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THE LION KING: il Falò canta Can You Feel the Love Tonight del grande Elton John!


25 Sep

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Sì, non andrò a vedere questo remake live action del Favreau.

Perché l’originale, sebbene molto infantile, non si batte.

Disney purissimo, favola meravigliosa. Sostenuta, oserei dire issata in gloria da un Elton John epocale, monumentale, sesquipedale con la sua canzone indimenticabile.

Ovviamente bambinesca ma dolcissima. Capace di distruggere ogni duro crucco-nazista soltanto col potere deliziosamente armonico delle sue corde vocali. Superbamente intonate alla mia anima a volte allegra, poi malinconica. Falotica!

Sì, l’entusiasmo è a mille.

Nel 2006 vincemmo i mondiali. E la semifinale Germania-Italia fu qualcosa di straordinario.

Mancavano pochissimi minuti. L’Italia partì all’arrembaggio. Pirlo sfoderò un gran tiro ma gli venne parato in maniera miracolosa.

Calcio d’angolo. Ancora la palla finì a Pirlo che, spiazzando tutta la retroguardia germanica, passò magicamente la sfera a Grosso che, con un balistico colpo di genio, trafisse la Germania intera.

Annichilita, stesa, distrutta.

Che tentò disperatamente di pareggiare.

Ma Cannavaro spuntò dal nulla, con una velocissima serpentina s’intrufolò sino a centrocampo, quindi Girlardino in stato di grazia, con stile, fintò e consegnò il pallone ad Alex Del Piero.

Che, con freddezza degna d’un campione vero, indovinò una palombella devastante.

E la Germania definitivamente inculò.

Insomma, un uomo alla Falò.

Quando gli altri pensano una cosa di lui, credendo di pararlo e soprattutto paralizzarlo, lui meravigliosamente, inaspettatamente li stupisce.

Lasciandoli a bocca aperta.

La palla è finita sotto l’incrocio dei vostri “peli” mentre altre sfere anche stasera finiranno, graffianti, dentro una bellissima pantera.

Poiché ricordate:

quando cala la sera, è allora che si vede l’uomo vero, mica tanto ma sicuramente di m… ia tanta, che accarezza i capelli femminili, morbidi come una folta criniera e soffici antiteticamente a qualcosa che rende la donna un soprano stupendamente. Un uomo fiero, ferino per ogni fiera.

Che grinta, che carisma. Mi spiace per gli altri animali della giungla, riesco a essere sia Tarzan che Il re leone anche quando mi viene voglia… del richiamo della foresta. Ma lascio stare le tribali carnalità dei festini. Sono un uomo festivaliero, sono un condottiero. No, ma quale Re! Mi accontento di essere un Principe. E, comodamente, con la gamba accavallata, al ristorante ordino un altro piatto d’insalata. Non dando nell’occhio, anzi, dandolo eccome. Oggi son Dondolo, domani Biancaneve lascerà i nani e manderà a quel paese il suo uomo, Brontolo, miei tonti.

Giammai me la racconto, son forse pure Dracula, il conte.

 

di Stefano Falotico

DUMBO di Tim Burton: il ruggito del leone in un mondo di pachidermi e di dementi


12 Apr

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No, non ho ancora visto Dumbo di Tim Burton. Altrimenti lo avrei recensito.

Sicuramente lo vedrò. Non in sala però.

A prescindere o no dal fatto che sia un bel film, è importante che nel 2019, in piena era edonistica, esistano ancora film sulla diversità, sulla forza dei sogni, in un mondo macerato dal cinismo, macellato dai luoghi comuni e dalla presunzione. Un mondo che ancora emargina, commette ingiustizie agghiaccianti.

Come fu quella di aver tolto il titolo a Cassius Clay, condannandolo a cinque anni di carcere e a una multa pesantissima semplicemente perché ebbe il coraggio delle proprie scelte.

E qualcuno non volle starci. Come non volle starci con Oscar Wilde.

E trovarono immondamente l’alibi… per fregarlo.

Ma Cassius divenne Muhammad.

E tornò per dimostrare a tutti che lui non va giù con le cattiverie e quelle che son chiamate volgarmente porcate.

Una lezione impietosa, devastante, durissima.

Tornò ancora più forte di prima. Abbracciando la sua gente, il popolo da cui lui veniva che non si sarebbe mai permesso di combinare mostruosità del genere.

Questo credo che sia uno dei miei video più belli, epici di sempre.

Nel quale, con grande umorismo e cultura finissima, spiego bene che cosa significhi la vita.

Che non è meschina competizione, suprematismo della razza, gara fra chi vince, appunto, e chi viene abbattuto.

La vita è ben altro. Forse, lo capirete quando, in punto di morte, rimpiangerete di aver vissuto solo per trofei stupidi.

Di fronte a cose molto crudeli, bisogna essere diplomatici. Aspettare l’attimo giusto.

Ballarci intorno, scherzarci da “pagliacci” come faceva Ali.

Poi, quando gli orsi pensano di avere vinto, sterzare inaspettatamente, compiere un movimento incredibile e sfoderare una batosta impressionante. Che ti stordisce, t’intontisce.

Al che, non capisci più nulla. E rimani stramazzato al suolo.

Nella mia vita, passeggio con far discreto. Stando attento a non cadere più nelle fosse dei lupi.

Dei furbi, degli ignoranti.

Esistono le favole vere?

Be’, certamente. Mi pare ovvio, oserei dire palese.

Son quelle favole ove gli orsi cattivi come George Foreman, prima o poi, incontrano un campione vero.

Uno che ti caccia un gancio all’improvviso e il gioco è fatto. Un colpo magistrale, secco, piazzato ove non poteva(no) mai aspettarselo.

Sì, personaggi come George Foreman, rozzi, cafoni, che si credono dei giganti, beccano all’improvviso un saltellante menestrello fortissimo come Ali.

Che di ali altissime vola nella fantasia e sconfigge ogni sfida presuntuosa con una classe da lasciare stecchiti.

Bambini, quando gli adulti cinici vorranno istruirvi al loro irreggimentato gregge, voi ruggite e sognate in grande.

Adolescenti, quando vi sbeffeggeranno perché non vi accordate alla fattoria degli animali, non finite nell’Animal Factory di Steve Buscemi. Che è una cosa diversa. Poi, dopo che avranno incastrato la vostra innocenza da Edward Furlong, dovrete incontrare un santo Willem Dafoe per liberarvi da ogni tipo di prigionia. Sarà un calvario, fidatevi. Non abboccate alle trappole dei lupi.

Adulti, smettetela di pontificare sui giovani. Lasciate che vivano la loro vita. Sbaglieranno, così come avete sbagliato voi. Che però ora sbadigliate perché siete stanchi, bolsi, prevedibili.

Anche nelle offese. Sempre banali. Prive di forza e inventiva, patetiche reprimende davvero insopportabili.

È finita.

Un momento esaltante.

Purtroppo per voi, ha vinto chi meritava di vincere.

Perché non ha mai tradito gli amici, non ha mai interferito sulle vite altrui. Quando l’ha fatto, l’ha fatto perché ci voleva un gran pugno.

Deciso, infermabile, implacabile.

Così è.

Più che una favola, questa è stata una faloticata, qualcosa d’impossibile.

E gli idioti caddero come alberi nella foresta.

No, no, mostri non ce la fate più.

E, se non vi sta bene, vi arriveranno altri colpi.

Inutile che mettiate NON MI PIACE al mio video.

Siete ridicoli e penosi.

I beoti ballano allo zoo e a te, scimmietta, un altro arachide.

Dai, dai.

 

 

di Stefano Falotico

Con l’impresentabile Dumbo, la carriera di Tim Burton può dichiararsi finita? E la magia del Cinema esiste ancora?


27 Mar

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Ecco, premetto questo. Il film non l’ho ancora visto e credo che in sala non lo vedrò.

Perché dovrei recarmi in una multisala e verrei attorniato da una massa tanto festosa quanto insopportabile di bambini pestiferi e chiassosi. I bambini sono la nostra salvezza ma non è propriamente bellissimo, eh eh, assistere al film di un maestro, quale Tim Burton comunque insindacabilmente è, e venir distratti da incontenibili entusiasmi molto, anzi troppo, fanciulleschi.

Detto ciò, mi attengo, almeno per il momento, a quelle che son state le reazioni della stampa italiana nei confronti, appunto, di Dumbo. Che in maniera quasi del tutto unanime e impietosa ha dovuto ammettere che, malgrado la forte simpatia che noi tutti abbiamo sempre riserbato nei riguardi di Tim, cantore favolistico dei diversi, delle vite difficili ed emarginate, sublimatore fantastico di ogni durezza della vita attraverso le sue nere fiabe poetiche, stavolta ha decisamente toppato. E forse la sua carriera s’è stoppata.

Perlomeno, davvero inceppata.

Invero, la Critica americana gli è stata più benevolente ma, si sa, noi italiani siam retorici a parole, demagoghi in trincea ma anche realisticamente, inevitabilmente più cinici. Sì, paradossalmente, questo già bistrattato Dumbo aveva tutti i crismi di un possibile capolavoro burtoniano. La storia dell’elefantino volante, vessato da tutti, che si dimostra prodigiosamente straordinario, lasciando anche i più stronzi e dal cuore di pietra, come si suol dire, con un palmo di naso, ovvero di proboscide, eh eh.

Ma a quanto pare, almeno leggendo le critiche, qualcosa non ha funzionato. Anzi, non ha funzionato nulla. I personaggi sono stereotipati, Colin Farrell che c’entra? E Michael Keaton, per quanto possa sforzarsi, a pelle non è credibile nei panni del cattivone. E soprattutto questo live action è stato accusato di mancare di poesia. Dobbiamo essere crudelmente schietti. Tim Burton non azzecca un film da una quindicina d’anni e passa. Ma è proprio così? In realtà, il Cinema di Tim Burton è sempre stato questo. Poetico, sì, ma anche molto stilizzato. In un certo senso, persino freddo. E sempre più mi stupisco che in Singles lo si abbia paragonato a Scorsese. In verità, Scorsese è quanto di più agli antipodi rispetto a Burton. Anche se Hugo Cabret, sì, qui lo dico, già lo dissi, è il miglior Scorsese degli ultimi vent’anni. Pensate che bestemmi? No.

Non fatemi più vedere, ad esempio, quella boiata stupida di The Wolf of Wall Street. Oltre a essere un film indubbiamente poco poetico, qui manca propria la poetica, signor Martin. Non v’è morale, non v’è nulla a parte le zinne di Margot Robbie e qualche scena finto-scabrosa che potrà aver entusiasmato e scioccato qualche sempliciotto in vena di scandali ma a me non ha fatto né caldo né freddo. Un film orribile! Diciamocela. Mentre Shutter Island è un film mediocre. A essere proprio sinceri, nei contemporanei tempi del cinismo a buon mercato di Black Mirror, la magia del Cinema, forse un po’ di tutto, s’è persa.

E noi non siamo più quei bambini attorno al falò di John Houseman dello splendido Fog di John Carpenter. Le storie fantastiche, le storie sui fantasmi, le storie tenebrose non ci spaventano né emozionano più. Quindi, non è vero che Tim Burton è finito e che il Cinema stesso sia agli sgoccioli. È la nostra umanità che è deperita, incancrenita, abbruttita. Siamo una società senz’anima ed è tutto un altro discorso. Se dite che questo è moralismo spicciolo, non è così, se volete dire invece che è purtroppo la verità, ahinoi, è così. La gente non crede più ai sogni perché tanto si è accorta che si era fatta soltanto un film inutile e pretenzioso. E la smettesse quindi Ligabue con le sue Luci d’America.

 

Le stelle sull’Africa 

Si accende lo spettacolo 

Le luci che ti scappano dall’anima

 

Ecco, a parte che Africa e anima è una rima baciata, no, assonanza dissonante da filastrocca per neonati, la dovrebbe finire Luciano di conciarsi come il gatto con gli stivali.

E smanacciare al vento nelle lande americane. Luciano, mi dia retta, torni nella sua Romagna e si pappi una piadina o un panino con la mortadella.

Lei, molti anni fa, era anche bravo. Va ammesso. Metteva pepe. Adesso è più sciupato in viso di Tim Burton e potrebbe fare concorrenza a Tim Roth de Il pianeta delle scimmie.

Sì, non me ne voglia, si scherza, lei ha perso da parecchio la testa come Chris Walken de Il mistero di Sleepy Hollow.

E, se continuerà su questa strada, farà la fine di Ed Wood versione “rock”. Sì, prenderemo i suoi ultimi album e li faremo a fettine come Edward mani di forbice. Una bella “tosatura”. Potatura!

Sì, la sua musica si è involuta paurosamente. È passato dai romanticismi schietti e ruvidi da Beetlejuice – Spiritello porcello, con tutti i doppi sensi che infilava da marpione qua e là, a romanticherie più buoniste de La fabbrica di cioccolato.

Insomma, lei si sta trasformando in un fenomeno da baraccone, mio briccone. E, ora che è diventato un riccone, fa proprio il ca… e.

Tanto non ci credi manco tu, Luciano, col tuo lifting da Alfonso Signorini.

Tu eri uno del popolo, un po’ sconcio e sbracato, onesto e simpaticamente sguaiato, perché mai ti sei dato al patinato più scontato?

Questo è grave, molto preoccupante. Sì, ci vuole un chirurgo plastico per rifar daccapo questa società di plastica. Questa società di svastiche e vacche. Ci vuole la poesia di un elephant man.

Un Falotico lynchiano che linci, trinci, no, tranci con occhi da lince come Travis Bickle questo mondo andato oramai… e sapete dove. Sì, un mondo che va stroncato subito. Prima che possa arrivare al primo posto del box office di ogni altra puttanata.

Che gigione che sono, ah ah, un po’ Topo Gigio, qualche volta uomo grigio, spesso uno che non transige in quanto della morale ligio. E volteggio nell’aria, ballando di naso lungo alla Pinocchio anche se le sventole mi tirano le orecchie. Solo quelle…

Insomma, mi sa che Luciano ce lo siamo giocati.

Tim Burton è quasi del tutto andato.

Rimane solo un uomo favolista.

Ed è anche favoloso.

Un uomo che va sempre più su, anche se spesso, va detto, questa società di pachidermi lo vuole mettere in gabbia.

 

 

di Stefano Falotico

Dumbo di Tim Burton e i Mondiali non m’interessano, nemmeno 2001, m’interessa la mia mente e anche quella lì


13 Jun

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È uscito il teaser trailer di Dumbo. Ora, con tutta la stima per Tim Burton, io credo che abbia girato un solo capolavoro, Big Fish, che ha inquadrato meravigliosamente il senso della vita. Posso lodare la sua poetica sui diversi, sui freak, sugli spostati, sui nati male, sui suoi “scherzi della natura”. Ma quando il compiacimento diventa estetizzante allora il manierismo è dietro l’angolo, seduta stante.

Non m’interessa questo elefantino in computer graphic e apprezzerò sempre mille volte di più il fascino naïf del cartone originale.

Poi, potrà essere anche un grande film, non lo voglio mettere in discussione, ma personalmente credo che sarà una stronzata micidiale. Come questa frase di Jacques Rivette: Kubrick è una macchina, un mutante, un marziano. Non ha sentimenti di alcun tipo. Ma è bello quando una macchina filma altre macchine, come in 2001.

Sì, una delle frasi più imbecilli che uno possa pronunciare nella sua vita.

Personalmente, non ho mai avuto l’occasione di cenare con Stanley, ma mi son fatto un’idea di lui. Secondo me, era diventato un misantropo per necessità. Talmente sensibile, senziente, quindi talmente umanista, che soffriva la realtà ch’è giocoforza spesso puttanesca e squallida. Quindi Kubrick era ciò di più lontanamente distante da una macchina.

Domani, inizieranno i Mondiali di Calcio. Il Calcio è una sorta di rito collettivo avito, cioè tramandato dagli avi. E, quando ci sono i Mondiali, ecco che vengono annullate tutte le differenze culturali, neri e bianchi, ispanici e tedeschi si riuniscono tutti assieme, tifando appassionatamente e brindando. Non avvengono quasi mai scontri e tafferugli negli stadi perché, anche se si perde, è stata comunque una festa. L’importante era partecipare. Può darsi anche che, caro argentino, per consolarti dalla sconfitta, una brasiliana t’inviti nella sua stanza. E allora il gioco di “palle” diventerà una “ola”. Anche una sola se farai autogol di eiaculazione precoce.

Noi non vi partecipiamo, eliminati dalla modesta Svezia perché in centottanta minuti non siamo stati capaci di fare neppure una misera, risicata rete. Ma comunque, cari moralisti dei miei stivali, so che tanto v’infoiate su Harvey Weinstein, per bella posa con vostra moglie, che poi tradite di turismo sessuale con delle svedesone. Questa è la verità.

E allora ben ci sta! Così evitiamo figuracce. Se non siamo riusciti a fare goal alla Svezia, tanto di guadagnato essere spediti fuori ancor prima di essere imbrattati di ortaggi e goleade umiliantissime.

D’altra parte l’Italia merita un Salvini in Parlamento, un fascistone che vuole mandare a casa i clandestini, perché gli tira il culo, facendo morire di fame donne e bambini. E se sta lì l’avete votato voi. Dunque, non vi lamentate se, un giorno, sarete senza lavoro, darete di matto, e uno così vi sbatterà in manicomio.

Che cazzo gliene frega? Lui ha la Isoardi, una che ha capito che mostrar le cosce in RAI le avrebbe dato il “lasciapassare” per essere la passerotta del senatore du’ caz. Salvini non poteva farsela sfuggire. Sì, fra un comizio e l’altro della Lega, vide Elisa in tv, e libero da sguardi indiscreti si sparò una sega. Quindi, pensò: oh, questa è “buona”, io sono il leader del Carroccio, adesso le telefono, la invito a mangiare degli spaghetti al cartoccio e poi tutta me la “incarto”. Sì, sì, sì.

Come Trump, che si pavoneggia con la più bieca bassezza ideologica che un essere umano possa dire: se sono il Presidente, significa che sono il più intelligente di tutti. E chi non ce la fa è un perdente e non si lamenti.

Di mio, ne ho buscate talmente tante che sono un illuminato. Ovvio. Come no?

Non sono illuminato in questa foto? Mi pare lapalissiano, incontrovertibile.

Ho detto tutto… Molti credevano sarei andato giù, invece io non vado mai giù, al massimo ascolto I’m Goin’ Down.

– Sai, Stefano, a me non piace Springsteen. Lo trovo un po’ tamarro.

– Sì, ovvio. Sei frocio. Quindi vedi di andare a prendertelo nel culo.

 

Ora, vi racconto questa. Molti anni fa, incontrai una che era convinto fossi un incrocio fra Sean Penn e Tim Robbins di Mystic River.

Al che, mi appoggiò la mano sulla gamba, dopo una bella conversazione “esegetica” di Cinema.

– Ah, tutto questo panegirico per arrivare lì?

– Perché no?

– Via, levati dal cazzo.

 

Questo sono io. Se non ti sta bene, noleggiati un porno.

Comunque, perché emulare De Niro quando sono indubbiamente molto più bravo, bello, intelligente e sexy di lui?

 

di Stefano Falotico

De Niro è Frozen, io sono freddo, tu sei nella bambina calda che (di)segna la tua (f)alce?


14 Nov

Robert+De+Niro+Stars+Disney+Ice+Presents+Frozen+1GjtxE-YYpOl

Poesia d’un eterno uomo stand by me

Nostalgia incarnata, incatenami perpetuamente nel nostalgico torpore che sciogliersi non vuole, sì, così duole ma io non mi voglio, tu non mi vuoi, e il volere non è potere, chi afferma il contrario, ecco, può andare a prenderselo in quel posto, cioè nel plateale sedile posteriore del su(in)o guardarla sempre a posteriori, facendosene… una ragione della “regione” (s)fottente, da fottere assolutamente, d’un falso “proiettarsi” (in) avanti, meglio invece il (di)dietro, ché dello scendere a patti e a “patte” di “quelli” con le (s)palle nel mai addolorarsi a fin(t)i “ficcati”, del non desiderar la sacra “sofferenza” per bugiarda scappatoia e un’altra squal(lid)a scop(pi)ata, assai mi rattrista, van presi a sassi, semmai pure “assassinati”.

Adoro quel film, Assassins, la storia di due stronzi che se lo fanno a vicenda, e son arme letali solo per “mirar” la Moore, bella donna, ma Donne(r)… suvvia. Questa frase è una boiata, sempre meglio della tua “bona” vita. Sì, siete dei morti viventi, mai vis(su)ti, quindi non foste sebben andiate alle feste, non sarete e non pretendete di stare da qualche parte, e il  vostro “godere” è, a mia vi(s)ta, a mio avvisto e non dar voi nessun vis(t)o, non vi do neanche del lei, non darmi del tu, non sono vostro amico, tuo, donna, non sarò, ecco(lo), questo non gode, (non) è niente, vita non è vedere, ancor più controproducente, deleteria, stupida, doppiamente addolorante consolazione, ché chi non ha rimpianti è solo un fantasma , io mi sven(tr)o mai davvero vivendo neppur (s)vend(endol)o, mai sentì e, detestando il g(i)usto del sanissimo piangersi addosso, la puttanesca vita sputerà solo sul prossimo in quanto di sé vive la superficie del lasciar che scorra “a culo”, mentre con me stes(s)so, “placidamente torment(at)o” di addo(r)me(ntato), persevero, ostinato e masochisticamente “godendo” da saccente, da sal(i)ente del dolce, saggio viaggiar, sì, presto la mia anima ritornò furente, nel vento scalpitando, da scalfita, arrossita, intimidita, da tante paure grandiosa-mente risorta, gemette e, dai gemiti inascoltati d’un gelo che parve interminabile, oggi si riasse(s)ta, eppur mai trovo tutt’or pace né dottori e nemmeno voglio l’or(t)o, ripudio la serenità, questo sentimento così da tanti inseguito, illusoriamente asserisco io, perché reputo la calma e la pacatezza soltanto un alibi consolatorio d’una ricerca utopica dell’inattingibile felicità, ché la felicità perenne non (r)esiste ed è dunque sol la parvenza mentitrice del sé più ingannevole nel rifuggire dal vero dell’essere, anzi, dai “vetri” degl inevitabili, inne(r)vati, piccoli grandi dolori permanenti. Che tanto vi scheggiano quanto v’illudete, appunto e “(r)affinati”, d’asciugar d’ogni ferita.

Meglio i vol(t)i pindarici e riscender in “basso”, tra “magnifiche” periferie fatiscenti. Ma quali psichiatrie e (fanta)scienze. Adoro la mia vera pulsione da “barbone”, io stesso, ancor prima che voi possiate (s)pos(s)sarmi, mi emargino. E non voglio rimarginami. Ancor più m’emarginerete, urlando “Man(na)g(g)ia!”.

Ma io vi bevo e incontro Rino. Abita sempre in Via Agucchi, è un cucco, un cocco, uno di cu(cu)lo parato, oppure è soltanto uno senza un soldo che, rivolgendosi all’assistenza sociale, “allieta” le sue (r)esistenti (scon)fitte con l’illusione, eccola là…, dell’underground solidarietà in “marc(i)a” di tanti altri “(ri)dotti(si)” a solidarizzar da “polli”, politici, un(g)endosi “ver(d)i” nel radical part(it)o del loro polar esser nostalgici come in Solaris e addio Sole ma vai di “Margherita?”. Uomini Cocci(ante). Falce e martello, un altro matto impazza nelle p(i)azze, lo accusano, per (in)castrarlo, di esser manesco perché l’accusa di mani(a)co l’ha (ar)reso sol più “duro”.

Ecco i fascisti, i razzisti che davvero credono che a Milano tutto funzioni, invece anche lì non funziona un cazzo.

Alcuni, allora, in preda al panico, d’attacchi da Robespierre, incitano alla Rivoluzione, intanto metton incinta una sicula scimmia come Cita. Lei partorisce il figlio, s’intuisce subito che non sarà un figo alla Tarzan, ché oggi van di moda i selvaggi, allora, di comun accordo, col marito “matto”, la “sana” porta il fe(ga)to ai centri di salute mentale, poi va in centro, facendo shopping con una che ama il centrino. E, in questo centrarsi, io che c’entro? Taglia e cucimi la bocca se (ri)esci. Stai dentro? Coglione!

Lui entra, “penetrante” scappa e scivola, mentre tu sei una schiappa. Mangiati una scaloppina e quindi al galoppo, fra groppi e in gola delle grappe, un’altra (v)u(l)vetta passera… e la volpe col suo “grappolo” che tifa Roma, mentre una lupa va col lupo ed è, secondo me, (preferi)bile una birra di buon luppolo. Grappini, comunisti, tappi, un altro topo, e tutto va a zoccole.

Sì, l’inizio era poetico, poi abbiam “sbandato”, si chiama sbraco. Che sbadato.

Ho sba(di)gliato. Ci ho preso?

Si chiama stronzo.

E lo stronzo si reca al bar. Vede una scema che gioca a carte con un nonnetto. Porge al nonno uno schiaffo e lo consegna al becchino, si becca la sberla di bocca e bocchino, quindi le dà la nona di Beethoven, mentre lei glielo fa partire in quinta nell’Arancia meccanica d’una macchinetta automa(tica), distribuente a voi dei caffè amari e a me la sua schiuma, zuccherandola liscia di “espresso”, sbavante, sbrodolandole, liso, di ass(o) a getto(ni).

Dunque, con altri cessi la/o getta. Tirandoselo/a con altre sciacquette.

Sciacquatela!

Insomma, era, è e sempre sarà una puttana.

Sono un uomo “assorbente”. Lei me lo sorbisce, tu beccati il sorbetto.

Sorbole!

Che faccia da culo. Anche voi (non) ce l’avete, mer(de).

Evviva gli Asinelli!

Non ha sen(s)o, fate i seni?

 

di Stefano Falotico

Topi, evviva Fantasia!


12 Oct

Non voglio generalizzare sulla società odierna ma il tasso di porcile si è elevato, insomma, ci son sempre meno persone elevate ma constato, al mio trafitto costato, che quasi tutti pensan solo alle crostate di m(i)ele. Le donne non son da meno in quanto a sboccate, di rose bocch(inar)e. Sì, non generalizziamo. Ci sono anche persone educate e col(i)te, come si suol dire.
Dalla mia esperienza, però, posso riconoscere che il mondo è assai peggiorato.
Adesso, i volgari son la maggioranza. E non parlo solo degli uomini.
Anche delle donne. Mi sparano addosso delle porcate tremende appena il mio (mal)occhio cade ove deve andar lo sguardo. Lei sta in guardia, in giarrettiera e mi dà la sua sberla, ficcandomi nella rete di palle in buca. A me non piace quando piaci a una donna e si pone in modo così impudico e sfrontato, mi crea disagio, enormi scompensi psico-fisci ed entro in agitazione. Si chiama dolore ai coglioni su di lei ficcante, non dentro di lei avviluppato ma inculato, lei, che mi ha appena dato del coglione. Ma ho quello di scorta e, comunque, curerò il coglione ammaccato, per colpa del mio sfacciato ammiccarle, andando dal carrozzaio. Ove il mio attrezzo sarà rimesso in piedi e di nuovo in gamba. Da cui le donne e le lor gambe, lo sgambetto e Gamba di Legno.

Questa è una cagata. E ricordate: quando si caga, mie merde, leggete sulla tazza dei cessi, che siete, Topolino. Evviva (la) Fantasia!

Genius-Pop

Just another WordPress site (il mio sito cinematograficamente geniale)