Sì, ieri su Facebook, ho scritto che molti ex compagni di scuola, da quando c’è Facebook, mi hanno contattato a distanza di molto tempo da quegli anni acerbi e inquieti, forse rivisti col senno di poi, eh sì, inquietanti, e son rimasti stupiti dal fatto che io non sia più quello di una volta.
A volte, rimangono scioccati perché ti ricordavano ragazzino, semmai complessato, timido, pieno di paure. E hanno stampato nella lor memoria ancor l’idea di quel che tu eri, appunto ieri, ai loro occhi.
Un colossale imbranato, uno sfigato. Un impresentabile, sciocco squinternato, ingenuo e poco cresciuto.
Ma ora il velo di quelle apparenze passeggere, forse anche veritiere perché probabilmente rispecchiavi davvero quel che sembravi e proprio così eri come venivi visto, si è svelato.
David Lynch diceva che le persone non cambiano, bensì si rivelano.
E se oggi sei uno scrittore molto bello, molto cercato, dalla prosa ricercata e hai un gran fisico, forse tanto sfigato non lo sei mai stato.
Era solo questione di tempo. E il buio si sarebbe asciugato, le tempeste emotive sarebbero state superate e semmai pure il Genius si sarebbe mostrato come Dracula.
Immensamente magnificente. Oramai inarrestabilmente, furiosamente. Intrepidamente potente.
Altre volte, questi “perfetti sconosciuti” restano impressionati da metamorfosi tue che non riescono a spiegarsi. E, paralizzati paradossalmente dal cambiamento in meglio, increduli, tremano di commozione, si agitano nervosamente oppure buffamente, tra sé e sé, sorridono, pensando che il tempo è passato per tutti e forse riflettono sul concetto stesso di tempo. Pensando infine che tu sei cambiato e invece loro son rimasti agganciati ancora ai loro stupidi, puerili scherzetti e alla loro visione limitata e carnascialesca dell’esistenza.
Esiste il tempo anagrafico, cioè l’età registrata all’anagrafe per cui, inevitabilmente, a meno che in Occidente non scelgano di cronometrare il tempo fisico con un nuovo, rivoluzionario calendario, eh sì, può apparirvi incredibili, quaranta saranno presto.
Compirò i miei primi quarant’anni. Ma io non li sento. Ieri ero giù e ne sentivo ottanta. Oggi mi sento allegrissimo e me ne sento quindici.
Il mio tempo è infinito, lo riavvolgo, lo sciolgo nelle mie tempie, appunto. Lo mastico, poi lo cancello, elido i brutti ricordi. Ma essi non si assopiscono e, dalle profondità sepolte dei miei creduti, sopiti microtraumi subiti, riemerge la splendida superficie, dapprima semmai immalinconendoti, obbligandoti a commiserarti, poi schiarendoti le idee, aprendo a nuove luci del giorno fragranti. Straordinariamente romantiche.
Che, come uno scroscio marino, cavalcando le lancette del tuo orologio, si trasforma e modella a incastonatura delle tue iridi lucenti.
Un tempo annerito, dimenticato, adamantino, seppellito vivo eppur che ancor vivace vive.
E allora ecco perché succedono madornali equivoci. Avevi brutalmente, vergognosamente litigato col tuo ex miglior amico. E fu una brutta rottura, una lacera frattura, forse soltanto una triste fregatura.
E lui ti ricordava appunto intimidito dalla realtà, spaurito, chiuso e ripiegato nelle tue afflizioni depressive insanabili. E ancor scortesemente, in maniera canzonatoria, con infima malignità ti approcciò con far stronzo.
Poi, repentinamente, meglio ti adocchiò. Nuovamente adesso t’inquadra e i suoi ricordi non quadrano. Ti ricordava “tondo”, sì, tontissimo, e scopre che oggi sei invece velocissimo, un futurista ed è proprio vero che le donne ti corteggiano e sei pieno di spasimanti.
Come si suol dire, è rimasto impressionato. Dategli un calmante.
Spiacevoli o forse piacevoli sorprese.
Amici, e se non mi siete amici non m’importa, io ho sempre ben gestito (eh, come no) la mia solitudine pazzesca, un mio amico delle scuole medie mi ricordava come un grande.
Purtroppo, e sottolineo, purtroppo, sono ancora questo qui. Sì, di questa clip.
Un gigante fra i nani, un “nano” fra giganti solo di statura e invece piccolissimi nell’anima.
Una roccia fra bambini di cinquant’anni, lagnosi, maniaci, ingordi della tua pelle. Maliziosi, noiosi insopportabili.
No, non me ne frega niente di essere chirurgo, avvocato, giornalista da Pulitzer.
Io son sempre stato un underground.
Forte, spaccatutto.
E non permetterò mai più a nessun idiota di dirmi come si sta al mondo.
Perché io voglio vivere così.
Sennò, saranno altri colpi mancini.
Tutto ciò è patetico? Pensate quello che volete.
Come canta il grande Bruce Springsteen, Born To Run.
Eh già. Allora che cosa successe?
Successe che, oh, può succedere, che uno già molto avanti si fosse affezionato a dei ragazzini.
Molto indietro. E, a forza di farsi prendere per il culo dai ragazzini, stava perdendo di vista chi era.
Orribile a dirsi. Se frequenti i ritardati, diventi tu il ritardato.
Se frequenti gente sveglia, tutto ritorna e cambia.
Sì, un bel gancio sinistro.
di Stefano Falotico