Apelle figlio di Apollo fece una palla di pelle di pollo, tutti i pesci vennero a galla per vedere la palla di pelle di pollo fatta da Apelle, figlio di Apollo.
Ah no, il figlio si chiama(va) Adonis, Madonna!
Ma tanti pescioloni abboccano ancora alle stronzate edoniste del mai pentito Stallone. Stallone è uno che c’illude e prende per fessi a tambur battente, senza soluzione di continuità. Il primo Rocky, di cui era esimio sceneggiatore, sfiorò il capolavoro ed è annoverabile fra i film più emozionanti di sempre, vuoi per la poetica del proletario underground, anche underdog, che deve lottare come un matto per affermare la sua dignità in una società spregiudicatamente cinica e mangiatrice, vuoi per la storia d’amore vincente fra due nati perdenti, vuoi per il pathos infuso e la colonna sonora trascinante, vero cavallo di battaglia di Conti. Bill, non raging bull, eh eh.
Poi, passando la “mano” alla sua regia, Stallone ci prende gusto con le cazzate, peggiorando la saga di seguito in seguito, raggiungendo l’apice della cagata pazzesca col quarto episodio, sfoggio di muscoli oliati, di “armature” di pelle, appunto, russa uccidente l’uomo di colore Creed, che innesta di conseguenza la vendetta “omicida” di Stallone battente bandiera a stelle e strisce con tanto di Gorbaciov e la sua voglia in “capo” nazista-comunista da combattere a morte, appunto, per il “trionfo” stellare degli USA e del getta questa porcata nel cestino.
Uno dei punti più bassi della cinematografia mondiale, un’apoteosi enfiata a dismisura, parimenti proporzionale ai bicipiti dei due “attori”, del cattivo gusto a iosa.
Ma con Rocky Balboa, Stallone si rifece da questa immonda fece, e con Creed quasi toccò l’Oscar dopo aver vinto il Golden Globe. Ma il lupo Sly perde il pelo, la pelle anche rifatta, ma non il vizio.
Sì, Stallone ha sempre sognato di possedere la classe di Caine, ma rimane un cane. Diciamocela.
di Stefano Falotico