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C’era una volta a… Hollywood di un poeta dall’inferno e dal coraggio sovrumano


20 Sep

hollywoodfalotico

Lasciate stare Rambo, evviva Arthur Rimbaud… Total Eclipse… of the heartuna volta a hollywood

Ecco, già questa storia dei puntini di sospensione m’innervosisce non poco. Dilania le mie viscere. Che senso hanno i puntini? Già odio quelli sulle i, figurarsi quelli nel senso di… ma che cazzo c’azzeccano e ci stanno a di’?

Non poteva essere C’era una volta a Hollywood e basta? A cosa vuole alludere il Quentin con questa sospensione?

Io sospenderei la sua carriera che, ultimamente, s’è gravemente ammalata di auto-referenzialità.

Sì, Paolo Mereghetti scrive onestamente cagate in quantità e obiettò, ancor obietta su C’era una volta in America, da lui reputato un film quasi abietto.

Chiariamoci. Aborrendo la posizione sua molto antipatica nei riguardi del Cinema di Sergio Leone, devo però ammettere che sono concorde con le sue recensioni degli ultimi film di Tarantino.

Non ho ancora visto l’opus numero nove di questo gigione di nome Tarantino e non credo, sinceramente, che mi recherò in sala a sorbirmi le maleducazioni oscene di ragazzini pubescenti in brodo di giuggiole, nel caso dei maschietti, per le forme graziosamente Baywatch della donna plastificata per antonomasia, ovvero Margot Robbie, e di donne quarantenni con gli ormoni in tiro, bavose nei riguardi del sempiterno Pitt e dello scavezzacollo Leonardo DiCaprio.

No, lo guarderò in home video, anzi, in streaming.

Poiché non ho alcuna voglia né mai l’avrò di comprare altri film di Quentin in Blu-ray.

Se, infatti, deve proporci e propinarci questa robaccia, al massimo sufficiente semplicemente perché gli siamo affezionati, è meglio spendere 15 Euro in maniera “feticista” sulle natiche di adultdvdempire.com.

Mereghetti ha ragione. E ha ragione a prescindere… dal fatto che io non abbia ancora visionato quest’ennesima bischerata di Tarantino.

È vero, verissimo più della bellezza finto-angelicata di Silvia Toffanin. Una che, dietro questa parvenza da signora educata, a mio avviso, nasconde perversioni peggiori di Charles Manson e della sua banda scriteriata.

Sì, negli ambienti Mediaset, quando cala la notte… avvengono macellazioni e stragi di vergini che, svendendosi per un programma televisivo in più, si danno al maggior (of)ferente.

Notti assai fosche e poco cristalline di compra-vendite, di mercimoni carnali, di complotti, di lerci insabbiamenti ma soprattutto di squallide inchiappettate di uomini-squalo affamati di brama, potere, sesso laido e lardo, assatanati più di Frank Langella de La nona porta.

Sì, per ripulire tutto questo marcio, questa corruzione e questa schifosa prostituzione, occorrerebbero due uomini, il grande Jean Dujardin di J’accuse e Bob De Niro di Taxi Driver.

Ah ah.

Sì, Tarantino continua a fare i pompini a sé stesso e voi, a vicenda, gli leccate il culo, pendendo dalle sue labbra manco se foste Sofie Fatale/Julie Dreyfus di Kill Bill. Una che, per recitare la parte d’una a cui Uma Thurman mozza quasi tutto, la diede quasi tutta a Quentin. Forse appena un po’ meno di Rose McGowan che, pur di avere la parte della frustrata ragazza senza gambe di Planet Terror, la diede non solo a Tarantino ma anche a Robert Rodriguez e, ovviamente, ad Harvey Weinstein.

Dal troiaio generale, Rose si salvò, sputtanando Weinstein e finendo comunque in mutande, mentre Tarantino sgattaiolò, lavandosene le mani e facendosi produrre C’era una volta a… Hollywood dalla Sony Pictures.

Sì, Mereghetti ieri disse che i deliri pindarici di Quentin assomigliano ai capricci di un bambino viziato che vuole far credere che i suoi giocattoli sono i più belli del mondo.

Sì, un’affermazione pesantissima, forse troppo cattiva.

Ma ci sta.

Tarantino ha veramente rotto il cazzo.

Tarantino, dammi retta. Dovevi davvero girare un noir dai dialoghi secchi, non auto-omaggiarti di meta-cinema in cui vuoi esibire la tua conoscenza dei western all’italiana con Giuliano Gemma e Fabio Testi.

Anche perché io conosco questi film meglio di te. Essendo io italiano e tu uno che li vide doppiati.

Detto ciò…

Ho attualmente in mano una denuncia che potrebbe sollevare un caso più grande de L’ufficiale e la spia.

Un caso molto più raccapricciante e mostruoso di quello dell’omicidio di Sharon Tate.

Andrò avanti.

Perché no?

Gli altri l’hanno fatto con me. Senz’alcuna ragione. Per puro fascismo e mentalità malata di mente.

Non vedo perché dovrei perdonarli.

Signore e signori, il Joker.

Ve lo siete andati a cercare.

 

di Stefano Falotico

Via da Las Sfigas, remake falotico di Leaving Las Vegas


18 Feb

Sì, il termine falotico, cercatelo nel vocabolario, significa bizzarro, stravagante, eccentrico, forse birbante.

Via da Las Vegas è un film sopravvalutato, con un Oscar sinceramente regalato a Nic Cage.

Durante la cerimonia degli Oscar, fra l’altro, è accaduta una cosa inusuale. La signora Shue, una delle donne che ho sempre maggiormente sognato di scopare, si è alzata in piedi. Incitando anche Kevin Spacey ad alzarsi. Su, basta coi moralismi puritani. Spacey è un grande, aiutatelo a tirarsi su, adesso. Per colpa dei vostri usual suspects, la sua carriera è andata a zoccole.

Ecco, sì, la Shue. Già il cognome è eccitante. Poi, davanti a una biondona così, come fai a non desiderare che avvenga quello che “intravedete” in questa scena?

viadalasvegas

Sì, detto per inciso, secondo voi la Shue usa anche gli incisivi quando, succhiante nel lievitante, non necessita della pulizia delle carie dal dentista smacchiante? Una smaltatura smagliante!

Torniamo al fortunello Nicolino.

Quell’anno avrebbe dovuto vincere Anthony Hopkins con Nixon. Ah, mi fate ripetere sempre le stesse cose. Ma, per via del fatto che, solo qualche anno prima, Hopkins aveva già vinto la statuetta come Migliore Attore Protagonista per il suo epocale Hannibal Lecter de Il silenzio degli innocenti, l’Academy l’ha fatto perdere apposta. Il bis, l’Academy, a parte qualche miracolosa eccezione, vedi la doppietta consecutiva di Tom Hanks per Philadelphia e Forrest Gump, non lo concede mai e non transige. Non vuole accettar ragioni, come si suol dire. Una delle regole auree (eh sì, l’Oscar è o non è dorato?) è non premiare lo stesso attore a distanza di così poco tempo. Anche se quest’anno tale regola, non scritta ma applicata, verrà confutata ancora perché, con estrema probabilità, Mahershala Ali vincerà con Green Book. Ma che modi sono questi? Se meritava lui, cioè Anthony, meritava lui! Portate rispetto! Ha anche la patente di Sir, parliamo di un gran signore, mica di un fruttivendolo qualsiasi. Che sono questi imbrogli? Chi ha mescolato male le carte? È stato Warren Beatty con quella rincoglionita di Faye Dunaway, sì, truffaldini manigoldi alla Bonnie e Clyde da Gangster Story, oppure il bidello del Ginnasio, invidioso di Hopkins, in stile Election da mediocre Matthew Broderick? O invece è stato Mel Gibson di Maverick!? E perché non avete mai premiato Malick? Andiamo molto male!

Se Anthony meritava tutto il pezzo di torta, perché avete dato questa fetta di gloria a Nic?

Ma il Nic di questo film, comunque, non aveva in effetti tutti i torti. Eh sì, il plurale maschile di torta non è torti? Eh sì, lo sa Totò con Peppino de… la malafemmina.

Questo Nic, nel film, è un brav’uomo che ha sempre rispettato tutti, si è dato anima e corpo (appunto) come un dannato a scrivere sceneggiature, sperando d’imbroccarne una giusta per fare il salto in avanti. Per la cosiddetta svolta.

Ma infingardi, malefici produttori stronzi gli cassano ogni progetto. Al che, Nic perde appunto la brocca. E se ne fotte di tutto. Comincia a provocare le donne a tamburo battente, cantando ad alta voce al supermercato, disprezzando chiunque perché, sì, lui si è sempre comportato in maniera corretta, secondo un riguardoso fair-play nei confronti del prossimo, ma non meritava non solo l’Oscar, questo è un altro discorso e non il suo di ringraziamento ruffiano sul palco, ma soprattutto l’affronto ricevuto da una comunità d’ipocriti e irriconoscenti. Non meritava affatto l’ottuso linciaggio porco sbattutogli in faccia.

Quindi, a quel punto, capisce che Asia Argento ha lavorato soltanto perché la dava ad Harvey Weinstein, denunciando poi quest’ultimo da vera donna di malaffare, mica Elisabeth Shue, una poveretta violentata oltre che dalla vita pure da dei ragazzini scemi, e cazzeggia di brutto.

Insomma, diciamocela, se ne sbatte altamente i coglioni. Tanto sa che la sua vita, soprattutto in quell’ambiente di leccaculo e merdosi fake, è finita. Se mai fosse iniziata.

Capisce che forse la prostituta Sera (Sara)/Shue è meno in realtà meretrice di quelle finte santarelline che si spacciano per gran donne e invero, da mattina a sera, non solo hanno pensieri pervertiti sugli uomini e sul sesso ma nascondono le loro animalesche sincerità (non c’è niente di male, in fondo, se siete ninfomani, basta dirlo) dietro facciate moralistiche, appunto, da femministe del cazzo.

Ben/Cage capisce che il mondo è davvero corrotto ed è una merda. E a spron battuto, come un kamikaze della sua anima, va incontro serenamente alla morte. Non prima però di aver smerdato tutti, anche solo stando zitto.

Perché, di fronte a un muro di gomma, hai un’unica alternativa. Chiuderla qui. Ma in maniera da standing ovation.

Sì, lo stesso anno di Via da Las Vegas, uscì anche Casinò di Scorsese.

Non è che Sam Rothstein/De Niro faccia una fine migliore. Non crepa fisicamente ma nell’animo sì.

Comunque, sia Cage che De Niro almeno, prima della disfatta totale, si son fatti due passerone incredibili, la Shue e la Stone dei tempi d’oro, appunto.

Butta via.

Come dice il grande Clint Eastwood di Million Dollar Baby, il novanta per cento non arriverà mai lì, se le sogna… anzi, molti sognano oramai soltanto di arrivare a fine mese.

Non dice proprio testualmente così, ma avete capito.

E ho detto tutto.

Come sostiene il detto proverbiale: ogni lasciata è persa.

Ma è persa davvero?

Sì, e ogni lisciata è una sola, no, solo una furba leccata da paraculi.

 

In fede,

il Genius-Pop,

uno che da questa società non si aspetta molte sorprese

ma ci crede.

Come no.

Invero, neanche un po’.

 

di Stefano Falotico

Lezione di nichilismo e religione: Asia Argento e Fabrizio Corona sono quelli che sono, ma anche voi non siete meglio, anzi


08 Nov

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PHOTOGRAPHS TO BE USED SOLELY FOR ADVERTISING, PROMOTION, PUBLICITY OR REVIEWS OF THIS SPECIFIC MOTION PICTURE AND TO REMAIN THE PROPERTY OF THE STUDIO. NOT FOR SALE OR REDISTRIBUTION

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Asia Argento e Fabrizio Corona pregano col COR-ano?

Sì, vicino a casa mia c’è una moschea. L’ho già detto e lo ridico. I musulmani, ogni venerdì, dopo l’ora di pranzo, dalle 13 e 30 alle 14 e 30, vanno a pregare Allah. Mentre io sono in quel momento in macchina e li osservo, con in bocca una caramella della Dufour, la Elah.

Ah sì, Nella valle di Elah. L’ultimo bel film di Paul Haggis. La storia di un padre, un grande Tommy Lee Jones, che cerca giustizia perché gli hanno massacrato il figlio. Ma, alla fine, accettata l’ingiustizia immane, alza la bandiera americana come in Salvate il soldato Ryan. Mah…

Fare una strage non servirebbe a niente e indietro non si può tornare.

Vicino a quella moschea, per gli occidentali che credono al potere salvifico della psichiatria, ci sono due vie, Via Basaglia e Via Freud. Non mento, controllate, sono vicine all’università d’ingegneria. Limitrofe a una bellissima gelateria ove la commessa, se le dai dieci Euro in più, ti lecca tutto il cono con tanto di “cremeria”. Sì, uomini depressi, non affidatevi alle cure mentali, ché impazzirete del tutto, strapazzate al bacio il vostro mascarpone con riscaldante “gelato alla fragolina”. Con tanto di cucchiaio e succhiatina.

Fabrizio Corona invece, dopo essere stato in carcere e venir sbattuto ai servizi sociali, ancora grida che ha subito delle sevizie. Mah, di mio so soltanto che praticava il suo “esercizio” con molto vizio. Era corrotto fino al midollo e si è permesso di entrare nella privacy altrui senza averne alcun diritto. Che tipo dritto!

Fabrizio è sempre stato un zacquaro. Ho già spiegato che significa zacquaro. In italiano diremmo tamarro, bifolco, un australopiteco di Neanderthal pieno di tatuaggi d’iguane oltre ai suoi passati guai da viscido serpente. I tatuaggi sono belli solo sulle donne, piazzati nelle attizzanti zone erogene, come le caviglie. Sui maschi sono un pugno nell’occhio.

Il zacquaro è un essere ignorantone, che parla per frasi fatte e si agghinda di crocefissi e anelloni manco fosse Tony Montana/Pacino di Scarface. Sì, Fabrizio infatti, del film di De Palma voleva farne un remake con lui protagonista.

Io ho sempre sperato che potesse realizzarlo. Nella parte di quello che lo trivella alle spalle con la mitragliatrice… il sottoscritto, con tanto di occhialoni a inchiappettarlo da negro.

E dire che, quando Fabrizio annunciò questa fake news, voi pensaste fosse vera.

Fabrizio ha sempre esercitato un enorme fascino nei confronti delle donne. Sì, le donne più sono sexy e più sono zoccole. Perché in un uomo guardano al portafogli. Fabrizio poi non è male come uomo, a parte la sua cultura medioevale. Sì, la Rodriguez sapeva che, dietro il suo gel, ci poteva essere un ottimo uccello con tanto di “piscina”. Uno con cui costruirsi un futuro, soprattutto tre ville in montagna. Ove si respira aria pulita…

Adesso è la volta di Asia Argento. Un’altra bagasciona che, pur di avere il suo ruolo in B. Monkey – Una donna da salvare, l’ha da data a quel gorilla di Weinstein, uno che scopava come una scimmia.

Poi l’ha denunciato perché Weinstein, secondo lei, è solo un porco pachidermico, un rinoceronte che deve finire nella giungla a mangiare le banane.

Asia è una delle suine più vendute nelle macellerie. Ma non è una figlia di puttana. La madre Daria Nicolodi forse non era argentea pura, ma era rispettabile. Ah, è vero, Dario è stato il regista de L’uccello dalle piume di cristallo…

Asia però non è nata virtuosamente cristallina. Asia ha definito sua madre una fallita. Invece lei è una donna “fallica”. Lo sa che quell’idiota di Morgan, uno che si è sempre creduto David Bowie e invece ha scritto le canzoni per Giovanni Veronesi. Manuale d’amore…

Questi qua però sono tutti ricchi e trombano come ricci. Qual è l’X Factor del vostro cervello di merda che permette tutto questo?

Quali bacati cromosomi down sono impiantati nella vostra genetica?

Non è colpa vostra. Miei poveri cristiani, sfruttati, umiliati e fottuti, lavorate come cani tutta la settimana per aspettare la domenica e il mercoledì di Champions, urlare in curva che Mourinho è stato partorito da una meretrice e vi esaltate dinanzi alla volée di Ronaldo Cristiano!

E poi piangete perché avete perso per autogoal.

Non vi siete mai ribellati al sistema perché, tutto sommato, il gioco valeva la candela. Sì, quella del candelabro delle vostre lagne da bruciati.

Il potere lo sa e vi piglia per i fondelli. In radio passa Ramazzotti, vita ce n’è, ancora… ripartiremo assieme.

Che non è neanche brutta. Figuratevi le sue altre degli ultimi vent’anni. Ah ah.

E figuratevi la vostra vita fra trent’anni se già a venti accettate ogni stronzata, ogni canzonetta, e riempite la panza delle mezze calzette.

Paolo Sorrentino ha sbagliato tutto con Loro. Già il titolo fa schifo. Doveva intitolarlo… Mi persi in un Silvio oscuro ché Veronica Lario retta era smarrita…

Vediamo se ci arrivate?

Davide contro Golia, contro il moloch…

Sì, è la paura di perdere già il vostro piccolo mondo nano. Paura che, se vi azzardate a combattere per la verità, chi sta a capo di tutto vi distruggerà. Paura di perdere i vostri amici che vi leccano e che compiacete per non turbarli, paura di perdere quella scema inaudita della vostra compagna perché, comunque, almeno due volte a settimana tenete caldo il pistolino… e poi ci ammorbate coi moralistici pistolotti!

Vi professate comunisti ma siete i primi capitalisti. Sfruttate da parassiti la cosiddetta cultura, parola della quale vi riempite la bocca, ché fa intellettuale figo, e poi aspettate al vostro video due visualizzazioni in più per sbarcare il lunario. Dunque, siete degli approfittatori, degli arrivisti come quelli che aspramente criticate.

È proprio vero. E lo diceva quel mafioso di Andreotti… il potere logora chi non ce l’ha.

E la retorica, aggiungo io, serve solo alla donnetta che legge Novella 2000 e assume cinquanta gocce di Valium al giorno perché è triste…

 

di Stefano Falotico

La telefonata di Silvio alla Belena è da purissima volpe che non può competere con la pulizia intoccabile del mio Ghost of Tom Joad


03 Aug

Ho detto tutto.

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Lo scandalo Weinstein travolge anche De Niro e O. Russell, mentre la Everhart non voleva il porcello Harvey, un man ever hard


14 Oct

Angie Everhart Max
Sì, notte turbolenta, di mal di pancia insostenibile e insonnia perenne. Ma io, in quest’Ottobre decadente, veglio sulle anime dei peccatori e le forgio alla dignità che persero, aspergendo le mie sigarette da fumatore incallito nel posacenere dei loro errori colossali. Eh sì, come sappiamo, il produttore di parecchi kolossal, Harvey Weinstein, è stato un “macellaio” peggiore del “suo” Daniel Day-Lewis di Gangs of New York.

Un’altra donna(ccia) accusa il produttore, che oramai fu, di aver abusato di lei. Il suo nome è Angie Everhart, una rossa di fuoco che non accettò le avance di Harvey che, comunque, in maniera non irrisoria da “puro” irredento, si masturbò davanti a lei. Insomma, in questo devo dargli “atto”. Anch’io mi masturbai su Angie quando, ignuda, comparì sulla copertina di un vecchio Max di Agosto. Sì, fu un onanismo di cui mi “macchiai”. Ah ah. Ora, Harvey è ingiustificabile e, invece che essere un produttore di tutto punto, scopriamo che era un maiale di “tutto pugno”. Ah ah. Ma anche la Everhart non è certo una che di mestiere fa la suora. Celebri infatti le sue relazioni con Sylvester Stallone e Kevin Costner, e sin qui ci può stare, essendo stati, rispettivamente Sly e Costner, degli uomini di una certa prestanza fisica. Ma incomprensibile invece perché la Everhart per anni fu “affiliata” a Joe Pesci, più basso di lei di trenta centimetri e probabilmente non possedente un uccello di altrettanta lunghezza. Ah ah, questione di soldi. E Angie ha sempre puntato a quelli, dall’“alto” dei suoi tacchi vertiginosi in cerca del trampolino di lancio. Fregandosene se il compagno era, “sensualmente” parlando, un cesso o un tappo. Quindi, proprio lei dovrebbe tacersi. Avrebbe venduto anche la sua ultima confezione di smalto per le unghie pur di partecipare a un film da “Oscar” per smaltare la sua filmografia. Harvey medita il suicidio, e per colpa sua non produrranno più la serie televisiva con De Niro e Julianne Moore perché Amazon, che avrebbe dovuto finanziarla assieme a quel che oramai resta della Weinstein Company, dopo tanto scalpore, si è tirata indietro. Ciò che mai ha fatto Harvey. Lui lo tirava e basta, senza mai “ritirarlo”. Ah ah.

Insomma, Harvey l’ha fatta grossa da “grassone”. E io, adesso, vado a mangiarmi i grissini.

A conti fatti e a coiti disfatti, la rossa Everhart, forse, voleva la parte di Julianne Moore. Ma non si è lasciata fare e ora non se fa più nulla.

Dopo questa puttan(at)a, vi lascio con questo pensiero. La scena iniziale di Blade Runner 2049, quella dell’orto botanico col Bautista, mi ha ricordato che le donne innamorate non smetteranno mai di comprare le rose rosse nella serra di Via Agucchi. Poi, scoprono che i loro compagni vogliono farsi una come Angie Everhart e scrivono alla clinica ove Weinstein è attualmente in “cura”, per “sostenerlo” un po’.

Sono cinico? Sono un uomo di mondo, e certe cos(c)e non mi stupiscono.

TALES FROM THE CRYPT PRESENTS: BORDELLO OF BLOOD, Angie Everhart, 1996, (c)Universal

TALES FROM THE CRYPT PRESENTS: BORDELLO OF BLOOD, Angie Everhart, 1996, (c)Universal

 

di Stefano Falotico

Genius-Pop

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