Sì, sono radicale, dobbiamo fare una selezione il più possibile stringente, come si suol dire.
Con buona pace di Nanni Moretti, a cui va il mio premio simpatia. Un uomo tracotante, un finto intellettuale di Sinistra che per anni ci ha ammorbato con le sue idiosincrasie, le sue polemiche retoriche, coi D’Alema dì qualcosa, che in Caro diario va in giro con la motoretta, con la lambretta, sì, la Vespina e la vispa Teresa, e brama Jennifer Beals. Ora, chiariamoci, Flashdance è una cagata pazzesca, e la Beals è molto più figa in Stress da vampiro e in Roger Dodger. La “mitica” canzone di Flashdance di Giorgio Moroder, cantata da Irene Cara, vinse l’Oscar ed è un hit di tutti gl’impiegati comunali frustrati. What a Feeling! Sì, mio padre, appena la sente tutt’ora in radio, diventa romantico e dimentica di essere un pensionato. E vola sulla superstrada alla ricerca del tempo perduto.
Sì, come critico, Nanni Moretti vale meno di quello del mio palazzo, l’inquilino del terzo piano, tale Cuomo, un mezzo mariuolo che però si porta sempre a casa delle gnocche straordinarie. Dev’essere uno schifo quell’appartamento. Detta fra noi, poi, quelle donne sono delle zoccole.
Sì, Moretti ha stroncato Heat, Strange Days, Henry, e ha sempre avuto un debole per Laura Morante. Infatti, la scena de La stanza del figlio in cui le succhia le tette, c’entra come i cavoli a merenda con Brian Eno in colonna sonora e con la tragicità della vicenda. Ah, capisco, era per far capire che i coniugi, prima della tragedia, erano molto sessualmente affiatati e complici.
Bianca invece è la storia della mia vita. Io vorrei istituire una scuola chiamata Robert De Niro. Anch’io soffro d’insonnia e, nel bel mezzo della notte, anziché scucchiaiarmi il barattolone gigantesco di Nutella, mangio tre cornetti, alla stessa ora nella quale le vostre fidanzate vi rendono cornuti.
No, bannato Nanni.
Visconti? Ludwig è la storia della mia vita, sì, ancora, come d’altronde quasi tutta la sua filmografia. Ma io non sono omosessuale e non inserirei Alain Delon nei miei film per ciucciarglielo in privato. Scusate, eh.
Bannato!
Fellini. Mi son già più volte espresso su questo provinciale riminese panzone. Ce la possiamo dire? Non spargete la voce in giro. Non ho mai finito di vedere un suo film. Queste storie vitellonesche, di dolci vite romane, questa Capitale da lui adorata, cafona, di donnacce grassone e laide, di uomini bifolchi, di puttane misericordiose, questi amarcord nostalgici sono quasi peggio del suo squallido imitatore bolognese, Pupi Avati. Uno che è meglio che si goda la forte vecchiaia, mangiando le lasagne al ragù e la smettesse di scomodare i cuori grandi delle ragazze.
Bannati entrambi.
E Marco Ferreri? La grande abbuffata, un film triviale, porcellesco, scatologico, apocalittico, di uomini che sparano dal deretano dei peti sesquipedali da terremoto di Haiti. E Dillinger è morto? Molto meglio (anche se molto meglio non si può dire) Nemico pubblico di Michael Mann. Ah ah. Non so se molti di voi capiranno questa mia battuta, ma ci sta. Siamo tutti donne scimmie!
Bannato Ferreri, Ferraro della Sampdoria e pure la Ferrari, perché non me la posso permettere. Anche se Michela Ferraru, di u sarda, è modella che meriterebbe il mio brum brum.
Bannato anche l’altro Marco. Bellocchio. Lui e le sue schizofrenie, le sue morbose ore di religione e i suoi Porco Dio! Film rabbiosi da pugni in tasca. Ma che vuole questo qui? Ancora non l’hanno rinchiuso?
Bannato pure Sorrentino Paolo. Con le sue indolenze, le frasi a effetto, i suoi Toni Servillo con la parlata strascicata romana-meridionale, i suoi napoletani alla Maradona, i suoi clowneschi piani-sequenza.
Ha stufato e con Loro ha toccato il fondo.
Rossellini? Meglio la figlia.
Salvatores? Si salvi chi può. Affogatelo nel Mediterraneo.
Tornatore? Nuovo Cinema Paradiso non è una sua pellicola Oscar, ma il Cinema idilliaco che lui non girerà mai.
Pasolini. Ottimo intellettuale, un po’ esaltato. Ha detto anche un sacco di fregnacce. E non mi son mai piaciuti gli uomini che amano i pisellini…
Bertolucci? Oddio mio. Ultimo tango a Parigi regge su Brando. È maledettismo programmatico, studiato apposta per far scandalo in tempi ancora casti. Un film semi-pruriginoso in cui sostanzialmente non si vede un cazzo. Un film sulla solitudine? Mah sì… so io cos’è la solitudine. Quella del barbone sotto il Ponte di Galliera di Bologna. Mica quella di un debosciato come Brando, coi capelli nel vento che fa tanto decadentistico uomo vissuto. Ma vai a dar via il culo, Bernardo, e non ci sarà il burro ad addolcire la “frizione”.
E tutto il resto è noia. Fa anche lui quello di Sinistra col culo parato. Aveva ragione Dario Argento, o forse era l’allegrona della figlia. È un borghese marcio che disserta di amori fantasticati, di adolescenti viziati che si fumano le canne.
Sinceramente, non ho mai visto nessun adolescente sfigato tipo Pitt e Garrel che hanno come compagna di studi, soprattutto di giochini anatomico-erotici, quel pezzo di passerona della Green.
Che poi diciamocela. A seno va di brutto la Green, di faccia è meglio la commessa del Conad sotto casa mia.
Sì, è buona questa commessa qui. Un po’ depressa. A forza di fare lo scontrino fiscale sulle banane di tutti quelli del quartiere…
E Antonioni? Mah, so che moriva dalla voglia senile di spogliare Luisa Ranieri. Ma lei è andata con Montalbano/Zingaretti e Michelangelo è rimasto muto più dei suoi film.
Carmelo Bene? Un pazzo.
Sergio Leone? Sì, ci sta. Anche se amava troppo i bucatini all’amatriciana.
Via, bruciare tutto.
Ah ah.
Sì, adesso vado a filmare i tortellini in brodo, mentre la mia faccia si rifletterà nel bicchiere di vetro nella rifrangenza del lampadario di luce soffusa e una mosca cadrà nella zuppa.
Titolo del film: Cena con le mosche in una serata da dimenticare nella tetraggine del piatto che piange, che fa molto Wertmuller.
Ma voi davvero credete a tutte le stronzate che dico? Ah sì? Bravi, fate bene. Non sono peggio di tanti filmacci spacciati per “arte”. Ma Arte de che? Evviva Christian De Sica. Stasera va così.
di Stefano Falotico