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And the Oscar goes to… la mia disamina sulle nominaton con tanto di video da Academy Award, care belle statuine


22 Jan

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Sì, avete presente quest’edizione degli Oscar? Vinse, come potete vedere, Al Pacino.

Io invece incarno, e chi sa la mia storia ne conosce il motivo, sia Pacino di Scent of a Woman che tutti gli altri quattro candidati. Sono uno Charlot “monello” forse rivoluzionario come Malcolm X, ché ho ribaltato ogni certezza, sono un Rea sessualmente ambiguo e naturalmente, ovviamente William Munny.

Beccatevi questa. Ora, diciamocela chiaramente. Ma chi è in fondo De Niro?

C’è una sola cosa che mi differenzia da De Niro. Non ho ancora incontrato uno Scorsese che possa valorizzarmi e non ho i soldi di Bob. Che ha prodotto Bohemian Rhapsody. Se avessi i suoi soldi, certamente avrei prodotto un film decisamente più bello.

E ho detto tutto. Secondo me, diciamocela, con un po’ d’impegno, posso sfoderare una voce migliore di Freddie Mercury.

Come “pazzia”, sì, batto alla grande quel van Gogh. Un’espressionista geniale? Be’, io sono un equilibrista magistrale. Sarei dovuto morire vent’anni fa e invece continuo a essere molto realista nonostante mi si prospetti un futuro, diciamocelo, non ricchissimo. Poteva andarmi peggio. Molti della mia età, oramai alla frutta, dipingono le loro nature morte in selfie artistici quanto Moana Pozzi. Ingrasso e dimagrisco meglio di Christian Bale, sono una star is born più affascinante di Bradley Cooper e talvolta mi comporto da cafone come Viggo Mortensen.

Ma comunque stiamo parlando di un talento straordinario. Mica di un gonzo che passa le sue giornate a pensare come rimediare il pelo di figa della fruttivendola.

Qui viaggiamo su altri e alti livelli concettuali della realtà. Nessuna bassa animalità, tutto un altro pianeta.

Tutta un’altra Inland Empire.

Sì, non sono tanto normale.

Per fortuna.

 

 

di Stefano Falotico

Confidenze erotiche inaspettate e, per piacere, basta con questo Calcio, anche a Santo Stefano


26 Dec

Cuore selvaggio

 

Una persona morta dentro la riconosci subito. In verità, non è morta clinicamente parlando ma, da tempo immemorabile, ha rinunciato a vivere, adeguandosi allo squallido conformismo becero, impiegatizio, sacrificando i propri desideri intimi, veritieri, annichilendo i suoi slanci liberi e selvaggi, a favore dell’andazzo generale.

Perché, come succede ai più, ahinoi, ecco che chiunque, arrivato a una certa età, si è trovato un lavoro per tirare a campare, si è semmai pure sposato e dunque, non avendo più molte ambizioni da portare avanti, essendosi castrato nell’anima, facendo sesso (che poi manco quello fa) soltanto con sua moglie e, può essere, qualche volta con la tristissima amante o, peggio, discretamente viscidissimo con una mezza zoccola (sì, cosa gravissima, manco intera è, almeno fosse figa, invece è una super negrona pachidermica), libero dalle grinfie della consorte, ha smesso di leggere libri, di guardare film. Perché tanto non gli servono più a nulla. Non ha più ideali e, anche se ce li ha, che val la pena continuare a perseverarli? Tanto, appunto, lo stipendio a fine mese gli arriva, la vita sostanzialmente è un grande schifo collettivo, questo pensa, nessuno crede più a niente, le ideologie son scomparse e chi ancor ne aderisce è solo un emerito coglione… E allora evviva lo svaccamento totale da Homer Simpson. Con birretta in mano, panza all’aria sul divano e le partite di Calcio!

Abominevole!

Un uomo, sì, devastato da oneri lavorativi inderogabili, smontato che ha dal suo turno, non vede l’ora di sbracarsi davanti alla tv. Acclamando delle scimmie in mutande semi-analfabete che guadagnano mille volte più di lui, tirando a calci una palla. Eh, va così, inutile cercare di cambiare il mondo! Così è e così sarà. Ah, poveri fessi!

No, non è mero, basso populismo il mio, e non è retorica stantia e superata. E neppure una critica alla società. Anche se lo è, ah ah.

È semplicemente l’evidente, impietosa presa di coscienza di questo mondo di cosiddetti adulti mostruosamente deficienti. Di un’umanità aberrante.

Oramai, già a trentacinque anni, forse pure meno, lasciatasi andare.

Ma quel che è più triste non sono questi morti viventi. Facessero, in fin dei conti, quello che vogliono. La cosa triste è che costoro si prendono la briga di giudicare, stigmatizzare, sfiancare le giovinezze, soprattutto quelle belle, floridamente ribelli, piene ancora di sogni, di voglia estrema di libertà.

Trattandole a pesci in faccia.

Ogni potenzialità giovanile viene deteriorata e abdica ai precettivi schemi asfissianti e demoralizzanti di adulti fantomatici che, a mio avviso, sarebbe meglio se tornassero all’asilo.

Questi adulti ridacchiano, sono sentenziosi, dogmatici, non vogliono sentire ragioni, non vogliono ascoltare alternative. Perché, nonostante in cuor loro disprezzino la loro vita, per quanto sappiano benissimo che è senza senso e inutile, a loro sta bene così. Non vogliono più soffrire. Poiché la ricerca continua induce alla sofferenza. La verità è sempre scomoda, costringe a interrogativi profondi, a riflessioni introspettive non da poco. A rivedere i propri errori di valutazione, a far dietrofront dinanzi ai propri sbagli e, come dico io, sbadigli.

Uno dei grossi problemi della società occidentale è il culto della carnalità. Superata la maggiore età, molti vivono solo per fare sesso. E, per ottenere maggiori favori sessuali, edonisticamente si vendono.

Mercificano la propria anima pur di rimediare una scopata. Tutti palestrati, esteticamente perfetti, impeccabilmente di ottimo aspetto. Ma sostanzialmente delle merde.

Degli ignoranti mai visti. Cultura per loro fa rima con nozionismo. Il nozionismo non è mai cultura. È solo aver imparato a memoria il giorno della morte di Napoleone senza sapere chi è stato Napoleone.

Che poi, anche se non lo sapete, è meglio. Era uno stronzo guerrafondaio.

Se invece di morire il 5 Maggio, Napoleone moriva il 9 Maggio, che differenza faceva? L’unica differenza è che Alessandro Manzoni avrebbe dovuto cambiare la data del suo celeberrimo poema…

E se De Niro, anziché vincere l’Oscar nel 1972 per il Padrino parte seconda, lo vinceva nel 1973 perché l’uscita del film di Coppola era stata rimandata di dodici mesi? Sarebbe morto qualcuno?

In me, invece, è avvenuta una splendida regressione matura.

Anziché essermi imborghesito, sto diventando sempre più giovane e scemo, in senso positivo.

Allora, vado da una e, senza peli sulla lingua, le dico sfrontatamente che vorrei leccarle la figa.

Perché io sono una testa di cazzo, non cambio.

Potete picchiarmi, sodomizzarmi, obbligarmi ai lavori più umili, così potrete credere che mi sia normalizzato nella stupidaggine dolciastra di massa.

Ma io continuerò a rompervi i coglioni.

Perché voglio che non raccontiate più cazzate.

A partire dal nuovo anno.

Anno nuovo, vita nuova. E buttate via le maschere. Bruciatele!

E tu, sì, dico a te, che continui a fare il moralizzatore, dai, lo so benissimo che, la sera, prima di andare a dormire, ti guardi i filmetti porno sul tuo cellulare. E poi vai a dare il bacio della buonanotte a tua figlia.

Svegliandoti il mattino dopo e dicendo al tuo collega: – Ah, come siamo caduti in basso. Visto che schifo? È diventato un mondo di troie.

 

Vedi di ammettere i tuoi vizietti, non c’è niente di male. Il male è rinnegarli e fare i santi quando santi non siete proprio.

Io non me la bevo più. Adesso, donna, bevitelo tutto.

– Ma cosa sei schizzato?

– Sì, completamente. Infuocato. Lecca e non rompere le palle. Attenta, lecca morbidamente.

 

– Ehi, ti proibisco di parlare a quel Falotico. È solo un porco.

– Migliore e più sincero di te, babbeo ipocrita. E ora te le suona, demente.

. Ehi, bello! Ti stai contraddicendo. Prima hai detto che il sesso è qualcosa di edonistico.

– Non ho detto questo. Il tuo sesso è edonistico e falso. Se non hai capito cos’ho detto, beccati questa. E dammi tua moglie. Tanto con te non serve a un cazzo.

 

 

di Stefano Falotico

 

Le migliori serie televisive e il mio video cult da fantasma di Bob


17 Nov

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Stranger Things

Stranger Things

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Ebbene, devo ammetterlo, sebbene qualche insegnante di semantica-semiotica cinematografica del DAMS o scuole affini mi rimprovererà tosto. Le serie televisive mal le digerisco.

Perlopiù la maggioranza di esse.

Sono profondamente convinto che, nonostante molte di queste, invero assai poche, possano essere ottimamente costruite, con sceneggiature perfino ingegnosamente architettate, e farcite di personaggi carismatici, affascinanti o solamente interessanti che, senz’ombra di dubbio, attraggono la nostra curiosità, siano allestite inconfutabilmente al fine di un solo, primario scopo. Quello d’intrattenere. E basta.

Non vi è Arte.

Basti vedere il nuovo format adottato ad esempio da Netflix. Ieri sera, ho visto con molto piacere, divertendomi da matti, il primo episodio de Il metodo Kominsky. Una serie che, se manterrà il ritmo dolceamaro dei suoi primi trenta minuti, scanzonato, nostalgico, leggerissimo, potrebbe ascendere presto tra le mie preferite. Ma questo lo saprò soltanto a visione completata delle sue dieci “puntate”.

Ecco, ogni episodio de Il metodo Komisnky dura appena, appunto, mezz’ora. Alcuni, dando io un’occhiata veloce ai minutaggi dei singoli “spezzoni”, non vanno addirittura oltre i venti minuti. Roba che non fai in tempo a guardare i titoli di testa che già sei arrivato a quelli di coda con un brevissimo intermezzo di qualche sketch fra Michael Douglas e Alan Arkin.

Gli episodi invece di Maniac durano singolarmente non più di quaranta minuti.

Ciò per dire che il livello di attenzione dello spettatore medio, quello a cui punta Netflix, si è notevolmente abbassato.

Un tempo, come da me già detto, la gente si piazzava sul divano e, su RAI 3, ai primi di Gennaio, quando spesso lo programmano, si guardava per intero C’era una volta in America, col solo spazio pubblicitario fra il primo e il secondo tempo in cui andava a dissetarsi e si fumava una sigaretta, oppure recandosi in bagno a fare un po’ di “acqua”.

La gente era abituata alla contemplazione, alla splendida “lentezza”.

Oggigiorno invece i ritmi troppo frenetici giocoforza impostici dalla società non ci permettono di soffermarci troppo sulle cose. Ché poi bisogna guidare la macchina nel caos cittadino.

Dunque, si è adottato questo formato, appunto, velocissimo, d’immediato consumo. Tanto per farci passare un po’ il tempo libero.

Le serie televisive, in generale, fanno esattamente questo. Sono storie che, a mio avviso, potevano essere sintetizzate, senz’assurde digressioni superflue e onestamente noiose, senza siparietti poco funzionali alla vicenda narrata, al fulcro sostanziale della trama, in due ore e mezza, al massimo.

Questa regola vale per ogni serie televisiva. Anche per quelle migliori.

Ecco, non essendo un patito di serie tv, appunto, non ne guardo molte. Ma le scelgo oculatamente in base ai miei gusti. Vado d’istinto. Decido di sorbirmi tutti gli episodi di una serie, semmai uno o due a sera, dopo aver vagliato scrupolosamente.

Posso dunque dire che il mio sguardo è “limitato” e forse avete ragione voi a sostenere che le serie televisive siano oramai il futuro non solo della televisione ma del Cinema.

Detto ciò, sono soltanto cinque le serie televisive degli ultimi anni che mi hanno quasi del tutto appagato e reso fiero di averle viste. Quelle per cui ritengo di non aver buttato del tempo prezioso nel visionarle.

Partiamo dal quinto posto per arrivare al primo.

5) Stranger Things. Sì, tutto vero. Non inventa niente, ricicla il sincretismo culturale anni ottanta, soprattutto, e ripesca da Spielberg, Joe Dante, perfino da Wes Craven, e chi più ne ha più ne metta.

Ma la miscela è ottima, commovente, è una serie che davvero ti riporta indietro nel tempo. Come Ritorno al futuro di Zemeckis.

Promossa appieno.

4) Marvel’s The Punisher. Oh, finalmente Frank Castle, dopo tante trasposizioni orrende, e mi riferisco a quelle con Dolph Lundgren (!) e Thomas Jane, trova nel volto roccioso di Joe Bernthal la sua mimesi perfetta.

La serie è violentissima con tanto di scena in cui The Punisher sfonda gli occhi del suo eterno torturatore e finale in cui macella il cranio dell’amico traditore figlio di puttana.

Ma, a parte qualche eccesso, funziona a meraviglia.

3) Mindhunter. Gli episodi di Fincher sono stupendi. Zodiac incontra Il silenzio degli innocenti.

Qualche luogo comune di troppo sui serial killer rovina l’amalgama ma la serie spinge, eccome.

2) True Detective, prima stagione. Non è assolutamente perfetta. Anzi, più la riguardo e più i monologhi di Rust, che tanto mi avevano impressionato la prima volta che li vidi, mi paiono costruiti, artefatti, e Pizzolatto mi sembra un tizio furbissimo, bravo ad accattivarsi, con pessimistico maledettismo, le simpatie dello spettatore hater del mondo.

Come per tutte le serie televisive, ribadisco, la storia poteva durare molto meno e se ne poteva fare un film. Semmai di tre ore. Molti risvolti e molte parentesi sono esagerate, la serie è dispersiva e alla fine ciò che resta è appunto la forza interpretativa di un McConaughey nel suo ruolo della vita e gli ultimi venti minuti.

Con la discesa nel covo di Carcosa, la resurrezione cristologica di Rust e i due amici di tutta un’esistenza che meditano su questa brutta faccenda. Da lacrimoni.

1) The Night Of. La perla per eccellenza. La prima puntata è qualcosa di magnifico. Abbiamo Fuori orario di Scorsese che incontra la penna di Richard Price. Sin alla lenta, mostruosa esplosione di un equivoco giudiziario spaventoso.

Ma anche in questo caso, come The Guardian disse bene, sebbene The Night Of rimanga a mio parere un capolavoro, la serie si perde un po’ per strada con una storia processuale abbastanza convenzionale da Perry Mason e John Grisham e smarrisce molta della carica della prima puntata.

Il finale però è da brividi e salva i pur minimi difetti enunciativi.

 

Ecco, personalmente, per quanto riguarda Gomorra, Narcos, Westworld in particolar modo, come dice il vecchio Jack Burton… basta, adesso.

Mi hanno scassato u’ caz’.

Ovviamente, ho trascutato apposta Twin Peaks Il ritorno. Che non è una serie televisiva… è la storia della mia vita. Soprattutto quando Laura Palmer torna a casa…

E urla di paura perché questa sua vita è stata tutta un immane incubo terrificante.

Sì, come la mia vita. Ve ne avevo già parlato di questo?

Sì, a un certo punto, similmente a The Night Of, chi mi stava attorno mi ha fissato negli occhi.

E, allucinato da quel che vide, urlò fra il meravigliato, lo sbigottito, l’incredibile materializzatosi ancora.

Sì, qualcosa di tragicamente lynchiano.

 

 

di Stefano Falotico

Twin Peaks: molti sono curiosi di vedere la mia casa, ebbene ve la mostro


07 Apr

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Qui abita il Genius, l’uomo più invidiato del mondo, per via della sua inconfutabile elevatezza, della sua indole poetica e della sua mente oltre i confini dell’immaginazione.

Poi, ci sono i mediocri che affibbiano patenti oscene che io “distorsi” poiché sono pirandelliano e non sono classificabile… ah, state lontani dalle megere… mi sembrano la madre di quella “disgraziata” della Palmer. Poveretta…

Sì, dovreste essere fieri di avere un uomo come me, poco adatto alle nefandezze della frivolezza di massa e cuore puro da sognatore giammai abbattuto.

Mi dispiace per quelli che si sono arenati a una vita mestamente “felice”. Avranno da pagar le bollette e hanno perso da parecchio la bussola… insomma, dei bolliti.

Invece, io viaggio fra scossoni, bollori e botte in testa, senza bottane ma comunque amante delle sottane…

Perché, “sotto sotto”, i mediocri dinanzi al vero piacere se la fan sotto, e io invece io me la faccio pure di lato. Sono, sì, un uomo ubiquo, senza perfetta collocazione, eppur “obliquo” lo ficco in quel posto a chi vorrebbe rendermi sghembo o trattarmi da elephant man…

Sì, mi guardo allo specchio, il mio naso è lungo ma non dice le bugie come Pinocchio, a differenza di molti noiosi e ammorbanti quattrocchi, ed è parimenti proporzionale di lunghezza a “qualcosa” che sta nel mezzo di “dura” interezza. Sì, emano molta tenerezza e le donne, intenerendosi, propendono poi a trattarmi con “durezza”. Non è male come tattica, no?

Sì, son ancor intatto e lei, donna, mi tatti pure. Sono un intoccabile ma se lei mi toccasse anche io la toccherei. Sì, racconto la mia storia alle donne e loro dicono che è molto toccante…

Questo si chiama il “tocco magico” del Genius. Un uomo molto toccato, toccatissimo.

Per fortuna…

Insomma, mi fanno quasi tutti un baffo.

Sì, bisogna prenderla con filosofia. Lei invece come la prende? Con ragioneria? Mah, sarà… cioè, quando la sua donna si mette a novanta, lei dopo il lavoro continua a fare l’impiegato? Ah, siete colleghi. Anche lei ha una vita impiegatizia, diciamo… Ma che bella messa in piega…

La faccia da culo c’è? Sì sì… eccome.

In poche parole, non mi si può perculare. Diciamo che sono “erculeo”, nel senso romanesco di intercul’…

Non sono mai stato un fifone, questa è una diceria delle malelingue. Son sempre stato un figone, purtroppo…

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di Stefano Falotico

Secondo me, gli umani non sono umani, e il Cinema di Nolan è disumano


23 Mar

23517818_324057191336670_8202104531241211530_nOggi, chattavo con una ragazza, una bella ragazza, mica una che lava i piatti e i panni… Mah, invero credo che stiri e che se la tiri, sostanzialmente parlandoci me lo fece tirare. Ma è fidanzata e quindi dovetti raffreddare i bollenti spiriti, come si suol dire. Fatto sta che conversiamo, sì, si passa al presente, e le chiedo che lavoro fa. Mi dice che non fa un beneamato cazzo, ma la sua giornata è talmente impegnata che non avrebbe tempo per fare qualcos’altro.

Io le rispondo che scrivo libri che mi fanno diventare matto, collaboro per riviste di Cinema, sono sottopagato ma rimango un uomo poco plagiato. Diciamo anche che a soldi sto messo a pecora.

Al che, ecco che compare Esperanza Gomez su Instagram, una che è tutta un programma. Invero, la conosco da an(n)i a questa parte e per certi mesi mi scombussolò talmente tanto che dovetti andare dallo psicanalista per chiedergli: – Scusi, ma lei quando vede una donna così, come fa a curare la gente depressa? Non avrebbe voglia solo di trombare da mattina a sera?

Ah ah.

Ecco, noto che Esperanza viene seguita anche da un mio contatto insospettabile, uno che non diresti mai che si dà ai super-porno. Infatti nel suo profilo inserisce foto di chiese gotiche e barocche ma, sotto sotto, gli ride pure il culo e se la gode di belle “gotine” arrossate.

Mah, l’uomo è strano. Non dovete credere ai preti, quelli hanno la collezione di tutti i dvd delle milf più in calore e di tutti i “colori”. Fidatevi. Per questo vi dicono di non mangiare la carne di maiale il venerdì santo… ho detto tutto.

Bando alle ipocrisie! Chi fa il moralista è il primo porcellino. Suvvia, alzi la mano chi non se n’è fatta una… dietro a un PC. La maggioranza se ne fa solo una dietro le tendine. Siete dei mentitori e iddio vi abbia fra le sue braccia. “Sbracciatevi” comodamente sul divano con l’altra mano sul bracciolo, no, braciere, sul carbone ardente.

Ecco, Christopher Nolan fa un Cinema bambinesco, i suoi film a incastro sono enigmatici quanto il culo di Esperanza Gomez. Sembra che vogliano comunicare chissà quale messaggio ma comunicano solo una cosa… con la differenza che alcuni suoi film fanno schifo al cazzo mentre Esperanza non mi pare una che li schifi… Che schifezza!

Comunque, per rispettare il titolo di questo mio scritto… come fa la gente “normale” a lavorare otto ore al giorno, ad andare in palestra, al Cinema, ai concerti, in discoteca, al bar, a far la spesa, a stare sempre su Facebook, e a scopare?

Io impazzirei, infatti impazzii. Questa domanda andrebbe posta a David Lynch. Uno che sa, eccome se sa…

Avete notato che nei film di Nolan non vi sono mai scene di sesso ma solo delle sequenze che fanno cagare più di uno che “gira” stronzate sul cesso? Ah ah.

Mah, è vero. Se a molti piace Nolan, significa che ci estingueremo. Ho detto tutto!

 

Sì, spesso enuncio delle cagate cosmiche, ma non ho neanche la miliardesima parte dei soldi di Christopher. Oh, Cristo!

 

 

di Stefano Falotico

Ricelebrando il mio compleanno, un video che espone la mia personalità, buffa, stramba, forse come Harry Dean Stanton


16 Sep
THE PLEDGE, Harry Dean Stanton, 2001. ©Warner Brothers

THE PLEDGE, Harry Dean Stanton, 2001. ©Warner Brothers

È morto Harry e Lynch lo celebra, in memoria di un grande, che ha partecipato, sempre incisivamente, a una marea di film davvero culto. Lasciando stare questa morte, che mi ha fatto piangere molto, propongo questo video che “rielabora” un mio scritto (che potrete trovare qui e sul mulhollandlynch, al link indicato nelle “informazioni”) di qualche giorno fa, quando “compii” 38 anni.

Dovete sapere che la mia voce, ispida, nervosa, che repentinamente s’interrompe burrascosa, calda, allietante, sobria e poi “sciocca”, piace parecchio e vengo subissato da messaggi in cui mi si chiede di far il doppiatore. Non so, potrei “prestarla” per far la voce narrante di qualche lungometraggio o per raccontare favole. Io ne racconto parecchie, anche a me stesso, perché la vita va presa con spirito vorace, brioso, anche quando le cos(c)e non vanno bene e siamo sommersi da obblighi, responsabilità, da lavori frust(r)anti, e la nostra indole rabbiosa emerge furiosa. Quindi ci calmiamo, ci ricomponiamo, ancora ci spacchiamo. Voi il culo, io no. Amate il cubo e non fissate troppo le cubiste. Siate pittori cubisti, siate fancazzisti, quindi agganciatevi al dovere quotidiano, amate, scopate, non rompete il cazzo, sostanzialmente fatevi… i vostri.

 

di Stefano Falotico

Siamo stanchi dei “critici” scolastici e degli “informatori” odierni


19 Jun

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In tempi di assoluta “compostezza” formale, ove pare che per scrivere qualcosa ed esprimere le proprie idee bisogna essere “educati” da qualche pedagogo della “giustezza”, ricevetti molti attacchi riguardo un mio recente scritto su Avildsen, che ironizzò/ai sulla sua morte con goliardico spirito, non “pio”, dissacrante. Alcuni ne furono infastiditi e mi consiglia(ro)no di essere più moderato e “informativo”. Ah che barbosa noia sarebbe mi adattassi alle “regoline” delle “scienze delle comunicazioni”, ribadisco con orgoglio una “facoltà” che andrebbe abolita perché portatrice di mediocrità, di quella che Burroughs parafrasava come burocrazia peggiore del Cancro. Io son cuore selvaggio e le mie sortite “lynchiane” non piacciono e vengon prese per guazzabugli linguistici cervellotici di scontata imitazione del Carmelo Bene.

Replico di tutto mio (ar)dire, dando fiato alla mia libertà non (puni)bile e non tacciabile di “educazioni” di qualsiasi natura “costrittiva” e limitante. Se voleste che mi “allattassi” alla “spiegazione” della trama, be’, compratevi un Bignami della “Critica” perbenista, e lasciatemi perdere. Sì, più si perde più si diventi agguerriti e circensi nella creatività, nel libero sfogo anche “pleonastico” e poco tollerato di sconfinare in territori di espressione e immaginazione selvatici e oserei dire “creaturali”. Che bellezza, questo/a lo è!

Ciao, caro “amico”, una lunga disamina la tua e parzialmente condivido. Il mio stile è abbastanza particolare e, a prima vista, può apparire scontato e privo di contenuti, ma odio le noiosità scolastica e l’esser troppo seriosi, quindi volteggio in un mare di parole, in un profluvio oserei dire orgiastico, ognuno le (in)tenda come vuole. Se altri mi reputeranno un imbecille che sciorina cazzate, li lascio nella loro limitatezza, spazio in cui credo tu non sia incluso perché, nel tuo consiglio, sei stato molto educato e ciò denota che non appartieni a coloro che, senza conoscendo una persona, si son lanciati in offese perentorie e attacchi ai limiti della denuncia. Non me la tiro da Carmelo Bene, ma è sicuramente un modello ispiratore e non vi rinuncio a emularlo con esiti alle volte ridicoli o grossolani. Ma chi vuol leggermi mi legga, altrimenti se non gli piaccio si astenga. Non è obbligato e non glielo ha prescritto il medico, può rivolgersi a qualcosa per lui più immediato, didattico e comprensibile. Ciao.

di Stefano Falotico

SOMETHING WILD, Ray Liotta, 1986

SOMETHING WILD, Ray Liotta, 1986

David “Twin Peaks” Lynch a Cannes, ed è di nuovo capolavoro


26 May

David+Lynch+70th+Anniversary+Red+Carpet+Arrivals+AqwCLzwHeSXl

Molti non l’hanno già capito, lo snobbano e lo liquidano con frasi superficiali. Impera in loro non l’Inland Empire bensì la “critica” che non sa guardare oltre il proprio naso. Lynch ne possiede uno di cartilagine sinuosa nei fotogrammi liquidi della sua maestosità e se ne frega bellamente, fregiandosi a settant’anni suonati del suo ciuffo alla Elvis Presley, come docet il suo Sailor di Cuore selvaggio. Stamane, al primo fiorir allegro e melanconico al contempo di una nuova giornata tediosa, mi balzò “in capo” di scrivere un libro lynchiano, ma poi mi ricordai che già ne scrissi e altri ne verranno, ma voi invece non addivenite al suo perfetto scrigno delle meraviglie. Al che i suoi (sob)balzi temporali vi paiono solo tristi giochi mentali e qualcuno addirittura, in preda alla follia di massa(ia), sostiene che Lynch sia un malato nel cervello. Lo denigra, in maniera pusillanime gli affibbia etichette distorcenti il suo genio, sibillino, metafisico, ALTRO, come si confà anche al Falotico che sono io, non so se Dio, sicuramente un fantasma di Bob delle elucubrazioni, dei viaggi mesmerici della coscienza, un uomo dalla faccia rugosa, precocemente invecchiato, che passeggia nei suoi neuroni e fa della “suspense” cervellotica un qualcosa in più in tale squal(lid)o mondo. Io sono come Lynch e me ne crogiolo, ordinando un altro caffè al bar mentre la schiuma dei miei pensieri volteggia come latte morbido, “indigesto” per chi non può comprenderlo. Me e Lynch vorrebbero relegarci alla banalità degli schemi preconfezionati, ma noi siamo vendibili solo al banco dell’oreficeria più raffinata. Con questo mi congedo e a Lynch tutto concedo. Anche di essere indubbiamente joker e “matto”, perché va bene così. E voi che lo criticate finitela di stronzeggiare. Al pub “Bang Bang” troverete forse una squinzia che ve la darà “liscia”, ma sarà una vostra vita di merda. Diciamocela “tutta”.

 

di Stefano Falotico

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Come dico io, il folle incita la folla, il fantasma di Bob è sempre stato spaventoso


24 May

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È tornato Lynch col suo (in)cubo a occhi aperti e nella seconda puntata del revival ecco che fa capolino uno dei personaggi più spaventosi dello screen, il fantasma di Bob, in un flashback incendiario da doppio mefistofelico. A interpretarlo fu il “grande” Frank Silva, deceduto per AIDS un ventennio fa e quindi impossibilitato, salvo “reminiscenze” digitali, a tornare in “carne e ossa”.

Vi posto una gif tratta da una sequenza storica che mi ha disturbato il sonno per anni. Un’immagine inquietantissima, che sviscera ed enuclea tutto il genio lynchiano. Una videocamera piazzata al centro di una stanza col divano e il nostro Bob che si avvicina agghiacciante in primissimo piano.

Sì, Bob è un folle che incita la folla. Uno che non inviteresti mai a cena, soprattutto se a cenare sei solo tu e lui, ma un simpaticone birbante, un folletto appunto, un demone, anzi, un uomo “al limoncello”.

Che bello “guaglione”.

Cuore selvaggio, recensione da Superga Cinema


11 Apr

 

Cuore selvaggio Superga Cinema

Genius-Pop

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