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Il Cinema è morto non per colpa di Netflix, bensì a causa di Instagram, patria e oscena parata di sguaiatezze


25 Jun
A PERFECT WORLD, Kevin Costner, 1993

A PERFECT WORLD, Kevin Costner, 1993

Sì, è così. Dopo un’attenta analisi, ho appurato che è così. Quasi tutti quelli che stanno su Instagram sono dei degenerati. Anch’io ci sto, ma con faccia beffarda da idolatra di me stesso, in quanto essere vero in un’umanità allo sbando che merita solo di essere sbertucciata, coi miei lineamenti allineati allo sfottò di classe, cosicché irrido George Clooney, attore comunque elegante ma paraculo, semiserio, un semifreddo quasi quanto la bella moglie semi-anoressica che si è trovata. Una che, truccata con tre chili di cerone, può essere accettabile, ma rimane l’incarnazione dell’aceto. Sì, donna da accettare, nel senso di tagliare con l’accetta. No, non dobbiamo essere cruenti e cattivi, ma è una donna che non stimola l’appetito… Insopportabile, giornalista delle ca(u)se perse ma non della sua che diventa sempre più lussuosa e i cui figli, dopo aver vissuto nella ricchezza più sfrenata, diverranno attori secondo la tradizione, passando di festa in festino con qualche “operatrice sociale”. È così!

Sì, io sono cinico e anche misogino. Molte donne mi stanno sul cazzo, cioè praticamente nessuna, perché non meritano di posarsi ove il mio membro, scioltamente puro, non può inzozzarsi nelle carni di queste puzzolenti mentecatte. No, non sono così, sono molto romantico ma sono un giovane povero e divento spietato per mancanza di materia prima, che non sono le donne, ma l’oro. Ah ah.

Poi, ora ci sono pure le arene estive. Sì, ove proiettano all’aperto i film dell’anno. Io spero venga sempre a piovere, un bell’acquazzone che mi liberi dall’olezzo di queste donne coi sandali aperti, la cui rancidità è stomachevole, coi loro alluci valghi e le loro borsette su gelato alla crema quando scende montante la sera e loro che, ammirando film romantici-lacrimanti, sperano poi, rincasando, di essere leccate dal marito che ha amato Michael Bay e dunque è “carico” nell’afa sgocciolante del suo cervello squagliato e del suo erotismo marinaresco da trombone dell’alta borghesia “festeggiante”…

Sì, io le sparo… vanno sparate. Senza eccezione alcuna, compresa la mia fighetta che spesso fa la stronzetta. Ah ah.

Non mi soffermerei su queste codeste galline che definiscono ogni cosa culturale, ché loro non sanno neppure cosa sia la cultura, ogni cos(ci)a dicon sia “meravigliosa” e ascoltano quel patetico “pallemosce” del cantante dei Negramaro. Come si chiama quel pidocchio melodrammatico del cazzo? Giuliano Sangiorgi. Ma bevesse l’amaro… Giuliani! Mah, io preferirò sempre, con questo caldo, un frigorifero della Sangiorgio, ove ficcare la testa di questo emulo di Amedeo Nazzari, prestato alla musica dei perdenti, per rinfrescarlo un po’. Datemi Giuliana e che sia giuliva con lo “stuzzichino” delle mie olive… Ah, questo Sangiorgi andrebbe sbattuto. Mica da me, mica so’ frocio, ma al fresco. Vediamo se in carcere un coglione del genere capirà che deve scrivere musica tosta e vera, non minchiate per fruttivendole che, dopo aver urlato in piazza, s’immalinconiscono con tal demente “dolce”. Ah, belli freschi, cocomeri al mare mentre magnate il vostro ghiacciolo da Algida. Ah ah.

Sì, poi abbiamo Instagram, ove ogni super zo… la può spacciarsi per Catherine Deneuve, fotografata in shooting che celano la sua identità da meretrice dietro luci soffusamente languide come gli occhi del sedicente fotografo che dice lei:

– Cara, dopo aver magnificato il tuo corpo en nature, puoi pagarmi in natura.

– Sì, ci sto. Mi conviene e tu vieni…

 

Quando si dice son scatti che “spingono”. Scusate, vado a estrarre la pasta al forno dal microonde. Ah, che besciamella. Io me la pappo!

 

 

di Stefano Falotico

 

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