Era una sera apparentemente come le altre, né più né meno di ieri. Ero sdraiato sul divano a guardare il Milan su Sky, quando all’improvviso bussarono alla porta. Chi poteva essere alle dieci di sera? Era capitata una sciagura? La vicina voleva avvisarmi che domani sarebbe arrivata la disinfestazione o che la cantina si era allagata? No, era Anne Hathaway in tenuta da Catwoman. Stupito, quasi commosso, addolcito da quella visione paradisiaca, le chiesi che voleva. Ella, senza pensarci due volte, mi diede una spinta e mi tramortì splendidamente con una frase che aveva dell’incredibile.
– Voglio te e “lo” voglio subito!
Quindi, mentre ancora frastornato dalla sua avance così sfacciata, cercai di ricomporre la mia espressione da inebetito, mi scaraventò sul divano. E m’implorò di non muovermi. Sudavo freddo eppur “ardente”. Ella, arditamente, morbidamente si spogliò mentre Montolivo segnava un goal da centrocampo. Scalza, riuscì a scalzare il mio finto aplomb da fessacchiotto che la fissava e subito la faccenda si sarebbe “fatta” incalzante. Indossava calze a rete e il Milan aveva raddoppiato su grida di giubilo di quel fessone di Fassone.
Insomma, fu una notte buia e avventurosa, “catturante” come un’impresa di Batman.
Fu in quei momenti “affannati”, che compresi la profondità della carne, il mio essere si sciolse e capii “quello” che ne sarebbe “venuto”. Ma soprattutto presi coscienza che, a confronto delle cosce di Anne, io ero solo un buco nero meno gaudente del suo, avevo perso tanto tempo prezioso a cercare il senso “ignoto” della metafisica di Nolan e avevo sacrificato le mie “dure” giornate a danno della figa!
Quando caddi preda di Nolan? Quando iniziò tutto ciò? Andai da uno psicanalista e facemmo i punti della situazione, partendo dall’inizio dell’abisso, all’origine della causa di quel terribile scompenso. Di quella psicosi acuta che mi aveva tenuto lontano dal godimento più concreto a favore invece di un illusorio sincretismo van(esi)o.
Buttammo giù un diario di tristi memorie, di rimpianti inesorabili…
Memento
Sì, all’epoca frequentavo ancora il liceo ed ero stato abbandonato dalla mia ragazza, che aveva scelto di essere la ragazza di un ragazzo non con un grande cazzo. Sì, lo sapevo perché era mio compagno di classe e “glielo” avevo visto nello spogliatoio prima dell’ora di educazione fisica. A tal proposito, cercai di dissuadere la mia ragazza dal succhiarglielo, ma oramai il danno era già stato fatto. Ella, senza vergogna, mi confidò di avermi definitivamente mandato a fanculo, “avendolo” già preso da quello lì nell’ano. Rimasi paralizzato in una crisi mistica e, dopo un giorno, il mio cervello si spaccò in mille pezzi da pazzo! Urlai, scappai e da allora mai più scopai, ebbi crisi d’identità e soffrii di crisi compulsive che m’inducevano ad annotarmi tutto sulla pelle, in forma di tatuaggi letterari, per non dimenticare chi fossi. Furono giornate angoscianti, in cui smarrii me stesso in un’apoteosi di demenza…
Insomnia
In quei giorni però al cinema davano Boys Don’t Cry. M’innamorai delle fragilità della Swank e sognai di essere il suo “detective”. Così iniziai a non prendere più sonno. Stavo a letto e in piena notte andavo in cucina a mangiare il miele, dicendo ad alta voce cose smielate. Sì, poi riportai tutto in un libro e divenni uno scrittore che tormentava Hilary. Ma una sera diedero in tv L’avvocato del diavolo e compresi il mio Pacino. Non valeva la pena dannarsi per quella sciacquetta. Andai a sciacquarmele…
Batman Begins e Il cavaliere oscuro
Avevo perso la mia ragazza, e la Swank stava ad Hollywood. Come potevo occupar il tempo durante il plenilunio quando il mio lupo voleva “ululare?”. Fu allora che divenni il paladino mascherato e combattei la criminalità per pareggiare i conti con le mie psicopatologie. Illudendomi di poter acciuffare i malfattori, compensavo la mia ansia di vivere. Fino a quando incontrai il Joker, uno più pazzo di me che rideva sempre. Fu un duello strepitoso, in cui nessuno dei due vinceva. Ma poi Heath Ledger morì e il Joker divenne Jared Leto. Non mi divertivo più e andai a vedere Suicide Squad per piangere di amarezza.
Inception
Lo so, ho fatto un salto in avanti. Torniamo indietro. Ritornai a essere solo come un cane, ma ripresi a sognare. La mia ex ragazza voleva essere liberata dal mare di puttanate che il suo nuovo stronzo le raccontava ma non riuscivo a liberarla e l’incubo iniziava daccapo. Un rompicapo per un rompicazzo. Impazzii nuovamente e mi divertii con emozioni asettiche, con estetiche ruffiane, con un cubo di Rubik per principianti. E Lynch in quel periodo non girava più nulla. Vidi la mia intelligenza crollare come grattacieli fatiscenti nell’oceano. E piansi immensamente.
Interstellar
Decisi di mollare i miei affetti più cari e di andare altrove, di vivere fra le nuvole. D’altronde, era meglio. Se avessi sposato quella ragazza, avrei avuto una figlia racchia, malata di matematica e l’avrei incontrata rincoglionita attorniata da leccaculo che volevano la sua eredità, aspettando frementi la sua morte. Se fossi sopravvissuto al suo Einstein. Insomma, io volevo una figlia che non fosse una zoccola strafiga, ma nemmeno una bella figa. Ma quale astrofisica! Sì, col tempo sarebbe migliorata e sarebbe stata piacente come Jessica Chastain ma, si sa, la bellezza non dura e da vecchia sarebbe tornata una Burstyn zitella.
Dunkirk
Ero completamente “bombardato”. Ero diventato un bersaglio facile e tutti sparavano a zero su di me. Incominciai a delirare come Kenneth Branagh di Hamlet, sul ponte della mia rovina. Ma poi ascoltai le canzoni di Harry Styles e capii che non mi avrebbe salvato neppure Shakespeare.
– Bene, lei si è ripreso.
– Dottore, ma che dice? Le ho appena detto che per me è finita.
– Macché. Sarebbe finita se fosse uno a cui piace Christopher Nolan. Lei è un uomo che ne sa una più del Diavolo e non abbocca alle stronzate megagalattiche. Mi dia retta. Vada e inculi.
di Stefano Falotico