Posts Tagged ‘De Niro’

E filosofeggio pure meglio di voi


03 Jul

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Oh, è da una vita che mi sgolo. Molti per cultura intendono l’essere sempre aggiornati sull’ultimo film in programmazione, sull’ultimo disco del cantante tal dei tali, e sul più bieco, commerciale libro appena in vendita. Questa non è cultura, è nozionismo superficiale, becero, qualunquista, informativo e pedissequo. La cultura è ben altro. Saper interagire col prossimo in cerca di dinamiche cognitivo-emozionali, partorire delle nostre coscienze e conoscenze un processo simbiotico-empatico di reciproco scambio interattivo, rendere fruttuose cioè le nostre anime per la suprema esplorazione di noi stessi, fra migliorie, passi indietro, ritrosie e cambi di prospettiva. Questa è la cultura, parola di cui vi riempite tanto la bocca ma siete soltanto dispensatori di fake news della vostra putrescenza e della filosofia dell’ove tira meglio il vento. A che vi serve sapere tutto a livello formale di un film se non avete appreso nulla a livello viscerale? E nella realtà di tutti i giorni non sapete neanche girare un controcampo caratteriale?

Siete metodici, abitudinari, e guai a chi non la pensa come voi. Fortunatamente, io la penso così.

 

di Stefano Falotico

Molte persone s’incazzano quando si sentono prese in giro, io non m’incazzo mai, nemmeno quando mi girano


02 Jul

Questa è una delle perle del Falotico. Tenetela a mente quando capirete che avevate creduto di diventare presidenti degli Stati Uniti e scoprirete che vi hanno “bocciato” anche per fare gli scrutinatori al seggio della frazioncina con quattro gatti.

Ora, facciamo il punto della situazione…

1) Molte persone s’incazzano se si sentono prese per il culo. Non è una presa in giro dire loro che non sono dei premi Nobel.

2) Molte donne s’incazzano se si sentono prese per il culo. Non è una presa in giro dire loro che non sono Monica Bellucci.

3) Molte persone s’incazzano se si sentono prese per il culo. Non è una presa in giro dire loro che non sono Brad Pitt.

 

Al che interviene la solita “rompicazzi”…

– Nemmeno tu sei Brad Pitt.

 

Risposta bruciante del Falotico con faccia da culo imbattibile.

– Infatti, sono meglio.

 

Ah ah.

 

Ora, molte persone che mi conoscono pensano che io le prenda in giro quando dico loro che sono il più grande attore della Storia.

Suvvia, non si devono incazzare. È palese, come si suol dire.

Ecco la posa da intellettuale maudit un po’ sognatore e un po’ coglione.

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Ecco la posa da Mickey Rourke che ha bevuto 500 gocce di Valium.

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Ecco la posa da miglior imitatore di Robert De Niro. Anzi, ve ne offro due al prezzo di una.

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Ecco la posa da pirla. Un pirla che sa…

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Ecco la posa da piacione simil-Matthew McConaughey.

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Ecco la posa da clown di Pennywise, incrocio fra Tim Curry e Bill Skarsgård.

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Ecco invece la posa, appunto, da presa per il culo sia beffarda che plateale.

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Ecco la posa da uomo assonnato, probabilmente rintronato.

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Ecco la posa da uomo che possiede il fascino del cazzone, il sex appeal del lupo di mare, la testa di uno che sembra poco sveglio ma ha un uccello micidiale.

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Ecco la posa da occhialuto.

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Ecco la posa da scaricatore di porto un po’ alla Claudio Amendola.

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Ecco una posa intelligente, nonostante il “profilo basso” della testa all’ingiù.

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Ecco la posa di uno che pare dica fra sé e sé: sì, ma che cazzo vuoi?

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Ecco la posa da genio.

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di Stefano Falotico

A LAME TALE, RICORDI NOSTALGICI DI VITA VISSUTA


28 Jun

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Questo è un mio pezzo che è comparso nel sito Caffè Scorretto. Chissà, un giorno il suddetto sito potrebbe scomparire, allora intanto lo inserisco nel mio GeniusPop.

 

Il crowfunding per la limited edition del Blu-ray di BronxA Bronx Tale, è partito. Non un capolavoro, ma un signor film. Guardatelo. E scoprirete che Chazz Palminteri, coadiuvato dalla regia di De Niro, qui al suo esordio dietro la macchina da presa, aveva adattato alla grande la sua bellissima pièce teatrale. Un lavoro coi fiocchi, per un film delicatamente educativo, sgangheratamente formativo, insomma, una storia narrata con gusto e dall’ottimo sapore cinematografico. E che classe nella messa in scena, misurata e sapientemente calibrata.

Ogni quartiere ha la sua storia. E io sto qua, stamattina. Come Lillo Brancato del film di De Niro a tagliarmi la barba, attento a non ferirmi. Ma questa lametta fa i dispetti e un po’ di sangue mi cola dalle guance. Che mi dice oggi lo specchio? Di guardarmi dentro e narrarvi delle mie balzane, discole avventure avvenute anni fa quando qui, nel quartiere Lame di Bologna, si respirava il profumo dei giorni autenticamente migliori e la vita ti sapeva riservare sorprese?

Ora, questo quartiere è stato sopraffatto da una triste modernità e la gente cammina con gli iPhone in mano. Attraversano tutti senza guardare mentre, ai miei tempi, la gente stava attenta a dove metteva i piedi. Oggi le persone sanno solo scattarsi selfie mentre una macchina sulle strisce pedonali le mette sotto e così la foto viene un po’ mossa, diciamo.

Ecco, era un periodo cazzuto quello di cui vi parlo.

Se eri minorenne e camminavi per queste strade, qualche balordo poteva attentare alla tua incolumità virginale. Alludeva sempre alla tua sessualità e, con far strafottente, la umiliava, coprendoti dei tipici insulti di quell’età.

– Ehi, lo sai che sei una checca?
– Vaffanculo.
– Ah sì? Allora fatti sotto! Ecco che te ne arriva una. E un’altra!

 

Sì, spedii vari ragazzi al traumatologico per colpa di quelle infauste insinuazioni. Io me la cavai col viso gonfio e con le nocche fratturate, ma erano risse che odoravano di uomini “veri”, da teste di cazzoni qual eravamo noi tutti.

A dodici anni, ogni mattina, come un orologio svizzero, puntualissimo mi appostavo alla fermata dell’autobus, aspettando appunto che arrivasse l’autobus che mi portava alla mia scuola media. Era il 18. È rimasto quello, credo. E lo prendono anche quelli che, non solo hanno già compiuto diciott’anni, ma anche quelli che hanno già un piede nella tomba.

Vicino a quella fermata, c’era e c’è ancora il Bar Jolly e un mio amico, che come me aspettava l’autobus, prima di salirvi, vi si recava perché al Bar Jolly gli infarcissero il panino alla mortadella che lui avrebbe mangiato nella ricreazione scolastica. Quel mio amico oggi fa l’imbianchino e adora il libro di Charles Bukowski, Panino al prosciutto.

Panino al prosciutto racconta il primo periodo della vita di Bukowski-Chinaski, nonché dell’ingresso nella nota vita randagia e pericolosa tra stanze in affitto, risse, birre, vino e whisky.

Ecco, insomma quel mio amico, si capisce bene, non è diventato un industriale. Al massimo, ora imbianca le pareti di qualche pezzo grosso, mangiando panini al salame piccante tra un’affrescata e i suoi “rinfreschi” nelle pause pranzo. Comunque non è mai finito al fresco.

In quella fermata, avvistavo lo scemo del villaggio. Ogni quartiere ne ha uno. Questo qui prendeva sempre l’autobus come Forrest Gump, ligio e maniaco della puntualità, e salutava tutti, dando loro un gentilissimo “buondì, felice vita!”, anche se quel giorno una di queste persone era rimasta a casa con la febbre.

Sì, lui salutava anche i fantasmi e gli ammalati, gli stronzi e i criminali. Tutti, senz’eccezione alcuna. E si congratulava per le loro vite, belle od orrende che fossero. Quest’uomo esiste ancora, non è ancora morto, ed è sempre allegro come una volta. Sì, gli altri aspettano l’autobus per tirare a campare, lui ha perso il treno dalla nascita, ma gironzola a piede libero alla faccia dei fessi che si fanno il culo ogni santo giorno che Dio ha creato.

La morale del film Bronx, come scritto nel dizionario dei film Morandini, è questa: i veri uomini duri sono quei coglioni che vanno a lavorare.

– Buon uomo, dove va stamattina, così presto?

 

E lui risponde, con sorriso affabile:

– Vado nel mio mondo e dove mi porta il cuore.

 

Oh, che vi devo dire? Sarà uno scemo molto ricco per potersi permettere di andare solo ed esclusivamente dove vuole lui da quarant’anni a ’sta parte.

Però è un uomo talmente buono e tenero che nessuno l’ha mai mandato a fanculo.

Nel mio quartiere, ci sono anche le ragazze. Mi pare ovvio. Altrimenti sarebbe un quartiere moscio, uno di quei quartiere che, come si suol dire, non tira… molto.

Ecco, se ti piace una donna e vuoi immediatamente capire se è la ragazza giusta, non regalarle un mazzo di rose rosse, regalale un quartiere migliore. Ti sposerà subito.

Che poi, forse, non gli andresti bene lo stesso.

– Sì, caro. Abitiamo nel Borgato San Donato, la zona migliore di Bologna. Ma io sognavo Hollywood, la piscina a Beverly Hills e ho sempre desiderato girare un film con De Niro. Volevo essere come Sharon Stone.
– Come quella di Casinò?
– Quel film mi manca. Lei com’è in quel film?
– Ah, bellissima, al top del suo splendore ma non è che finisca, diciamo, benissimo.
– Meglio che una vita in questo cesso di città di merda.

 

Ho detto tutto. Una così non credo sia la ragazza dei sogni. Incontentabile, frustrata, viziata, però ama farsi le “storie” su Instagram, con le orecchie da coniglietta di Playboy.

Io, come Lillo Brancato, appena presi la patente, incominciai a guidare una “sfavillante” macchina rossa. Sì, un Pandino. Decappottabile, nel senso che, se prendevi male una curva, ti cappottavi di brutto.

E non c’era neanche l’airbag.

A dire il vero, non è che questo quartiere sia poi cambiato molto da allora. La gente va a fare la spesa, penso che qualche volta trombi, sì, ogni anno vedo nuovi neonati che spuntano, e poi muore. Nel frattempo, guarda qualche film alla tv.

Ricordatevi: la cosa più triste, nella vita, è il talento sprecato.

E io allora perché continuo a vivere in questo quartiere?

Ma questa è un’altra storia.

E comunque il mio quartiere, in confronto al Bronx, è roba da signori.

Eh sì, mentre pensavo al mio quartiere, il quartiere Lame, ho finito di tagliarmi la barba. Ma, al solito, mi son tagliato.

Sono un uomo tagliente.

 

Stefano Falotico

Bronx di De Niro, che torna in limited edition, è un grande film, checché se ne dica: leggete tutto ciò che non avreste mai pensato potessi dire sul Cinema e sulla vita


26 Jun

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Sì, sino al 20 Luglio è possibile pre-ordinare la propria copia personale di Bronx. La CG Entertainment, che altri non è che la decaduta Cecchi Gori, adesso restauratasi almeno nel mercato home video, propone finalmente la versione Blu-ray dell’esordio alla regia del grande Bob. Un’opera tanto amata alla sua uscita, quanto poi ingiustamente bistrattata e ricoperta dei peggiori insulti, considerata enormemente sopravvalutata, un filmetto da quattro soldi, insomma.

La verità sta nel mezzo. Bronx non è un capolavoro ma un racconto, a tale appunto, di formazione alla vita di un ragazzo di strada nel quartiere più violento del mondo. O almeno degli States.

Il Bronx si trova a New York ed è antitetico, diametralmente opposto, anche come ubicazione geografico-topografica, rispetto al quartiere dell’alta borghesia della Big Apple, ovvero Manhattan, il luogo ove l’annoiato e frustrato Woody Allen ha ambientato la maggior parte delle sue pellicole.

Nel Bronx non viveva e non vive gente la cui massima disgrazia nella giornata è stata la rottura delle unghie smaltate, non c’è uno col culo parato che ombelicale si piange addosso perché l’insegnante di Filosofia, altezzosa e sempre con la borsetta a tracolla, ieri sera non gli ha fatto un pompino “elegante”. Non c’è gente che si preoccupa di “steccare” e fare brutte figure. Vive e non sa neppure perché vive (no, il congiuntivo viva non ci vuole), s’incazza e ci sta male, s’innamora e lo prende lì, ma la vita va avanti.

C’è gente che vive i giorni come fossero gli ultimi, fra rabbie, litigi interminabili, grida e sceneggiate inesauste, lacrime e sudore come nei migliori, disperati film di Abel Ferrara. Infatti il suo protagonista, Lillo Brancato, non a caso è stato scelto da Abel per Il nostro Natale. Puro meta-cinema sopraffino. Diegetica della fisiognomica lombrosiana, incarnazione della celluloide fattasi vita nei tratti somatici del growing up esistenziale di Lillo, nato per essere un “perdente”. Drogato fradicio, incasinato, i cui lineamenti smunti e inquieti della più acerba e tumultuosa ma romantica giovinezza si son imbolsiti nella presa di coscienza di essere davvero un mezzo gangster. Magrolino ma ora col pancino, e dire che poteva essere il nuovo Pacino, un po’ emaciato quando non si fa ma comunque, come gli italoamericani mangiaspaghetti, quasi adesso pelato. O, meglio, dalla vita dura spellato.

La vita che, nella sua cruda verità, i suoi limiti in faccia, faccia da schiaffi e batoste nette, gli ha spiattellato. Senza fare sconti, trivellandolo e sbudellandogli il fegato. Cazzo.

Brancato, un uomo da branco, dalla giustizia braccato, nonostante per discolparsi dalle molteplici accuse si sia fortemente, ferocemente sbracciato e tenacemente si sia sgolato, uno finito in carcere, ove tentò di suicidarsi ma fu fermato dai medici, che lo soccorsero e placarono il suo folle gesto in extremis. Giusto un istante prima che quella dose di eroina che voleva iniettarsi gli fosse letalmente mortale. Un farabutto, tutto fuorché un eroe! Uno che forse desiderava decollare e invece rischiò di finire decollato. O col collare da sorvegliato speciale, controllato a vista. E sedato.

Ripudiato da Chazz Palminteri che ora non vuole più averci a che fare, e lo considera soltanto un ignobile talento sprecato. Un lestofante e un impresentabile sfigato.

Bronx è un signor film, un film “in giacca e cravatta”. La messa in scena è paurosamente minimalista, intimista, coccola Lillo e lo carezza teneramente come farebbe un padre premuroso con suo figlio, figlio unico, sangue del suo sangue. Perché teme che, essendo appunto uno scavezzacollo, possa mettersi nei guai e imboccare strade pericolose, affiliarsi a cattive compagnie. Meglio una vita da anonimo conducente d’autobus che una vita da ricco boss ché poi ci rimetti le penne e finisci trucidato come Sonny. Stai attento a chi t’innamorerai, sceglila con oculatezza, sii ponderoso e anche ponderato, non fare il passo più grande della gamba, a quei tipi loschi non fare mai sgambetti, non legarti a una da una botta e via, perché ti prenderai la cotta, poi le ti mollerà come un coglione, e rimarrai scottato. Non bruciarti… cogli l’attimo ma aspettalo con trepidazione, senza angustiarti se fallirai, domani ritenterai. La vita è una e una sola, tienilo ben a mente, non rovinarti da povero demente.

Ecco, questi sono i consigli di Lorenzo, i suoi affettuosi, benevolenti insegnamenti!

Super rima baciata con tanto di rientro…, perché rientro fa assonanza con insegnamenti e tu non devi essere sbattuto dentro!

Ah ah.

No, non possiamo permetterlo. Ci sono tanti stronzi in giro che in vita loro avranno letto solo due libri e guadagnano fighe come se nulla fosse, che son tanto abbienti ma non valgono nemmeno il loro decrepito, putrefatto, svenduto cazzo da deficienti. Porca puttana! Impestata!

Tratto da una pièce teatrale dello stesso Palminteri, cari pezzenti. Oh, sto scrivendo un gran pezzo. Sì, più rileggo quanto da me sin ad ora scritto e più me la tiro come un gagà. Ah ah. Elargisco genialità a gogò. E gongolo, mangiando le vongole, baciando una dama a Venezia sulla gondola. Magari…

Sì, molta gente di Cinema non capisce un cazzo. Ecco che uno vede Bronx e gli piace da morire perché, come avviene con tutti i film che vede, che fraintende e strumentalizza secondo il suo solipsismo, ha avuto un’adolescenza turbolenta e difficile quanto quella di Calogero. E questo racconto, tutto sommato, è specularmente vicinissimo alle sue esperienze. Sì, e a ben vedere, se ripesca le foto di quando aveva sedici anni, nota una somiglianza pazzesca e impressionante con Calogero. Viso italiano, di chiare origini meridionali, inesperto, da bastardo però non ancor segnato dalla corruzione adulta, un puro che sogna un bel, fottuto futuro. E chi di noi non ha mai invidiato il Sonny di turno del quartiere? Quello moralmente discutibile ma che va in giro sulle macchine rosse fiammanti? E che sa il fatto suo, nonostante le sue bassezze ripugnanti cammina a testa alta e petto in fuori, veste forse Armani come un goodfella e tutti lo rispettano.

Perché Sonny è una merda ma non meno di chi crede di essere una brava persona e poi combina porcate mostruose solo perché qualcuno è invidioso e fa finta di non capire, perché gli conviene non capire e passare dalla parte della ragione con la diplomazia ipocrita del figlio di puttana “pulitissimo”.

Bronx non può essere capito, appunto, da quelli che amavano la filosofia grunge, che idolatravano robaccia come Salton Sea e altre puttanate videoclippate. Perché Bronx è un film “stupido”, didattico, palloso e girato in maniera troppo semplice. Non estetizza, non dogmatizza, non comunica niente, è asciutto, pieno di primi piani senza fotografie “sporche”, sature e “pregnanti”, è solo un’altra storia…

Un racconto di vita, come lo è la vita stessa. Non ha bisogno di dire chissà cosa, dice la sua, in maniera schietta come te la direbbe tua zia siciliana.

Di una semplicità lancinante, davvero emozionante.

Bronx non è, ripeto, un capolavoro. Un film da sei e mezzo/7.

Sì, perché la sceneggiatura di un film così facile facile ed edificante, eppur ficcante da rasentare la pochezza più disarmante, io lo scriverei in otto ore seduta/o stante. Con tanto di pausa caffè-sigaretta intervallante.

Ma è uno di quei film che dobbiamo tutti avere in casa.

Perché, soprattutto in Italia, patria di esaltati che si fanno shooting manco fossero Alain Delon, ove le matte isteriche si mettono in posa come fossero Greta Garbo, un film così bisogna averlo, miei bravi ragazzi…

Chi lavora è un fesso? No, ma deve fare ciò che gli piace.

E io sono nato per scrivere di Cinema.

Il resto è una grande stronzata.

Adesso, per piacere, versami del Cognac, caro amico scalognato, no, volevo dire cognato.

Metti su della musica jazz. Questo mio pezzo è quasi rap.

E che Chazz!

 

 

Bronx Chazz De Niro

 

 

di Stefano Falotico

 

Troppo forte: perché essere Rambo quando posso essere un rombo e anche un quadrato, un quadrilatero e un esagono? Mie teste di cono?


23 Jun

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Sì, nel 1986 usciva uno dei film più brutti e maldestri di Carlo Verdone. L’altro pomeriggio, su YouTube, ho visto una sua intervista in cui, nostalgicamente esaltato dalle sue memorie, ha rimembrato questo film, lodandone l’inizio, quando il suo burino entra in un bar e gioca col flipper come se fosse un amplesso. Verdone, soggiogato dalla lacrimuccia, dice che è un grande inizio. Invece io lo reputo osceno, esagerato, patetico. Sì, era l’epoca di Rambo e di Born in the Usa di Springsteen e allora Oscar Pettinari, affiliandosi e attingendo a questi due modelli culturali che andavano per la maggiore, si barcamenava come comparsa, fregiandosi di essere un attore di (ca)risma. Fra aneddoti di scene rocambolesche e mitizzazioni di sé stesso, un ignoto, insulso figuro romanaccio finito nei guai e salvato per il rotto della cuffia dallo scalcagnato avvocaticchio, malato di amnesie, interpretato da Alberto Sordi. Un film a cui mise mano anche Sergio Leone, ai suoi minimi storici. Uno che credeva sconfinatamente in Carlo Verdone, tanto da finanziargli i suoi primi film. Sì, Verdone andava sempre a casa di Sergio e gli cucinava delle ottime fettuccine, pulendogli col bavaglio anche il labbro sporco di sugo. Cosa non si farebbe per farsi raccomandare? Troppo forte è un film un ch’era già impresentabile all’epoca ma questo tipo di commediole all’italiana andavano, appunto, fortissime. E non c’è da stupirsi che, col beneplacito del popolino, incassavano cifre da capogiro. È un Cinema piccolo piccolo, da periferia, già stanco e privo d’idee, un ininterrotto flusso di sketch tragicomici da cabaret. Una zozzeria che non fa nemmeno tanto ridere, sguaiata, sbrindellata, goffa e modaiola. Il tipico Cinema italiota, beota e stronzo, leccaculo e volgarotto. Macchiettistico nell’accezione peggiore del termine, limitatissimo. Roba che con una Super 8 filmi un lungometraggio veramente superiore e da Oscar, rispetto a questo Pettinari. La pinetina… “teribile”. Con una r. E basta con quel romanesco strascicato da “irriducibile”. Che palle! Quell’anno l’Oscar lo vinse La mia Africa. Nemmeno questo un capolavoro ma in confronto a Troppo forte… Poi, ci chiediamo perché in Italia siamo sempre dei sognatori… sognatori e basta, ed è capace che magnifichiamo anche Vincenzo Salemme, e la frittata è fatta. Di mio, son stanco dei giochetti adolescenziali del pigliare a modelli le stelle di Hollywood. Mi guardo allo specchio e ho il fascino dell’uomo che è orgoglioso di specchiarsi. Perché De Niro, nonostante tutto, rimane il mio attore preferito? Scusate, non si vede che classe che ha a indossare la cravatta? Tempo previsto per oggi: caldo, probabilmente asciutto come me.

 

 

di Stefano Falotico

Siamo… Messi male se invidiamo il prossimo


22 Jun

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Eh sì, l’invidia è il sentimento più brutto dell’animo umano. Un sentimento, ahinoi, inestirpabile. Facile però a trovarsi, di questa “patologia” n’è affetta la maggioranza.

Appena uno è geniale, la gente non vede l’ora che possa cascare, per “normalizzarlo” nella sua mediocrità. Come dire… visto? Anche lui non è infallibile, ha dei punti deboli.

Per Superman era la kryptonite per Messi è l’Argentina che comunque, senza i suoi goal, non si sarebbe qualificata ai Mondiali. Per me è la vita di tutti i giorni, che io detesto, aborro, ripugno dal più profondo del cuore. Perché la quotidianità è a mio avviso ripetitiva, tediosa, puttanesca e dunque odiosa. Nel mondo di tutti i giorni, per essere apprezzato, devi continuamente venderti, offrire un’immagine di te da “intoccabile”, essere sempre sorridente e coi denti smaltati e non dare mai segnali di cedimento, ché possono allertare il prossimo, limitato e dunque pieno di pregiudizi, perché il mondo è malato di moralismo, desidera le macchine perfette e di lingua svelta spettegola appena ti mostri vulnerabile. Le persone non vedono l’ora di metterti in croce e poi, attorno al tuo cadavere impalato, sollazzevolmente deriderti e ballarti in circolo, in segno d’umiliazione. Ah, che bellezza, eh?

Questo è l’animo umano, ingordo a sua volta delle anime altrui, che adora vivisezionare per il ludibrio abominevole degli sfottò, delle burle malsanamente goliardiche, per l’orrore di massa che decreta i “vincenti” e, in questo carrozzone immutabilmente spaventoso, gode nel buttar giù dalla torre i “perdenti”. Cosa ci sia di divertente in questa competizione animalesca lo dovremmo chiedere a qualche antropologo. Ma non lo sa neanche lui perché sta con una scimmia miliardaria.
In Oriente non va così, in Occidente sì. In Occidente, vita significa sopraffazione, egoismo, arricchirsi sulle spalle di chi non regge certi ritmi, significa ammazzare psicologicamente chi non sta al passo con questa terrificante modernità.

Sì, Messi ieri è stato un perdente. Mentre lo strafottente Ronaldo, che vale dieci volte meno di lui, baciato da un momento inaudito di fortuna sfacciata, portosi (participio passato di porgersi) davanti alla videocamera, ha ammiccato con una smorfia inequivocabile, facendogli il gesto del pizzetto da “capra”. Come a voler sacramentare che lui è più forte di Lionel e lo sta dimostrando. Cristiano è un’altra merda sciolta quanto i suoi capelli ingellati. Un comportamento indegno del fuoriclasse, che comunque è indiscutibilmente, che però si abbassa a gesti di tale eclatante, riprovevole volgarità. Che triste inveire con le “emoticon” delle faccine, roba che neanche all’asilo infantile. Infatti, Ronaldo è tanto “grande” come campione quanto piccolo come uomo.

Ah, come si dice, scusate? Emoji. In questa vita, come nella pubblicità che passa per radio, ho sentito uomini guardare una donna sexy e gridarle che è da URL. Sì, dei matti da USL.

Ecco, sulla mia persona ne ho sentite tante. Tante derivate dalla miserabile cattiveria degli invidiosi. Perfino qualcuno avanzò l’ipotesi che sono il “mostro” di Eraserhead.

Sì, l’unica creatura… con più libri all’attivo di qualsiasi altro scrittore italiano, che scrive articoli di Cinema che neanche le persone laureate al DAMS, con specializzazione in filosofia applicata all’Arte convergente delle materie umanistiche rifrangenti e forse stronzeggianti di bacate menti, scriverebbero mai perché sono troppo occupate a corteggiare la fighetta in bikini su Instagram, “salvandola” in video “poliedricamente” noiosissimi a fini “finissimi”, detti anche seghe, che affinano il membro nello scorrimento calloso. Sono arrivati, quindi possono andare a puttane, anche a livello masturbatorio.

Sì, metto in vendita questo Blu-ray mai scartato perché è uscita già l’edizione migliore. Che non ho comprato perché aspetto la prossima. Ah ah. Io aspetto in continuazione.

Chi lo vuole, abbia la cortesia di non farmi la fine di quello stronzo di Max. Sì, Once Upon a Time in America è la storia di due uomini innamorati della stessa donna. Noodles, il romantico da Cantico dei Cantici, non riesce ad averla e la stupra da poveretto, Deborah disdegna anche Max ma alla fine lo sposa e gli dà un figlio perché lui le dà un impero e una rispettabilità del cazzo. Che vita da zoccola… anzi, da zoccolona, perché fa rima baciata. Ah ah.

Insomma, tutto un casino pazzesco per una che, invecchiando, è molto più brutta di quando era una ragazzina. Eh sì, Jennifer Connelly da giovane aveva un seno da mongolfiera, Elizabeth McGovern invece a me è parsa sempre un cesso. Scusate, forse non ho gusto. Ma la vedo così.

E, nonostante tutto, ho il mio fascino. Eh sì. Il fascino di colui che volteggia.

Sì, sono molto cambiato, crescendo. Prima avevo letto un solo libro di Stephen King, adesso ne ho letto qualcuno in più. Ah ah.

 

– Lei vuole salire in alto?

– No, solo al quarto piano. Buona giornata.

– Io invece oggi ho ricevuto la promozione e sono al settimo cielo.

– Ah sì? E l’ottavo qual è?

– L’ottavo?

– Sì, dopo il settimo c’è l’ottavo.

– Ma che dice?

– Scusi, se non sbaglio lei è laureata in Matematica. E non sa che dopo il settimo c’è l’ottavo. C’è anche la Nona, ma quella è di Beethoven. Ah, so io come ha fatto a ricevere la promozione…

– Cosa vuole dire? Che ho leccato il culo a qualcuno?

– No, macché. Mica il culo. Basta leccare qualcos’altro…

 

 

 

 

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VENGONO FUORI GLI ANIMALI PIÙ STRANI, LA NOTTE


17 Jun

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Robert De Niro

Robert De Niro

Dal sito Caffè Scorretto che non linko apposta, perché non è mio e quindi un giorno potrebbe anche decadere e il link non funzionerebbe più.

Trovatelo nel net. Vi basta digitare parte del titolo di questo scritto, il mio nome e cognome, et voilà. Ognuno lo interpreti come vuole.

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Mi sveglio. Bologna è imbattibile per quanto concerne l’afa. Sì, in questa città si patisce il caldo come in poche altre città italiane. Bologna non è ventilata dal mare, è incassata fra le colline, è claustrofobica e lo smog nelle giornate torride si appiccica addosso e strozza i polmoni. L’aria diventa irrespirabile e un senso ancor maggiore di compressione asfissiante pervade le membra e le intirizzisce. Al che, appena ridestatomi dopo una notte comunque abbastanza insonne, mi specchio. Il caldo è una naturale forma dimagrante, brucia i grassi e infatti ho perso già qualche chilo da quando questo battente, imperterrito caldo si è fatto tanto insistente. Sono le dieci di mattina. La gente sta cominciando ad andare al mare e la città si sta svuotando. Mi affaccio alla finestra e, come volevasi dimostrare, non scorgo anima viva, nonostante sia giorno oramai inoltrato. Scorgo solo qualche vecchietta che cammina anchilosata con le borse della spesa, che per l’appunto suda sette camicie.

Vado a prepararmi un caffè anche se, con questo caldo, la caffeina, che è un eccitante, non è proprio l’ideale. Ma di prima mattina un succo di frutta non aromatizzerebbe il mio innatamente ribollente come invece io desidero che avvenga sempre. Amo essere reattivo, e il caffè sa donarmi la giusta carica di sano nervosismo scattante. Perché domare le ansie quando si può essere ben equilibrati in vigorosa destrezza? Mentre, a torso nudo, con indosso soltanto i pantaloni dello sgualcito pigiama, eroso un po’ dalle zanzare, avidamente sorseggio il mio caffè rovente, ecco che squilla il cellulare.

È una ragazza delle mie parti che ho conosciuto per caso su Instagram. Fra noi due non c’è niente, e come potrebbe esservi qualcosa? Io, melanconico e con l’anima perennemente in trambusto, lei, florida ed estatica, per così dire, sempre solare e gioiosa. Ma forse, proprio in virtù delle nostre antitetiche differenze caratteriali, lei è rimasta attratta da me, e mi scrive continuamente messaggi in chat. Dice che non ne può più del suo ragazzo, uno spregevole industriale arricchito che la tiene in scacco e la sfrutta soltanto per la sua bellezza. Ma lei è disoccupata, ha perso i genitori dallo scorso anno, e quel suo ragazzo ritiene che, nonostante la maltratti e la umili, sia l’unica persona che le permette di vivere. Sta con lui perché ha questo qui fa soldi a palate, ovvio, me l’ha confidato, e al momento non ha alternative. Meglio farsi mantenere da uno così che patir la fame o davvero ridursi a elemosinare qualche spicciolo sui viali delle prostitute. Io non condivido il suo atteggiamento, credo che farebbe bene a cercarsi qualche altro, meno ricco ma decisamente meno stronzo. Questo con cui sta, a quanto pare, si comporta esattamente come un pappone. Sta con lei soltanto per via della sua purissima bellezza, ma non la considera neppure. E la tratta da sguattera. Soltanto per andarci a letto e godersela.

– Ne ha combinata un’altra delle sue. Adesso sono in ospedale, al traumatologico. Ho il viso cosparso di lividi.
– Non l’hai denunciato? Che aspetti?
– No, non voglio beghe. Ho detto ai dottori che sono caduta dalle scale.
– Hai paura di lui?
– Certo. Lui è un uomo molto potente nel suo ambiente. Se lo denunciassi, non avrei prove in mano, e sarebbe poi lui a rovinarmi del tutto. L’unica cosa che posso fare è lasciarlo, una volta per tutte. A costo di morir di fame. Ma ha oltrepassato ogni limite. Ha varcato ogni soglia moralmente accettabile del pudore. E dire che, quando mi stringe nelle sue braccia, mi chiama… la sua bambina. E mi sussurra dolcemente all’orecchio che io sono la luce dei suoi occhi. Ma non credo sia la scelta giusta, in fin dei conti…
– Che bastardo!
– Senti, quando puoi vieni a trovarmi.
– Va bene. Dove ti trovi?
– Al Rizzoli. Mi hanno fasciato tutta la faccia e dato dei punti di sutura, e rimarrò qui per settantadue ore.
– E poi dove andrai? Non hai una casa.
– Andrò dove mi porterà il cuore.
– Davvero non ti capisco. Ti ha picchiato e non è la prima volta che succede. Eppure tu non ti decidi a lasciarlo. Sappi che è un figlio di puttana. Un aguzzino, uno strozzino delle anime. E tu devi quanto prima allontanarti da un farabutto del genere. Ti sta solo sfruttando, lo capisci?
– Certo.
– Adesso lui dov’è?
– Ah, sarà certamente in giro con qualche sua amante.
– Con qualche amante? Ma che dici? Tu quindi non sei la sua unica donna?!
– Ci mancherebbe. Ne ha tante sparse dappertutto.
– Capisco le tue difficoltà economiche ma non puoi continuare a farti del male. Devi allontanarti da lui, senza aspettare un istante in più. Scappa, vattene via!
– Sì, è un maledetto. Ma, sai, io sono irresistibilmente attratta da lui.
– Come fa ad attrarti un manigoldo così? È una sanguisuga. Un mostro.
– Lo so…

Le ore vengono scandite dalla più apatica monotonia, il caldo batte sempre più robustamente e decido di prendere la macchina e fare un giro a zonzo per la città. Esploro in lungo e in largo, dal mio abitacolo, i quartieri periferici, percorro su e giù la tangenziale, e alla fine sosto nel parcheggio dell’aeroporto. Stranamente, nonostante sia già periodo di ferie, non è affatto affollato e non vedo partire nessun aereo. Ma, fermo qui, seduto nella mia macchina, medito e rifletto infinitamente. Le nuvole nel cielo si stanno pian piano addensando via via più nere, e da lì a poco comincia a piovere con violenza. Il classico acquazzone di questo periodo? No, questa mi pare proprio una tempesta destinata a durare sin a tarda notte. Rimango in macchina, mentre la pioggia si abbatte sulle strade. Sono un uomo senza meta, mi sento uno straniero in questa città di decumane e portici, di chiese antiche e di grigissimo cemento armato. Anima senza una precisa direzione, non sbandata però, estremamente cosciente nella sua folle lucidità profetica…

Accendo il cellulare e mi collego a Instagram. Sì, questa ragazza l’ho conosciuta su Instagram, è molto bella, un angelo biondo, ma fin da subito mi è parsa diversa dalle altre. È come se possedesse ed emanasse un’aura di leggiadra pudicizia, di sensuale candore innocente. Invece, guarda queste qui… si scattano selfie in pose molto provocanti, quasi tutte in abiti succinti e perfino si compiacciono quando ricevono apprezzamenti spinti e volgari. Anzi, più spinti sono i commenti che ricevono e più vanno in brodo di giuggiole. Impazza l’esibizionismo più edonista, il culto dell’apparenza sta maledettamente vincendo, siamo dominati da una casta sguaiata di manichini che, artefatti, si mettono in mostra per i loro assurdi 15 minuti di celebrità. Quasi tutti e tutte scrivono che sono degli influencer. Influencer di che? Del mercimonio estetico di massa? Della bassezza elevata a stile di vita? Della bellezza gridata e plastificata, patinata e falsa dell’appiattimento totale a canoni omologati del consumismo frivolo e mendace di un’umanità così tristemente vivandata e sputtanata? Ma pare che questo sia il gioco che va per la maggiore e chi non s’adatta a quest’andazzo rimane tagliato fuori. Preso a mali parole, offeso e trattato da poveretto. Tutti coi visi lindi, coi fisici modellati, muscolosi e con finti sorrisi stampati su gote e pose che aspettano soltanto dei like. Per sollazzarsi nel più fetido eudemonismo. Come se la felicità si comprasse, svendendosi al ludibrio carnale e stupidamente ludico. Ah, questo mondo va ripulito da questa zozzeria spacciata per giustezza e contentezza. La vera bellezza sta anche nella savia, creativa inquietudine, non nel bugiardo buonismo. Non nelle sciocche gentilezze e nei modi ruffiani. Ma tutti, anche i più temerari, son stati vinti da questo nuovo, osceno modello di vita. E prima o poi crollano e si adattano a questo piacere plasticato. Sì, plasticato, come se li drogassero e impasticcassero di cazzate, dell’ossessione per la ricchezza, e via dicendo. E io a quello lì dovrei fargliela pagare. Non può usare questa ragazza soltanto per i suoi porci comodi. Non può rimanere impunito. Ma non siamo in Taxi Driver, non posso recarmi a casa sua e sparargli nelle palle. Questa è la vita reale e i giustizieri della notte, nella vita reale, fanno una brutta fine. Son presi soltanto per pazzi pericolosi, per invasati e disadattati. Bisogna che adotti una strategia diversa. Non so ancora quale ma la notte mi porterà consiglio. Forse.

La notte scende turbolenta e la luna occhieggia dall’alto, minacciosa e arcigna, posando il suo sguardo traslucido. Piove. Comincia a piovere. La pioggia scende giù implacabile. E io non so che fare. O forse sì.

Aspetterò che arrivi l’alba e poi, quando sopraggiungeranno le prime luci del mattino, mi recherò sotto la casa di questo verme.

Continuo a gironzolare, insonne, per questa città. Vengono fuori gli animali più strani, la notte: drogati marci e spacciatori e sfruttatori e questa tristissima Via Stalingrado di tale Bologna fetida ne trabocca. Guarda che ceffi, che brutte facce. Sono la feccia più feccia, la vergogna di questa città e mi stupisco che nessuno faccia niente. Ecco, è passante una volante della polizia, come sempre i poliziotti hanno chiuso un occhio. Ho appena avvistato una prostituta che avrà, su per giù, soltanto sedici anni. Si è fermato un cliente grande e grosso e in quattro e quattr’otto l’ha caricata in macchina. E, nulla, la polizia ha visto eccome e ha lasciato correre. Questa città meriterebbe una bella, potente ripulita. Puzza di lercio e questo lercio è vomitevole.

Ah, ecco il primo Sole che spunta. Bene, adesso vado da questo qui. Tanto so dove abita, me l’ha confidato lei più volte.

Nel tragitto, scorgo una videoteca proprio col poster appeso in vetrina di Taxi Driver. Che coincidenza.

Arrivo davanti al palazzo in cui abita, uno dei palazzi più in vista del quartiere San Donato. Parcheggio, scendo di buona lena e aspetto che scenda. Sì, dev’essere un tipo mattiniero costui. Con tutti gli intrallazzi che ha. Attendo per mezz’ora abbondante, oramai si son fatte le otto e mezza di mattina. Non vedo anima viva. Chiedo al portiere.

– Buongiorno. Sa per caso, di solito, quando va a lavorare quello del settimo piano?
– Non sono informazioni che le posso dare. Poi al settimo piano ci sono cinque appartamenti. Lei a chi si riferisce?
– Non posso fare il suo nome. Ma lei ha capito benissimo a chi alludo. A quel riccone industriale che possiede un mucchio di aziende.
– Guardi, in questo palazzo sono tutti ricchi. Comunque, non dica che gliel’ho detto io. Questo mio lavoro non voglio perderlo, m’intenda… lui è già uscito, molto presto. Saranno state le sette. Sa, io e lui siamo molto amici. Sapesse quante belle ragazze che mi fa conoscere… ecco, mi ha detto che alle nove dimettono quella con cui spesso passa le notti, lei gli ha telefonato e lui è andato a prenderla. Si amano davvero, sa? Non so quando rincaseranno.
– Grazie, buona giornata.

 

Stefano Falotico

 

Ma a De Niro non frega niente di vincere l’Oscar con The Irishman? Perché continua pateticamente a offendere Trump?


11 Jun

De Niro Fuck Trump

Sì, inammissibile. E presto al Bob dedicherò un bell’articolo al contempo sputtanante quanto spronante.

The Irishman di Scorsese uscirà con tutta probabilità il prossimo anno, anche se agli addetti ai lavori dovrebbe essere presentato entro fine Dicembre dell’anno in corso per poter gareggiare agli Oscar. Invero, per poter rientrare nei giochi anche dei Golden Globe e degli altri importanti premi, sarà presentato perfino prima, molto prima.

E, se le aspettative saranno rispettate, aspettiamoci un Bob De Niro da Oscar come non accadeva, ahinoi, da lustri. Sì, perché a parte una manciata di titoli, non è che cinematograficamente il Bob stia meritando ultimamente la sua pregiatissima nomea di greatest actor alive. Anzi, negli ultimi vent’anni ha interpretato di tutto e di più, tantissima quantità e assai poca qualità. E, fra suoi ristoranti Nobu sparsi per il mondo, che lui inaugura in pompa magna, Jimmy Fallon Show in cui, come nelle sue peggiori commediole, esibisce un campionario di smorfie da mettere i brividi, spiccicando però pochissime parole, al di là del suo Tribeca Film Festival, e a parte appunto The Irishman, in cui confidiamo sesquipedalmente, a eccezion fatta per la sua comunque fruttuosa amicizia, quasi intima e “omosessuale”, con David O. Russell, De Niro pare più che altro voler continuare la sua guerra imbecille contro Trump. Prima il video virale in cui, ancor prima che Trump salisse alla Casa Bianca, urlava di volerlo prendere a pugni, poi le sue reiterate dichiarazioni in cerimonie nelle quali le sue invettive e i suoi j’accuse son sempre suonati fuori luogo.

Ieri sera, infine, ai Tony Awards, De Niro ha gridato FUCK TRUMP! E un pubblico di miliardari ipocritoni si è alzato in piedi, in standing ovation, con tanto di John Leguizamo a dar la carica!

Non sono statunitense, non sono repubblicano né democratico, ma a me questa gente, straricca, che inneggia populisticamente alle rivoluzioni più stolte mi lascia sconcertato.

Non che Trump, da quel che io sappia, stia facendo il bene della gente. Ma De Niro la dovrebbe smetterla coi suoi falsi proclami. Poi, lo sa che i votanti degli Academy Award sono per metà repubblicani? Se la sua performance in The Irishman dovesse risultare papabile di Oscar, appunto, vuole giocarsi la sua terza statuetta per colpa di queste stronzate d’avanspettacolo?

E poi si tagliasse quella barbona da Mastro Don Gesualdo! Come? Non sapete chi sia Don Gesualdo?

È il protagonista di un celeberrimo libro di Giovanni Verga. Sì, perché io sono un verista, e questa retorica mi sta sul cazzo!

Bob, dopo The Irishman, non hai nessun film in agenda. Invece che cazzeggiare nella tua villa con ostriche e caviali, vedi di muovere il culo!

 

Don GesualdoDe Niro Machete

di Stefano Falotico

Fatti guardare bene, hai un aspetto di merda! Qual è il tuo segreto?  


09 Jun

Brando The Score

Frase pronunciata da Marlon Brando a De Niro in The Score.

E Brando, alla fine, sogghigna, perché sa che Nick un’altra volta l’ha piazzato, senza fare troppo rumore, in culo a tutti.

Sì, devo confessarvi un’atroce verità. Molti uomini si dannano come degli ossessi per avere una donna, semmai riescono ad averla ma è alquanto racchia. Per averla, comunque, hanno studiato trigonometria, fisica quantistica e son stati due anni in Bangladesh.

La mia tecnica, invece, è molto diretta.

L’altro pomeriggio ero a un bar, noto una di buone gambe che beveva un caffè, mi son avvicinato senza dare nell’occhio.

– Ciao, hai finito il caffè?

– Come, scusi?

– Avrei una certa fretta. Paga il barista, poi andiamo.

– Andiamo dove?

– Ci aspetta una serata rovente. E allora, sì, che ti bagnerai le labbra.

– Ma che modi. Comunque dove andiamo?

– Ove andremo non posso dirtelo, voglio che tu rimanga con l’acquolina in bocca.

 

Sì, la mia faccia non ha bisogno di lauree con lode, è una faccia di cazzo.

– Guarda che se continui così ti metteranno dentro.

– Appunto. Dentro, completamente.- Guarda che se continui così ti metteranno dentro.

di Stefano Falotico

Si nota che ero un “maniaco” di De Niro? 3 è il numero perfetto, non cinque come Igort


22 May

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Ebbene, a quanto pare stanno cominciando le riprese di 5 è il numero perfetto, con Toni Servillo nei panni del guappo Peppino Lo Cicero.

Ora, chi è il guappo? Letteralmente significa camorrista ma il termine viene utilizzato soprattutto per definire una persona di bassa estrazione sociale particolarmente stronzetta, volgarona, spavaldamente sfrontata. Sfacciata e disinibita.

Dunque Servillo è “perfect” per il ruolo. Questo napoletanaccio, ah ah, che è amante della mondanità romana, che ha sbertucciato Berlusconi con esiti discutibili, che ora è appunto protagonista di questo film che sarà diretto proprio dall’autore futurista del fumetto omonimo, Igor Tuveri, in arte Igort.

Forse verrà fuori una stronzata.

Ecco, andate a cercare nel net, troverete vari siti che scrissero che in tempi non sospetti si pensò anche a De Niro per questa parte, e si voleva Johnnie To alla regia. Non mento, andate a controllare su Google.

De Niro che, proprio in quel periodo, era associato anche a Frankie Machine da Winslow per Michael Mann.

Io dissi subito che De Niro “guappo” in un film italiota era impensabile poterlo avere, e ci voleva un produttore forte per fargli accettare il film. Mi diedero del coglione e, come sempre accade, i coglioni erano gli altri.

Igort, questo futurista, sì ma non quello del movimento artistico-politico fondato dal Manifesto di Marinetti, e neanche uno che ama il Cinema adrenalinico, romantico, “velocizzatore” di Mann, il creatore di Miami Vice.

Io su De Niro so tutto, conosco anche le rughe che ha sul basso ventre. E quante volte va in bagno nell’arco delle 24h.

Si nota che, soprattutto nel 1995, ero “impazzito”… per lui? Sì, una copia da vedere e rivedere, una nel caso si rompesse la VHS, che si sa è ed era facile all’usura, una per il detto non c’è due senza tre.

E ai due lati il Frankenstein di Branagh e lo Sleepers di Levinson.

Ho detto tutto…

Se volete, vi vendo le due copie “cadauna” all’asta. Prezzo stabilito: 100 Euro. Così, con quei soldi mi compro dieci Blu-ray. Ah ah.

Eh sì, ci sono i guappi che spendono i soldi in cocaina e zoccole e ci sono i falotici che li spendono “a puttane”… Per il puro piacere della visione. Ma quale visone, signora! Da me non avrà nessuna pelliccia, io vendo cara la mia pellaccia. Ah ah.

 

di Stefano Falotico

Genius-Pop

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