Posts Tagged ‘Donnie Brasco’

Come erano i tre uomini più belli del mondo, cioè Leo DiCaprio, Brad Pitt e Johnny Depp, come eravamo noi, chi ero e sono io


23 Nov

pitt depp dicaprio

Ebbene, la prenderemo molto larga.

Partendo dalla mitica e coriacea, virulenta, pugnace e verace Sophia Loren. Che, nel mediocrissimo The Life Ahead, in barba a ogni recitazione da superato metodo Stanislavski, recita da napoletana senza fronzoli, conscia delle sue origini popolaresche, esibendosi con carisma immane che talvolta sconfina in espressioni pecorecce degne di una vergine, no, vertiginosa, non contraffatta ciociara vesuviana ecceziunale veramente a mo’ di Diego Abatantuono in versione diva d’altri tempi.

Super spoiler…

Mi ricordò le mie due nonne. Una non c’è più, ascesa in cielo come Sophia/Madame Rosa nel film di suo figlio nel finale assai commovente. L’altra, di nome Rita, prossima alla novantina, tira da sola la carretta, stando sempre sola nella sua modestissima abitazione, sì, casetta scavata nella roccia. Un tugurio fatiscente situato in un paesino sconosciuto della Lucania. Ove allevò, assieme al suo ex marito Pietro, due figli. Ovvero mio padre e mio zio.

Donna che abita a due passi da Matera. Ove svettano, ancora magnifici, oserei dire quasi inscalfibili, i Sassi di Matera. Immarcescibili. Durissimi. Meta prediletta da chi, come Pier Paolo Pasolini e Mel Gibson, vuole girare un film su Cristo.

Trovando, in essi/a, il luogo più pittoresco e confacente alla natura ancestrale, oserei dire pittorica, della più bella, esaltante storia di tutti i temp(l)i. Quella di colui che si celebra a Natale. Natale, nome molto in voga peraltro nelle regioni meridionali.

La Basilicata è ora in zona rossa. La Puglia non mi ricordo, in Sicilia vi andai una volta. In Campania, due o tre.

Il detto vedi Napoli e poi muori è falso. Io la vidi. Non sono ancora morto.

Mi ricordo che, poco prima che uscisse il film Il talento di Mr. Ripley del compianto Anthony Minghella, pensavo che un giorno avrei superato le mie timidezze patologiche da Matt Damon, che sarei diventato bello e sicuro di me stesso come Jude Law e che avrei fatto all’amore con una come Gwyneth Paltrow. All’epoca era molto bella. Una reginetta. Adesso, sul suo sito per degenerate femministe “cazzute”, vende solo saponette e anche sex toys di discutibile gusto. Una donna, come si suol dire, involgaritasi e sputtanatosi totalmente.

A differenza della Loren che, malgrado il suo vivace, sanguigno accento vernacolare e il suo look stregonesco da donna forse rifatta più volte, non solo in viso, conserva un fascino (ig)nobile da signora d’alto bordo… da femmina del borgo che se ne fotte di quelle mentecatte borghesi ipocrite di malaffare grazie alla sua grinta profumata di eterna, inviolabile sensualità un po’ animale da essere ormonale di estrogeni che emanano una forza attrattiva di natura impressionante, dolcemente carnale.

Donna di altra categoria. Capisc’ a me, guaglion’!

Una donna che, quando fu premiata con l’Oscar alla carriera, riuscì a emozionare Geena Davis e l’ex storica, più che altro nevrotica e brutta come un debito di uno strozzino siculo, vale a dire la fascinosa Anjelica Huston, alias mrs. Morticia de La famiglia Addams nella versione di Barry Sonnenfeld.

La Paltrow stette con Pitt.

Geena David, forse. Susan Sarandon, sicuramente. Infatti, Thelma & Louise docet.

Un tempo, le donne con le palle piacevano agli uomini. Oggi, le lesbiche si definiscono pansessuali e la virilità è andata a farsi fottere, soppiantata da un retrivo sessismo medioevalistico.

Siamo precipitati in un nuovo periodo oscurantistico.

Il governo Conte ci ha segregato in casa. Va bene. Basta che non seghino… qualcos’altro.

Ne La vita davanti a sé, la Loren pare una strega più carismatica di Michelle Pfeiffer ne Le streghe di Eastwick. E il film vale solo per due scene, cioè queste.lifeahead lifeahead 2

Mi ricordo che, verso i sedici anni, fui scambiato per DiCaprio di Marvin’s Room e per quello di Buon compleanno Mr. Grape.

Sì, spesso e in effetti parvi anche Brad Pitt de L’esercito delle 12 scimmie e il Brad di Burn After Reading.

Sono invece sempre stato un poeta come William Blake di Dead Man…

Essendo stato spesso oltre la media dei comuni ebefrenici di massa, la gente pensò che fossi un criminale come Depp di Blow. E più rincoglionito di Al Pacino di Donnie Brasco.

Adesso, Depp è stato rovinato da Amber Heard. Lei volle stare assieme a un bell’uomo e lui abboccò come un pesce che, pur di amare della carne fresca più appetitosa del Parmacotto pubblicizzato dalla Loren, fece la figura del salame. Comunque, è sempre rimasto un uomo brillante, non perdendo un grammo del suo sex appeal piccante e dolcemente ammiccante.

Durante il loro turbolento, manesco, drogato matrimonio più isterico d’una comare novantenne di Bari, Depp divenne bulimico e ingrassò quasi quanto DiCaprio. Il quale difatti, quando non gira un film, si dà alla pazza gioia e lascia crescersi la panza. Ordinando, fra una modella e l’altra acquistata forse al mercato, non ortofrutticolo, bensì al porcile di quegli ambientini più sporchi della Camorra, molti chili di fettuccine.

Oggi, Pitt è un sessantenne maturo. Tantissimi anni fa, ebbe anche una relazione con Juliette Lewis. Lei ora ha quasi cinquant’anni, è ancora carina ma, a livello di cervello, è divenuta più ingenua e scema del suo personaggio di Cape Fear.

Di mio, mi ricordo che mi piacquero i Guns. Knockin’ On Heaven’ Door, famosissima loro cover d’una delle tante mitiche canzoni di Bob Dylan, fu inserita come sigla dei film action di Italia 1. Ché, in prima serata, nel periodo in cui frequentai le scuole medie, potevi volteggiare di acrobazie sognanti più fighe delle piroette di Jean- Claude Van Damme in Bloodsport e Kickboxer.

Ecco, devo ammetterlo. Il mio prossimo libro, Bologna insanguinata, storia stand by me di liceali folli, di gente suicida, di quartieri bui come il Pilastro, di piscine Record, di maestrine adultere, di teatranti pessimi, di grandi attori sottovalutati come Andrea Roncato, di femminone del bolognese e del riminese assai (dis)gustose, di duri ex metallari divenuti malati mentali, di geometre divenute ingegneri, di lupi solitari come Filippo Timi di Quando la notte, di stronze come ne La doppia ora, di falliti che pensano di essere David Lynch, di pennivendoli che credono di scrivere gialli appassionanti come quelli di Carlo Lucarelli e invece sono più marchettari di Selvaggia, “autrice” di Dieci piccoli infami, sarà qualcosa che nessuno, prima della pubblicazione, legge e leggerà mai. Sì, un capolavoro. Lo leggerò solo io.

Robert De Niro è da sempre il mio attore preferito.

Se non vi sta bene, amate Luca Argentero e recitate in parrocchia come Ambra Angiolini.

 

di Stefano Falotico

77.a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica: inaugura Lacci di Luchetti mentre io slaccio ogni lucchetto del passato e voglio ringraziare tutti, anche i cattivi, per il mio miracoloso ringiova(ni)mento


02 Sep

Lacci+Photocall+77th+Venice+Film+Festival+EeNMmso1s2olInnanzitutto lei, anzi, Lei con la maiuscola. Fulgida e soave, superlativa e acuta, lei il mio cuore ausculta e la mia anima ascoltò.

Eh sì. Edizione veramente particolare quella di quest’anno del Festival di Venezia. Pregiata kermesse giunta alla sua settantasettesima edizione.

77, come gli anni da pochissimo compiuti di the greatest actor alive.

Che te lo dico a fare? Al Pacino, incluso Donnie Brasco e la sua magnifica performance doppiata, in tale film di Mike Newell, da uno strepitoso Giancarlo Giannini al suo massimo storico?

No, il suo antagonista, nemico-amico storico di sempre. Ovvero, anzi, ça va sans diremonsieur Bob De Niro. Soprannominato, ai tempi della sua adolescenza schiva e riservata, as Bobby Milk, per via del suo pallore congenito.

Sì, è vero. Gli assomiglio. Peraltro, non poco. Ma non credo, sinceramente, che questa mia rassomiglianza sia derivata dall’essermene identificato tantissimo tempo addietro. Quando, adottando una tecnica d’identificazione-trasfusione attoriale fra lui e me, spettatore nei suoi riguardi adorante oltremodo, in maniera simbiotica sostituii il mio Falotico, dotato inoltre di medesimo suo neo sulla guancia però opposta, al suo volto. Compenetrandomene à la Videodrome cronenberghiana di mimesi talmente assurda da sembrare, a sua volta, un ambiguo, inquietante e al contempo pazzesco, funambolico body horror incredibile ed estremamente affascinante.

E, a proposito di uno dei tanti capolavori inarrivabili di uno dei maggiori, imbattibili cineasti viventi, vale a dire David Cronenberg, da qualche anno a questa parte, sono divenuto amico di Federico Frusciante. Auto-ribattezzatosi l’ultimo dei “videotecari”, stazionante in via Magenta e gestore, proprietario, soprattutto factotum del suo negozio di noleggio di dvd.

Un locale ove, anacronisticamente, ora che impazzano lo streaming, Amazon Prime e Netflix, ancora si possono “affittare” i film, restaurandoci all’antico lindore di una memorabilia cinefila fra l’ante litteram più nostalgico degli anni novanta, epoca in cui spopolarono le VHS, e la Naïve art di pellicole soltanto “arty”, cioè pellicole che, nelle intenzioni, vorrebbero essere assoluta arte memorabile e invece sono ed eternamente rimarranno pacchianate kitsch delle più scontate e programmaticamente studiate per un pubblico idiota di radicalchic finto-sofisticati, cioè una congrega di esaltati intrinsecamente ignoranti, e… dicevo, scusatemi, per l’ennesima volta mi sono perso. Dicevo, datemi un attimo di tregua e di Respiro (che fine ha fatto, Emanuele Crialese?), devo compiere mente locale, ecco, ci sono. Pardon!

Locale, quello del Fruscio, ove si passa dalle ultime mega-cagate con Nic Cage, attore da Fede detestato, alle più bieche furbate, dicasi altresì gigantesche porcate in formato colossal soprattutto della scemenza più abissale, firmate da Michael Bay, dai film muti a quelli più sregolati, folli e geniali di Takeshi Kitano. Regista dal Fruscio giustamente venerato, forse solo un tantino da lui magnificato.

Io vidi Beat Takeshi dal vivo. Come no?

Ah, ne passai tante e vidi tantissimi attori e registi. Pure lo stesso Nicolas Cage durante la prima de Il cattivo tenente di Werner Herzog.

Dopo aver fotografato Nic, mi recai a un chiosco. E, dinanzi a me, in camuffa, scorsi Vincent Gallo.

In questi anni, credo di aver affrontato qualcosa che un comune mortale non dovrebbe mai fronteggiare e contro cui nessun uomo dovrebbe giammai battagliare.

Dovetti scagionarmi da accuse infondate sulla mia persona, sconfiggendo ogni ordine psichiatrico e dimostrando di essere più intuitivo di Rust Cohle di True Detective per non venire cannibalizzato da carnali persone ingorde della mia anima.

Sì, sono Hannibal Lecter. Non lo sapevate? Con l’unica differenza che furono gli altri a volermi mangiare vivo mentre io continuo a pensare che, se Jodie Foster soltanto mi avvistasse davanti a lei in un pub, dopo tre secondi netti non sarebbe più lesbica.

Sì, Buffalo Bill de Il silenzio degli innocenti fu un uomo invero originariamente, innatamente e dannatamente innocente, scarnificato da maniaci sessuali. Al che, spolpato a sangue nel suo pudore stuprato, da pecora da poesie di Umberto Saba, si trasformò in un lupo cattivo, desiderando di amare le donne in modo saffico.

Di mio, malgrado ogni violenza psicologica subita, ripeto, divento sempre più buono, soprattutto bono forte.

Tant’è che la mia attuale lei è sull’orlo della pazzia, in quanto del sottoscritto gelosa a morte.

L’altra sera addirittura mi disse:

– Stefano, per non soffrire pene… d’amore, mi sa che dovrò cambiare sesso.

 

Lei, inoltre, crede fermamente che io piaccia molto anche ai gay. Una bella situazione del cazzo, non c’è che dire. Ah ah.

A parte gli scherzi, il Festival è stato inaugurato da Lacci di Daniele Luchetti, grande amico di Nanni Moretti.

Mentre io, grazie alla mia personale psicanalisi, assai più valida di ogni teoria freudiana ed elucubrazione lombrosiana sulle principali istanze della personalità, tematica al centro di Tre piani, abito al quarto piano e, ultimamente, io e la mia lei, quando ci amiamo e ci denudiamo, non è che, a dirla tutta, ci andiamo pianissimo.

Diciamo che io spingo abbastanza anche se, finito che abbiamo io e lei di amoreggiare in modo selvaggio, lei sostiene che Al Pacino sia sempre stato più bravo di De Niro.

E io, a mo’ di Moretti di Aprile, le rispondo:

– Sì, ed è sempre più basso.

 

No, non sono ancora a Venezia. Me ne recherò il 5 da accreditato stampa. Non posso permettermi tutto il Festival. Gli alberghi non poco costano.

Davvero pensavate che fossi figlio de Il caimano?

Sono un pasticcere trozkista e, a mio avviso, Silvio Orlando è un grandissimo.

Vi ricordate la sua battuta in Ex?

– E con questo stai? È pure brutto!

– Ha parlato Brad Pitt!

 

Io mi differenzio da Silvio per due motivi. I seguenti:

Brad Pitt non ha mai scritto un libro, recita peggio di me e, al Festival, vi va da piacione.

C’è una grandissima, immane differenza fra un sex symbol e un Falotico.

Io, se fossi in voi, sceglierei il Falò.

Se dite che non è così, beccatevi questo mio video e ci vediamo alla prossima.

Sì, non sarò mai Brad Pitt e C’era una volta a… Hollywood non è un granché.

Ma io batto Leo DiCaprio di Titanic soltanto di mia Voglia di ricominciare.

Comunque, fidatevi, This Boy’s Life è un film mediocre.

È meglio il film che sto concependo in tale mio momento esistenziale. Intitolato provvisoriamente Voglia di fottere…

Ve ne do un’anticipazione. Sarà la storia di vari uomini invidiosi del Falotico. I quali, malgrado molti universitari titoli, non sono accreditati stampa, non hanno nessun libro all’attivo, non sono combattivi ma hanno crescentemente i fegati distrutti.

Al che, in preda alla follia più totale, perseguitano il Falotico nel tentativo patetico di volerlo destrutturare e abbattere.

Peccato che io ami anche Ronin.

E, con morbida nonchalance, passeggio vellutatamente, leccando un gelato e non solo…

Non so cosa farò del mio Falò in questa vita ove ce n’è sempre una…

Intanto, faccio cose, vedo gente.

Sono un Ecce Bombo, un Bombolo, un uomo che ama un bombolone alla crema ma anche una donna più dolce delle facce da cioccolato scaduto di molti di voi.

Sì, ho capito una cosa importante in questa mia stranissima vita.

Io devo aiutare gli altri quando vanno giù e loro parimenti devono aiutare me.

Solo attraverso ciò si è veri amici. Così come insegnano Nanni Moretti e Daniele Luchetti.

Altrimenti, se continuerete a essere egoisti e narcisisti, stronzi e qualunquisti, canterete solamente La Mer.

Non sarete artisti di niente, sarete solo delle mer… e.

E mi spiace davvero deludere tante persone.

Avevo ragione io.

Sono un poeta, un romantico. A dirla tutta, non vi vedo neanche. E mi pare giusto che i dementi abbia io sputtanato.

DiCaprio è vincibile da me e l’isola di Capraia è fighissima…

Abbiamo pure visto, in questi giorni, il poster ufficiale di Diabolik.

Hype alle stelle! Ma mi faccia(no) il piacere. Ci mancavano solo i Manetti Bros. Con quel trimone di Luca Marinelli, con la regina delle sciacquette, ex Miss Italia dei suoi stivali e dell’italiano medio da stivalone italicus, ovvero Miriam Leone, cioè per dirla alla Carlo Verdone, un puttanone. E, a proposito di “top” delle tope da Bianco, rosso e verdone, abbiamo pure Claudia Gerini.

Ah, questi mi fanno girare i co… i, odio questi “girini” da girotondini raccomandatissimi. Di mio, mangio un grissino e sono versatile come il principe Antonio di Totò Diabolicus.

diabolik poster diabolicus totò

 

di Stefano Falotico

Cos’ho imparato dalla vita? Che Johnny Depp e Brad Pitt sono indubbiamente belli e fotogenici, altresì ho appreso di possedere un fascino da Dean Corso de La nona porta, anche da James Dean e basta


16 Aug

nona porta depp

Sì, senz’ombra del diavolo, no, del dubbio… credo di essere il figlio di Mia Farrow di Rosemary’s Baby, geneticamente possiedo l’autoironia intellettuale d’un John Cassavetes ante litteram, ho scoperto di non essere misogino, neppure misantropo, eppure preferisco l’originale Sharon Tate alla Margot Robbie di C’era una volta… a Hollywood. Adoro inoltre tutti i film di Roman Polanski, compreso lo stupendo e sottovalutato, per l’appunto, L’uomo nell’ombra.

Ultimamente, mi stanno perfino proponendo dei lavori da Ghost Writer e la mia attuale lei sostiene che alcune mie espressioni le ricorda/ino Ewan McGregor.

Ora, non esageriamo. Ewan è molto più alto di me, sebbene il McGregor di Big Fish sia spiccicato al sottoscritto. Ah ah.

Sì, sono sempre stato uno storyteller, un inventore di trame spesso fantasiose, autore di libri che oscillano fra il thriller e il fantastico in maniera meravigliosa. Libri la cui prosa, barocca-gotica, ricolma di qualche stronzata, di voli pindarici dei più azzardati e descrizioni minuziose, gioca sulle emotive, soventemente vergognose, perlomeno inconfessabili sensazioni interiori che ognuno di noi vive anche se spesso nasconde per timore di cascare nella ridicolezza, diciamo nel ridicolo. Non poetizziamo troppo, suvvia.

In quest’ultima decade, ho affinato spaventosamente la mia allure da uomo decadentista. Molte volte, inoltre, sono stato dal dentista. Sapete com’è… a forza di mangiare il gelato al cioccolato, è spuntata qualche carie. Non vi preoccupate, basta una bella e approfondita igiene dentale e, se qualche vecchia cariatide, la quale non comprenderà la vostra giovinezza eterna da Johnny Depp, il quale a sua volta è sicuro che abbia pattuito un contratto faustiano per conservare la sua immacolata beltà pulita da elisir di magnifica, lunghissima vita, dicevo… se delle cariatidi, non comprendendo le ribalde vostre sensuali gagliardezze da ragazzi maledetti, vorranno sbattervi in un centro di salute mentale, sbattetevene.

Ecco, Johnny Depp non è un uomo normale. Credo che ogni psichiatra del pianeta Terra non possa contraddirmi in merito. È infatti inconfutabile il fatto inequivocabile che, se un uomo, nella sua vita riesca a fare all’amore con Winona Ryder e chi più ne ha ne metta di super femmine da spot Calzedonia con tanto di eleganza da donne d’alta classe recitativa che lavorarono perfino con Scorsese e Coppola, riuscendo nel frattempo a lavorare con Kusturica, sia un genio assoluto.

Metteteci pure che Depp, oltre a possedere una bellezza dionisiaca, oserei dire idilliaca da far impallidire, anzi, arrossire-arrossare, finanche bagnare ogni essere dotato di estrogeni del nostro mondo, è pure chitarrista-bassista apprezzabilissimo, ecco, possiamo affermare insindacabilmente che Johnny non appartenga alla razza di animali così come praticamente tutti i cosiddetti uomini del globo terrestre. Comunque, non sono omosessuale, sono eterosessuale. A Depp e a Brad Pitt, preferisco Amber Heard. Dato che è in causa giudiziaria col Depp, la contattiamo subito su Instagram per vedere quello che si può/possa fare…

Sì, voglio segnalarla. Non si doveva permettere di rompere i coglioni a Johnny. Come direbbe Sgarbi, andasse a dar via il c… o. Diciamo, comunque, che una remotissima possibilità che io possa sbaciucchiarla c’è. Non ridete. Mantenete un contegno, non date spettacolo.

Sono più cinico di Polanski, sono molto più giovane di Depp e, oltre a essere l’unico attore di me stesso, dono riservato forse solo a Dio, sono uno scrittore amabile e un mezzo-doppiatore dalla voce e gola profonda cavernosa da cavernicolo facilmente troglodita di corpi cavernosi dilatati dinanzi a ogni selvaggia come Amber, indosso tutti i miei fallimenti esistenziali col savoirfaire dell’uomo che non deve chiedere mai… alla Caritas e all’assistenza sociale poiché non è un comune idiota che non ha mai visto Gli invisibili con Richard Gere, non è un uomo che scriverà patetici opuscoli e vademecum intitolati Recupera la tua autostima, guardandoti allo specchio e capendo, obiettivamente, che non sei Depp e Pitt ma non sei nemmeno un cesso della Stazione Termini, non è uomo che ci tiene/tenga a dimostrare di esserlo, esibendosi in linguacce su Instagram al fine che qualche tonta e sciocchina possa abboccare alle sue smorfie da Fabrizio Corona dei poveri che va(da) compatito e soprattutto preso a sberle non sventole come la Belena e la Heard, non è un uomo che vuole/voglia arrivare subito al dunque, eh sì, non soffro/e di eiaculazione precoce, non è un uomo perbene, no, per niente. Possiede/o l’anima mirabile di Elephant Man e la cultura di Frederick Treves e di Hannibal Lecter.

Questi sono super uomini alla Nietzsche, cazzo.

Dunque, in un mondo in cui molta gente pensa che Pamplona di Fabri Fibra featuring Thegiornalisti sia una canzone che dica il vero sull’attuale porcile della società, svelando chissà quali segreti del nostro contemporaneo status penoso e puttanesco di volpi, lupi, cani e porci, feriti ed ammazzati, uno come me può solo adorare il film Scappo dalla città – La vita, l’amore e le vacche, stare con una donna magnifica che si distingue/a principescamente da qualsiasi donna oramai svaccatasi, può inevitabilmente soltanto essere un recensore di Cinema più ricercato dell’Indio di Per qualche dollaro in più, un writer amante di Clint Eastwood dal carisma mille volte superiore a ogni Sean Connery/James Bond, con tanto di stempiatura da alopecia androgenetica del testosterone caldissimo, un uomo che ne sa una più del diavolo di The Ninth Gate.

Sì, il diavolo non esiste. Non esiste neanche dio, purtroppo. E Il Signore del male di John Carpenter, assai sottovalutato ai tempi della sua uscita, è uno dei film più belli del mondo.

Sicuramente più bello di Johnny Depp e Brad Pitt.

Di mio, faccio quello che posso. Ho acquistato un giubbotto da Wish. Mi sta benissimo. Perché l’ho comprato? Perché fa figo? No, perché costava poco ma fa la sua porca figura da Al Pacino di Serpico. No, non è un chiodo da Cruising. Non provateci… Allocchi, non sono Lefty di Donnie Brasco.

E questo è quanto.

È finito ferragosto, è finita domenica, sta finendo l’estate e fra poco inizierà il Festival di Venezia ove parteciperò in veste di accreditato stampa. Venerdì prossimo, invece, dovrò lavorare all’editing del mio nuovo romanzo scritto in stream of consciousness. Libro di circa 500 pagine. Al che, incontrerò la mia lei. Qui, la vita si sta facendo molto, molto dura. Teniamo duro.

L’importante è raccontarsela un po’, non mentendo però sul fatto assai reale, tangibile in due tre miei sex tape privati che, nella mia vita, ho/abbia fatto all’amore con tre ragazze diverse, una più bella dell’altra. La terza, quella di ora, è molto più bella di Amber Heard. No, non sono un attore hard, non sono affatto matto, ballo benino il Tango, la mia lei è insuperabile col tanga e di tanto in tanto però non valgo un cazzo. Come tutti. Non mi pare un problema insormontabile.

Ora, come ho fatto a conquistare la mia lei? Le scrissi… sei una gran figa. Lei apprezzò tantissimo e non la reputò affatto una volgarità.

Anzi, mi disse: – Di solito, ci provano viscidamente, scrivendomi… complimenti, sei una donna molto bella. Sono degli ipocriti di merda. Tu sei stato alquanto diretto.

Io: – Sì, sono stato spudorato. Peccato che io non sia bello come te.

– Sì, fai veramente schifo. Non ti si può vedere. Se fossi in te, quando vai in giro, indosserei in viso un telo da Joseph Merrick?

– Perché mai? Sono, sarei un mostro?

– No, sono gelosa da morire.
Amber+Heard+Art+Elysium+Presents+John+Legend+5p0RjivWcnWl Amber+Heard+Art+Elysium+Presents+John+Legend+6qPvsp3iqNNl Amber+Heard+Depp+Libel+Trial+Continues+London+DEjhAeGpCr3l Amber+Heard+Johnny+Depp+Libel+Trial+Enters+ZZdWnAUtPHIl Amber+Heard+Rum+Diary+European+Premiere+xGnxiR9Bn4ll ESx0KD3XsAESy9h Final+Day+Johnny+Depp+Libel+Trial+nkcVbIoqopEl Johnny+Depp+19th+Annual+Hollywood+Film+Awards+thhMU3jfhcsl Johnny+Depp+27th+Annual+Palm+Springs+International+43XnmsAn3mal Johnny+Depp+27th+Annual+Palm+Springs+International+boz-iuEcu56l Johnny+Depp+27th+Annual+Palm+Springs+International+hdYikUPTiaCl Johnny+Depp+27th+Annual+Palm+Springs+International+jAmFcaQ_GOLl Johnny+Depp+27th+Annual+Palm+Springs+International+leZQ2oT7c9Ol Johnny+Depp+27th+Annual+Palm+Springs+International+Sskt-OR4Odol Johnny+Depp+55th+Annual+GRAMMY+Awards+Show+w7blLLOmCP6l Johnny+Depp+Celebs+Dark+Shadows+Premiere+LA+G78_lvQm-Hfl Johnny+Depp+Depp+Libel+Trial+Continues+London+ff7mXvKV5qFl Johnny+Depp+Depp+Libel+Trial+Continues+London+juKBJGxEHaNl Johnny+Depp+Johnny+Depp+Leaves+Letterman+0KCCFx55TZUl Johnny+Depp+Perrier+Jouet+Celebrates+Art+Elysium+sP49_w0UWYcl Johnny+Depp+Premiere+Focus+Features+Danish+Ze22lCTxXtpl the-batman-999x562

 

di Stefano Falotico

Il programma del Festival di Venezia è troppo “serioso” e fintamente autoriale, meglio un mio short movie in stile Ed Wood-Tommy Wiseau misto al Paul Morrissey underground-noir torbido come i miei baci veri!


29 Jul

uomininudilocandinaanne heche donnie brasco

Innanzitutto, qual è film più bello di tutti i tempi?

Il tanto osannato Quarto potere? Il settimo sigillo?

Suvvia, non diciamo stronzate. E non voglio neanche più sentire la balla colossale secondo cui L’esorcista sia un capolavoro. Ma smettetela. È datato più di mia nonna materna. La quale è morta e, malgrado fosse più religiosa fanatica e maniaca di Ellen Burstyn, ha sempre pensato che l’unico diavolo esistente nella storia dell’umanità fosse e sia il sottoscritto. Sì, dall’aldilà, crede che io sia dio ma non ha mai visto Il signore del male, un film diabolicamente paradisiaco. Ah ah.

Sì, Prince of Darkness è forse il film più bello di sempre assieme a Twin Peaks: Il ritorno. Ché non è una serie televisiva.

Ci rendiamo conto cos’ha fatto David Lynch? Inizia con un episodio ove ci viene generosamente mostrato ignudo uno dei lati b più sexy della storia, cioè quello di Madeline Zima. Dopo pochi secondi, appare qualcosa di stranissimo su uno schermo nero che sembra un oblò, il vetro di una lavatrice.

Quindi, come per miracolo, Dougie Jones ritorna a essere l’agente Cooper senza dare spiegazioni a nessuno.

Pronuncia solo l’oramai leggendaria frase: I’m the FBI.

Un capolavoro impressionante capace di riportarti indietro nel tempo, anzi, ai tempi quando alle scuole medie si passava il tempo a immaginare se Elizabeth Berkley di Bayside School si sarebbe, un giorno, mai completamente denudata in un film vero e proprio. Poi uscì Showgirls e Kyle Maclachlan, in piscina con lei, capì in ritardo che Isabella Rossellini di Velluto blu fu solo una frigida.

Sì, premettiamo subito che il programma del Festival di Venezia di quest’anno è veramente penoso. Hanno dimezzato, a causa dell’emergenza sanitaria tuttora fortemente vigente in molti stati, quelli Uniti in primis, i titoli in concorso e Alberto Barbera, ammalatosi di esagerato patriottismo e nazional-popolare più inquietante di una canzone fintamente polemica di J-Ax (personaggio altamente discutibile che, giocando in maniera furbetta sui disagi adolescenziali, canta ai giovani, già andati a puttane, ciò che voglio/ano sentirsi dire per una magnificazione dell’impubere esaltazione fanatica più beceramente figa in vomitevole, “griffato” stile Amici, insomma un fake miliardario), vi ha dato dentro con le pellicole tricolore.

Inaugurando addirittura la kermesse con Lacci di Daniele Luchetti. Grande amico di Moretti Nanni, presente peraltro in Aprile. Non solo.

Storici i suoi cammei, infatti, in BiancaPalombella rossa e La messa è finita.

Invece Nanni, attesissimo con Tre piani, titolo metaforico di un film suo, come sempre segretissimo, incentrato sulle tre istanze principali scoperte da Freud su cui si baserebbe, stando a questo fottuto e bacato padre della psicanalisi, la personalità, sarà assente a Venezia ma, in Caos calmo, con Isabella Ferrari adottò lo stile alla Jung/Michael Fassbender di A Dangerous Methos praticato a Keira Knightley, con tanto di unghiate molto “analizzanti” la Ferrari stessa. Una scena, no, una scema che secondo me, malgrado il successo regalatogli da Gianni Boncompagni, ex famoso filantropo dei cavoli suoi, forse delle cavolate, e “sostenitore” pure di Ambra Angiolini & company, è identica nella sua personalissima vita privata al personaggio da lei stessa interpretato ne La grande bellezza.

Ovvero una frustrata depressa cronica, con tanto di pastiglie Chrono psicofarmacologiche, utilizzate dai brutti quarantenni di Caro diario, che forse è persino più “schizofrenica” di Sabina Spielrein.

Mah, alle donne come Sabina, ho sempre preferito il Ratto delle Sabine. Leggenda dell’antica Roma sicuramente più attraente della vacuità di certi ambienti capitolini ove la cosiddetta alta borghesia concima la sua tristezza esistenziale, aspettando il nuovo spogliarello di Ferilli Sabrina invecchiata marcia, cantando sui trenini con Raffaella Carrà. Insomma, la classica crème de la crème che a me, uomo alla Roddy Piper di Essi vivono, fa sinceramente cagar’.

Da tempo immemorabile, il sottoscritto riceve la patente di fallito ma, a differenza di Jep Gambardella/Toni Servillo, non ha pubblicato solo un libro. Bensì un’infinità di romanzi dei più folli, disparati e strampalati. Però hanno venduto pochissimo, dunque hanno incassato, non essendo io un marchettaro come Christian De Sica, assai meno dei film più impresentabili di Carlo Verdone.

Il quale, essendo sposato alla sorella di Christian, omaggiò suo cognato, dandogli la parte dello stronzo in Compagni di scuolaAn vedi che Amici miei… Parenti serpenti!

No, il suddetto film di Mario Monicelli non mi è mai piaciuto. Emana una scatologica amarezza peggiore de La grande abbuffata. A Marco Ferreri e a Isabella Ferrari, preferisco la Ferrari. Ma a volte non ho neanche i soldi per comprarmi una scatolina di cioccolatini della Ferrero. Che te lo dico a fare?

A Christian De Sica, preferisco Maillet Cristian. Ragazzo tornato a Bologna a lavorare sino ad autunno inoltrato. Mio amico da qualche anno a questa parte e “killer” à la Michele Apicella/Moretti di tale mio short movie decisamente amatoriale, dunque profondamente amabile.

Un cortometraggio dal “fiato corto”, come si suol dire, deboluccio cinematograficamente parlando ma girato con un’onestà intellettuale, un senso della poetica underground così (mal)sana, crepuscolare e radicale, oserei dire semplicemente esistenziale, da far spavento al miglior Andy Warhol con le sue magistrali “boiate”.

Corto quindi cortissimo (comunque, più lungo del tuo…) dalle atmosfere rarefatte, eccentricamente autocentrato sui miei primi piani da Totò felsineo di ascendenza non partenopea, bensì similare di origini meridionali, mescolato al Rust Cohle/Matthew McConaughey di True Detective dei poveri con esplicite allusioni, di natura “sopraccigliare” e fronte aggrottata (a)simmetricamente ammiccante alla mia autoironia da Mel Brooks più genialmente demenziale, ai neo-polar francesi girati co’ du soldi rubati a un clochard che se la tira da artista a Montmartre e non sa neppure cosa sia la Torre Eiffel.

Sì, un barbone italianissimo emigrato in Francia, per l’esattezza a Parigi, apparentato forse a Ninetto Davoli, un pasoliniano con la r moscia non figlia di Gianni Agnelli, bensì derivatagli da un bacio alla francese da lui generosamente dato, diciamo elargito gratuitamente, durante la sua primissima adolescenza da ripetente, a Raffaella, burina lupa della Garbatella che, a causa d’un succhiotto troppo potente, causò al disgraziato in questione un problema mandibolare peggiore di quello di Ronn Moss di Beautiful.

Ah, Ragazzi fuori di Marco Risi. Meglio un buon risotto alla marinara.

Questo succitato, all’epoca sovreccitato, ragazzo oramai pazzo squilibrato, a sua volta, fece sì che la sua mascella non si allineasse a una perfetta dizione della sua Lingua non propriamente raffinatissima. Poiché alle scuole medie, quando studiò la Rivoluzione Francese, nelle sue puberali illusioni da sognatore perso, credette davvero che un giorno sarebbe diventato il Re Sole ma, dopo il primo tradimento cagionatogli da Raffaella con un borgataro poco pulito e bello, ogni utopia perse e, al motto Libertéégalitéfraternité, preferì essere un samurai senza padrone. Lasciandosi andare completamente come Robert De Niro, da Ronin sino a The Irishman e Joker.

Di mio, mi salvai dal diventare Richard Gere de Gli invisibili poiché riguardai The Mothman Prophecies e compresi di non soffrire di alcun tipo allucinazioni né, a differenza dell’italiano medio, della sindrome da leccaculo da colui che, vanaglorioso, si crede poeta, santo e navigatore ma è più arrivista dello stesso Gere ne L’incredibile vita di Norman.

Malgrado sia stato di nuovo illuminato, non sulla via di Damasco, né abbia del tutto abdicato alle malinconie di Rossi Vasco, nonostante non mi sia adagiato neppure a fare solo passeggiate squallidissime da latin lover del cazzo lungo una via del centro bolognese, gergalmente detta altresì vasca da fighetti figli di puttanissima e busoni, faccio il bagno ogni due giorni, scrivo libri che vengono cagati da quattro “handicappati” come me, gironzolo vicino alla videoteca di Federico Frusciante alle due postmeridiane di un plenilunio più ammaliante e ispiratore dei caldi romanticismi affascinanti della mia attuale lei e, vicino alla scogliera del mio emotivo mare in burrasca, ho dimostrato al mondo intero, soprattutto a me stesso, il fatto inequivocabile che la psichiatria sia una stronzata e che Rocky, ribadiamolo, sia forse il film più bello del mondo assieme a Taxi Driver. E a quelli da me citati sopra.

E questo è quanto.

Robert De Niro rimane ancora il mio attore preferito assieme ad Al Pacino. La scena del diner in Heat, cazzo, docet. È gente cazzuta, questa. Mica come molti di voi, italiani spesso cazzoni.

Vi dichiarate tutti dottori ed espertoni. Vi bardate dietro la rispettabilità più ipocrita e siete invece solo dei gran cafoni davvero ignorantoni.

Mentre Johnny Depp, ora infognatosi con quella vacca di Amber Heard, in Donnie Brasco era da Oscar. Diciamocela!

Soprattutto quando litigò con sua moglie, Anne Heche, e tre secondi dopo se la scopò sulle scale con tanto di ciuffo sbarazzino da attore non laureato, però idolatrato ed adorato da Marlon Brando e istintivamente bellissimo, meravigliosamente carismatico di recitazione strepitosamente naturale.

Quando si dice… a lui viene benissimo… Di mio, sono Il coraggioso. Daniele Luchetti girò Mio fratello è figlio unico (film che vidi al cinema con una tizia amante di Moccia e Scamarcio, la sfanculai subito… mica tanto, dopo due anni), sono sempre più simile a Rino Gaetano e Lefty Ruggiero disse a Depp:

il mio unico figlio è un drogato, come la vedi?

Io non lo sono, però. Anzi, so baciare meglio di Al Pacino in Carlito’s Way. Come no?

Sì, morale della favola. A 40 anni, anzi, quasi 41, ho compreso che nella vita posso fare tutto. Anche perché è troppo tardi per tornare indietro e quindi educarmi a essere un povero idiota come tutti.

Se invece voi pensate che diverrete i nuovi David Lynch, non voglio disilludervi ma debbo dirvi la verità. Al massimo, pot(r)ete farvi dei film, cioè delle stories su Instagram.

Lasciate stare il Cinema. Tanto non sapete amare, non sapete soffrire. Di conseguenza, non saprete mai filmare le emozioni in modo delirante. Come è giusto che sia.

Ce la vogliamo proprio dire? Non sapete nulla, soprattutto di voi stessi, fate pena e, secondo me, parafrasando Bukowski, se non siete impazziti almeno tre/quattro volte nella vostra vita, che cazzo avete campato a fare?

Per tifare per la Juventus?

Sì, sono un pagliaccio come Nic Cage di Via da Las Vegas. Specialmente di Cuore selvaggio.

Che vorreste farmi, ora? Mi brucerete la casa o torneremo tutti assieme a catechismo e canteremo We Are the World?

Ebbe ragione Jon Bon Vovi. Questa è la mia vita e, se a te non sta bene, alla mia lei sta invece benissimo.

Dunque, va ammesso. Il mio cortometraggio è una cagata micidiale dalle suggestioni purissime. Siamo, vale a dire, dalle parti del masterpiece criptico, in totale (inter)zona b, super trash o forse elevatissima.

Poiché sono stanco di applaudire la perfezione. Adoro sempre di più le vite e i film assurdi. Poiché assieme sono bellissimi.

Tu invece ti sei laureato con 110 e lode? Ah sì? Complimenti. Ora peròcome disse Frank Vincent di Quei bravi ragazzi, vai a prendere la cassetta del lustrascarpe.
falotico videodrome frusciantedepp donnie brasco

 

 

di Stefano Falotico

Omaggio a Morricone, le sue migliori colonne sonore: epico, rivoluzionario, monumentale


06 Jul

ennio morricone

Se n’è andato. In punta di piedi. Nel suo stile, sobrio e al contempo, come le sue colonne sonore magnificenti, in sé stesso magniloquente. In quanto ha sempre vissuto discretamente, umilmente.

Lasciando un vuoto, dietro di noi, incommensurabile. È morto il più grande compositore di colonne sonore della storia del Cinema italiano e non solo.

Colui che, dopo aver composto la colonna sonora del sopravvalutato, pressoché inguardabile e tedioso The Hateful Eight, riciclando un suo geniale pezzo portante della soundtrack de La cosa, fu, assieme a Sergio Leone, l’anfitrione dell’utilizzo della musica, nella Settima Arte, a mo’ di cavalcante, scalpitante crescendo rossiniano d’emozioni immensamente potenti.

Autore, ça va sans dire, di colonne sonore da urlo per la celeberrima trilogia del dollaro leoniano.

E, prendendo in prestito la celebre frase del doppiaggio straordinario di Giancarlo Giannini di Donnie Brasco, pronunciata in originale da un Al Pacino bravo in maniera spaventosa, che te lo dico a fare?

Amico e amici…

Che c’entra Donnie Brasco?

C’entra, eccome. Sebbene Morricone, per questo bellissimo film, non abbia composto una sola nota.

Memore degli echeggianti fasti roboanti forse perfino di C’era una volta in America, il capolavoro di Mike Newell (sì, lo è, non ridacchiate) con Johnny Depp e Pacino si staglia, in modo unico e originalissimo, all’interno del panorama cinematografico di genere gangsteristico.

Se Francis Ford Coppola, per esempio, alla pari di Arthur Penn, nobilitò i criminali, magnificandoli in modo agiografico nella sua saga del Padrino, se Scorsese li mitizzò in Quei bravi ragazzi e, allo stesso tempo, li ridicolizzò come se ci fossimo trovati in una pantomima piena di disgraziati in cerca di remissione dei loro peccati, i quali scelsero, forse persino inconsapevolmente disperati come Frank Sheeran di The Irishman, eh già, la strada del male, sviscerando altresì, sotto forma di metafora, la sua antropologica visione della società, da lui giustamente intesa come una classista piramide ove, per sopravvivere, devi addirittura, accettando malvolentieri una tristissima esistenza malavitosa, adattarti giocoforza alle varie mafie quotidiane per tirare a campare, a meno che tu, tradendo gli accordi, non voglia finire crepato oppure, parafrasando Joe Pesci, cornuto e mazziato come Daniel Day-Lewis de L’età dell’innocenza, dicevo…

Dicevo, in Donnie Brasco, Mike Newell ci sorprese. Ma come!? Il regista di Quattro matrimoni e un funerale ebbe davvero la sensibilità, tipicamente italoamericana, di riuscire a sfoderare un gangster movie che, in effetti, tale non è?

Poiché è la storia di un’amicizia profondissima così commovente da lasciarci stesi. Su una sceneggiatura strepitosa, meravigliosamente giocata sulle dualità e sulle ambiguità perfino dei (o dai) risvolti non sempre comprensibili d’un intreccio, nel finale, volutamente complicato, Paul Attanasio creò uno script, poi recitato da dio, anzi da dei, veramente da Oscar. Da applauso!

Ove Al Pacino/Lefty voleva un’altra vita, forse un altro figlio. Persino nel suo “lavoro” poco nobile è stato scavalcato e declassato. Che uomo sfortunato ma, nella sua “famiglia”, ci tiene a ribadire, orgogliosamente non sicuro di sé ma d’origini certamente sicule, che tutti cammina/ino a testa alta.

E lui non è un allocco.

Ha avuto un cancro in una zona assai delicata e, se a Danny Aiello, i “goodfellas” di Once Upon a Time in America, combinarono uno scherzaccio di cattivissimo gusto, scambiando le culle in modo tale che suo “figlio” non potesse mai, un giorno, avere un tumore in quella zona sopra accennatavi, in Donnie Brasco, Johnny forse non voleva, in cuor suo, fare il poliziotto.

Affascinato, inconsciamente, dalla vita d’un Jack Nicholson di The Departed in versione molto più sfigata.

Lefty, al che, sognò la vita onesta che non poté mai avere, per una ragione o per l’altra e, di contraltare, Donnie forse non voleva fotterlo. Forse, non voleva neppure fottere una moglie piccolo borghese, noiosa e troppo perfettina come Anne Heche.

Forse, un Depp in versione Zac Efron di Nonno scatenato.

In cui De Niro lo “salvò” da una vita da laureato riccamente sistemato, donandogli il piacere inoculatogli della giovinezza recuperata.

Poiché Zac, in verità, non voleva continuare a fare l’avvocato, sposando la persona “giusta”. Voleva essere un po’ “fuori” e innamorarsi sempre di più di una ragazza dei fiori, leggermente auto-emarginata, una fotografa della vita che, sino alla fine dei loro giorni assieme, immortalerà quei piccoli attimi di felicità che la vita può e potrà donarci, estasiandoci d’inviolabile purezza e dolcissima venustà incantevole e incantata.

Senza troppe sovrastrutture, schemi mentali vetusti e superati, senza più pedagogie a buon mercato e maestrine già nate stanche. Già mentitrici, dalla nascita, riguardo i loro godimenti più veri, in quanto li sacrificarono fin dapprincipio sulla base di chissà quale onore mai esistito.

Quale? Quello, per l’appunto, caratteristico di chi ragiona come i mafiosi. Vivendo di stereotipi(e), di scremature, di suddivisioni sciocche e bigotte tra falliti e arrivati, forse solo figli di puttana cinici e arrivisti?

Ennio se n’è andato come Lefty/Al, lasciandoci tramortiti e senza parole come Johnny/Donnie nel finale.

Non so poi perché ma, quando rivedo Al Pacino in Donnie Brasco, mi ricordo di quando giocai a Calcio nella scuola Calcio Bologna. Lefty assomiglia al padre di Ortisi. Erano siculi.

A tutt’oggi, non ho mai conosciuto un calciatore “arrivato” di cognome Ortisi.

Mi ricordo però che imparai a nuotare da solo, rifiutando le lezioni della piscina Record situata al Pilastro.

Così come ricordo benissimo il finale de Il giovane Holden.

Mi spiace però deludere i miei hater ché mi danno del sociopatico. Non sono Salinger.

Ma voi che sapete? Che cosa volete sapere?

Fra cent’anni, parleranno di Ennio come di una leggenda.

Già lo è.

E questo è quanto.

Se non vi emozionate, ascoltando le colonne sonore di Ennio, anzi, nel cuore auscultandole, non siete degli indiani. Ma aridi come l’Indio, sì.

Indio, il gioco lo conosce/i.

Come la vedi? Ah ah

Quindi, quali sono le più belle colonne sonore di Ennio?

Suvvia, lo sapete meglio di me.

 

di Stefano Falotico

Venezia 76: JOHNNY DEPP, la pura estasi mistica della bellezza


08 Sep
JOHNNY DEPP in Pirates Of The Caribbean Filmstill - Editorial Use Only Ref: FB sales@capitalpictures.com www.capitalpictures.com Supplied by Capital Pictures

JOHNNY DEPP
in Pirates Of The Caribbean
Filmstill – Editorial Use Only
Ref: FB
sales@capitalpictures.com
www.capitalpictures.com
Supplied by Capital Pictures

Ah, che piacere rivedere il Depp in splendida forma coi capelli corti e il ciuffo sbarazzino, con l’occhio morbidamente languido e il sorriso in totale relax, fra il torvo, l’imitazione de Il corvo e il rimmel forse leggermente sbavato a intonazione e detonazione dei suoi occhi scuri come le sue emozioni romanticamente sincere.

John Christopher Depp II, più vecchio di me di quindici anni. Eppur pare un mio coetaneo.

Sì, Depp stipulò un patto col diavolo. E forse, nello stesso anno in cui uscì al cinema con Donnie Brasco, tenendo testa a un Al Pacino leggendario, malinconicamente epico, carismaticamente malinconico, l’avrei visto bene anche al posto di Keanu Reeves in The Devil’s Advocate.

Ora, qualche anno fa rimasi impressionato quando, sul red carpet del lido veneziano, presentò in pompa magna, ma anche in panza da uno che troppo mangiò, Black Mass. Da ritradurre con grassoccia massa d’adipe figlia di pericolose maniglie dell’amore. Eh sì.

Sì, all’epoca stava con Amber Heard. Donna dalla venustà impressionante, poco dotata di seno ma dalle gambe chilometriche dalla rara, pregiata qualità. Basamento portante d’una magrezza longilinea davvero disarmante. Culminante in un viso fotogenicamente magnetico, splendidamente rifulgente in due iridi che tramortirebbero anche l’ultimo zombi vivente.

Sì, una donna bellissima. Peccato che sia un’attrice dalle dubbie qualità interpretative e che poco, a mio avviso, fosse appaiabile a un tipo come Depp.

Sì, infatti la loro relazione, dopo numerosi, furibondi litigi, dopo l’iniziale, turbinosa irruenza travolgente e forse selvaggia (galeotto fu il set del bruttino, irrisolto e pasticciato The Rum Diary – Cronache di una passione, appunto), finì con un’anale, no, annale causa giudiziaria che rischiò di bruciare entrambi più di Frank Langella de La nona porta. Ah ah.

Con la Heard che postò a tamburo battente le foto del suo viso escoriato a dimostrazione che il Depp la picchiò ripetutamente.

L’immagine di Johnny ne uscì piuttosto malconcia, Johnny sprofondò nella depressione, allontanandosi momentaneamente anche da Hollywood e ingozzandosi di musica a tutto volume. Scatarrando e schitarrando con la sua band.

Waiting for the Barbarians, presentato in Concorso alla 76.a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia non è andato benissimo. Usiamo ora il passato prossimo.

Le critiche sono state perlopiù freddine, come si suol dire.

Ma Depp, in passerella, s’è dimostrato non solo un divo, bensì un dio. Facendo ciò che deve fare un attore quando presenta in prima mondiale un film di cui è protagonista.

Sì, i fan, scemi o esaltati che siano, sono venuti per applaudirti e tributarti il loro affetto. Ti hanno designato eroe delle loro speranze, dei loro intimi, impossibili, forse irrealizzabili sogni, tu rappresenti per loro l’incarnazione del discorso di Clint Eastwood a Hilary Swank di Million Dollar Baby. Sì, la maggior parte della gente non avrà mai una sola chance, alla gente comune non verrà offerta alcuna possibilità. Non sono tutti (s)fortunati come Rocky Balboa…

Uno su mille ce la fa, diciamo anche uno su un miliardo si fa i miliardi. Gli altri, per quanto costoro possano essere stati volenterosi, talentuosi, studenti diligentissimi e gentili, affettivamente parsimoniosi, solidali e nient’affatto facinorosi, per quanto abbiano sempre desiderato la donna d’altri, no, di personificare, appunto, il grande sogno, non solo americano, arrivati a una certa età, quando il gioco duro della realtà lentamente sopprimerà in maniera progressivamente violenta ogni loro ideale di purezza, commovente verginità e valorosità intonsa, vedranno smaterializzarsi le loro stupende, utopistiche illusioni e saranno costretti, a meno che non vogliano sacrificarsi come Depp de Il coraggioso, a ottemperare alla squallida ipocrisia d’un mondo ove impazza ancora la falsa demagogia.

Vale a dire, pur di non crepare disidratatati e privi di cibo, tireranno a campare come meglio potranno per sbarcare il lunario. Adattandosi a un lavoretto che svilirà ogni loro potenziale, piegandosi a un sistema meschino che oblierà le loro anime adamantine, obbligandoli ad obliterare il viaggio di sola andata verso un’esistenza piatta e grigia.

Alcuni vivranno nel raccontarsela, cercando di smorzare le loro frustrazioni nell’abbonarsi a qualche rivista di new age, altri, essendo crollati a pezzi, pur di giustificare a sé stessi i propri malesseri e i loro insanabili disagi, s’affideranno agli psicoterapeuti.

Sì, così se già hanno pochi soldi per pagarsi il biglietto d’un cinema ove proiettano l’ultimo film con Depp, arricchiranno pure il dott. Gerald Stringer, alias Jared Harris di The Ward.

Uno che dev’essersi comprato la Laurea con la raccolta punti della stazione di benzina gestita da zio Nino.

Ecco, fra lui e Ben Kingsley di Shutter Island, non so chi sia peggio.

Ora, da lunghe esperienze sul campo, dopo milioni di colloqui con coloro che si ritengono i maggiori luminari in materia freudiana, sono addivenuto alla lapidaria conclusione che la psichiatria, sì, è/sia una scienza esatta, nella maggior dei casi.

Ma non serve ugualmente a un cazzo. Sì, povero Leo DiCaprio di Shutter Island. Questo brav’uomo impiegatino che non volle corrompersi come Jordan Belfort di The Wolf of Wall Street. Al che, dopo una giornata di merda, rincasò e trovò i due figli assassinati dalla moglie. Una che, a forza di sognare le ville di Beautiful e a furia di guardare le puntate di Porta a porta sul delitto di Cogne, ammazzò ogni sogno infantile.

Prima dicendo ai figli che non fu la cicogna a regalarli al mondo, bensì fu qualcosa che, dopo che lei si tolse la gonna e si sfilò collant, scivolò dolcemente in forno come Chocolat tutto colante.

La vita è sempre dolorosa. Dal parto alla morte è un’eterna sofferenza poco eterea. E torniamo a The Brave e al monologo di Brando.

Semmai, sei un adolescente figo come Johnny Depp, ogni Winona Ryder farebbe carte false affinché tu possa liberarla dai “demogorgoni” partoriti dalle nevrosi dovute alle sue Stranger Things, dette anche mestruazioni, ma non avevi fatto i conti con Edward mani di forbice in versione villain, ovvero Freddy Krueger di Nightmare.

Oppure, te ne stai bello tranquillo per i cazzi tuoi, ti sei appena diplomato, non hai nessuna rompiballe che ti scassa la minchia ma ti arriva la lettera di Stato secondo cui sei stato chiamato in guerra, da cui Platoon.

Non muori, sopravvivi e decidi di festeggiare. Peccato che il tuo amico migliore sia quello sciroccato di Benicio Del Toro di Paura e delirio a Las Vegas.

Mah, di mio, cerco di non mettermi nei guai come Depp in Nemico pubblico.

Stando bene coi piedi per terra. So che sarà altamente improbabile che scoperò Charlize Theron. Ma chi lo/a vuole? Guardate The Astronaut’s Wife e poi ne riparliamo. Ah ah.

Però, non dobbiamo essere troppo materialistici ma neppure dobbiamo sganciarci del tutto dalla realtà.

Prendete il film Transcendence, miei cultori dell’esoterismo. A parte il fatto che il film fa veramente schifo al cazzo, va detto anche che, a forza di non trombare, più che metafisici, potreste poi dar di matto come Jack lo squartatore di From Hell.

Ho detto tutto…

Sì, ho visto le migliori persone apparentemente probe e dignitose che, a forza di ricevere inculate, ammazzarono Depp di Assassinio sull’Orient Express.

Ora, un pezzo di merda mai visto questo Depp. Ma anche gli altri non scherzavano. E dire che sembravano tutte persone distinte, appunto, impeccabili.

Siamo tutti colpevoli, siamo tutti peccatori.

Viviamo nella planetaria City of Lies.

Mi pare giusto che sia arrivato l’uomo dell’ora della verità.

Sono io?

Magari. Avrei la villa a Beverly Hills.

Invece, essendo uno che non mente mai, non potei permettermi nemmeno di stare in albergo per gli undici giorni del Festival di Venezia.

Ho detto tutto.

Insomma, cazzoni, esiste una sola realtà insindacabile: si fa quel che si può.

Se potete ma non volete, fatevi le seghe su Chiara Ferragni.

Quindi, chiariamoci. Chiara non è un’attrice, non è una modella, non è niente.

Ma una botta gliela darei. La darei pure a Claudia Gerini. Non è più quella di una volta ma è ancora bona come in questo video.

Adesso, vi starà pure antipatica perché è stata con lo Zampaglione. E perché oggettivamente, in John Wick 2, avrebbe recitato meglio la condomina del terzo piano del mio palazzo. Una che, diciamocela, non è che sia molto fotogenica. Non è neppure brava.

Infatti, prende sempre da sola l’ascensore. La gente non riesce a sopportarla neanche per venti secondi.

Ma Claudia Gerini ha delle gambe immense e un seno immane.

Se mi venite a dire che non è così, da me non riceverete nessun autografo.

E soprattutto non verrà nulla…

 

di Stefano Falotico

I migliori film sull’istituzione scolastica – I soliti (ig)noti


22 Jun

prima notte di quiete delon

Il film Arrivederci professore di Wayne Roberts con Johnny Depp non è un grande film ma non è neppure così disdicevole e da buttar via.

Trattasi di operetta sorretta dal carisma di Johnny Depp.

E sul Depp vorrei finalmente chiarire un punto importantissimo che spesso ai più sfugge.

Stiamo parlando di un attore vero che non ha frequentato però nessun Actor’s Studio. È un talento istintivo immediatamente scoperto per fortuite circostanze e per la sua naturale, incontaminata intraprendenza assai coraggiosa. Sottolineata inoltre dalla sua iniziale carriera all’insegna di ruoli sdruciti come i jeans di un novello James Dean (Dean forse in vita sua mai lesse una novella), ruoli smaccatamente iscritti alla sua genetica fisiognomica da eterno adolescente, un po’ efebico e molto dionisiaco, simbolizzazione della rabbia tormentata del giovane, appunto, leggermente sbandato ma dall’anima intattamente romantica.

Fu istradato, come scrissi qualche giorno fa, alla carriera cinematografica nientepopodimeno che da Nicolas Cage. Sì. E se, da Nightmare alla particina incisiva in Platoon, da Kusturica a Tim Burton, il passo fu brevissimo più di un fulminante lampo, il Depp è uno dei pochissimi attori nella storia, oserei dire, che a soli trentatré anni, l’età in cui Cristo morì, ascese consacrato ad avere il nome del personaggio da lui interpretato, ovvero Donnie Brasco, nella bellissima pellicola omonima di Mike Newell, sceneggiata da un Paul Attanasio in stato di grazia. Uno dei pochissimi a cui fu dato il permesso di recitare con mr. Corleone e Scarface/Carlito in persona, Al Pacino.

Vorreste correggermi? Donnie Brasco è uscito nel ‘97 e dunque, essendo Depp nato nel 1963, aveva 34 anni all’epoca.

Sì, ma le riprese iniziarono molto prima e Depp, per questo film, per tale ruolo suddetto e sudato, sicuramente il copione l’avrà ricevuto, almeno, l’anno prima.

Quindi ho ragione io. Erano 33 come gli anni di Cristo. Tu invece hai ottant’anni e manco hai mai visto Donnie Brasco.

Fra l’altro, non vorrei infamarti, vecchiaccio della malora, ma secondo me non hai mai visto in vita tua neanche una Winona Ryder nuda. Nemmeno nei film con lei protagonista.

Su questo non posso obiettare. E dove potevi vedere Winona nuda? È l’attrice più pudica del mondo.

La massima scena di sesso che s’è concessa, in mezzo déshabillé castigatissimo, è stata in The Iceman.

Ma si rivestì subito perché Michael Shannon le fu appunto freddissimo. Eh già, come fredda lui Uomini e donne da De Filippi, cioè merde mai viste, nemmeno un cecchino.

Poi Winona, con estrema parsimonia, elargì qualche reggiseno di qua e di là ma Gary Oldman, ne il Dracula di Bram Stoker, in versione mostro-licantropo s’ingroppò l’amichetta ignuda.

Ma siamo sicuri che il Dracula di Coppola sia uno dei film d’amore più puri della storia? Forse sì, il Nosferatu di Oldman ci dà senza badare a fedeltà coniugali, spinge in forma, diciamo, maledetta.

Roba che Marlon Brando di Ultimo tango a Parigi è un mon(a)co.

Peraltro, prima di sbarcare a Londra, se ne stette nel castello dei lupi da Frankestein Juniorlupo ululi lupo ululà con tre pezzi dell’Ubalda fra cui Monica Bellucci, una sempre andata forte a tette.

Sì, praticamente Hugh Hefner.

Detto ciò, Arrivederci professore vale il prezzo del biglietto anche per Rosemarie DeWitt. Donna spesso racchia ma che, in questo film, coi suoi tailleur finissimi in più di un’occasione me l’ha fatto diventare ritt’.

Dunque, arriviamo a Scent of a Woman, film iper-retorico che, a differenza di quello che potrebbe sembrare dal titolo, non è incentrato tanto sul profumo femminile, bensì sulla castrazione psicologica di un ragazzo buonissimo, lo studente in erba di una scuola prestigiosa mentre gli altri coetanei del suo paese stanno solo a cazzeggiare in cortile, fra porchette e parchetti in eterne pause molto cretine più che ricreative, fumando l’erbetta con le sciocchine.

Al che, ad Al Pacino girano i coglioni e fa piazza pulita di tutti gli imbroglioni. Ecco, davvero vogliamo che i Philip Seymour Hoffman della situazione, questi futuri panzoni pieni, oltre che di carne di maiale nel cervello come in Onora il padre e la madre, nel fegato marcio, si arroghino il diritto, un domani, di essere dei porcellini in parlamento?

Questi qua sono delle serpi. Sono quelli che oggi, sotto profili anonimi, si scatenano sotto i video sexy di YouTube a scrivere oscenità triviali e pazzesche alle donne scosciate più sensualmente allucinanti, eppure fra solo un paio d’anni saranno rettori di una cattedra universitaria.

Ho detto tutto.

Ci vorrebbe Sean Connery di Scoprendo Forrester… Sean, il protagonista de Il nome della rosa.

Da cui, ragionando di semantica da Umberto Eco, il parallelismo con la celeberrima poesia di Walt Whitman, Carpe Diem, recitata sino allo sfinimento da Robin Williams de L’attimo fuggente:

Cogli la rosa quando è il momento ché il tempo, lo sai, vola e lo stesso fiore che sboccia oggi, domani appassirà.
Infatti, Robin Williams vinse l’Oscar per Will Hunting ma poi cadde in depressione.

Anziché fare la fine del suo personaggio ne La leggenda del re pescatore, si rifiutò di seguire le cure farmacologiche, a base di neurolettici immondi, prescrittigli dai nuovi lager nazisti, ovvero i pedagogici, come no, centri di salute mentale.

Fece benissimo, quando una vita è distrutta, le compressioni e i buonismi consolatori non servono a nulla. Se non a renderti più rimbambito del demente che la vita, con le sue botte tremende, ti rese. Meglio la resa alla resistenza, fidatevi.

Peraltro, io non ho capito l’incoerenza del personaggio di Depp, Richard, in Arrivederci professore.

Prima va nel pub con pubescenti che, se non realizzeranno i loro sogni, diverranno materia di studio per un film di Todd Solondz, beve birra in loro compagnia, fa l’occhiolino alla barista sfigata e dopo un minuto se la fotte in maniera screanzata e villana nel bagnetto.

Dunque, gli vengono i sensi di colpa moralistici e, prima di morire di cancro, recita l’ultimo predicozzo ai suoi allievi.

Dicendo loro che la vita è tutta un porcile, una puttanata.

Infatti, non essendo questi ragazzi figli di giornalisti affermati o figli d’arte, cazzo, saranno fottuti.

Questa è la verità.

Il resto è retorica.

Prendete ad esempio Paul Giamatti de La versione di Barney. Diventa Innamorato pazzo come Adriano Celentano per la sua Rosamund Pike. Lei però lo tradisce con tutti, pure col miglior amico.

E Giamatti, dopo mille poesie leopardiane, dopo aver ammirato la sua Rosamund leopardata, perde ogni grinta leonina, nessuna pecorina con lei fa più ma viene messo a pecora dall’inculata bestiale.

E da Giamatti diviene matto e basta. Bastonato!

Che poi… anche se non sei esteticamente fantozziano come Giamatti ma un figone come Ben Affleck, la Pike ti combina lo stesso casini della madonna.

Basti vedere L’amore bugiardo – Gone Girl.

Mah, a me non convincono neanche quei maschi critici di Cinema che si dichiarano, oltre che ben pagati, felicemente sposati e appagati. Non sono mai soddisfatti, diciamocela.

Sì, nelle loro recensioni inseriscono sempre battute piccanti sulle Edwige Fenech di turno.

Dunque, non sono credibili in merito alla loro esegesi non solo cinematografica, bensì rispetto a quella… riguardante il loro sguardo oggettivo della vita.

Detta come va detta, sono uomini che hanno fatto flop.

Quindi, se il critico della minchia sostiene che Kubrick sia universalmente, imperituramente superiore a Cronenberg, lo ficchiamo subito all’Overlook Hotel e poi mi dirà…

Sì, Cronenberg è un genio, Kubrick era solo un misantropo.

Di mio, che posso dirvi?

Sto antipatico a tutti, soprattutto a me stesso.

Io non mento mai, nemmeno se fossi Alain Delon.

Ah che guaio se un giorno lo diventassi.

Avrei l’anima spaccata in due. Allora davvero non ci capirei un cazzo.

Sapete la verità?

Questa disgrazia è successa e sarà La prima notte di quiete…

Parola di Michael Douglas di Wonder Boys.

Che poi… anche quel brutto detto italiota… ah, se non studi, farai il camionista.

Non c’è mica niente di male a fare il camionista.

Prendiamo Stallone di Over the Top. Un filmetto e in questo filmetto Stallone, indubbiamente, non interpreta la parte di uno laureato alla Bocconi. Ove peraltro i professori imboccano le studentesse più ingenue.

Però, uno come Stallone, uno con la faccia da zotico camionista, come dicono i grandi acculturati del cazzo, non si sarebbe mai sognato di commettere e perpetrare bassezze oscene, a differenza di quello che nonnetti radicalchic sono invece capacissimi di combinare. Speriamo non più, eh eh.

Ah, il nonnismo!

E mi pare giusto che Lincoln Hawk, il falco… della notte, abbia a codesti impostori dato una lezione di vita da spezzare loro il braccio e anche qualcos’altro.

Sì, siamo stanchi di questi tromboni che vanno a dire in giro che sei un ignorantone come Stallone, da costoro reputato un uomo e un attore di merda, gli stessi che esaltano la “folle” classe recitativa di Jack Nicholson ma hanno sempre avuto un piccole problema di comprendonio.

Loro nella vita non sono stati né Stallone né Nicholson. Capisc’?

Semplicemente non sono stati nulla. E la finissero pure di esaltare I soliti ignoti. Sì, grande film ma poi questi nella vita vogliono essere notissimi, danno al prossimo perennemente delle note, giocano di super-cazzole da Amici miei pericolosissimi.

Che tristezza di gente, ragazzi.

 

di Stefano Falotico

Scarface di De Palma è un capolavoro forse più dell’originale anche se Frusciante non è d’accordo


05 May

In tarda serata di sabato, s’è scatenata una faida cinefila.

Federico Frusciantone ha, come di consueto, inserito nella sua bacheca il trailer del suo film del giorno. In tal caso, Scarface di Brian De Palma.

Non starò qui a farvi tutto il reportage dei vari e svariati commenti che gli sono arrivati di lì a poco.

Fra cui la mia opinione secca, oserei dire abrasiva.

Ecco due screenshot che attestano il mio intervento chirurgico, da meticoloso operatore sanitario delle inesattezze oserei dire slabbrate.

Federico, in buona fede, ha asserito, come potete leggere, che Scarface, appunto, di De Palma sia un ottimo film ma il vero capolavoro rimane, a suo avviso, l’originale di Howard Hawks con Paul Muni.

È la quarta volta che sono totalmente in disaccordo con lui.

Ecco le tre volte precedenti su film per cui abbiamo avuto e abbiamo pareri discordanti.

The Ward di Carpenter, che lui considera un filmone, secondo me è un filmetto. L’ho pure scritto nel mio saggio monografico John Carpenter – Prince of Darkness. E non rinnego una sola parola da me vergata in questo libro che dovreste quanto prima acquistare, collezionare e spolverare un giorno sì e un giorno no, rispolverando soprattutto Il signore del male, appunto, come da (sotto)titolo in originale di tal intarsiata mia opera molto calibrata, ponderata, oggettiva e giammai agiografica.

Sì, Il signore del male è la vetta spropositata, inarrivabile di John.

Autore indubbiamente di opere mastodontiche che conoscerete meglio di me, anche se ne dubito, poiché io conosco il Cinema meglio di voi, ah ah, che qui però ha proprio toccato la perfezione oserei dire più sibillina, certosina, adamantina!

Se lo reputate un horror alquanto noioso, vi prescrivo subito una colazione a base di pancetta affumicata indigesta, simile a quella fatta da quegli obbrobriosi, ingrati critici da quattro soldi degli Stati Uniti, malati di panza e di putrescenze gastrointestinali vomitevoli propagatesi nelle loro tastiere, i quali continuano ostinatamente a non comprenderne la grandezza impari.

Critici americani, se continuate così, vi trasformerete come la donna scarnificata nel finale de Il signore del male e la Bestia vi possederà come ne L’esorcista.

Vi rendete conto? Di questo ne siete coscienti, poveri panzerotti da Malibù delle vostre idiozie sesquipedali sparate insipientemente in merito a quest’intoccabile, venerabile, eccelso e iper-mirabile masterpiece assoluto del maestro nostro travolgente?

Già l’idea secondo cui dio e il diavolo siano la stessa creatura è qualcosa di geniale. Poi che classe, che finitura nelle inquadrature, che atmosfera fuori da ogni spazio-tempo, parliamo della stessa metafisica di cui discetta il grande Victor Wong in tale pellicola al di là di ogni cinematografica scienza esegetica.

Detto ciò, mi spiace per John e per Frusciante, The Ward è un film decisamente minore.

Quindi, Mission e Donnie Brasco sono due film strepitosi. Retorici quanto volete, certo, ma è manierismo di altissima scuola.

A Federico non piacciono molto. A me sì. E anche parecchio.

Dunque, arriviamo alla questione Scarface.

Io sono mereghettiano, nel bene o nel male. Paolo Mereghetti ha detto e scritto molteplici scemenze nel suo biblico Dizionario dei film. E la sua idiosincrasia nei riguardi di Sergio Leone è inesorabilmente oggetto di studio psichiatrico.

Acclarato questo, su Il signore del male la pensa esattamente come me. E nell’ultima edizione del suo tomo ha portato a quattro stellette, cioè al massimo, la sua valutazione critica a riguardo.

Stesso discorso dicasi per Scarface.

Prima gli aveva assegnato tre stellette. Ora è arrivato a dargliene 4 piene. Quasi con lode.

Le stesse che ha dato ovviamente all’originale.

Scarface è un film cresciuto col tempo e non è un remake nel senso più stretto e letterale del termine.

È semmai un rifacimento dell’idea originale a misura e mistura grandiosa della poetica eccessiva di De Palma.

Con un Pacino d’antologia.

Un film talmente volgare, nel senso migliore della parola, da divenire colossale.

Fabrizio Corona ha sempre sostenuto che Tony Montana è il suo idolo e che lui stesso avrebbe voluto di Scarface realizzarne un remake. Il signor Corona di questo film credo che abbia capito ben poco. Ha semplicemente, solamente compreso le stesse coroncine e catenine d’oro, gli anelloni al dito di Montana/Pacino che lui orribilmente indossa ma non possiede la cultura introspettiva per potersi nemmeno avvicinare a un film così.

Sì, caro Fabrizio, so che con le donne ti comporti alla stessa maniera di Tony. Vai, a bordo piscina, dalla tua bella fighella ignorantona e, come se lei fosse Michelle Pfeiffer, donna invece molto raffinata, parimenti ad Al Pacino le dici platealmente, senza filtri: voglio scoparti.

Senza se e senza ma.

Lei, come Michelle in questo film, accetta. Perché hai gli stessi soldi di Tony.

Ma adesso, a parte gli scherzi, davvero Fabrizio, bello di mamma, credi di valere soltanto l’unghia del mignolo anellato di Pacino? Stiamo parlando di un padrino vero, di un Corleone molto Carlito. Del futuro Jimmy Hoffa di The Irishman. Di uno che conosce Shakespeare a memoria. Di un puro uomo Scent of a Woman. Mica di un discotecaro imbrillantinato che, oltre a non conoscere la dizione, non sa neanche parlare in italiano accettabile. E recita pure male la parte della vittima.

Detto ciò, Scarface è un capolavoro immane. Come diceva il giudice Sante Licheri di Forum, la seduta è tolta. Se Corona non ci sta, dategli altri tre mesi di lavori socialmente utili. Se Frusciante rimarrà invece della sua idea, ci sta.

Scarface, al di là della magnificenza kitsch, varrebbe anche solo per due frasi mitologiche:

Elvira è sempre in ritardo: passa metà della sua vita a vestirsi e l’altra metà a spogliarsi.

Se avessi preso la strada del prete, di sicuro sarei diventato papa!!!

Ma non c’è mai due senza tre.

Ed ecco la frase a 4 stellette: io dico sempre la verità, anche quando dico le bugie.

Su Scarface però sono sincero, si tratta di una bomba fenomenale quasi quanto quello che ho in mezzo alle gambe.

scarfacescarface 2 di Stefano Falotico

 

 

59586455_10213578796967129_8460137411844767744_n
scarface poster

Scarecrow: banalità vera della sera: un uomo senz’amore è un arido ma forse se la gode, un uomo senz’amici è un uomo morto


04 Nov

Lo spaventapasseri Pacino

Sì, è così.

Assisto sconsolato al mio fantasma che vaga un po’ annacquato, forse da tanti sconsiderati eventi esacerbato.

Io ho avuto sempre un grande sogno nella vita. Trovare un mezzo matto come me e naufragar di notte come i Blues Brothers nella goliardia più sfrenata.

Sì, una bella nottata di bagordi e cazzate da collasso respiratorio. Quando la città s’addorme, la gente va a letto e le donne grasse già da mezz’ora, ronfando, cacciano scoregge sesquipedali che svolazzano nella camera mentre il marito ode questa musica “soave” e pensa che domani sarà un’altra giornata di merda. Di colleghi invidiosi e bavosi sul culo della segretaria, di battutine per celebrare la noia aziendale, una leccatina al direttore e la domenica sera con un’altra partitina.

Ma gli artisti non stanno messi meglio. Anzi, oserei dire peggio. Sono quelli che l’hanno preso più nel culo, detta sfacciatamente come va detta. Vedo portafogli miseri e cervelli pieni. Molte sigarette, troppi caffè e fegati dunque amarissimi. Con tanto di schiuma… di rabbia.

Prendete il marito della figlia della mia vicina di casa. Quando parla non si capisce un cazzo e ogni tre parole ripete la parola precedente, al che un discorso di senso compiuto di nove parole diventa una faticata incredibile. Ché finisci di ascoltarlo quando lui è già a letto a trombarsi la moglie. E tu invece, nel cercare di realizzare il suo interminabile discorso balbettante, sei ancora lì, fermo immobile come uno stoccafisso, mezzo stordito, al calar della Luna, pensando fra te e te… non è che questo stronzo ha ragione?

No, è uno stronzo tartaglione del cazzo.

Sta messo molto meglio di me. Sì, ha iniziato a lavorare a quattordici anni. Credo che abbia letto a malapena solo un libro, se tale si può chiamare, in vita sua… sì, me lo confidò lui in un attimo di sua vanità “intellettuale”. Il titolo da lui letto, ora ve lo dico, s’intitola… Io amo la mia lei e lei ama me ma non sa che io amo bere solo il tè.

Libro che potete trovare in vendita sulle maggiori bancarelle della città Bonislandia. Sì, non esiste questa Bonislandia, ho detto tutto…

Però esiste questo qui. A quattordici iniziò a lavorare come saldatore. Prima di trovare la figlia della mia vicina, diciamo, che saldò molto bene quell’arnese in mezzo alle gambe a tante donne calde che oliava per meglio lubrificare l’incollatura. Poi, una volta arrugginito che fu il pezzo rovente da maniscalco del suo ferro del mestiere, lo appiccicò alla moglie. Nel frattempo, a forza di lavorare duro…, si è fatto un sacco di soldi. E adesso ride e scherza da mattina a sera, andando ogni fine settimana all’estero.

Ieri sera abbiamo preso l’ascensore assieme. Mi ha confidato, consigliandomi di non dirlo a nessuno, che ha letto un altro libro da allora… Voi avete debiti da saldare e invece io ho pieno il salvadanaio.

Sì, era meglio essere ignoranti come capre ma farsi il culo…

L’altra sera mi ha contattato una in chat. Dice che la interessavo. Al che, ha letto nel mio profilo che scrivo libri. E mi ha chiesto di dedicarle una poesia creata sul momento. Gliel’ho scritta sull’onda di una forte attrazione passionale. Lei si è commossa, poi mi ha detto: – Bellissima, ora devo andare.

– Dove vai?

– Dal mio amante.

– Ah, capisco. Che lavoro fa il tuo amante?

– Il magnaccio. Sotto ogni punto di vista. Ma con lui sto bene. Insomma, no, non tanto. Mi sfrutta. Ma a fine mese posso comprarmi un altro Android.

 

Ho detto tutto…

Che te lo dico a fare? Come la vedi?

E ora mi riguardo un film magnifico che, certamente, voi teste di cazzo non conoscete… Lo spaventapasseri con due dei più grandi attori di tutti i tempi.

Ce la possiamo dire senza infingimenti e invidie? Questo mio scritto è uno dei pezzi più belli di sempre. Roba che Walt Whitman mi fa un pippa. No, meglio di no. Donna, dammi una pipa, son stanco delle pippe. Anche delle poppe.

 

di Stefano Falotico

 

Essere un intellettuale oggi… ne val la pena?


04 May

interstellar-10

Il problema di chi, sconcertato spesso da un mondo mendace e affarista senza scrupoli, indaga nel suo profondo per cercare di “elaborare” il mondo e provare a darne un sen(s)o, un senno, forse un “seme”, è sempre lo stesso: tutta questa fatica val la pena o era meglio adattarsi alla comune massa starnazzante, o(r)ca, che pen(s)a solo, da mattina a ser(r)a, all’“euforica” figa?

Sì, il sesso, come Woody Allen insegnò meglio di Freud, bergmanizzando poi il suo umorismo in fotocopie della sua stracca malinconia oggi, appunto, rassegnatasi a filmetti di “bon ton”, ha un ruolo primario, basilare nel nostro mo(n)do di percepire quest’immonda umanità che sbava e allo sbando è arrapata.

Ecco che il sesso riempie la boccaccia di tutti, ora dopo ora, insinuandosi nei posti di lavoro, nelle battone, no, nelle battutine fra colleghi, fra provocazioni goliardiche e segretarie “golose” di cui, a culo, rider “a sbafo” in (andro)pausa-mensa.

Il sesso, sin dalla pubertà, influisce inconsciamente sulla nostra visione delle cos(c)e. La volgarità oggi non fa più paura e si “esonda” nel noioso straparlar di sesso come fosse una cosa normale.

Cari puri e cari por(c)i, va detto che normale non è perché l’uomo ha una mente ragionante e una coscienza, si spera, evoluta. E tutto questo luridume inzozza solo chi non si rassegna alla “pastorizia” delle pecorine. E qui son pecoreccio!

Ma l’intellettuale, che crede di esserlo, solo perché esalta i film di Nolan, della sua freddezza ha, in cor(po) suo, calore? Insomnia.

Insomma!

Tutto sommato, era meglio il grande Pacino di Donnie Brasco.

Sognate le stelle, intellettuali, ma cosa succede nelle stalle?

Il solito Stallone italoamericano a Roma, cioè chi si crede Sly.

 

di Stefano Falotico

 

 

di Stefano Falotico

Genius-Pop

Just another WordPress site (il mio sito cinematograficamente geniale)