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Il problema della CGI di THE IRISHMAN sarebbe da applicare tout-court a un mondo nato vecchio da ringiovanire! Dobbiamo sognare!


27 Jul

de niro the irishman

gangsfalotico

Cap. 1: che storia che sta diventando The Irishman

Eh sì, forse stavolta Martin Scorsese ha commesso il primo, vero passo falso, inaspettato da lui stesso, della sua carriera.

O meglio, non equivocatemi. Non voglio certamente affermare che The Irishman sarà un’opera sbagliata oppure un capolavoro imperfetto come Gangs of New York. Film verso il quale si nutrirono aspettative smodate, film del quale personalmente seguii ogni passo, anche il più microscopico o gossiparo, della lavorazione, pellicola per cui si scatenò un hype esagerato pari forse a quelle che oggi serbiamo, appunto, per The Irishman.

Gangs og New York, un film però sgangherato. Forse perfino sgarrupato, scalognato, addirittura scalcagnato. Con un incipit e un prologo piuttosto sensazionali, con un Daniel Day-Lewis grandguignolesco, monumentale sebbene a tratti caricaturale nella sua recitazione un po’ caricata da chi, dopo il suo auto-esilio da ciabattino fiorentino, si pavoneggiò eccessivamente del suo comeback, interpretando il suo villain con troppa baffuta arroganza e qualche birignao inopportuno e fastidioso.

Un film sorretto dalla fotografia del grande Michael Ballhaus e tenuto magistralmente in piedi dalle maestose scenografie di Dante Ferretti. Ricreate a Cinecittà dopo che De Niro, inizialmente designato per il ruolo andato poi a Day-Lewis, vide il suo sogno andare in frantumi.

Sì, conoscete la storia? De Niro, in concomitanza con l’allora ancora potente Weinstein, prima dunque della caduta rovinosa di quest’ultimo, sognò di realizzare un mega-studio a New York. Ove si sarebbero svolte le riprese proprio di Gangs of New York.

Ma il sindaco Rudolph Giuliani, dopo aver ripulito Hell’s Kitchen, smantellò pure ogni speranza di Bob, tarpandogli le ali. All’inizio, Giuliani gli concesse il suo nullaosta, quindi all’improvviso cambiò idea e mandò in fumo ogni sogno deniriano di gloria. A suo avviso, infatti, una volta eretto questo fantomatico, tutt’ora fantasmatico, ah ah, studio cinematografico di proporzioni faraoniche, le mappe topografiche della Big Apple sarebbero state macchiate, ah ah, da una sbavatura di colore nero come il carbone.

Sì, non sto scherzando. Giuliani fu convinto che i tetti neri dei caseggiati degli studios dello studio stesso avrebbero deturpato il quadro geografico dell’insieme.

Perciò, Scorsese optò in extremis per Cinecittà, chiedendo a Ferretti di ricostruire la Nuova York, descritta nel libro di Herbert Asbury da cui trasse il suo film, alla periferia di Roma, a pochi passi peraltro dagli studi televisivi di Mediaset che ospitarono in quel periodo la prima edizione del Grande Fratello.

Infatti, quando vidi la prima edizione del Grande Fratello, la prima e ultima da me vista, temetti che Cristina Pleviani (la vincitrice), durante i suoi amplessi con Pietro Taricone (pace all’anima sua…), sarebbe stata interrotta sul più bello, cioè nel momento topa, no, topico del sopraggiunto, prossimissimo orgasmo, dai rumori tonanti dei fuochi artificiali della festa notturna di Gangs of New York nella quale Day-Lewis, come sapete, cammina come un porco, tutto tronfio e a testa alta, gigioneggiando cazzuto.

Non sto schizzando, no, scherzando. Potete controllare su Wikipedia. Vedrete che tutto coinciderà. La prima edizione del Grande Fratello si tenne durante i ciak di Gangs of New York.

Invece, nonostante la Plevani, all’esplodere… dei fuochi pirotecnici, spaventatasene, si scostò dal sesso scalmanato di Pietro, Taricone non desiderò affatto il coitus interruptus e deflagrò ugualmente da vero Guerriero indomito e infermabile.

Che uomo incandescente, un lavico fiume in pene, no, piena…

Sì, mi dispiacque molto per la morte di Pietro. Fra l’altro, io avrei dovuto chiamarmi come lui.

Sì, conoscete la tradizione meridionale dei nomi, no?

Cioè quella secondo cui al primogenito si dà il nome del padre di suo padre, ovvero di suo nonno paterno?

I miei genitori, originari della Lucania, però non amarono né amano ancora oggi il nome Pietro e scelsero perciò Stefano. Discostandosi dalle regole auree del casato araldico, diciamo. Mio nonno s’infervorò, di rabbia s’infuocò e per molti mesi non rivolse parola ai miei genitori. Sfogando i suoi peggiori istinti bollenti su mia nonna. Mio nonno, il quale ora sta lassù, deve ringraziare i miei genitori se in quei giorni scopò mia nonna come dio comanda. Ah ah.

Sì, mio padre e mio zio deve averli partoriti durante una delle sue crisi incazzate-toste.

I miei genitori, comunque, per tranquillizzarlo e farlo contento, mi affibbiarono un secondo nome fittizio, diciamo, ah ah, all’anagrafe, cioè Piero.

Cosa? Sì, Piero anziché Pietro. Doppia presa per il culo e mio nonno, a quel punto, esaurite le cartucce sessuali, volle vendicarsi alla stessa maniera di DiCaprio/Amsterdam.

Urlando e minacciando, coi coltelli di cucina, ritorsioni punitive:

– Ma che razza di nome è Amsterdam? No, scusate, Piero! Ucciderò il nascituro!

 

Invero, nella notte della mia nascita, si schierò in prima linea con tanto di fazzoletto in mano e un cardiologo che gli misurò i battiti ventricolari andati su di giri per via della commozione emozionale.

Ah ah.

Sì, alla prima edizione del Grande Fratello, fratelli e sorelle, consanguinei e non, sanguinari o mangiatori del sanguinaccio, partecipò anche un uomo verace e vesuviano di Napoli. In realtà di Siracusa. Vicina all’Etna.

Vale a dire il tuttora imbattuto peso massimo di una delle maggiori stronzate della Storia e della Letteratura mondiale a tiramento di culo, il leggendario Salvatore “Salvo” Veneziano.

Colui che ebbe l’ardire di dire che Dante Alighieri non era morto perché l’aveva visto pochi giorni prima a Forum. Sì, scambiò Dante per Sante Licheri.

Un’ignoranza paragonabile a quella di Rocco Casalino. Uomo d’indubbia protervia e inconsapevolezza dei suoi limiti che all’epoca criticò aspramente Cecchi Paone e ora invece fa il pavone per i 5 Stelle.

Sì, Rocco è adesso il nuovo conduttore di Io sto con la natura, non lo sapevate? Ah ah.

Paone invece, da accademico giornalista di format storico-geografici di spicco, fu scelto per partecipare a una recente edizione de L’isola dei famosi.

Sì, Paone coltivò imperituramente il sogno di diventare l’Indiana Jones italiano ma, sinceramente, malgrado la sua preparazione e la sua acculturazione rilevante, non ha mai avuto né avrà oggettivamente la carismatica statura dell’Harrison Ford meraviglioso che fu.

Ecco, torniamo a The Irishman, nuovamente. Non perdiamoci in avventure nostalgiche, non smarriamoci in ricordi adolescenziali da Spielberg.

Sì, non vedremo The Irishman nemmeno a Venezia.

Quindi, c’è qualcosa che non va, anzi, non sta andando per il verso giusto.

D’altronde, al momento abbiamo solo potuto visionarne un trailer che invero trailer non è, dato che non si vede niente. Al massimo, abbiamo scorto una pallottola che gira come i coglioni che vi faccio girare io quando me la tiro da De Niro e Al Pacino e le voci off dei due mostri sacri appena menzionativi.

Eh già, a quanto pare, gli effetti speciali per ringiovanire gli attori sono poco convincenti.

Vanno rifatti daccapo.

Il film non è ancora incredibilmente pronto. I costi stanno lievitando a dismisura.

I tecnici del reparto effettistico non sono riusciti, appunto, a generare degli special effects efficaci e degni di nota.

Non è però, in fin dei conti, un grosso problema. Suvvia!

Si dovrebbero, secondo me, affidare al sottoscritto. Il quale calzerebbe a pennello nei panni di Frank Sheeran/De Niro da giovane. Assegnandomi anche i ruoli giovanili di Pacino e Pesci.

Sì, sono più camaleonte di De Niro, fuori dal tempo come Marcel Proust, a mio avviso il tempo non esiste.

Per me ieri è oggi e domani è ieri.

Io ricordo tutto, so portare il mio stato mentale indietro nella mia memoria storica, oserei dire antologica e mitologica. Forse a volte stolta ma soprattutto stoica.

Voi invece (vi) raccontate molte balle. Fate i fighi ma siete appassiti, appunto, da tempo immemorabile.

Disconoscete anche il vostro passato. Il passato personale non va mai sconfessato. È in virtù dei traumi e delle ferite patite che ci si fa uomini e non Butcher…

Per esempio, quel tipo lì, già di una certa età, ancora mente alla sua famiglia in merito ai suoi attuali meriti. Perché invece non racconta loro chi era, chi fu? Non ci sarebbe niente di male. Non bisogna giammai vergognarsi delle proprie umane debolezze, anzi, bisogna (ri)guardarle con lucidità e oculatezza.

Sì, lo sa suo figlio che, prima di fare l’intellettuale del cazzo, fu un alcolizzato cronico e lo salvò la moglie dalla perdizione infernale, iscrivendolo a una magistrale scuola serale?

Ecco, la verità è importante. Non bisogna insabbiarla e accanirsi in guerre fratricide. Altrimenti ci si scanna come in Gangs of New York.

Io, in questa mia chiesa sconsacrata innumerevoli volte, mi pento e mi dolgo dei miei errori. A mia discolpa posso solo dire che furono errori di distrazione, di gioventù. Dunque, finitela di farmene una colpa.

Come dice il grande Al Pacino di Scent of a Woman…

Entrando qua dentro ho sentito queste parole: “la culla della leadership”. Be’, quando il supporto si rompe, cade a pezzi la culla e qua è già caduta, è già caduta! Fabbricanti di uomini, creatori di leader state attenti al genere di leader che producete qua. Io non so se il silenzio di Charlie in questa sede sia giusto o sbagliato. Io non sono né giudice né giurato ma vi dico una cosa. Quest’uomo non venderà mai nessuno per comprarsi un futuro.

E questa amici miei si chiama onestà. Si chiama coraggio. E cioè quelle cose di cui un leader dovrebbe essere fatto. Io mi sono trovato spesso ad un bivio nella mia vita. Io ho sempre saputo qual era la direzione giusta. Senza incertezze sapevo qual era. Ma non l’ho mai presa. Mai. E sapete perché? Era troppo duro imboccarla. Questo succede a Charlie. È arrivato ad un bivio. E da solo ha scelto una strada. Ed è quella giusta. È una strada fatta di principi. Che formano il carattere. Lasciatelo continuare per il suo viaggio. Voi adesso avete il futuro di questo ragazzo nelle vostre mani! È un futuro prezioso. Potete credermi. Non lo distruggete. Proteggetelo. Abbracciatelo. È una cosa di cui un giorno ne andrete fieri. Molto fieri.

 

Io non compro la mia dignità, leccando. Se vi sto antipatico, almeno abbiate appunto la dignità di deporre le armi e di non continuare in assurde rivalità cretine da bambini.

Se voleste invece aiutarmi nei miei sogni, ecco un esempio che ho da offrirvi.

Cercate la campagna crowfunding de La leggenda dei lucenti temerari.

Vincere?

E allora vinceremo!

Lasciando stare i fascismi e tutte le puttanate varie. Le prese di posizione e le stupide, ottuse prese per il culo.

Le riprese di Gangs of New York: 18 Settembre 2000 – 12 Aprile 2001.

Grande Fratello prima edizione: 14 Settembre – 21 Dicembre 2000.

 

Cap. 2: la Storia non vi ha insegnato allora nulla? Prendetela come viene…

Come puntualizzò Pasolini, la Storia è sempre la stessa. Vive di recrudescenze, interminabilmente per i giovani si presentano gli stessi problemi degli insanabili, annali, secolari, millennari(stici) conflitti generazionali. Dunque, se negli anni trenta, la gente combatté per la fame, vivendo di stenti, dunque a stento, ossessionata pressoché dalla sola preoccupazione della sopravvivenza, uscita dalla Prima Guerra Mondiale, desiderò solamente un po’ di requie, svagandosi con Stanlio e Ollio e l’allegria che esorcizzò lo spauracchio delle battaglie infernali da cui si salvò miracolosamente, arrivò poi però Hitler, nacque il nazismo, pullularono le teorie scioviniste, in Italia avemmo il fascismo, scoppiò di nuovo insomma un gran casino.

Fu tutta una Resistenza e ancora una volta la giustizia trionfò nonostante le perdite incalcolabili e immani.

Nuovamente, la gente si rimboccò le maniche, invase le strade, festeggiando la libertà. Tutte le persone, uomini e donne si abbracciarono, scopando come bestie selvagge per tutta la calorosa notte di balli e canti, forse anche di qualcuno rimasto solo come un cane nell’alzare comunque alla luna il calice. Ringraziando iddio d’essersi appunto salvato.

Ecco, The Irishman è un film di Netflix.

Lo streaming già esisteva, i film piratati da una vita oramai imperversavano sul web. Sì, certo, ma Netflix ha dato compiutezza al marasma generale, divenendo produttrice in prima linea d’un concettuale, nuovo, avanguardistico modo di guardare (al) Cinema.

Sono tanti quelli che ancora, ostinatamente, fervidi passatisti e nostalgici di un’era oramai, nel bene o nel male, non spetta a me giudicare, scomparsa, sepolta viva dalla Settima Arte sullo schermo del pc, non vogliono arrendersi né darla vinta a Netflix.

Dunque, abbiamo due fazioni di cinefili che si stanno fronteggiando a muso duro. Come detto, quelli di una generazione, poco più grande della mia, sono decisamente convinti che il Cinema, nella sua accezione migliore del termine, vada gustato in sala, ovvero costoro sono i denigratori di Netflix.

Guidati dal Priest Vallon/Liam Neeson, difensore chiesastico della tradizione.

Turbati oltremodo da questa piattaforma che ha stravolto e coinvolto perfino registi importantissimi come il suddetto Scorsese.

Il quale, alla pari del suo Andrew Garfield di Silence, abiurò dinanzi alla legge laicamente spietata del commercio… O forse invece, come spiegherò e disaminerò nelle righe seguenti, fu già invece illuminato e agnostico come Cronenberg.

Sì, io sono pro Netflix. Non si era capito?

Sono William Cutting?

No, ma credo che, come tutte le invenzioni, non vada demonizzata.

Scusate, non è colpa di Enrico Fermi se furono scagliate le bombe atomiche a Hiroshima e Nagasaki.

Lo stesso discorso è applicabile a Netflix.

Tutto ciò che è innovazione m’affascina.

Guardiamoci in faccia.

Ero prima in macchina. E ho ascoltato un filosofo che ha analizzato la situazione sociale-economico-antropologica odierna, scoprendo l’acqua calda. Ah ah. Eh sì.

Ha sciorinato un campionario di banalità dette assai meglio da Cronenberg e da Black Mirror.

Cioè, per farla breve, ha detto che in un futuro non tanto lontano saremo così tecnologizzati da diventare uomini-macchine.

Eh, il dottorino laureato a Padova ha fatto, come si suol dire, la scoperta dell’America.

Io lo dico da una vita. Su per giù da quando avevo tredici anni. In effetti, da allora quasi tutti mi scambiarono per pazzo.

A tutt’oggi, mi urlano in faccia: ma ce l’hai una vita tua? Come fai a vivere se non vivi le cose realmente?

Poveri idioti, voi sapete ben poco della mia vita, dei meandrici corridoi delle mie paure, dei tunnel neuronali delle mie emozioni ancestrali, etiche e anche etniche. Non sapete nulla nemmeno di quel che patii sebbene mi compatiate.

Credo che abbiate di me frainteso tutto. Dandomi dello schizofrenico, del fobico sociale, dell’impresentabile cacasotto irrimediabile, dell’irrecuperabile uomo che vive di sogni irreali.

Ovviamente, io sono il sognatore fattosi Videodrome, il disagiato Stephen Lack di Scanners, l’eXistenZ (non) vivente giammai marcescente che impeccabilmente risulta sempre sano/a di mente malgrado tutte le vostre psicanalisi da quattro soldi sul sottoscritto da A Dangerous Method.

Voi non siete né Freud né Jung. Ecco, se foste Keira Knightley, potrei darvi retta. Anche darvelo nel retto. Keira è bona!

Voi non siete buoni. Siete degli ipocriti.

Vivete di patti d’onore da russi come ne La promessa dell’assassino, non cambiate mai punto di vista sulle cose, nemmeno sulle cosce. Il vostro è un Naked Lunch di stronzate, una Cosmopolis di seghe mentali.

Siete fastidiosi come La mosca, Inseparabili dalle vostre certezze bacate. Come in Crash, siete “bucati” e spaccati.

Però, la vostra Zona morta non è veggente come Christopher Walken. Anzi, più passa il tempo e più diventate come l’omicida del film appena citatovi.

Vi nascondete e rinnegate ogni vostro atto criminoso. Io, come Cristo, no, come Chris, conosco il vostro Demone sotto la pelle.

Sì, parimenti a Cronenberg, non sbaglio mai. Se dico che uno è pazzo, lo è.

Per esempio, da qualche mese a questa parte, s’è rifatto vivo un demente che continua anonimamente a darmi patenti da Spider.

Definisce inoltre le mie critiche e le mie recensioni cinematografiche assai scontate, apostrofandomi con epiteti sconcertanti. Dipingendomi come vecchio e polveroso.

Polveroso? Basta portare la giacca da un’ottima lavandaia e la ripulirà da ogni acaro, miei cari.

Farete la fine di Icaro.

Mah, essere vecchi a 39 anni è un’impresa da M. Butterfly. Cioè, è troppo presto per cristallizzarsi perfino nella sessualità. Oggi può piacerti Cristina Quaranta, domani pure.

Se a te piace John Lone, sarai Jeremy Irons di Lolita. Che cazzo devo dirti? Hai dei gusti un po’, diciamo, perversi.

Ma non sono un moralista. Basta che non inculi me e io continuerò ad affermare che Julianne Moore di Maps to the Stars è una figona.

Io sono un tipo particolare.

Per molto tempo, fui scambiato per Evan Bird. Ragazzo prodigio talmente invidiato che tutti lo spinsero a gesti osceni.

Al che entrai in rehab da curatori dell’anima come John Cusack. A differenza del film, però, Cusack non era mio padre.

Insomma, una tragedia, ah ah.

Cusack combinò danni al figlio più di Barry Lindon, figurarsi coi figli degli altri quanti danni avrebbe potuto combinare.

Sì, infatti incontrai molti santoni-psichiatri, demagogici e stronzi. Che vollero spingermi a tirar fuori le palle. Sì, dei Lee Ermey di Full Metal Jacket.

Ragazzi, non fatevi istruire da questi qui.

Questi spegneranno ogni vostra savia fantasia da Eyes Wide Shut. Vi riempiranno di psicofarmaci e ingrasserete più di Vincent D’Onofrio.

Questi psichiatri sono delle palle di lardo…

Vi racconto questa…

Nel 2006, così come avrete visto in uno dei miei recenti video inseriti su YouTube, lo infilai spesso a quella che era la mia ragazza. Che poi… già l’espressione “mia ragazza” m’è sempre stata sul cazzo.

Che cos’è una proprietà privata, un oggetto, una lavastoviglie?

Comunque, fra il dire e il fare, una sera riguardammo assieme il sopraccitato film di Kubrick.

Finita la visione, lei mi guardò negli occhi:

– Che dobbiamo fare, ora? Scopare? – le chiesi io.

– No, stasera non ho voglia. Piuttosto, devo confidarti, alla maniera della Kidman, una mia fantasia erotica su un ragazzo che non sei tu. Posso riferirtela?

– Ah, ormai, anche se non m’hai spiegato di che si tratta e di chi si tratti, m’hai detto platealmente che hai una fantasia su un altro. L’hai detto pure a voce alta. L’ha sentito/a anche il vicino. Ottimo, che tatto, che sensibilità, cazzo.

Vai, spara.

– Ecco, la fantasia è questa. In realtà, è una fantasia realistica, diciamo molto corposa.

– Cioè? Vieni al sodo.

– L’altro è già esistito in maniera molto tangibile e senziente.

– Detta come va detta, m’hai messo le corna.

– Un po’ sì. Ma non del tutto.

– Specifica non del tutto…

– Abbiamo fatto l’amore, sì, non lo nego. Vorrei però spingermi con lui oltre… Secondo te, è una fantasia lecita?

 

Ecco, come la presi?

A schiaffi, ecco come la presi. Ah ah.

 

Ve ne racconto un’altra…

Nel 2004 invece stavo con una di Trieste di nome Roberta.

Dal nulla, mi capitò a tiro… una di Roma. Era una scrittrice.

Chiese d’incontrarmi perché, dopo aver letto un mio libro, voleva darmi una mano…

Diciamo qualcosa in più.

C’incontrammo, andai a prenderla alla stazione.

La feci entrare… in macchina. Lei, dopo tre minuti, mi saltò addosso. Anzi, s’avventò prima sul mio collo, poi cominciò a infilare la sua lingua dentro la mia bocca.

Dopo un minuto abbondante, mi sputò in faccia.

– Be’? Non hai nessuna reazione? Non sei cresciuto! Fottiti! Dio mio? Perché Roberta sì e io no? Sei una merda!

 

Sì, da quel momento per lei tragico, lei cominciò a calunniarmi con Roberta. Non so come fece ma riuscì a impossessarsi del suo numero di cellulare:

– Roberta, lascialo. Io e Stefano l’altra notte ci abbiamo dato di brutto. Lui ti ha tradito! Lui va con tutte!

 

Intimai codesta mentecatta infima di smetterla:

– No, non puoi mettermi a tacere!

– Perché vai da Roberta a diffamarmi?

– Lo farò finché tu non mi farai. Ecco, facciamo così. Salirò di nuovo a Bologna. Faremo quello che devo fare con te. Poi starò zitta e dirò a Roberta che io e te non è vero che abbiamo scopato. Affare fatto?

 

Sì, guardate, amici, è un mondo che vuole fotterti sempre.

Scorsese è l’unico al momento che non m’ha mai tradito.

In un modo o nell’altro, ce la farà!

 

 

 

di Stefano Falotico

 

dante ferretti

Se volete essere artisti, attori, registi e scrittori in Italia, vi presento l’orrenda situazione medioevalistica del nostro Inferno dantesco


30 Jun

paradiso perduto de niro

benedetta 4 benedetta 3benedetta 2 benedetta

Ieri sera, con un amico abbiamo discusso della situazione artistica italiana. Prendendo assieme coscienza, per l’ennesima volta, che in Italia chi vuole affermarsi per divenire puramente artista, ecco, non solo non ha la strada spianata, bensì ha davanti a sé un dirupo, un precipizio.

Sì, se un perfetto sconosciuto desidera(sse), in questo nostro Paese di medici e avvocati truffaldini, di stronzi analfabeti e cazzoni, di elevarsi dalla media e prodigarsi al fine di portare avanti le sue idee creative, può anche subito gettarsi giù da uno strapiombo.

Perché, come molti di voi sapranno, non arrivi a pubblicare o a girare perfino soltanto un cortometraggio rilevante, se non sei ammanicato a un viscido, puttanesco sistema editoriale-produttivo e/o promozionale di gente falsa e ruffiana.

Prendiamo, traslando la situazione di merda/e, l’apparentemente rosea fabbrica dei sogni di Hollywood.

Comprendo benissimo le recriminazioni doverose di tutte quelle attrici che, stanche, esasperate, distrutte, avvilite, umiliate da Harvey Weinstein, denunciarono quest’ultimo in massa.

Perché, sostanzialmente, la legge ferrea per sfondare nel firmamento delle stelle è principalmente, soprattutto per le donne belle e avvenenti, quello di farselo sf… e, appunto, accettando compromessi, sessuali e non, assai riprovevoli, disgustosi e ovviamente criminosi.

In quanto, il signor Weinstein concesse onori e lusso, prestigio e Oscar alle sue predilette, alle sue pupille (e papille gustative) alla condizione che, prima di lasciarle, lussuriosamente, accedere alle prime delle migliori passerelle mondiali, donassero le loro p… da put… elle.

Ha sempre funzionato così, inutile girarci attorno.

Quello che però non capisco è perché queste donne abbiano dapprima abdicato alla sua schifosa legge e poi, non ottenendo i riconoscimenti, gli onori e la gloria che s’erano illuse di ottenere, l’abbiano denunciato. Volendolo fottere. Il famoso lasciapassere, no, lasciapassare.

Dovevano denunciarlo prima di essere v(i)olate. Eh già, un manipolo, anzi gruzzoletto, ah ah, d’ipocrite altrettanto lerce a laide.

Com’è che invece io non faccio così? Innanzitutto perché non sono una donna e poi perché non mi svendo. In una parola povera da poveretto, eh sì, ridete pure, non mi prostituisco.

Ben conscio oramai da tempo di essere molto dotato, avrei potuto optare per una vita da Richard Gere di American Gigolo. Sono un caso umano.

Oggi sarei considerato un sex symbol ma soprattutto, coi soldi fornitimi dalle vecchie signori abbienti anche se probabilmente racchie, decrepite, storpie e grasse deficienti, sguazzerei in una piscina, gustando cocktail a mollo…

Eppur giammai mollerò!

Vi è gente che, grazie agli introiti riscossi dai loro video inseriti su YouTube, è diventata ricca e famosa.

Persone geni(t)ali! Al loro canale sono affiliati e iscritti milioni di persone bestiali.

Questi youtubers sono più bravi di noi? Sono davvero talentuosi, sono semplicemente più cazzuti?

Hanno avuto più culo, come si suol dire, hanno investito un patrimonio, ereditato dai genitori nababbi, per comprarsi gli inserti pubblicitari di Facebook o, invece, oggi va di moda il trash? Campo nel quale sono maestri? Eh sì, un tempo, anche solo per fare il maestro delle elementari, dovevi diplomarti alle scuole magistrali. Questi ammaestrano tutti, hanno più visualizzazioni della BBC ma, in fatto, di ABC, non è che li veda benissimo. Diciamo. Ci vuole la babysitter per farli stare zitti.

Cosicché, se uno realizza un video in cui fa una scoreggia, diviene il nuovo Laurence Olivier con tanto di applauso scrosciante d’un pubblico di spettatori da bonjour finesse davvero spiccata, oserei dire da premio Nobel. Pulitzer! Pulizia!

Macché, youtubers di successo bravissimi ce ne sono.

Ma i più sono dei cretini, degli svenduti oppure delle puttane che, per ascendere all’olimpo della graduatoria, si son dati nudamente porcelleschi alle imitazioni più becere e patetiche di Alvaro Vitali, venendo a loro volta inondati da una progenie degenerata di assoluti debosciati?

No, non è affatto vero. Stai, sto scherzando?

Sono uomini e donne che, nella vita, mai mollarono.

Infatti, ne mollano talmente tante che oggigiorno sono scambiati per Che Guevara del meteorismo.

Non sono mica meteore qualsiasi. Grazie alle loro aerofagie volano altissimi come mongolfiere. E svolazzano per decenni interi nel blu dipinto di blu.

Invece, chi parla nei video in maniera competente, seria e oserei dire altolocata di Cinema e Letteratura, a meno che non lecchi il culo a qualche promoterinfluencer di grosso calibro, uno a “cazzo duro” insomma, viene preso per mongolo in questa società di palloni gonfiati.

Ecco, il mio editor aveva ragione e ha ancora ragione su tutta la linea, sull’intera collana… Mi disse di continuare nel selfpublishing, tanto la Mondadori pubblica solo chi spedisce regali e doni al figlio di Berlusconi, la Newton Compton pubblica i classici e non caga gli autori postmoderni mentre le case editrici, piccole o grandi che siano, non a pagamento, cioè quelle che non richiedono il contributo editoriale, esistono ma se sei una donna devi scoparti l’editore, se invece sei un uomo devi essere già un giornalista affermato che è sposato con un’ex attrice italoamericana, un tipo alla Annabella Sciorra per intenderci, che dopo averlo preso in quel posto da Weinstein s’è riciclata in campo editoriale, mettendo su una casa editrice di romance (ig)nobili da Cinquanta sfumature di grigio.

Se invece sei un intraprendente, coraggioso regista alle prime armi, al massimo possono darti 300 Euro per filmare, come se fosse il super 8 della prima comunione, uno spot della Pubblicità Progresso con le solite banalità superficiali sulla povertà, l’anoressia e la bulimia, la depressione e la situazione sociale… è questa. Sì, ieri notte ho contattato una, una che davvero è una correttrice di bozze importante/i, soprattutto dei suoi educazionali refusi nel galateo del cazzo:

– Ciao Benedetta. Sei ancora sveglia a quest’ora? Disturbo?

– No, se mi hai visto online, significa che non dormo, ovviamente. Non ho sonno, stanotte. Quindi, dimmi pure.

– Ecco, domattina posso inviare alla mail della tua casa editrice, della quale tu mi hai parlato in termini lusinghieri ed entusiastici, avendomela tu descritta come una rivoluzionaria casa editrice all’avanguardia che privilegia le grandi speranze giovanili, un mio manoscritto inedito?

– Sì, certo. Buonanotte.

 

Incredibile.

Siamo sicuri che questa Benedetta sia una davvero benedetta dal talento di scoprire talenti? Non è che sia, detta come va detta, un’entraîneuse che fa entrare… nel suo circolo cul-turale solo chi le si dà con prosa poetica poco intellettuale, invero animale?

Ben detto.

E che dio vi benedica.

Sono il nuovo Dante Alighieri e voi, no, non brucerete all’Inferno. No, non sono così cattivo.

Diciamo che però il Canto Diciottesimo della Divina Commedia potrebbe essere la vostra casa dei piaceri…

O no?

Già, ma per piacere!

Ricordate: Beatrice era in verità una meretrice.

Oh, signore benedetto!

 

di Stefano Falotico

Pupi Avati vuole Al Pacino per il suo film su Boccaccio. Ma continuasse piuttosto a lavorare col cuore grande delle sue ragazze sboccate


29 May

Carlo+Vanzina+Funeral+In+Rome+1fKf2CBjpCdlDico, scherziamo? Avete letto su Il Corriere di Bologna?

Pupi Avati, uno che da almeno tremila anni non gira un film degno di chiamarsi film, bensì semi-fiction con ochette come Micaela Ramazzotti, ha affermato che è in serie trattative con Al Pacino affinché uno dei più grandi attori della storia del Cinema, cioè Al medesimo, possa accettare di lavorare con lui per un biopic storico, immedesimandosi in Boccaccio.

Co-interpreti Johnny Dorelli e Neri Marcorè.

In tale presunto pseudo-film da sagra di Budrio, famosa città dell’entroterra bolognese, Boccaccio sarà accompagnato nel suo girone infernale d’una vita tormentata nientepopodimeno che da Dante Alighieri.

Ah sì? E Dante chi sarà? Dorelli con Gloria Guida nella parte di Beatrice che fra un Decameron e un trombone oramai andato recita la parte della signora vecchietta che ancora scoscia come ne La liceale seduce i professori da fenicottero femminile che arrostiva negli anni settanta tutti i maschi più polli?

Cribbio, Chichibio e la gru!

Oppure l’Alighieri sarà Marcorè? Che, visto che Beatrice non gliela dà nemmeno se si mette a imitare appunto pure Al Pacino, si dà allora a una seconda notte di nozze, prendendola a ridere come Albanese e guardando un vecchio programma di Pippo Baudo con Katia Ricciarelli che canta di gola profonda peggio di sua moglie. La quale, nel frattempo, non con Antonio Albanese, bensì con un senegalese, urla di piacere nell’altra stanza da soprano e sottosopra, soprattutto, con Alessandro Haber, celeberrimo p… che si crede Bukowski.

Non prendertela, Alessandro, diciamo che le donne come Lucia Lavia t’inducono a recitare in maniera troppo realistica.

Bukowski, nonostante fosse un donnaiolo incallito, non si è sputtanato mai. Alessandro invece si è prostituito di brutto, cinematograficamente, partecipando perfino a I laureati di Pieraccioni.

Che pagliaccione.

No, dico, parliamone.

Comunque, il prossimo 22 Agosto, Pupone Avati uscirà nei nostri cinema con Il signor diavolo. Che, almeno a giudicare dal primissimo trailer, pare un horror grottesco migliore di The Devil’s Advocate.

Film quest’ultimo assai sopravvalutato. Oh, ci siamo capiti, Pupi. Vedi che quando lasci stare i tuoi ricordi patetici, le tue nostalgie da Francis Ford Coppola dei poveri, riesci semmai ancora a graffiare e inquietare come un tempo? Sei un arcano incantatore…

Sì, Pupi, vogliamo mettere Rusty il selvaggio e Peggy Sue si è sposata con le tue bazzecole come Dichiarazioni d’amore?

Lascia stare alla tua età Marcel Proust immerso nella Bologna dei tortellini e delle lasagne al ragù à la Abatantuono nella Stazione Centrale del suddetto nostro capoluogo emiliano da Gli amici del bar Margherita.

Vedi che sei riuscito a far rinascere Andrea Roncato/Margheritoni di Mezzo destro mezzo sinistro – 2 calciatori senza pallone?

Ma per piacere lascia stare Al Pacino, a proposito di Coppola…

Sì, io sono l’Al Pacino italiano. Come Al non ho mai davvero istituzionalizzato la mia cultura scespiriana.

Anzi, per la mia indole da Matt Dillon, appunto, di Rusty il selvaggio, ci furono momenti nella vita in cui diventai uno schizofrenico irreversibile come Al de Lo spaventapasseri.

Soffrii addirittura di deliri d’onnipotenza come Tony Montana di Scarface.

Ebbi pure molti dubbi sulla mia eterosessualità come Al di Cruising. Poi, grazie a un sito d’incontri, incontrai appunto una come Ellen Barkin di Seduzione pericolosa e lei toccò con mano che, appena odorai il suo Scent of a Woman, provammo entrambi un forte heat.

Di mio, sono come Pacino.

Gli unici due uomini al mondo capaci di recitare monologhi lunghissimi senza avere la cattedra alla Bocconi.

Ma nella vita si sono trovati meglio gli uomini boccacceschi, cioè solo triviali e porcelleschi che aprono bocca senza sapere quello che dicono e le donne sboccate che amano essere imboccate e soprattutto adorano i bo… ni.

Sì, i bovini, che avevate capito? Sì, i bovari come Ligabue… certe donne brillano…

Mica i grandi attori come Al Pacino.

Firmato Stefano Falotico, alias Joker Marino.Al+Pacino+American+Icon+Awards+Red+Carpet+bj95klpj85pl

Il discorso del re: la coerenza e la forza di alcuni grandi registi e pensatori come Dante Alighieri, Pasolini ed Eastwood m’impressiona, io onestamente sono privo della loro allegorica moral guidance


25 May

discorsore firth

Sì, questa mia considerazione parte da un piccolo scambio di battute stimolanti avute su YouTube, nello spazio commenti, fra me e un altro utente di questa piattaforma famosissima, oramai imprescindibile, facente parte del cronenberghiano, oserei dire, codice genetico delle nostre eXistenZ scisse fra la vita normale di tutti i giorni (che poi normale non lo è mai e forse non vorremmo neanche che lo fosse) e la vita virtuale da noi tutti spesso più amata, anelata, bramata rispetto alla vita quotidiana stessa. Orripilante nella sua facciata sfacciata, nella sua impertinente volgarità smodata e allineata solamente alle stupide mode più orride e ripugnanti.

Questa mia riflessione nasce dopo aver visto La casa di Jack (e forse lo rivedrò in Blu-ray per rivedere la mia recensione probabilmente più tagliente delle lame e delle cesoie usate dal macellaio Matt Dillon nel “recensire”, soprattutto censurare, gli altri esseri umani) e dopo aver ascoltato, fra il timido, l’imbarazzato, l’incuriosito e il coraggioso, Federico Frusciante porgere al grande Joe Dante la domanda secondo cui il suo cognome Dante, appunto, essendo uguale al nome di colui che è considerato il padre della Lingua italiana, ovvero l’Alighieri della Divina Commedia, potrebbe forse, inconsciamente, aver ispirato la poetica stessa dell’autore dei Gremlins.

Ecco, io mi son sempre chiesto come sia possibile creare un indiscutibile, universale, morale, immortale capolavoro come la… Commedia se si possiede una vita cosiddetta normale.

Sarebbe impensabile, credo per chiunque, oggigiorno scrivere qualcosa del genere nella società attuale che viviamo giornalmente.

Dante era ricchissimo sebbene, come giustamente osserva Wikipedia, la famiglia degli Alighieri (che prese tale nominativo dalla famiglia della moglie di Cacciaguida) passò da uno status nobiliare meritocratico a uno borghese agiato, ma meno prestigioso sul piano sociale.

Detto ciò, Alighieri comunque aveva soldi che gli uscivano, come si suol dire, perfino dalle orecchie e dalle narici del suo lungo, oblungo naso adunco del suo celebre “avatar” da profilo Facebook.

Sì, non viveva certamente le condizioni socio-economiche degli eroi sottoproletari di Ken Loach, era forse apolitico, girava per l’Italia malgrado stazionasse perlopiù a Firenze, dunque non era apolide e nemmeno poliglotta. Non avrebbe mai potuto essere un uomo storto e pericolante come la Torre di Pisa ma soprattutto come la Garisenda di Bologna ove è affissa, come saprete, incorniciata una sua poesia dai felsinei adorata.

Reinventò dal volgo la nostra Lingua ma non conosceva una sola parola d’inglese.

Roba che oggi finisci all’Inferno, soprattutto internato, anche se non sai accendere un PC.

L’Alighieri non doveva pagare le bollette perché era cotto di Beatrice. Anche se lei non gliela vada, la sua vita andava grassa comunque. E dunque non poteva finire fritto e bollito, poteva permettersi il lusso di crearsi il Paradiso a immagine e somiglianza della sua vita da nababbo al settimo cielo.

No, non voglio ardire a dire che non pagasse la tasse, ci mancherebbe. Ma secondo me non lesse mai una sola parola dei libri di Torquato Tasso. Su questo posso metterci la mano sul fuoco. Finirò arso per questa mia blasfemia?

No, perché è verissima. Tasso nacque molto tempo dopo. Al massimo, l’Alighieri da lassù, assieme a qualche dio della nostra tivù da spot Lavazza, non dovendo farsi il culo per pulire né la tazza del cesso né la tazzina di caffè, sì, può aver avuto e ha tuttora il tempo di farsi una cultura…

Insomma, che cosa ha reso paradisiaci Pier Paolo Pasolini e Clint Eastwood? Al di là delle loro conclamate, evidenziate ed evidenziabili contraddizioni, a differenza dell’uomo medio che tanto favella e assai poco combina, sono riusciti ad adattare la loro dura visione del mondo, del Cinema e della vita ai loro principi (mettete l’accento ove volete) di realtà.

Io purtroppo sono un uomo medio. No, forse mediocre no. Medio certamente, ancora, sì. Poiché in un mondo iper-stimolante, sovreccitato come quello di oggi, bombardati come siamo da richieste lavorative sempre più schiavistiche, da stress quotidiani mai visti, da oneri e impellenze burocratiche inderogabili ché, se non le rispetti, finisci multato o peggio incarcerato, sapete com’è…

Non credo sia facile isolarsi nella propria casetta e passare le giornate a scrivere e redigere capolavori letterari da mattina a sera. Io questo lo faccio, invero. Ma io sono pazzo. Ed è tutto un altro discorso… Comunque, è tutto opinabile. Che tu sia sano lo dicono solo i tuoi leccaculo. A mio avviso, tu non sei né pazzo né sano, neppure santo, nemmeno psicopatico o puttaniere. Non sei e basta. Ah ah.

Sì, voi non siete folli. Siete distratti dalla folla, dal dubbio oserei dire amletico riguardo il possibile, nuovo allenatore della Juventus oppure del Milan, miei poveri diavoli non solo rossoneri. Una modella di Instagram vi caga mentre stavate cagando ed ecco che, oltre a cagare, ve la tirate sopra il water.

No, non sono ipocrita. Io sono pieno di difetti. No, avere un rapporto sessuale con una donna, e non parlo di semplici prostitute, è piuttosto facile a meno che non si soffra di gravi problemi ormonali o psicofisici. Starci assieme però per me diventa impossibile. Le donne mi nevrotizzano, mi angosciano. Sì, le vedo e sono un fuoco. Ma poi loro mi spengono appena non mi fumano. Le donne, in parole povere, terra terra, m’inceneriscono. A prescindere da queste inculate da parte di donne che non m’inculano, anche perché altrimenti sarebbero degli uomini omosessuali attivi, io vi brucio tutti in partenza. Non è difficilissimo. La vostra vita, fidatevi, non è mai partita. È dalla nascita partita, abbiate fede calcistica, dunque, e continuate a guardare le partite…

Le donne sognano sin dalla più tenera età un principe azzurro. Vogliono accanto a sé l’uomo perfetto e immacolato. Ah, questo femminismo è da addebitare all’Immacolata, ve lo dico io. E provano sempre a cambiarlo. Si chiama idealizzazione. Proiezione falsa… Come dice il mitico Sly in Rocky II a Talia Shire: io non ti ho mai chiesto di smettere di essere una donna. Per favore, te lo chiedo per favore, non mi chiedere di smettere di essere un uomo.

Dunque, a voi tutti, uomini e donne, domando realmente e regalmente di non chiedermi mai più di cambiare. Ho già patito pene dell’inferno al fine di omologarmi e diventare “normale”. Per ascendere ed essere accolto nelle comuni grazie… Qualcosa salì e si elevò ma son di nuovo a pecora. Sono nel bene e nel male un diverso. Lo sono sempre stato. E non ho più bisogno di consiglieri fraudolenti.

 

In fede,

il re.

Un uomo che, in quanto re, forse anche di tante colpe confesso reo o solo fesso e talvolta babbeo, conosce assai bene la vita re(g)ale. Dunque può fottersene, rimanendo favolistico, sognatore realistico e incallito. Voi invece sempre fantasticate su di me e soprattutto sulle vostre idealizzate Beatrici. Fidatevi, sono delle stronze beote. Beati voi… a credere che siano grandi donne, miei grandi uomini del cazzo…

Morale della fav(ol)a: voi fate di tutto per farvele, io faccio di tutto per apparire diverso e in verità non lo sono?

Purtroppo, o per fortuna, lo sono.

Siete voi che non siete. Siete solo non esseri che vorrebbero essere. E volete anche questo, quello, quella ma siete persone che fra di loro non si vogliono bene davvero.

Dunque non siete persone.

Anche oggi (re)spiro.

 

di Stefano Falotico

Portrait of Dante Alighieri (Florence, 1265 - Ravenna, 1321), Italian poet. Painting by the Italian school, 16th century. [Innsbruck, Schloss Ambras (Castle), Kunsthistorisches Museum Habsburger Portratgalerie (Portrait Gallery)] [11245882]

Portrait of Dante Alighieri (Florence, 1265 – Ravenna, 1321), Italian poet. Painting by the Italian school, 16th century. [Innsbruck, Schloss Ambras (Castle), Kunsthistorisches Museum Habsburger Portratgalerie (Portrait Gallery)] [11245882]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

matt dillon casa di jack

INNERSPACE, director Joe Dante, 1987, (c) Warner Bros. /

INNERSPACE, director Joe Dante, 1987, (c) Warner Bros. /

 

 

 

La casa di Dante Alighieri, un uomo che è stufo dei film di von Trier e delle serialità omicide dei luoghi comuni di massa


10 Apr

jackfalotico

Sì, anche io ho visto e recensito il capolavoro inaudito (si fa per dire), maudit di Lars von Trier, ovvero l’abominevole The House That Jack Built, monumentale idiozia a cui ho dato due stelle per simpatia.

Sì, Lars va incoraggiato. Dunque, come si fa coi bambini bravi, e Lars bravo se vuole lo è eccome, va spinto e invogliato. Sì, non la castigo signor Lars ma un po’ meno, dopo aver visto questa sua ultima pellicola, la stimo.

Sì, mio caro Lars, le scrivo questa epistola poiché sono indubbiamente dantesco. E come il grande Dante io a lei tiro le orecchie. Dante aveva il naso lungo e lei invece continua a girare un Cinema di gambe poco lunghe. Senza respiro. Amorfo, già in partenza morto. Soprattutto mortificante.

Sì, l’Alighieri scrisse Le epistole e io sono stanco dei suoi furbi pistolotti. I fessi potranno abboccare, definendo il suo La casa di Jack un capodopera, io non sono un pesce. Neppure la povera papera del film sottoposta a un’agghiacciante mutilazione da parte del protagonista bimbo già satanicamente irrecuperabile. Già affogato nello stagno del suo seme geneticamente traviato.

Dei suoi film fintamente scabrosi e repellenti son davvero stufo, non tanto perché vorrebbero provocare scandalo a buon mercato, bensì perché lei sempre più si sta cinematograficamente fuorviando.

Sì, io non abbocco ma lei oramai ha una pericolosa strada manieristica e compiaciuto imboccato.

Lo so, caro amico Lars, lei si è oramai smarrito nella landa della depressione acuta. Più galoppante di questa boiata da bovaro che da lei, anima sensibile e ammalata di dolce Melancholia, non mi sarei aspettato.

Qui, in tale sua operetta ridicola, lei di luoghi comuni abbonda. Esagerando pure di David Bowie, la cui pronuncia corretta è bovi e non bauvi, mio Lars il bove.

Citando a sproposito pianisti che adoravano Bach mentre io, dinanzi a questa sua partitura stolta senza tatto, eh sì, lei non sa toccare le corde giuste, le rifilo delle bacchettate molto musicali in testa.

Senti che frastuono. Vediamo se, frastornandola, i suoi film futuri avranno più ritmo.

Lei è stato indelicato con questa sua storia di un toccato poi alla fine anche dalla grazia sfiorato.

Per svegliarla dal torpore, ahinoi, tristemente deprimente, appunto, della sua caduta libera, le prescrivo una bella cura di fosforo e le consiglio di passeggiare lungo le colline verdi della Danimarca.

Affinché, a contatto con la natura adamantina, possa allievare le sue pene e riflettere all’imbrunire sul tramonto della sua carriera adesso penosa che presto, continuando così, sarà cupissima come il buio pece delle notti del suo Jack.

Sì, caro Lars.

Un paio di sue opere avevano fatto sì che potessi io elevarla nel paradiso della Settima Arte.

Sì, lei lì fu grandissimo. In alto, per quanto concerne il mio personale apprezzamento nei suoi riguardi, ascese.

Ora è di nuovo sceso, non solo all’inferno.

 

Amico artista, mediti su queste mie parole. Lo so, potranno apparirle momentaneamente dure e troppo severe.

Ma io non sono un consigliere fraudolento. Sono un uomo intransigente che conosce il suo talento splendente. E dunque, reputando inammissibile che lei l’abbia sputtanato per questa ciofeca miserevole, malata di pochezza esecrabile, mi perdoni ma debbo esserle sincero.

Ora, leggendo queste mie parole, potrà indiavolarsi e vorrà bruciarmi vivo.

Così come, lo so, faranno parimenti i suoi ammiratori assaliti dall’ira più bollente, lanciandomi commenti lincianti sul mio canale YouTube.

Un giorno, dopo tanti patimenti, io e lei saremo lassù.

Dio le chiederà:

– Signor Lars, dopo averla assolta da questo film osceno, blasfemo e semplicemente tremendo, vuole bene al signor Falotico?

– Sì, è il mio migliore amico.

Gli amici migliori sono quelli che non ti leccano il culo. Ma quelli che ti vogliono bene.

Che ti sgridano quando è opportuno, che ti spronano quando sanno che un genio non va mai punito e fermato.

Un genio va rimproverato con dolcezza, non va censurato e “castrato”.

Va soltanto coccolato come il gelato al cioccolato.

Mentre gli stronzi ignoranti, invidiosi, prosaici e precipitosi vanno spurgati con poetica posa e la mia prosa talvolta, lo ammetto, ridondante e pletorica, invero giammai retorica come la falsità diabolica di questo mondo ipocrita.

 

 

di Stefano Falotico

Kendra Lust è come Beatrice di Dante


02 Feb

Beatrice

Beatrice, non riesco a scordarti. Mi perdonerai se azzardai di parole troppo
ardite? “Scagliandomi” sul tuo seno con la vorace voglia d’un lupo famelico?
Eran ossequi a “elucubrare” la Bellezza tua impazzita in me, a modulato
essermi Luna nel desiderio di baciare ogni tua labbra, ogni pelle smagliante di
tuo prono implorar l’amore del mio Sesso, e suggerne, poi sudarne ogni velluto
denso di corvo nel solo denudarti in posa che scioglierei in gola, ammainato al
crocefisso della tua mistica corvina. Nuda, sì, che saccheggi il mio corpo, lo
spegni e lo lecchi, nei “capezzoli” miei temprati d’ambiguo scorrer mesto
nell’ansia del godimento a te genuflesso col ventre degli amplessi dietro
tendine che si spalmano su tacchi ancor odoranti di profumo di figa. Liscia
come la seta, addentrandomene con discoli spermatozoi a permeare il vuoto sacco
della vita e giocarci di dadi, tramando fra le tue gambe fin a svuotarti d’ogni
Dio assurto in contemplazione carnale delle lanterne rosse. Indagarvi senza
freno, nell’accaldare la “chat” erotica che si concretizzerà, potrai giurarci,
in giulivo mio corridoio d’ogni tua paura da proteggere e in cui “tifarci”
d’afa e smodato annodarti per slegare la Donna che sei e come si fa ne sei, ancora fra
le cosce, la coscienza più svelata, più belata e bellicosa di mordaci eclissi
eccitante, sparo mentre sparisco “nero”.
Lo so, piangi notti nei tramonti già svaniti della chimera, e t’inchini a
grazie, non solo delle tue gambe, per piacerti ancora come a vent’anni, in cui
pavoneggiavi a ventaglio, stratega della tela che tessevi nella fibra orgasmica
anche solo della tua gonna “maligna” a intimidire i cattivi per poi rabbonirli
nel florido, furibondo venir loro anche veemente. Come l’emicrania non tanto
cremosa che ti stuzzica di sofferenza da pastiglie, sì, t’impasticchi e
pastrocchi in bagno, levigando la fronte d’uno spaziale girovagare fantasiosa,
ancor rossa dopo la scopata dei bei ricordi.

Sei stupenda, intimami solo a una lingua e tutte le malelingue saran sgozzate
ché di gozzo gelose, al contrario di ribaltarmi mio letto nella tua. Indosso ancora
scarpe casual-ità del pen’ colore ilarità. No, non ti chiami Ilaria, eppur sei
irosa e focosa, liquirizia ardimentosa. Succhio candido per i canditi delle
filastrocche nella gnocca.

Debbo averti, me lo son prefisso. Anche se il mio telefono è il cavo sensuale
di Cristo offerto a te benedetto.

Beatrice come Kendra Lust, Bice e bitch della lussuria!

Ora, ti voglio, sei mia, all minefuck me bad!

Kendra sei come la città Petra, e io Indiana Jones nel Graal della carne nostra per l’immortalità.

Succhiami!

Stanotte, morderò il ciuccio, è buono, mica tanto, meglio la tua cannuccia.

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. E Beatrice sta a guardare (1977)
  2. Legend (1985)
  3. La mosca (1986)
  4. “Dante. L’inferno. Canti I-VIII” (1989)
  5. Dante Ferretti. Scenografo italiano (2010)
  6. The Grey (2012)
  7. Al lupo al lupo (1992)
    Allupami!

Genius-Pop

Just another WordPress site (il mio sito cinematograficamente geniale)