto. Fa paura, che gran casino, è come Sansone. Oh, Cristo! Non ce la farà, sta crollando… tutto. Ma con lui, vivaddio, anche tutti i filistei.

Soprattutto i filibustieri, cioè i figli di puttana che vanno pure con le puttane.rino gaetano

 

di Stefano Falotico

Dopo accurate riflessioni e ponderati risparmi, ho deciso: vado alla FESTA DEL CINEMA DI ROMA come accreditato stampa ed evviva i cherubini Jovanotti!


29 Sep

71189224_10214586776565989_3022707642582695936_nmoretti ecce bomboNo veramente non mi va, ho anche un mezzo appuntamento al bar con gli altri. Senti, ma che tipo di festa è, non è che alle dieci state tutti a ballare in girotondo, io sto buttato in un angolo, no, ah no: se si balla, non vengo. No, no, allora non vengo. Che dici, vengo? Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente? Vengo. Vengo e mi cri quarantametto così, vicino a una finestra di profilo in controluce, voi mi fate:

– Michele vieni in là con noi, dai…

E io:

– Andate, andate, vi raggiungo dopo. Vengo! Ci vediamo là. No, non mi va, non vengo, no. Ciao, arrivederci, Nicola.

(Michele Apicella, alias Nanni Moretti di Ecce Bombo)

 

Sì, qui è sempre una rincorsa contro il tempo.

Ma alla fine, nonostante la mia economia non sia delle più esaltanti, non posso tradire gli amici da me incontrati al Festival di Venezia. Che trepidantemente m’aspettano a Roma.

Allora, sì, vengo. Spero anche d’incontrare Cristina Quaranta, sì, la super figa di Non è la Rai. A me ancora attizza, non poco, che porco. Ah ah. Da tempo immemorabile, sogno di venirle… in cor(po). Uh uh.

Le ho pure scritto ieri una mail. Sì, la bellissima Cri ha messo la sua mail su Instagram. E io ho colto l’occasione per lanciarmi a volo d’angelo.

Sarà una figura di merda catastrofica ma almeno mi sarò fatto il viaggio.

Sì, come canta Lorenzo Cherubini, detto Jovanotti:

ho la pressione giusta, stratosferica, dimmi che non è un miraggio, che stasera partiremo insieme per un grande viaggio.

 

Sì, la sua mail è cri.quaranta@gmail.com. Questa la mia epistola sfrontata:

 

Ciao Cri,

sono Stefano Falotico.

Colui che, arditamente, ti scrive spesso dei commenti su Instagram. Anche oggi pomeriggio ne ho inseriti un paio col link a uno dei miei funambolici, intrepidi video “folli”.

Sì, te lo dico qui. Non so se questa sia la tua mail o quella del tuo ufficio stampa ma, in onore alla tua bellezza inaudita, vorrei regalarti dei miei libri.

Sì, sono uno scrittore, splendida Cri. Da tempo anche critico di Cinema e scrivo per Daruma View. Quest’anno, in veste di accreditato stampa, sono stato al Festival di Venezia.

Sì, in veste di critico, vorrei svestirti e poi scriveremo assieme la recensione.

Quanto mi darai? Quattro stellette? Dove lo facciamo? In un albergo a 5 stelle?
Tu per me sei indimenticabile. E ti garantisco che, dopo aver visto il mio film, sì, comprerai anche il Blu-ray della nostra notte d’amore. Mettendo in pausa nei momenti top.

Per rievocare quegli istanti romanticamente sanguigni della nostra passione incendiaria. Sì, nei momenti di sconforto, ormonale scombussolamento e di scoramento, Cri, rivedrai questa splendida pellicola e, trasfondendotene come James Woods di Videodrome, ripensando intensamente alla nostra congiunzione psicofisica, impazzirai d’amore e perderai la testa come in Scanners.

Ti seguo sin da quando, pre-adolescente e puberale, mi piacevi da morire e vedevo ogni puntata di Non è la Rai nella quale sensualmente ballavi, incantandomi.

Sinceramente, eccitandomi. Non dovrei dirtelo ma oramai non ho più peli sulla lingua, tranne i tuoi.

Sei la donna più bella del mondo, secondo me.

So che riderai, sogghignerai dinanzi a questa mia sperticata affermazione senza fronzoli. Un po’ da Fonzie.

Ma mi sto leccando i baffi come nella pubblicità dei Fonzies. Pregustando la delicatezza del momento affamante delle gioie nostre sensualmente sgranocchianti.

Potrei però finire surgelato e mi sbatterai in freezer. Bruciando ogni mio erotico slancio con un calcio nelle palle. No, non elettrizzante, bensì refrigerante. Nel senso che io volevo cucinarti la mia bistecca al sangue ma mi tratterai da Pinguino De’Longhi.

So solo che, appena ti vedo, mi diventa lungo. Sono pingue ma tu mi asciugherai tutto.

Sì, mi allungherò sin a Roma per rendere più corposo e soprattutto cremoso questo mio capriccio bollente come la besciamella delle lasagne dopo 40° nel microonde.

Presto, sarò alla Festa del Cinema di Roma. Tu accetteresti di bere un caffè con me?

Dimmi di sì. Vado a prelevare subito altri 100 Euro col Bancomat e potrò offrirti anche il mio gelato all’amarena.

Cri, basta leccarlo dolcemente e si scioglie in bocca.

Cri, approfitta di un uomo così, non perderti il suo profiterole.

 

Ah ah.

Sarà molto dura piacerle. Spesso sono Edward Norton di Motherless Brooklyn. Faccio ciò delle espressioni, a prima vista, da mezzo spastico.

Ma Cri, lo so, ha la mente elastica. Non è una nazista con la svastica. Detta come va detta, vorrei che me lo mastichi.

Cri sa che la vita di noi tutti è una sega, no, un’epica saga come The Irishman.

Sì, potrei essere il Joker vivente anche se, onestamente, Joaquin Phoenix di Her è uguale a me.

Insomma, la faccia da cupo, no, da culo è questa.

 

di Stefano Falotico

her joaquin phoenix

È morto Franco Zeffirelli ma io no e ieri sera a Ravenna è stato presentato il mio racconto Disturbo denirante


16 Jun

Anton Giulio Onofri, su Facebook, ha sostenuto che Franco (non) sia stato niente.

Sì, questo regista non era un granché. E chi lo acclamò prese un granchio.

Al suo Romeo e Giulietta, gli ho sempre preferito quello di Baz Luhrmann.

Al suo Gesù di NazarethL’ultima tentazione di Cristo.

Al suo Fratello sole, sorella luna, Massimo Troisi di Ricomincio da tre quando sostiene che la migrazione degli uccelli sia avvenuta per colpa di San Francesco.

Gli uccelli ne avevano le palle piene di questo qui che parlava loro. Le donne invece, a quanto pare, si riempiono quando migro in loro.

Sì, possiedo il fascino di Mickey Rourke nel biopic sul santo d’Assisi di Liliana Cavani.

E, a proposito di Chiara, Helena Bonham Carter è stata Ofelia nell’unico film, a mio avviso, bello di Franco. Perlomeno vagamente passabile. Il suo Amleto con Mel Gibson.

No, non ho gli occhi celesti di Gibson ma adoro viaggiare in tangenziale a tutta velocità neanche se fossi in Interceptor.

Quando sollevo i pesi, acquisisco anche un sex appeal bestiale da Tom Hardy di Mad Max: Fury Road.

La mia vita è stata tragica, una Callas Forever ma, nonostante le sfighe colossali e qualche figa amabile, nel senso che sarebbe stato possibile amarla tutta la vita ma sono troppo capa rossa per sposarmi, diciamocela, la tragedia non solo scespiriana è incarnata/s’incarnò in me.

Me ne incarnai, sono incarnito, ah ah.

Sì, ho i capelli rossicci da Rosso Malpelo, altro che Storia di una capinera, famoso volatile “passeriforme”.

Già, malgrado abbia perso molto in questa mia esistenza, non vado con la prima Traviata che possa capitarmi a tiro…

Ah, le donne vogliono un(a) Verga ma qui ne vedo poche di femmine vere.

Sì, la mia vita ha seguito un percorso introspettivo, formativo, sentimentale-erotico da fare un baffo a Jane Eyre.

Comunque, il mio amico Gennaro, di professione pizzaiolo, sta messo peggio di me.

Molti uomini, dopo la prima volta, si montano oltre a quella con cui l’hanno fatto, eh già, pure la testa. E diventano fascisti. Bevono insomma un Tè con Mussolini ogni giorno.

Di mio, per alcuni anni ho fatto la fine di Ida Dalser/Giovanna Mezzogiorno in Vincere.

Altro che Filippo Timi, soffrii di atimia.

Sostenni che fui rifiutato dai fascisti e fui accusato di soffrire di disturbo delirante.

Sì, fui scambiato per un personaggio manicomiale solo perché asserii che miei ex amici gelosi a morte del sottoscritto, degli Jago insomma, persone che cercarono nel pagliaio l’ago, non vollero che scopassi la mia Desdemona.

La mia donna non era una Ricciarelli, era una ricciolina molto più bona di Cicciolina.

Scusate, sono un bello e impossibile con gli occhi neri dal sapor medio-orientale come Otello o forse un incosciente che non ha fatto i conti con l’oste del sociale hotel, dunque un povero sfigato adatto a una racchia come Gianna Nannini?

Dico!? Si fanno questi scherzacci da bambini?

Sì, io amo Shakespeare, sono Il mercante di Venezia. Film mai girato da Zeffirelli che, in compenso, filmò La bisbetica domata.

E qui ci rifacciamo agli occhi di Mel Gibson. Sì, questa gente mi urlò come Celentano… chi non lavora, non fa l’amore.

Allora, da ragazzo della via Gluck, anche con in gola il glup o forse solo in bocca un chewinggum, non credetti in me stesso e fu tutta una personale svalutation.

Mi depressi e, mentre gli altri mi sfotterono e trombarono… pure le loro Claudia Mori, io rimasi solo un Moro senza morosa. Mi consolai, mangiando una Morositas e cantando… azzurro, il pomeriggio è troppo azzurro e lungo per me, mi accorgo di non avere più risorse senza di te. Ma allora io quasi quasi prendo il treno e vengo, vengo da te, ma il treno dei desideri nei miei pensieri all’incontrario va.

Il treno di Giada Desideri nel treno di Luca Ward va!

No, non presi il treno. Il treno, dalla nascita, lo persi. Pigliai la macchina e mi feci un giro in cerca di qualcuna. Ma trovai solo trans che sapete benissimo dove lo prendono. O no?

Mi resero, dunque, un uomo invalido. Quasi muto, nonostante avessi e abbia una bellissima voce.

Mi fecero credere che nessuna Ornella Muti sarebbe venuta con me. Venne eccome. Io sarò pure un bisbetico domato a volte, oltre che misantropo, un po’ stronzo e misogino ma, basta che una donna mi pensi e va’ pensiero sull’ali dorate. E sicuramente lei viene a squarciagola.

Con me le donne divengono delle soprano anche se il mio stile di vita, detta come va detta, non mantiene un gran tenore.

Sono un Nabucco, un Verdi di rabbia come Hulk e appunto un uomo rosso che tutte le arrossa. Arrossiscono, certo. Appena mi vedono, provano imbarazzo. Non ho mai capito se sia perché sono attratte da me o per il fallo, no, fatto che mi prendano per un coglione.

Già, perché sbattersi una comune scema ché poi diventi nuovamente malinconico quando puoi battertela con Carmelina?

Sapete cos’ho scritto, nel mio saggio monografico John Carpenter – Prince of Darkness? Che The Ward non è un grande film ma…

Come diceva al solito illuminatamente Carmelo Bene… a sua volta citando Deleuze:

On n’échappe pas de la machinenon si sfugge da-alla macchina.

Chi sceglie la libertà, sceglie il deserto. Se la democrazia fosse mai libertà. Ma la democrazia non è niente, è mera demagogia…

Non si scappa. Uscendo dalla catena di montaggio, la macchina, la catena di montaggio si fa ancora più forte nella vostra strada che percorrete, poi nel tram, poi in auto, poi a casa, in famiglia… aumenta ancora, si fa sentire l’oppressione della catena di montaggio, si fa sentire il nulla della vita. L’oppressione… financo nell’amore, nella rivoluzione ancora di più e, soprattutto, l’oppressione si sente, si risente, nell’entusiasmo…

Dunque, mi pare giusto che il sottoscritto rimanga un Joker amante di Bob De Niro. Se pensate che sposarvi vi renderà persone felici, state freschi. Anzi, state al fresco.

Ogni istituzione serve solo a istituzionalizzarvi. Io credo che l’uomo sia una scimmia dotata della facoltà di credere a Dio. E, dai suoi credo, nasce la civiltà. Per il resto, è un film retorico da Zeffirelli.

Sono stato Re per una notte.

Anche Leonardo DiCaprio di The Wolf of Wall Street.

Sì, non sto scherzando. Come già scrissi, il mio breve racconto intitolato Disturbo denirante è risultato fra i vincitori del concorso letterario indetto da RuleDesigner e inserito nel primo volume di un pregiato, nobilissimo libro della Historica Edizioni. Attualmente già in vendita. Racconto ch’è stato inserito assieme a quello di altri 19 autori-colleghi.

Negli altri volumi, sono stati inseriti gli altri vincitori.

Ora, la domanda d’uopo che vi sovverrà subito, lo so, è questa.

Stefano Falotico, autore del succitato Disturbo denirante, si è presentato alla manifestazione o ha dato forfait come suo solito e secondo il suo inappuntabile, discutibile stile?

Ça va sans dire, il Falotico incarna la parola schivo, è infatti talmente riservato da assomigliare ai migliori film intimistici di Nanni Moretti e, al momento, è molto simile al suo personaggio di Ecce Bombo. Infatti, a molti, per questo suo ritroso atteggiamento, Falotico risulta fastidioso, addirittura permaloso e a tratti odioso. Insomma, ad alcune persone fa schifo, essendo lui schivo. Ma del giudizio di chi non ci vuole bene non dobbiamo divenire schiavi. O no?

Falotico appare, scompare, vede gente, fa cose, poi si isola, ama la solitudine eppur non tanto non regge, malgrado voglia distinguersi dal gregge, la mancanza troppo protrattasi nei mesi di compagnie, anche di una bella, dolce compagna. Questo lo manda in fasi mentali di scompenso. Al che in lui si alternano momenti di gloria a frangenti oserei dire st(r)ingenti, vi si accavallano crisi depressive, malinconie galoppanti che lui cura coi film di Bergman e con Silence di Scorsese. Ah ah.

Insomma, Falotico ci è o ci fa? Ci è andato o no?

Non vi svelerò l’arcano. Dovete indovinare voi. Secondo voi, quindi, ha preso su il microfono sul palco e, come Leo DiCaprio di The Wolf of Wall Street, ha dato sfoggio del suo istrionismo, facendo il gigione, imbrodandosi sopra le righe, oppure al pari di Woody Allen, proverbiale (in)giustificato assente agli Oscar, è rimasto in casa a scrivere, semmai, un altro racconto?

Non posso rispondervi e fornirvi delucidazioni in merito.

A volte, non so nemmeno io dove mi trovi. La gente meschina mi calunnia, dicendomi che non esco mai dal mio guscio come Tim Roth de La leggenda del pianista sull’oceano e invece, proprio in quell’attimo in cui la maldicenza viene espulsa da esseri calunniosi, in verità soltanto gelosi, ah, fottute malelingue, sto usando la mia lingua con un’amante di Baricco.

Quello che posso asserirvi con certezza scientifica è che non sono ricco come Baricco, nemmeno come De Niro. Che ora, a quanto pare, deve dare all’ex moglie ben 500 milioni di dollari di risarcimento.

Ma risarcimento di che? Questa donna, Grace Hightower, non era nessuno prima di sposare De Niro. Ma che vuole?

Anche io non ero nessuno prima d’incontrare Bob.

Da quando sono coniugato, di affinità elettive, ai suoi migliori personaggi, posso affermare orgogliosamente di essere migliorato molto come persona.

Sì, prima di adorarlo e venerarlo, idolatrarlo in Taxi Driver, ero davvero solo come Travis Bickle.

E passavo il tempo a credermi Sylvester Stallone di Rambo. Ridendo coi film con Christian De Sica.

Anche ora non ho tantissimi amici, a esservi proprio sinceri. Ma è colpa mia. Sono molto introverso anche quando me la tiro… da duro come Max Cady di Cape Fear.

Comunque, Disturbo denirante, a mio avviso, altrimenti non l’avrei scritto, è un ottimo racconto.

Dato che ne detengo appieno i diritti d’autori, posso pubblicarlo quasi integralmente anche qui.

Se vi va, leggetelo. Se vi va di sapere come va questa storia, compratelo.

Disturbo denirante

Ecco, ho necessariamente l’impellenza d’alleggerirmi la coscienza e sgravarmi dal gravame stesso di assidue preoccupazioni che, da tempo immemorabile, mi stanno affliggendo infinitamente, inducendomi in un imperterrito circolo vizioso di resilienze emotive assai dannose.

Sì, da tempo infinito, son assillato da perenni, turbolente, assillanti incognite che, strisciando e aleggiando angosciose nella mia anima, disossandola e scarnificando il mio cuore, ininterrottamente mi tormentano. E m’han lasciato spossato, svilito, svuotato. Essiccato come se fossi completamente arso e denudato, totalmente inerme dirimpetto al crescente, strozzante lor martellarmi dentro irrefrenabile, morboso, ferente. Come se, non potendo io contrastare questo lor salirmi nel cuore in maniera ardentemente focosa e crudamente nodosa, mi stessi dissanguando e sciogliendo vivo, strangolato da lancinanti, infermabili dolori interiori.

Come se all’improvviso, questa mia vita, rimanifestatasi in tutta la sua slanciata e poderosa, dinamica irruenza portentosa, ancor la temessi e, impaurito dal troppo esperirla d’emozioni tanto violentemente gioiose quanto avidamente conturbanti, col suo carico di spine inevitabilmente taglienti e maliziose, pregna di delusioni sempre latenti e tremende, non la sapessi vivere nuovamente.

Come se, per sopperire a quest’ansia ciclopica, per rifuggirla codardamente, perennemente mi trascinassi in un malinconico delirio sognante dentro cui, immaginando una realtà più serena e soave, poi danzassi nel suo immaginifico ventre, lasciandomene felicemente trasportare, irradiato di fulgida, illuminante estasi che, da tanta straziante angoscia e quotidiana vita livorosa e feroce, mi consola.

Un delirio piacevole, certo, sebbene illusorio.

Anzi, a essere più precisi un De Niro.

Sì, avete letto bene. Non è un lapsus. Ho scritto De Niro. Robert De Niro.

Io credo di essere suo ammiratore sconfinato e impareggiabile da tempo insuperabile.

Sì, divenni suo fan e strenuo seguace moltissimi anni fa.

Quando, al tintinnare dei primi, ferali fremiti adolescenziali, allo scoccare nevralgico dei primissimi turbamenti ansiosi, egualmente acuminati ed efferatamente selvaggi, per caso guardai Taxi Driver alla televisione.

Il suo protagonista, come sapete, è Travis Bickle, un uomo del sottosuolo, interminabilmente insonne e pensieroso. Una sorta di straniero iper-nervoso. Schizofrenicamente forse pericoloso.

Un ectoplasma martoriato dal suo esistenzialistico, doloroso ed esiziale navigar nelle fluorescenti luci della più cupa notte di New York, una specie di Caronte macilento, un teschio vivente, uno zombi magrissimo ed emotivamente assai instabile e poi furiosamente incandescente, forse solo un diavolo innocente a traghettare anime dannate lungo la dedalica capitale mondiale dei disagi metropolitani per eccellenza.

Un angelo infernale, un tassista cherubino che, nella sua anima, distrutta e flagellata da mille demoni, sta indubbiamente male.

Ecco, all’epoca, subito in lui m’identificai. Perché, parimenti a Travis, in quel periodo così emozionalmente complicato che è l’adolescenza col suo ineludibile, frenetico accavallarsi di purezza rabbiosa, mi sentii tanto similmente speculare alla sua anima spettrale.

 

Detto e fattovi leggere ciò, amici, nemici e anche emotivamente anemici, andiamo tutti quanti al cinema a vedere The Irishman appena uscirà di casa? No, scusate, volevo dire se non lo proietteranno, in versione da pochi pollici, solo per visioni casalinghe da Netflix ma lo distribuiranno in grandi sale per un super pollice SU?

Dai, dai.

 

di Stefano Falotico

bisbetico domato celentano

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