Sì, da piccolo mangiavo sempre i biscotti Ore Liete.
Mia madre è sempre stata una che amava il francese, infatti pronunciava liete come leitmotiv, che invero è tedesco e la cui pronuncia corretta è ’’laitmoti:f.
Diffidate da chi pronuncia sempre in maniera sbagliata.
Biscotti “light”, da vero uomo right. Eppur dopo vennero le nights… plurale inglese di notti.
Sì, mi ricordo che stavo assistendo alla pubblicità prima del film We Were Soldiers e, dopo anni di buio ormonale, ricordai quando ero un vero combattente del mio ometto, senza elmetto ma mi arrapavo sempre per Madeleine Stowe. Per lei mai lo “omettevo”. Sì, scorsero immagini rallegranti di modelle discinte e il mio “membretto” qualcosa “sparò” fra le mutande di polluzione serale, sì, era la proiezione delle 21 e 30 eppur già venni “mitragliante” di notte in bianco…
Sulla signora Madeleine, adesso attempata e rifatta, va fatto un discorso a parte. Anche se andava, nei suoi glory days, solo strafatta.
Donna da abuso di potere del suo culo imperiale, e infatti nel film con Kurt Russell quelle natiche in primo piano sono state unlawful entry al mio puberale. Sì, entrarono in scena, più che altro uscì dalla cerniera, in maniera “illegittima”.
La Stowe adesso è appassita ma a quei tempi si mostrava in tutta la sua avvenenza, accalorandomi in modo blink. Sì, “lampeggiavo”, sbattevo gli occhi nelle tenebre nel volermela sbattere. Ed era “Neve tropicale” di un corpo mio esoticamente selvaggio.
Il top della sua topa la Stowe l’ha raggiunto in Revenge, pessimo film del compiano Tony Scott in cui forse il fondoschiena che mostra non è neppure il suo, ma di una controfigura.
Ecco, vidi quel film con Gibson a Rastignano, cittadina dell’entroterra bolognese e una volta andai lì a guardare un film con una terragna. Andammo a vedere Kill Bill vol. 1, io mi emozionavo per quella Thurman così sexy e androgina, mentre lei sbuffava, aspettando che rincasassimo, sognando già di esser la mia sposa.
Non successe niente. Aprì la porta di casa, abitava coi genitori, ma loro dormivano.
– Fai piano, ma ci siamo… Non ci sentiranno. Dai, cosa aspetti?
– Aspetto il caffè bollente. Ho sete.
Nonostante questo mio vile e spregevolmente “virile” affronto senza “affondo”, lei non desistette e qualche mese dopo andammo a vedere la seconda parte del film di Tarantino.
Anche quella volta io tranquillamente la snobbai, e lei a quel punto esplose, urlando: – Mio duro del cazzo, adesso ti faccio il culo!
Sì, mi aveva scambiato per David Carradine. Devo dirvi la verità, non fui un gran cavaliere, ma nella vita c’è di peggio. C’è chi, guardando I cavalieri dalle lunghe ombre, fa confusione con i tre Carradine, Keith, Robert e David, appunto.
di Stefano Falotico