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Frusciante è davvero un comunista che odia il capitalismo & gli edonisti, è veramente coerente o solo farneticante e/o deflagrante?
Frusciante non è affatto coerente, non diciamoci stronzate. Se qualcuno, scherzosamente o goliardicamente, democraticamente o in forma sanamente irriverente, dunque innocuamente divertente, lo controbatte, lui lo stigmatizza e platealmente lo deride con strafottenza ripugnante. Predica valori morali in maniera del tutto velleitaria, retorica e da lui perennemente smentita attraverso i suoi atteggiamenti palesemente contradditori. Pratica bullismo “forzuto” contro chi non s’attiene alla sua maieutica critica insindacabile, per modo di dire. Ostracizzandolo e offendendolo dall’alto d’una presunta superiorità derivante da cosa? Suffragata da quali elementi concreti? Dal numero, semmai, delle visualizzazioni e degli iscritti suoi maggiori rispetto ai suoi, non dico odiatori e/o detrattori, ragazzi semplicemente non a lui concordi? Che pena, proprio lui. Il quale sostiene che, nella maggior parte dei casi, se un film piace a molte persone, significa che è furbo, di facile accessibilità e sviluppato in senso commerciale nell’accezione di commerciale più vicina alla parola prostituzione. Se qualcuno s’azzarda a non essergli d’accordo, lo oscura e offende con far enormemente prepotente e con cafonaggine inaccettabile, malgrado sbandieri ai quattro venti la parità, l’equità sociale, la solidarietà (invero più vuotamente buonista e finta), l’accettazione incondizionata di qualsivoglia diversità, fisica e/o psichica, l’aberrazione di ogni forma di razzismo, fascismo e intolleranza, si dimostra paradossalmente “deflagrante”, per usare un aggettivo a lui carissimo, usato impropriamente e in maniera oramai parossisticamente indigeribile, contro chiunque dica la sua, diversa dalla sua. Fra i suoi registi preferiti, vi sono Carpenter, Tim Burton e molti altri enormi cineasti che hanno sempre portato avanti una personalissima poetica scissa da ogni forma di convenzionalità bellicosa.
Potrete anche ridere e denigrarmi, ascoltando e vedendo questo mio video, non m’importa. Non m’intimidite più né mi suggestionate con la vostra boria.
In mio soccorso, estrapolo alcune illuminanti parole di Pier Paolo Pasolini, poi vi spiegherò. Non tutte le sue famose frasi, spesso rabbiose, nate dai suoi conflitti psicologici irrisolti e giammai sanati, erano forse giuste. Forse, gli erano dettate dal frangente delle sue riflessioni di certo ben elegantemente esposte, comunque partorite estemporaneamente in attimi contingenti i momenti e i periodi, più o meno lunghi, in cui sentiva di dire ciò che nel suo animo sentiva (ripetizione voluta). Però, questa sua frase è più vera di una frase da me coniata, originalmente concepita, cioè la seguente: la verità assoluta non esiste, tutto è suscettibile di opinabilità a sua volta discutibile.
Ecco, questa è mia, eh eh, la sua è: Finché il «diverso» vive la sua «diversità» in silenzio, chiuso nel ghetto mentale che gli viene assegnato, tutto va bene: e tutti si sentono gratificati della tolleranza che gli concedono. Ma, se appena egli dice una parola sulla propria esperienza di «diverso», oppure, semplicemente, osa pronunciare delle parole «tinte» dal sentimento della sua esperienza di «diverso», si scatena il linciaggio, come nei più tenebrosi tempi clerico-fascisti. Lo scherno più volgare, il lazzo più goliardico, l’incomprensione più feroce lo gettano nella degradazione e nella vergogna.
Elencatovi e citatovi ciò, tornando invece al Fruscio, lui demonizza da sempre Netflix perché gli porta via il pane, cioè il lavoro ma, assurdamente, sotto le sue mini-rece Patreon, inserisce i link Amazon per acquistare dvd. Poiché, essendo gestore di una videoteca, se chi visiona i suoi video, cliccando sui link da lui inseriti nelle relative descrizioni inerenti la recensione o le recensioni dei film da lui presi in questione, dai medesimi link acquista i film da lui segnalati e, per l’appunto, recensiti, “dona” a Frusciante una percentuale che gli spetta in quanto gemellato ad Amazon. Amazon Prime Video, secondo Frusciante, non è streaming? Se non vi fosse Amazon, i soldi da lui ricavati dal guadagno da lui accumulato in base alle percentuali suddette, li guadagnerebbe? E soprattutto, se nessuno acquistasse da Amazon, non solo dvd e Blu-ray, Amazon scomparirebbe e fallirebbe? Credo decisamente di sì, no?
Dunque, Frusciante è davvero coerente in maniera intoccabile e stimabile? In modo allineato alla sua politica comunista? Solitamente, il capitalismo si regge sulla semplicissima regola matematica del più dai e più ricevi. Anzi, mi correggo, più sei pagato per ciò che fai, a prescindere dalla qualità e l’utilità per cui svolgi il tuo lavoro, più guadagni con tanto di interessi.
Forse, è per questa ragione che le sue recensioni, per esempio, sui film di Elio Petri, ottengono dieci volte in meno della metà delle sue recensioni, il colmo dei colmi, riguardanti i suoi registi più odiati, in primis Michael Bay e Zack Snyder? Che i suoi followers gli richiedono a man bassa perché sanno già che il Fruscio li distruggerà, usando sterminato turpiloquio da scompisciarsi dalle risate? Fruscio non vede l’ora che qualcuno gli chieda di realizzare recensioni sui suoi registi che odia maggiormente. Perché sono le recensioni che gli fruttano di più. Poi, per dimostrare che non è un capitalista, bensì, parafrasando Mario Brega di Un Sacco bello, un comunista con du’ palle così, su venti monografie dedicate ai registi più famosi, più o meno bravi degli ultimi vent’anni (Nolan, Fincher, che fanno “figo” e visual assicurate), per non sputtanarsi del tutto, ci tiene eccome, ah ah, alla sua coerenza, piazza qualcosa su Peter Bogdanovich. La monografia meno caaaata del Fruscio.
Appena qualcuno osa dirgli che Avengers: Endgame è un bel film, ecco che, come i cavoli a merenda, tira fuori Fritz Lang, Orson Welles, Alfred Hitchcock, perfino Pasolini. Dicendo che, dinanzi a questi titani, la “titanica” Marvel va a farsi fottere.
Peccato che, nel suo canale, abbia praticamente recensito (quasi sempre male, ma ciò non c’entra col mio discorso, chi ha orecchie per intendere, intenda) tutti i cinecomics del mondo ma non esista un solo straccio di monografia su Lang, Welles, Hitchcock, Pasolini? Non c’è Fellini, non c’è la mono sul suo amatissimo Monicelli?!
Perché forse Fruscio sa che le rispettive mono su questi autori (tutti morti, quindi di scarso appeal per molti giovani, i massimi fruitori di Cinema e del suo canale) nessuno caeerebbbe?
JOKER di TODD PHILLIPS con JOAQUIN PHOENIX – Dal 6 Febbraio di nuovo al cinema e in Blu-ray & Dvd, mamma mia che rinascenza questo Falò!
Sì, sono indubbiamente un personaggio rinascimentale. Se abitassi nella Firenze degli artisti cullati dal mecenate Lorenzo de’ Medici, detto il Magnifico, sarei già celebrato come Leonardo Da Vinci.
Sì, più che altro come Paolo Bonacelli di Non ci resta che piangere. Ah ah.
Sì, come Massimo Troisi e Roberto Benigni del succitato film, credetti che avrei avuto una vita modesta, cioè bella che già fritta, invece finii a Frittole nel quasi 1500 del mio essermi rinnovato e, di colpo, ringiovanito come se avessi attraversato uno Stargate quadridimensionale.
Sì, la mia mente da James Spader, più che altro da ex Spider di Cronenberg, uh uh, mi permette questo ed altro. Di essere, cioè, l’incarnazione del Tempo ritrovato di Proust e di guidare una macchina su giubbotto di Drive alla Ryan Gosling futurista più di Miami Vice.
Sì, patii calvari interminabili, mi stressai talmente tanto da diventare perfino quasi calvo.
Ma non ne feci una tragicommedia come La cantatrice calva di Eugène Ionesco. Poiché, essendo per natura autoironico, essere falotico, quindi stravagante e burlesco, trasformai il mio Aspettando Godot, più che altro finalmente di godermela, ah, questa vita puttana che tutti noi fotte e che, lungo il cammino, presentò, presenta e ancora presenterà molte dure fregature, in una filosofia esistenziale mai come oggi così sicura.
Sì, da circa un anno a questa parte, dopo essermi inabissato nelle notti più melanconiche, diciamocela, tragicomiche e quasi da manicomio, mi ributtai nella mischia. Io sono un fan pure dell’ex pornostar Brooks Mischa.
Sì, il mio fu un culo pazzesco migliore di quello di Mischa. Più che altro di (s)figa mai vista. Ah ah.
Sin dalla prima adolescenza, professandomi io un uomo amante di Taxi Driver, estraniandomi dal troiaio generale dei miei coetanei straniti, drogati, frivoli e certamente dementi, fui scambiato per un disadattato alla Travis Bickle e per un mammone col complesso di Edipo come Rupert Pupkin di Re per una notte.
Ma rinacqui come O’ Sole mio. Ah ah.
Sì, dopo tanto tempo da God’s lonely man, cioè da uomo solo e poco solare, più che altro da metafisico come Solaris, anziché arrendermi e cantare a vita Uomini soli dei Pooh, decisi di diventare un dio delle città e dell’immensità. Ah ah.
Portando la mente a un livello superiore della realtà. Ih ih.
Sì, da Principe della notte della mia Gotham City del cazzo, dopo aver scarrozzato tanti pagliacci per anni in lungo e in largo per Bologna ed essere stato preso per un mezzo handicappato, disgraziato, super sfigato tutto scassato e pure rompi-cazzo, durante un viaggio a Roma, avvenuto nei primi mesi del 2003, compresi dall’alto dei cieli di essere un illuminato.
Rivissi, ritornando a Roma, in pochissimi istanti quei gaudi amorosi della mia giovinezza smarritasi nella tetraggine più tenebrosa.
Improvvisamente, come Bradley Cooper di Limitless, riacquisii la vista e anche, di conseguenza, la vita.
Chi mi frequentò, non credendo al mio mutamento tanto repentino quanto incredibile, quando io provai a spiegare quello che successe e cosa provai, mi diede ancora di più del cretino e del provato. Ah ah.
Ancora qualcuno mi tormenta e, come un gufo, intimamente gode col suo pipistrello, sperando che io mi lamenti in mezzo a tante altre tormente, no, a miei atavici tormenti.
Ah, questo è solo un teppistello, un coglioncello a cui avrei da raccontarne davanti a un bicchiere di vino per confrontarmi con lui in merito ai nostri stupidi, reciproci duelli.
Gli narrerei di come mi sverginai ma lui, ottuso, ancora una volta non mi crederebbe e, se gli dicessi di chi mi oggi mi corteggia, di maggiore gelosia nel suo animo invidioso a morte, eh sì, creperebbe.
Oppure, piacevolmente sconvolto, assieme a me riderebbe a crepapelle.
Poiché That’s Life e la vita, fratelli della congrega, è ancora purtroppo lunga.
Lo prenderemo in quel posto numerosissime altre volte, avverranno altre svolte e c’illumineremo di nuovo come una lampadina di Alessandro Volta. Lo daremo a chi ce la dà ma l’importante è che come dice James Woods (o fu De Niro?) in C’era una volta in America: noi siamo come il destino, chi va a star bene e chi va a prenderselo nel culo!
Sì, non so quante volte morii in vita mia. Quando pensai che fosse finita, cazzo, almeno mi sarei messo l’anima in pace, dio mi bussò a tarda notte e mi ricordò di essere lui.
Domenica notte, Joaquin Phoenix vincerà l’Oscar.
Entrerà nel mito. Come Brando Lee de Il corvo, come Marlon Brando di Fronte del porto, come Robert De Niro di Toro scatenato e forse come qualcun altro…
di Stefano Falotico
Il cattivo nullatenente – Nicolas Cage è mille volte peggio di De Niro ma io amo entrambi
Comprate il mio saggio monografico Nicolas Cage, l’attore vampiro
In vendita su Amazon e altrove. Cercatelo e accattatelo!
Così, coi soldi a me elargiti e da me intascati, potrò ancora avere tempo per dedicarmi agli attori e ai registi.
Sono sfegatato di Nic. Nel senso che Nic recita adesso in filmacci impresentabili e a me viene sempre più il fegato amaro.
Vi ripropongo questa foto oserei dire storica ed emblematica di un periodo mio stoico da voyeur cinefilo assai incallito e non incagnito come la recitazione oramai cagnesca di Nic.
A chi indovinerà di rapidissima, anzi, immediata occhiata, senza battere ciglio, chi io sia tra questa foll(i)a per Nic impazzita durante la première di Bad Lieutenant: Port of Call New Orleans, regalerò il dvd di Snake Eyes di Brian De Palma.
Se non vi piace questo regalo, allora mi trasformerò in Harvey Keitel de Il cattivo tenente di Ferrara Abel. Fatemi vedere…
Eh sì, miei papponi da Taxi Driver, non giriamoci attorno.
Gli anni passano, i fanatismi vengono soppiantati da una vita meno sognante ma io non ho rimpianti, miei poppanti.
Son sempre più uguale a Travis Bickle. E combatto nelle mie notturne insonnie ogni lestofante ma soprattutto la povertà morale di un mondo più ricco di me in quanto bugiardo e più furbescamente arrogante.
Parafrasando Ray Liotta di Goodfellas, ho sempre voluto fare il culo ai gangster.
Per svelare il marcio di questa società corrotta che, sin dai primi battiti adolescenziali, m’ha rotto.
Una bella ripulita e visto che uomo?
Ho più fascino di Bob De Niro ma la sua ex moglie Grace Hightower ha chiesto, appunto, a Bob cinquecento milioni di dollari di risarcimento poiché Bob, a suo avviso, le avrebbe rovinato la reputazione.
Reputazione di che? Solo perché Bob, durante questi anni in cui è stata con lei, ha recitato in film indegni della sua nomea? Ma che vuole questa qui?
Di mio, chiedo a una donna se vuole fare un giro in macchina con me sebbene non possa poi donarle una causa, no, casa. Né a Beverly Hills né nell’estrema periferia bolognese.
Detto ciò, vado a bere un caffè.
di Stefano Falotico
Bringing Out the Dead, il migliore Scorsese degli ultimi vent’anni, finalmente ce l’ho in dvd, che società era?
Una catastrofe al box office. Un film pressoché mai citato da nessuno quando si parla di Scorsese. Tant’è vero che non ne esiste a tutt’oggi l’edizione in home video sul mercato italiano. Prima c’era ma, visto che non vendeva neppure il dvd, anzi, visto che in pochissimi l’hanno visto e vogliono vederlo, non esistono ora più copie in circolazione audio-visive di questa pellicola. Scandalo da The Last Temptation of Christ!
L’altro giorno, mi sono comprato l’edizione inglese di questo straordinario film. Che possiede la traccia audio nella nostra lingua. Ma è pur sempre un dvd. Il Blu-ray non c’è praticamente da nessuna parte.
Esiste invece ancora chi, sulle insegne stradali, scrive dio c’è?
No, questa scritta, un tempo messa anche sulle panchine dei parchi, non so se a Central Park, ah ah, serviva per identificare i luoghi di spaccio. Ove i pusher, segretamente, rifornivano i loro clienti.
Non lo sapevate? Ora, lo sapete. Vi ho svelato l’arcano ermetico.
Mi ricordo, or che le mie memorie, ottenebrate da offuscamenti farmacologi inutili, sguinzagliate dopo le coatte compressioni tremende, son ritornate nella superficie neuronale dei miei più vitali spasmi, sì, mi ricordo di quando lo vidi al cinema, qui a Bologna, città probabilmente più tetra e mortifera della New York descritta da Martin Scorsese, appunto, in questo suo ultimo grande film incendiario ed emozionatissimo. Al primo spettacolo delle tre pomeridiane. Non vi era anima viva in sala. Tranne me e due lerci che si sbaciucchiavano a manetta. Più dell’incipit frenetico a luci purpuree di questo capolavoro purissimo.
Immerso in una livida New York spaventosa. Prima della rifondazione fascista effettuata dal braccio ferreo del terribile Rudolph Giuliani. Che ripulì le strade dai barboni e dalla feccia. Rendendo Hell’s Kitchen una bomboniera. Sì, a livello superficiale. Perché la metropolitana fauna alla Taxi Driver, di cui questo film è una sorta di continuazione ideale, infatti Paul Schrader n’è ancora sceneggiatore, esiste ed esisterà sempre, sebbene sia stata addolcita e sepolta sotto un cumulo di apparenti levigatezze forse ancor più funeree nella loro ipocrita patina dolciastra.
Da allora, Scorsese ha girato solo film mediocri. Io ho le mie riserve anche su Silence.
Sì, non sto bestemmiando. Io sono un patito di Scorsese. Nel senso di amante sfegatato del suo Cinema cupo, veritiero, privo di quelle melense retoriche che invece, oggigiorno, par che tanto allettino quest’imbellettamento di massa e un mondo nel quale io non più tanto mi riconosco.
In Italia poi, lasciamo stare. Roba da Cinema pietistico. Vedo gente di cinquant’anni regredita alla prima adolescenza che si scatta selfie più patetici di Mick Jagger. E vedo settantenni che, essendo arrivati alla pensione, si crocifiggono, ascoltando J-Ax in un tripudio anacronistico teribile con una sola r romanesca, come direbbe Carlo Verdone. Ah ah.
Anche se in quel periodo venivo considerato un patibolare sfigato, il mio Falotico era proprio sintomatico.
Che società era quella di allora? Da poco tempo erano approdati i primi pc degni di nota. E, per vedere integralmente in anteprima, appunto su Internet, il primo trailer di questo film targato Paramount Pictures, dovevi aspettare circa mezz’ora. Affinché il caricamento su QuickTime fosse arrivato alla fine.
Non vi era l’ADSL, la connessione era lentissima. E non era come oggi. Oggi sappiamo tutto di un film ancor prima che inizino a girarlo. All’epoca, nonostante il film fosse totalmente completato, al massimo potevi vedere qualche immagine di scena appiccicata in riviste internazionali come Studio o Premiere magazine.
Neppure Ciak infilava più di due/tre images al suo interno, essendo questo un film ostico poco adatto a una rivista patinata.
Io non sono mai stato di questo mondo, forse come Edgar Allan Poe. Poeta del mesmerismo, maestro estroso e nerissimo della trascendenza più metafisica. Ancora oggi, nonostante le mille esperienze accumulate nella mia strana e lunatica vita stramba, non mi si può definire una persona gioviale.
Sono molto spiritoso, oserei dire spiritato. Fantasmatico come la ragazza morta e semi-resuscitata nel film.
Appaio, scompaio, danzo al plenilunio e considero Lullaby dei The Cure, diciamocelo, un’emerita stronzata.
Vivo senz’infanzia, senz’adolescenza, senz’infamia e senza lode. No, che me ne faccio delle lodi se son solo effimere glorie? Meglio Gloria, donna gloriosa e anche molto golosa. Ah, ha sempre fame…
Sono giovanissimo adesso e fra tre minuti vecchissimo. In un interminabile continuum spazio-tempo pieno d’intemperie esistenziali, di precipitazioni umorali più grandinanti e forse gravi di un lurido temporale, perennemente angosciato da una luce del giorno crepuscolare e opalescente. Poi son di nuovo vividamente fluorescente come la fotografia di Robert Richardson. Con traslucidi battiti di mie ciglia pittate a mo’ di pagliaccio sciocco, incastonate nel mio cuore asmatico, ficcate nei miei polmoni che profumano aromatici di sigarette lisce come l’olio. Ah ah.
Arrabbiato come la musica dei Clash, melanconico come lo sguardo in ambulanza, giocoso, innamorato e simbiotico fra Nicolas Cage e Patricia Arquette.
Io non ho mai vissuto la mia epoca, essendomi già allontanato dai miei coetanei chiassosi e volgari.
Eppur vissi, vidi, vigilai, confabulai e fui io stesso una vivente favola.
Ho vissuto di attimi, di frenetici frangenti, di amori quasi mai sessualmente tangenti, di viaggi in tangenziale, di virtuose, magmatiche, liquide incandescenze, anche caratteriali, ah ah. Crateriche come la peggiore crisi isterica di Marc Anthony. Qui fa il cavallo imbizzarrito, con Jennifer Lopez è stato uno stallone e basta.
Ho incontrato nella mia vita uomini bifolchi davvero pazzi come Tom Sizemore. Ché, mentre ero assorto nelle mie riflessioni profonde, dimenandosi appunto da matti, mi battevano le mani per spronarmi a vivere da idiota. Incitandomi al porcile generale.
Ma non come nel capolavoro omonimo di Dostoevskij.
Persone ossessionate dal sesso, poco cristologiche, casinari da Chemical Brothers, impasticcati nell’anima da troppo lerciume quotidiano, ah, pacchiani imitatori del peggiore grunge.
Quindi penserete: ah, allora Eddie Vedder, con la sua musica malinconicamente rock, deve piacerti un casino.
No, mi fa schifo.
Io non esisto. Hanno provato a curarmi, a rendermi normale. Per me la parola normalità fa rima con baccano, superficialità, con scemenza e bieca carnalità, con puttanesca svendita della mia anima notturna.
Io sono immortale. Sì. Quando pensi che sia morto, ecco che esco dai sepolcri delle mie depressioni e ti dico ciao, sorseggiando lo zucchero delle mie labbra amarognole ma sincere.
E non c’è stato verso. Inutile che mi facciate i versi. Io versai sangue e mi feci il culo per scrivere da dio. Voi che fate? Ma che cinguettate? Cosa ciangottate? Che farneticate? Ma che cazzeggiate?
Sono un paramedico delle mie ossessioni, delle mie stanche ossa, del mio teschio ambulante come una rossa ambulanza sfrecciante nel fascino intermittente del suo (neo)n alla Bob De Niro.
Se tu pensi che io sia un Don Chisciotte e che dunque necessiti quanto prima di un pronto soccorso, devi prima aver letto questo.
Se pensi che mi piaccia Jennifer Connelly, adesso non più, è anoressica. Ma ricordo che impazzii quasi quando vidi il suo seno della madonna per la prima volta. Quello, sì, che fu un istante da manicomio. Le mie orbite oculari subirono disconnessioni più cataclismatiche della neuronale demenza senile mista a un semi-infarto sesquipedale.
Pur di averla come Eva, ignuda e impudica, mi sarei genuflesso a ogni afflittiva pena che dio mi avrebbe inflitto con severità impietosa. Mi avrebbe sbattuto all’inferno. E allora? Ma almeno avrei goduto del paradiso più celestiale.
Ero un fuoco. Dovevate vedermi. Il mio corpo, incendiato come questo capolavoro esplosivo, subì numerose detonazioni. Credo che, se Jennifer in quel momento, fosse stata vicino a me in quel fatale putiferio mio ormonale, avrebbe avuto solo due possibilità. O chiamare i pompieri oppure sentire davvero la furente passione vibrante di un uomo totalmente datosi e denudatosi senza remissione di peccati a colei che simboleggiava la mela di Lucifero. Altro che quel baccalà freddissimo che s’è pigliato, Paul Bettany.
Sono un personaggio eastwoodiano. Adoro Blood Work, tratto dalla novella di Michael Connelly.
Se credi che io sia schizofrenico, sì, stammi bene. Se credi questo, te lo dico io, sei insalvabile. Ti do l’estrema l’unzione. Inutile cercare di estrarti dalle tenebre e dalle lamiere della tua anima arrugginita.
Mentre in questi giorni, Nicolas Cage è impazzito del tutto, io posso oramai affermare che sono un miracolato.
È oramai visibile, conclamato. Allucinante come questo film lisergico.
Sono un Nic Cage. E anche Van Damme di Lionheart!
– Ho scommesso quello che avevo su Atilla!
– Hai fatto male…
Un Man on Fire.
di Stefano Falotico
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Italian Psyco dei Dvd, vedi il capolavoro, non toccarlo, e poi muori
di Stefano Falotico
In una società sporca, il vero uomo è il maniaco dei Dvd sacri, “intoccabili”
Sì, credo che siete quasi tutti marci. Marciate ma secondo me siete già marciti. Meglio il martire, cioè me. Un uomo alien(at)o, che proviene da Marte per combattere la società dei vostri “gradi(ni)” militari con fantasia senza esclusione di colpi marziali. Altro che Altare della Patria. Er(et)to a sbottonarvi le patte, miei puttanieri.
E poi lo so… vi celate nel buonismo ma siete malvagi. Finitela col metter foto in cui ciucciate la Nutella, leccaculo che non siete altro, voi altri. Di mio, ho da badare alle vostre badanti che voglion rubarmi la banana, sventolandosela fra le gambe come una bandana. Sì, sono un topo che ha le sue zoccole da pelare. Che bandite. Mettiamole al bando? No, a novanta, ma che lavino come si scopa fin all’ultimo pelo. Io dom(in)o a mio com(m)mando! E non corrodano il mio roditore. Io sono erudito, evviva le mie pulite dita! E t’addito! Sbucciassero le patate! Che (ci)polle. Che cazzo piangono? Volevano i cazzi? E si beccassero gli amari. Io vado al mare! A mostrar le lor inchiappettate! Basta, schiappone. E tu, chiatta, con chi chatti? Sei solo una vecchia ciabatta! Pigliati la scarpetta! Fa sughino. Succhia! Dev’essere bianco, anche se lo vorresti far… negro. Accontentati di questo e non rompermelo. Non mordere, affamata!
Sì, sono un maniaco… dell’igiene, e finirete tutti in qualche centro mentale, miei malati. Io v’educo a base di lavande gastriche su strappamento dei coglioni che alle donnette vostre sfoderate di “cosce”. Evviva l’azione centrifuga. Io plano sulla società a mo’ di elicottero e, di leva cambiante i vostri connotati, alzo la leva e di cloche non vi offro nessun’altra chance, cotonando le vostre teste bacate sempre coi contanti in testa per un paio di collant, dunque da “bucati”, con dell’emolliente shampoo e bagnoschiuma deodorante su vostre ascelle (s)pezzate. Spericolato, dall’alto v’abbatto, io, l’elevato, io l’evirandoti, io mai avariato ma spruzzante dalla fresca aria.
E guai a chi mi tocca la collezione di Dvd. Deve prima andare in bagno, detergersi e, solo allora, otterrà, sfiorando tal capolavori untouchables, l’eccitata erezione dell’uomo che non deve chiedere mai. Ha già il Dvd che vale tutta la sua (s)figa.
“Freelancers”, le Red-band clip
Un De Niro insospettabilmente ispirato, affila i “coltelli” della recitazione. Sempre carismatico, più del film, “un po'” scadente.
Già (s)caduto, forse.
Comunque, osserviamolo “in azione”.