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La quarantena c’ha provato, stremato, forse pure scremato, tremaste tutti così come io tremai ma si deve remare e l’amore e il cuore non andranno giammai più fermati


14 May

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Sai che cosa diceva quel tale? In Italia sotto i Borgia, per trent’anni, hanno avuto assassinii, guerre, terrore e massacri, ma hanno prodotto Michelangelo, Leonardo da Vinci e il Rinascimento. In Svizzera hanno avuto amore fraterno, cinquecento anni di pace e democrazia, e che cos’hanno prodotto? Gli orologi a cucù.

(Orson Welles ne Il terzo uomo).

Sì, mi tengo tutta la mia “pazzia”. Mi fa sentire vivo, reattivo, come devo essere. Parafrasando Al Pacino di Heat.

Una delle caratteristiche che mi contraddistinguono è la mia alterità. In passato, essa fu malvista ed erroneamente scambiata per vacuità da errabondo, per patetismo laconico di un uomo troppo falotico.

Non per risalire a questioni araldiche di nobiltà medievali ma, sinceramente, malgrado mio nonno fosse contadino o, se preferite, coltivatore diretto, è altresì vero che io sia nobile, veramente.

La nobiltà abita, non so se sia abilitata o disabitata, eh eh, nella mia anima e sono disposto a perdonare i villain, pure i villani e gli screanzati che ardirono ad ardermi vivo, desiderando cattivamente che subissi devastanti umiliazioni al fine di dimostrare, assurdamente, da fascisti menomati, non so se meno amati (usando una loro espressione che dovrebbe indurre a un’amara, tristissima risata allineata alle loro battutine coi soliti doppi sensi ambiguamente impliciti e oramai intollerabili), di distruggermi la vita.

Ridendo, beati e contenti, di avermi invalidato. Sai che divertimento da beoti e poveretti.

Mi spiace deluderli. Persero la loro stessa idiozia.

I vecchi rimbambiti mi diedero infatti del vagabondo, le persone superficiali mi stigmatizzarono e inquadrarono entro la definizione di persona cupa e solitaria, pedante, pesantissima e dunque insopportabilmente cogitabonda.

No, non fui certamente James Bond e nessun mistero è chiuso in me alla Turandot.

Insomma, mi diedero del tonto e del poco di buono.  Sì, additato che fui da persone cieche nell’anima di essere lento e addirittura paranoico, fui persino accusato di andare con delle prostitute ceche, ovvero provenienti dalla Cecoslovacchia.

Ditemi voi se dovetti, per l’amor di dio, prendermi del puttaniere, gratis e poco amore, dalle madri racchie di questi ragazzi schiappe.

Poiché la gente sospettosa è avvezza a sparlare dietro le (s)palle, come dico io, inventandone tante.

Di mio, posso dichiarare in tutta onestà di essere sempre stato sveglio e mai un vigliacco.

Cacasotto è un appellativo che a me, una sorta di Michael J. Fox di Ritorno al futuro, non si dovrebbe mai dare. Come cazzo si permisero tali impostori?

Anzi, precocemente vigile e di occhio vispo, vegliai già nottetempo sulla scemenza generale anche degli uomini capoccioni e stupidamente caporali. Cosicché, m’assopii (in)volontariamente, pure da obiettore di coscienza di giudizioso servizio civile assai diligente, malgrado abbia sempre odiato i dirigenti, planando in lande più meste e contemplativamente amabili, remote dalle solite adolescenze che constano di ragazzini presuntuosi, oserei dire untori, cafoni e deficienti. Ché danno subito in escandescenza se si sbatte in faccia loro la verità più atterrente.

Minchia, signor Tenente!

Eh già, come i bambini che perdono a carte coi nonni, da loro squallidamente definiti boomer, essi ricusano la sconfitta e rigirano la frittata da totali sprovveduti oltremodo incoscienti.

Paradossalmente, sì, la mia esagerata, prematura e dunque troppo matura sveltezza nel pensiero, stando a contatto con coetanei rimasti parecchio indietro, seppur coprendosi dietro requisiti formali atti a certificare la loro mentale sanità dietro un ipocrita paravento, m’indusse a far sì che gli altri pensassero, per l’appunto frettolosamente, quindi da persone tardive e poco sensibili, che mi fossi addormentato e fossi precipitato in uno stato preoccupante di demenza, adombrandomi nella notte melanconica dei più tediosi lamenti, oscurandomi irreversibilmente nello spettro mio fantasmatico e nel diagnostico, psichiatrico specchio d’ipocondriaci tormenti, rosicando nel vedere le loro vite falsamente, ripeto, contente.

Sì, fui etichettato come persona invidiosa e gelosa, poco sessualmente golosa, diciamocela, malata di mente perfino pericolosa. Che figli di troia. Che facinorosi! Soprattutto faciloni! Dio mio, che farfalloni!

Poiché, già nauseato dalle fandonie di quell’età acerba ch’è l’adolescenza che fa rima con deficienza, ove si misura il prossimo in base a stereotipie peggiori di un’esegesi da italiano medio riguardo la poetica di Fantozzi, con estremo (dis)piacere, lasciai che tali villani assai vili inveissero su di me in modo atroce, sbattendomene altamente.

Sì, bisogna fottersene… bellamente.

Ah, allestirono assurdi deliri sul mio conto. Arrivarono perfino a credere che mi credessi Robert De Niro, il mio attore preferito di tutti i tempi.

Riuscirono addirittura a persuadere uno psichiatra forense che io fossi sofferente di disturbo delirante paranoide.

Al che, servii loro e all’handicappato che mi rifilò una diagnosi falsissima più del suo conto in banca senz’attestati… versamenti fiscali, il mio racconto Disturbo denirante.

Ci sta, secondo voi, come enorme presa pel culo sfacciata e terribilmente irriverente?

Abbastanza, nevvero?

Lottai per anni in tribunale affinché tale equivoco giudiziario nei miei riguardi, eh sì, venisse giustificato di risarcimento sacrosanto.

Nel frattempo, puntualmente, ricevetti altre missive bombardanti la mia dignità. Avendo pochissime prove in mano, reagii di nuovo scriteriatamente. Cosicché, dopo immani strazi, privazioni, osceni sacrifici e un inutile, agghiacciante calvario disumano dei più tremendi, per l’ennesima volta vinsi ogni balordaggine dettami e “attestatami”, essendo io l’unica persona al mondo dimessa, consecutivamente per ben due volte di fila, da un centro di salute mentale.

Ma io sono io. Mica una testa di cazzo qualsiasi. Insomma, questi qua furono proprio dei pazzi da manicomio. Diciamocela!

E ancora, assai presto, battaglierò in aula contro il solito criminale se non la finirà di scherzare in modo decisamente irriguardoso nei miei riguardi. Uno schifoso che mi suscita compassionevole benevolenza.

Sì, come detto, sono magnanimo e perdono questi magnaccia. Sì, questo qui, ancora infamandomi e descrivendomi come persona affetta da fobia sociale, finanche di schizofrenia ebefrenica, andando in giro, calunniandomi a iosa, dicendo a tutti, tutto ridendosela da irredento, che io sia un eunuco con un cervello piccolo quando vuole, con falsa cortesia, usare a mio danno un eufemismo tanto tenero e simpatico, invece malvagiamente offendendomi nel darmi la patente di disturbato, squilibrato e decerebrato necessitante, quanto prima, di psicofarmaci pesanti, quando gli piace e va a genio, non mio, la strafottenza più mendace, ecco… persevera a insultarmi con pusillanimità disarmante, con ingratitudine da burino lestofante.

Costui, dopo il mio volontario ibernamento esistenziale, emozionale ed anestetizzante, come poc’anzi dettovi, le mielose scemenze dei miei coetanei adolescenti, più che altro scemi, pressoché uniformemente uniformati a medietà conformiste imposte dai loro genitori all’apparenza grandi, invece castranti, quindi terribilmente arroganti, assieme a quella frigida repressa di su’ mamma, eh già, ancora insiste nel definirmi un bugiardo. Dietro una tastiera, naturalmente. Ove ogni porcata, se non opportunamente denunciata, segnalata e prestamente punita, passa gravissimamente inosservata.

Al che, liberatomi dal gravame delle infondate accuse che dal cielo mi piovvero, non ci piove che, finché tale stronzo non avrà sputato tutto il rospo, smerdandosi tutto nel vasetto, eh sì, tale bimbetto da me non sarà, per nessuna ragione al mondo, minimamente scagionato né perdonato.

Gli piace perseguitarmi, dandomi del maniaco e dell’invertito.

Vediamo invece se, unendo le forze congiuntamente coi miei attuali amici, i giochetti suoi invertiremo.

Se la sta già facendo nelle mutande?

Ah, ebbe il coraggio di dire che fui io uno che mentì a sé stesso per rifuggire una realtà che, a suo avviso, a tutt’oggi per me sarebbe inaffrontabile.

Ma per piacere, poveri pazzi e tapini rivoltanti. Sì, includo, in tale j’accuse, non solo il mentecatto, bensì tutta la sua razza di storpi e malati…

Atto accusatorio senza fronzoli!

Su’ mamma…

Oh, figliuoli, parliamo di una donna fintamente cattolica, giudaica e apostolica che sognò di essere una diva di Hollywood e si ridusse a recitare in parrocchia le sue versioni, non di latino e greco, bensì delle più leziose, francesi commediole.

Ecco come si spurga la donna bebè…

Ah, diciamo che col tempo m’indurii. Sì, fui un duro sin dapprincipio. Poi, a contatto con gente senza coglioni che mi diede del coglione, m’ammosciai in modo rude.

Ma forse sono Bruce Willis di Die Hard?

Ah, bolognesi che mi considerarono alla stregua di una negrona… ah ah, il cui unico, vero interesse culturale fu stressarmi, spacciandosi per intellettuali del cazzo.

Sì, che due marroni… gente che non conoscerà mai Gli amanti del Pont-Neuf e, soprattutto, Juliette Binoche di Cosmopolis. Ah, Juliette fu sempre donna di bellissime cosc’ da infarcire di crema dolce fuoriuscente da tali cornuti, no, da questi cornetti salati, detti mondialmente brioche.

Si sfaldano presto in bocca appena li addenti. Si sciolgono come un caldo soufflé.

Di mio, mi presero per bimbo poiché adorai i Sofficini e i Bastoncini della Findus.

Comunque, mi chiedo sempre come riuscì Ralph Fiennes, in The English Patient, a esserle così paziente.

Sì, dinanzi a un’infermiera come la Binoche, parafrasando Totò di Totò Diabolicus, siamo tutti dei pazienti che non hanno pazienza. E basta con Andrea Pazienza!

Per colpa di tali impostori, divenni Paz! Invece conoscono benissimo Apocalypse Now…

Ah ah!

Credettero che soffrissi di solitudini spaventose da Hotel paura!

Comunque, sì, lo ammetto spudoratamente, senza vergogna alcuna, divenni bergmaniano, amante perfino di Un’altra donna di Woody Allen e patii parecchio L’insostenibile leggerezza dell’essere.

Recitai, a tarda notte, pure il rosario in maniera ossessivo-compulsiva da Giovanna d’Arco della minchia.

Di mio comunque, eh sì, al Cinema di Bresson, a prescindere da Il diavolo probabilmente e dal mio essere inevitabilmente caduto in un’apatia all’epoca indubbiamente deprimente, preferii e tutt’ora prediligo Luc Besson. Anche se rimasi Milla Jovovich de Il quinto elemento.

Questa è bella, è bellissima, ah ah!

Sì, va detto. Milla è una gran figa.

E, a proposito di Bob De Niro, in Stone tradì tutti gli accordi con Edward Norton. Il quale, pur di scontare la sua pena, consegnò la patata di sua moglie, incarnata da Milla, al Bob volpone e assai porcellone.

Il quale, a sua volta, non tanto scontò il suo pene. Eppure lo scottò con lei… mica tanto da uomo perbene…

Ah, vite bruciate come la villa di Bob nel film. Povera Frances Conroy. In Stone, suo marito è un porco, in Joker, cazzo, suo figlio ce l’ha con un porcellino poiché, per colpa della politica di suo padre, Thomas Wayne, un capitalista più bastardo di Mel Brooks di Che vita da cani!, Arthur Fleck divenne un lupo mannaro americano a Gotham City…

Cazzo, roba più demenziale dell’appena succitato Brooks. Roba da John Landis!

In The Score, invece, Ed Norton pensò di essere più bravo, con metodo Actor’s Studio, di Marlon Brando e di De Niro stesso.

Sì, che bella figura… che bella fighettina…

Andiamo avanti. Al Jean Reno di La ragazza nella nebbia, preferisco mia madre. Anche se, in passato, divenne troppo religiosa. A Cose Nostre – Malavita, preferisco invece Léon.

A Natalie Porman di Heat, preferisco quella di Closer. Ragazza di ottimo culo, mica una matta sfigata poi ritrovata come ne Il cigno nero.

Ce la vogliamo dire? Il film di Aronofsky è una mezza puttanata e forse il caro Oscar dato a Natalie, eh sì, col senno di poi possiamo considerarlo davvero regalato.

Una sorta di premio simpatia nei confronti del suo personaggio di ragazza sessualmente frust(r)ata.

A quella di Thor, invece, preferisco Naomi Watts di Birdman. Ah ah.

Al Cinema di Renato De Maria e al Padre Nostro di tua sorella, sì, preferisco Gli spietati di Eastwood.

E quell’altro? Ne vogliamo parlare di Scamarcio ne Lo spietato?

Ancora rompe il cazzo a fare il malavitoso dei nostri stivali? Ma non fu da Keanu Reeves, in John Wick 2, inculato più di come la sua ex, Valeria Golino, si lasciò da lui stesso, cioè Riccardo (non tanto Cuor di Leone), tranquillamente sodomizzare?

Che poi… anche Valeria. Dovrebbe chiedere la cancellazione, dalla sua filmografia, de La puttana del re.

Tanto, basterebbero già Hot Spots! e Respiro per capire che non fu attendibile ne La guerra di Mario.

Di mio, posso dire che me ne tirai parecchie sull’ex ballerina Lorenza Mario, da anni non torno al mare e, a La Mer, celeberrima canzone melanconica per depressi oramai affogati irrecuperabilmente nell’oceano delle loro tristezze melmose da merdosi, preferisco fare un po’ la merda stupendamente odiosa.

Sì, stronzeggio quando gli altri troppo sulla mia vita cazzeggiano.

Qualche mese fa, chiesi un parere a una tizia:

– Sono di Bologna come Stefano Accorsi. Secondo te, gli assomiglio?

– Sì, sei simile a lui in Radiofreccia e in Un viaggio chiamato amore.

– Cioè, in modo cortese, mi hai appena detto che morirò suicida poiché pazzo come Dino Campana.

– In effetti, qualcosa del genere.

 

Ah, non dovete mai dare retta a Le fate ignoranti. Poi, uno crede davvero di avere Saturno contro. E si lascia travolgere dalle paranoie e dalle delusioni, tipici elementi che scatenano la schizofrenia apatica.

Accorsi è comunque un falso. Siamo tutti bravi a celebrare l’amore quando stiamo con Laetitia Casta.

Ma se lei ti lascia, ecco, non hai molte vie di figa, no, di fuga. Puoi mangiare le fave di Fuca, puoi diventare casto oppure leccare il culo ancora a Gabriele Muccino per rimanere tanto “Maxibon” e carino.

Infine, puoi venire, no, divenire il paziente, ricollegandoci al discorso sopra fattovi, de La stanza del figlio.

Baciami ancora? Ma che cazzo stai a di’!?

Se perderete un figlio, comunque, lasciate perdere Nanni Moretti. Non basta un barattolo gigantesco di Nutella per tappare il lutto. So io cos’è Bianca…

Lasciate anche stare film come Jack Frusciante è uscito dal gruppo. Ah ah, di Enza Negroni. Una che mai si spostò da Bologna e, anziché girare vero Cinema, girò film pseudo-educativi come Rotta per il Pilastro. Meglio il Cremlino a queste donne da Cremino.

Di mio, da piccolo m’iscrissi a Nuoto alla piscina Record del quartiere, per l’appunto, Pilastro. Imparai a nuotare da solo durante giornate piene di Sole e, piuttosto che fare la rana, preferii essere un principe del giuoco della palle come Lionel Messi. Sì, giocai a Calcio sino a diciott’anni, arrivando fino alla categoria Juniores.

Poi, mi fu chiesto di andare in prima squadra. Ancora una volta, mi buttai viai. Dovrei prendermi a calci nei testicoli? Sì, sono un testone! Alla Negroni, al Negroni, alle negrone, a Nerone, al Martini e al mojito, preferirò sempre Dolls di Takeshi Kitano e Le iene di Quentin Tarantino.

In passato, non ebbi Paura d’amare. Bensì, paura di soffrire. Allora, soffrii del tutto come il protagonista de Le onde del destino. Ecco, dopo questo scritto, ora capite bene che il Kobra non è un serpente…

Ci siete arrivati, finalmente? Di mio, non sono pazzo come il cattivo di Cobra ma non sono neppure figo come Sylvester Stallone. Infatti, sono più intelligente di entrambi. Finisco così…

Su Facebook, un tizio scrisse: Joker è una cagata pazzesca. È molto sopravvalutato.

Al che, gli risposi con questa freddura:

– Perché? Tu non lo sei?

 

Quindi, lui gridò, inferocito!

– Che vorresti dire? Che sono una merda d’uomo?

– No, hai frainteso.

– Ah, menomale. Perdonami se ho equivocato.

– Sì, scusami. Volevo solo dire che, per quanto mi riguarda, puoi avere anche tre lauree e due donne di nome Laura.

Ma, lasciatemelo dire, secondo me di Cinema non capisci un cazzo.

– Capisco almeno di figa? – mi chiese lui, spaesato.

– Non lo so. La tua ragazza mi disse di no.

– Che cosa? Conosci la mia ragazza?

– No, non la conosco.

– Ah, perfetto.

– La conobbi ieri sera – risposi io con sesquipedale nonchalance.

 

Costui rimarrà sconvolto a vita. La sua ragazza di più. Ah ah.

Per quanto mi riguarda, comunque, non sono cazzi vostri.
Intanto, sono diventato il re dei fan di Anna Falchi. Ma sì, ne andai matto.
Mi sa che abbisogno di tornare alle belle donne come la mia donna attualmente amata.
Basta coi moralismi delle bruttone e delle fallite.
E, dopo la giacca incazzosa di Drive, presto a casa arriverà a casa mia una di queste due giacchette da vero maschilista amante del piacere più verace.
Ah ah.
Se non vi sta bene, mi sa che farete la fine di Leo DiCaprio di Shutter Island. Eh già, non gliela potete fare neanche se vi reggesse il gioco un amico buono come Mark Ruffalo. A voi non basterebbe nessuna cura da Ben Kingsley.

Vi credeste grandi, puttaneggiando con Gandhi ma, onestamente, siete soltanto degli ipocriti.

Ricordate Ove the Top, miei topi.

Falco sono io. Volete affrontarmi? Ok, Poi però non piangete.

 

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di Stefano Falotico

Uomini immarcescibili come Rocky Balboa, gli intrallazzi cine audiovisivi del Joker, video incredibili e il grande Colin Farrell


14 Apr

Come sta andando la quarantena, figlioli? Vi vedo già sul moscio. Non state resistendo.

Vi mancano i baci di una donna che, dolcemente, lambisce/a le vostre labbra al calar delle tenebre e al calare dei vostri pantaloni quando qualcosa, sapete bene cosa, non è più tenero. E con lei, indurendosi più di Sly Stallone degli anni ottanta, edonisticamente si tende con un montante imprendibile.

Gli ani, no, anni novanta… peraltro. In cui spopolò la Tarantino mania e la vita assunse un colorito più pulp.

Andarono forte anche le storie hardboiled in noir cazzuti ma Stallone rimase un mito anche quando, ingrassando a dismisura, interpretò Cop Land. Una delle sue migliori interpretazioni in assoluto.

Stallone non fu mai portato per la commedia. Infatti, quando se ne cimentò, fallì miseramente in maniera ignobile. Poiché Stallone, a prescindere perfino dalle sue parti impegnate, è uomo onesto con sé stesso. E spudoratamente, in tempi non sospetti, ammise che non sarebbe mai stato un attore capace di recitare Shakespeare.

Stallone è così, prendere o lasciare.

Un uomo che, con gli anni, divenne pure amico di Bob De Niro. Per Rocky, Stallone fu candidato agli Oscar ma non lo vinse. Neppure De Niro per Taxi Driver, nominato nello stesso anno. Rocky vinse però come miglior film, battendo Taxi Driver.

Mentre De Niro vinse l’Oscar come miglior attore protagonista per Toro scatenato. Perdendo ai punti contro Stallone ne Il grande match.

Su un bel canale YouTube si sta discutendo in merito alla saga balboiana. Dilatata poi nello spinoff Creed e nel suo sequel.

Ora, a sproposito, collezionisti di ombre, tranne della loro vita oramai fantasmatica o troppo acculturata, eh eh, si scherza, per pura antipatia gratuita contro Sly, asseriscono con fare prosopopeico assai ardito che Over the Top e Cobra siano due cagate micidiali.

In effetti, è così. Cinematograficamente e idealisticamente fanno pietà. Ma hanno momenti che valgono il prezzo del biglietto.

Chi, dopo la quarantena, sarà un Survivor? Vi state infrollendo come il Balboa nel terzo Rocco…

Mentre Siffredi, a forza di fare il duro al colare delle sue tenere, non capisce più un cazzo. Completamente rincoglionito. Insomma, fottuto. Ah ah. E la dovrebbe finire anche con lo spot sulle patatine. Visto e rivisto, fatto e strafatto con la panza piena e qualcosa che non spinge più come una volta.

Di mio, gigioneggio. Mi districo fra intrallazzi da cinefilo, articoli giornalistici, flessioni ginniche.

E voglio qui ricordare a tutti i voi i miei tempi del Ginnasio. Che non vi furono poiché m’iscrissi al Liceo Scientifico ma presto gettai la spugna.

Sì, un ambiente di damerini tutti in tiro, trigonometrici e robotici, non si addisse al mio talento imprevisto da uomo nudo e crudo come la pelle di Stallone al mattino sotto una doccia fredda.

Mi applicai da autodidatta, fui additato come sfigato e malato di depressione cronica, mi appassionai sfegatatamente a De Niro, incontrai una e fu un incontro sino all’ultimo round sul suo letto ove, di Eye of the Tiger, venne fuori il ring(hio).

Sì, all’epoca ripresi a respirare, fu un Burning Heart. Un cuore bruciante agganciato a qualcos’altro ficcante.

Successero dei casini, avvennero delle risse ma non ricordo di essere mai stato ingannato da una rossa come quella che sta con Tommy Gunn per soldi nel quinto Rocky.

Sino a qualche mese fa, fui molto vicino a diventare Arthur Fleck/Joaquin Phoenix nel pre-finale di Joker quando, distrutto, esausto, massacrato e massacrante, inneggiò alla libertà con la folla in lacrime a onorarlo in gloria.

Anzi, sinceramente in disgrazia.

Una scena commovente.

Oserei dire straziante. Ogni nostra emozione celata davvero svelante.

Sì, gli anni passano, lo presi in quel posto non so quante volte.

Mi scatto un selfie e come mai io sembro un ventenne quando voi invece, a trent’anni, sembrate davvero suonati?

A furia di andare con bagasce varie, a forza di drogarvi o, pure peggio, di cazzeggiare da intellettuali della minchia, siete andati giù.

Molto giù.

Non ce la fate più.

Eh sì, No Easy Way Out.

Be’, debbo dirvi che fu un anno intenso, quasi da circense. Un mio amico, prima del Covid-19, mi portò sempre a Imola.

Soprattutto al locale LAB0542.

Posto pieno di vita. Sono stanco di gente che non vale il mio mignolo sinistro e vuole rendere la mia vita una tragicommedia.

Il JOKER MARINO, signore e signori.

Un uomo che s’inabissò, molto se la russò ma che conosce tutto e tutti.

Infatti, il regista Petrarolo mi saluta, chiamandomi per il mio vero nome.

Poiché io l’intervistai di persona.

Il Joker rinasce sempre come Rocky.

Fa la parte del matto poiché conosce la realtà. Che è dura e fa male.

Ma il Joker sa il Falò suo.

Se pensate di essere arrivati, sbagliate di grosso come Mason Dixon. Anche se siete i più forti, non bisogna mai abbassare la guardia.

Per tutti noi, che vogliate o no, ammesso che vivere vogliate davvero, arriveranno altre palate. Non so se patate, sicuramente le bollette. Alcuni di voi, inoltre, perderanno la testa e pure i testicoli per delle bollite.

 

di Stefano Falotico

JOKER: non ho mai pensato alla mia vita neppure come a una tragedia, mi disinteressavo del mio futuro, adesso sono un comico intellettuale come Billy Crystal


01 Oct

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Mancano due giorni all’uscita nelle sale di Joker.

Mancano invece quindici minuti dall’uscita delle celebrità dalle saune dei loro VIP senza calore.

Perché non ridete? Non fa ridere? In effetti, no. È una battuta troppo sofisticata per voi, pubblico di plebei, pubblico ammaestrato dalla tv spazzatura.

Signora, lei conosce Andy Warhol? Ah sì? Lo conosce? Peccato che sia morto, ah ah.

Sì, Arthur Fleck è la versione potenziata di Rupert Pupkin di Re per una notte. Un uomo adombratosi nella malinconia, nelle sue notti interminabilmente tristi e mortifere. Uno che, semmai, a differenza di Pupkin non soffre del complesso di Edipo e neppure, a proposito di Billy Crystal, ha un amico come Danny DeVito di Getta la mamma dal treno. Con una madre orribile, fisicamente e non, che psicologicamente castra e nanizza il figlio Danny.

Ah, a quel punto Danny, detto il nano per via della sua indubbia statura, diciamo, anomala… cazzo, deve inventarsi qualcosa, elevare la coscienza per non finire inchiappettato da una società ove, se non sei muscoloso come Dolph Lundgren di Rocky IV, non avrai nessuna seconda chance come Sly Stallone/Balboa.

Ah ah. Una società che ti spiezza in due.

Poi, arrabbiati, diverrete come Night Slasher di Cobra. Cioè degli anarchici sovversivi, semi-maniaci sessuali e vorrete scoparvi la moglie di Lundgren nella finzione e l’ex moglie di Stallone nella realtà, ovvero Brigitte Nielsen.

Sapete perché la Nielsen lasciò Stallone? Lei era iscritta al Movimento 5 Stelle mentre Stallone è sempre stato simpatizzante per Matteo Salvini.

Nel finale di Cobra, il reazionario Stallone disse:

qui la legge si ferma e comincio io…

Al che la Nielsen, disgustata dal machismo da porco di Stallone, si trasferì in Italia e comprò tutti gli album di Rettore Donatella. Cantando fra un’ospitata televisiva e l’altra Il Kobra non è un serpente. Luca Barbareschi, sul set di Bye Bye Baby, mentre adocchiava Carol Alt con far da volpone, fra un ciak e l’altro, rivolgendosi a Brigitte, le chiedeva retoricamente:

– Brigitte, cosa sarebbe la biscia che striscia? Mettiamo su Renato Zero col Triangolo?

 

Ragazzi, qualche bullo ce l’ha con voi? Chiamate me. M’hanno sempre dato della femminuccia. Infatti, il mio nome è Marion.

– Invece, signora, lei come si chiama? Maria? Come mai Maria? Perché i suoi genitori volevano che avesse una carriera come la cantante Madonna o perché, appena lei nacque, capirono che sarebbe rimasta like a virgin a vita?

Ah, mi tolga una curiosità? Lei è vergine? Ama gli amanti toro?

– Sì, sono ascendente in Capricorno ma amo i pesci.

– Ascendente nella tonta, no?

di Stefano falotico

 

Marion COBRA Cobretti – Un cortometraggio di Stefano Falotico


18 Sep

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In America, viene commesso un furto ogni 11 secondi, un’aggressione ogni 65 secondi, un reato di sangue ogni 25 secondi, un omicidio ogni 24 minuti e 250 violenze carnali al giorno.

Appartengo alla sezione gasati. Forse un po’ Abatantuono, sballato e completamente fuso.

Fa parte del personaggio. Sì, mentre la società viene funestata da un’umanità allo sbando, il Falò, con charme e strepitoso, implacabile, insormontabile sangue freddo da salamandra ancestrale, osserva la fatiscenza grazie all’arte scientifica della sua onirica decadenza abissale.

Fluttuando fra pub imolesi e gli American Graffiti di balli latinoamericani. In mezzo alla gente che sculetta, infoiandosi nel voyeurismo più passivo, Falò osserva con occhio fintamente mesto, nei suoi ricordi rimesta e semmai ordina anche una minestra.

Poiché la minestra riscaldata fa bene quando il mondo è oramai alla frutta e necessità di un uomo che forse non indossa occhiali Ray-Ban, un ficcante uomo bannato dalla frivolezza di massa che però sguscia tra la folla incazzata e occhieggia nel lanciare ammiccamenti inequivocabili, con malandrino carisma, a donne dagli ottimi fondoschiena danzanti negli ormoni suoi ancora potenti.

Un uomo puro dal fascino trasparente che s’eleva e distingue dai comuni mortali, è abbagliante fra le spente, ingrigite persone annebbiate che vollero di loro stolti intendimenti colpevolizzarlo coi loro moralistici indottrinamenti al fine d’obnubilargli la mente e farlo cascare nel più triste ottundimento.

Un uomo che conquista le donne soltanto con la virtù maliarda del suo occhio sinistro associato a un fantastico strabismo di Venere che ha poco di schizofrenico, bensì molto di bellezza anomala assai stordente, cari deficienti.

Un uomo che disserta perfino del compianto, mica tanto, Tony Scott. Dando lezioni di Cinema con calma olimpica mentre impazza la musica e i pazzi, cioè la maggior parte degli uomini, bigotti, scemi e limitati, agganciati a vetusti valori oramai ridicoli, da nazifascisti gironzolano incoscienti.

Falò non abbisogna dei moti rivoluzionari degl’idioti populistici, non è amico degl’incoscienti motociclisti anche se adora Mel Gibson d’Interceptor e, ai criminali, sussurra un laconico, eloquente…

Qui la legge finisce e comincio io.

Sì, non adopera questa frase (s)cult solamente contro le teste di minchia ma soprattutto la utilizza con le donne troppo timorate di dio e svampite che, a forza d’ascoltare Fedez e compagnia bella, finiranno appunto in mutande.

Poiché Fedez e la Ferragni hanno i soldi e vi stanno platealmente coglionando mentre l’uomo Falò non deve chiedere mai. Egli guarda la sua bella e col solo potere della sua voce roca e rock, eh già, quando lei mangia troppo, ingrassando, le dà un con(s)iglio molto saggio:

Le patatine potrebbero affogare nella salsa.

Lei, basita, risponde:

– Non va bene che bagni la patatina nel ketchup? Dove dovrei bagnarla?

– Ah, non lo so. Nella maionese, comunque, sarebbe meglio.

– Dici?

– Sì. Soltanto che devi mescolare solo in una direzione. Se cambiamo posizione, le uova potrebbero impazzire.

 

Non ci crede nessuno che io abbia 40 anni.

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di Stefano Falotico

In questo mondo non esiste né può esistere la libertà d’espressione universale: nemmeno i critici, cinematografici e non, possono permettersi le loro opinioni libere, i capolavori, sì


26 Jul

manhattan poster

– Scusi, lei scrive per Libero?

– No, ho solo scritto un libro. Sto aspettando che me lo pubblichino.

– Capisco. Dunque vuole diventare uno scrittore. Per quale casa editrice pubblicherà?

– Sa, la Mondadori, la Newton Compton e tutte quelle parimenti grosse pubblicano solo i pezzi grossi. Cioè quelli già arrivati per la serie Chi più spende… più guadagna! come l’omonimo film con Richard Pryor.

– Cioè? Mi spieghi bene. Il suo discorso è ermetico. Parli come mangi(a).

. Voglio dire… la Mondadori investe su un autore che ha già mercato. Perché negli anni s’è creato già la sua fortuna. Dunque, la Mondadori sa che, se spenderà milioni di Euro nella campagna promozionale, i costi dell’operazione pubblicitaria saranno ampiamente ripagati dalle vendite, cioè dai guadagni.

Quindi, due più due fa quattro. Le grandi case editrici rarissimamente investono su uno sconosciuto o su un esordiente a meno che costui (non) sia un genio mai visto, sebbene non ancora da nessuno letto, oppure a patto che abbia già il cosiddetto personaggio cucitosi addosso. Che ne so? Ti faccio un esempio.

Vi è uno youtuber folle seguito da migliaia d’iscritti. I suoi video, sebbene siano indubbiamente trash e orripilanti, oppure forse in virtù proprio di ciò, poiché sono talmente impresentabili da attirare l’attenzione smodata di gentaglia che si diverte infinitamente a guardare cazzate, ottengono puntualmente un numero di visualizzazioni esagerate.

A questo punto, tale youtuber è a suo modo, nel bene o nel male, un personaggio. Opinabile, certamente, ma sempre personaggio rimane.

Perciò, se domani avesse pronto un manoscritto, semmai scritto pure col culo, la Mondadori glielo pubblicherebbe seduta stante. Consapevole che i suoi followers lo compreranno. Devo stare in orecchi e non affidarmi neppure a chi mi chiederà il contributo. Ovvero quelle piccole case editrici, forse anche di prestigio e rinomate, in una parola affidabili, che però per sostentarsi e poter sostenere i loro progetti, eh sì, sono costrette a domandare soldi proprio a colui che sta lavorando per loro, il futuro loro scrittore, appunto.

– Il suo discorso non fa una piega, forse un’orecchia a fondo pagina.

Comunque, che significa? Ah ah. Sarebbe come dire che la Warner Bros chiede duecento milioni di dollari a Christopher Nolan affinché Nolan possa girare la sua nuova stronzata cosmica.

– Per Nolan il discorso è diverso. È straricco. Potrebbe pure dare 200 milioni di dollari alla Warner, tanto la Warner, coi soldi incassati dai coglioni che vanno in brodo di giuggiole per le cervellotiche scemenze di Nolan, come Inception, si sparerà lo stesso… il trip da Mulholland Drive. Facendo la bella figa alla stessa maniera di Laura Harring. A quel punto, Laura, no… la Warner paga Nolan affinché lui la lecchi…

Ha capito?

– Cioè, la Warner è lesbica come Naomi Watts?

– La Watts non è lesbica. Sta con Liev Schreiber.

– Intendevo la Watts di Lynch.

– Guardi, è una che è andata pure con Dougie Jones/Kyle MacLachlan di Twin Peaks 3.

– Se non sbaglio, la Watts non è andata a letto anche con King Kong di Peter Jackson?

– Sì, ovviamente. La Watts va pure coi gorilla giganteschi se la parte lo richiede. Ora però, in nessun film su Kong viene esplicitato l’accoppiamento animalesco fra la bella e la bestia.

– Secondo lei, la Watts è amante della zoofilia?

– No, non credo. I suoi ex, prima di Schreiber, sono stati tutti abbastanza umani, diciamo. È stata infatti con Stephen Hopkins e con Billy Crudup.

– Se non erro, anche con Heath Ledger.

– Quale? Quello di Casanova o del Joker appunto di Nolan?

– Che domanda è? Non è mica stata coi suoi personaggi. Anche se potrebbe essere vero. Infatti, lei prima ha detto che per sfondare bisogna essere un personaggio. Che casino pazzesco. Comunque, avrei da porle quest’altra domanda.

Ribadisco, secondo me la Watts è lesbica. Come mai infatti prima girò puttanate come Cattiva condotta e poi, grazie alla spinta della sua amichetta, Nicole Kidman, girò il succitato film memorabile di Lynch nella Los Angeles altolocata?

– Perché Lynch se l’è scopata.

– Che cosa? Ma non è vero.

– Sì, mi scusi. S’è scopato solo Laura Harring.

– Ma no!

– Invece sì, è la stessa storia di King Kong. Ufficialmente non risulta, diciamo agli atti, che Lynch abbia fatto lo scimmione a letto con Laura, un gran figone, ma io le posso giurare su cristo in croce che nella stanza da letto di Lynch, con tanto di crocifisso affisso vicino al poster di Velluto blu, Lynch fu con Laura un vero Wild at Heart.

– Potrebbe essere. Come mai però la Harring, da Mulholland Drive in poi, non ha girato più film di valore a differenza della Watts? Scusi, la Harring l’ha data a Lynch e non ha avuto il successo che le spettava e invece la Watts, sì?

– Non sono cazzi miei. Non so perché sia successo che la Harring, nonostante il sesso con Lynch, non abbia avuto successo. Chieda ad Harvey Weinstein. Le ho detto, sono solamente un umile artista in cerca soltanto di pubblicazione, non di pubi e fornicazioni. E di troiate varie.

– Ecco, secondo lei, i critici dei quotidiani sono delle puttane?

– Cioè?

– Cioè… acclamano un film perché vengono pagati dall’editore a sua volta pagato dal produttore della recensita pellicola in questione?

– Ecco, diciamo di sì.

– Dunque, secondo il suo ragionamento, sono tutti dei leccaculo.

– Direi molto di più. Non leccano mica solo quello…

– Ecco, Sharon Stone la diede a Paul Verhoeven. Questo lo sanno tutti. Elizabeth Berkley fece la stessa cosa per Showgirls? E come mai MacLachlan non se la scopò in questo film?

– Sì, eccome. Se la fotté in piscina con tanto di spruzzi e bollicine.

– In verità, no. In realtà e neppure nella finzione si vede la penetrazione.

– Sì, ma si capisce.

– Non lo so, guardi. Non sono un guardone.

 

Ricordati: il mondo è pieno di serpi.

Io non mi vendo, farò la fine di Serpico ma il mio Cobra non è un serpente…

– Kobra. Perché la K? Per mascherare ancora di più il doppio senso? Ma poi lei che si è messo in testa? Vuole sfidare i giganti della letteratura? È un nano in confronto a loro.

– Lei ha mai visto Warrior? Soprattutto la scena in cui Joel Edgerton non ha una sola possibilità di vincere contro Koba?

– Alla fine vince.

– Secondo lei, perché vince? Glielo dico io. Perché studiò il suo avversario. Se l’avesse affrontato a viso aperto, ne sarebbe uscito macellato. Dunque, lo intrappolò. E così l’inculò. Sostanzialmente, è la stessa cosa che fece e fa tuttora Woody Allen. Se l’avesse buttata sull’avvenenza, l’aspetto e la forza fisica, l’avrebbero sbranato.

– Dunque, Manhattan è celebrato come un capolavoro perché Allen pagò i critici affinché magnificassero la sua opera?

– No, perché è un capolavoro e basta. Ci sono cose, sa, che sono intoccabili. Se capolavoro è, tale è. Senza se e senza ma. Gli si può dire tutte le cattiverie del mondo.

Vanno a farsi fottere.

Insomma, teste di cazzo, se avete un problema, non chiamate Mr. Wolf. Chiamare il Cobretti, cioè il sottoscritto.king kong naomi watts
cobra stallone

 

 

di Stefano Falotico

Omaggio al grande Rutger Hauer, la mia vita da replicante ricorda la Total Recall delle mie origini da Paul Verhoeven


24 Jul

ladyhawke blade runner sean young hauer blade runner

Sono specializzato, d’altronde, nelle freddure.

Ebbene, lo sappiamo. Se n’è andato anche un altro maledetto per antonomasia.

Ovvero, il grande Rutger Hauer, protagonista di tante pellicole memorabili, altresì onnivoro, cinematograficamente parlando, d’innumerevoli schifezze.

Born:

January 23, 1944 in Breukelen, Utrecht, Netherlands

Died:

July 19, 2019 (age 75) in Netherlands

Ora, nato a Breukelen, vale a dire in Olanda, cioè i Paesi Bassi ove purtroppo abitano a tutt’oggi molti italiani che, semmai, stazionano fisicamente a Milano ma nel cervello sono poco statuari, diciamo.

Breukelen, da non confondere dunque con Brooklyn, chiamata a sua volta da quelli di Little Italy as Broccolino.

Voi siete sempre brocchi e poi, umiliati da voi stes(s)i, sbroccate. Dando voce al peggio delle vostre bocche sboccate.

Abbisognate di più bocciature.

Di mio, sono bassino, solo uno e 68, portabile al metro e settanta se indosso scarpe da ginnastica coi tacchetti e potabile a uno e sessanta dopo una giornata di merda per cui ho la schiena a pezzi.

Sì, m’ingobbisco, mi rannicchio e soffro tutte le osteoporosi possibili.

A me furono fatte peraltro varie diagnosi totalmente erronee e ora erro, anti-eroe, in una zona di prognosi riservata, in uno spazio-tempo melanconico simile al celeberrimo monologo finale di Blade Runner.

Per cui s’utilizzarono molte scene di Shining. E ho detto tutto…

Sì, vago da Lupo solitario come il primo film da regista di Sean Penn, ricordando che fui young e ora sono un Indiana Jones solo delle mie tempie maledette, distrutte da emicranie che mi donano, si fa per dire, una semi-paresi facciale da Ryan Gosling di Blade Runner 2049.

Questo Ryan, cazzo, non muove un muscolo facciale ma riesce a essere più carismatico di Takeshi Kitano.

Kitano soffre, per caso, della paralisi di Bell? E allora come mai non è bello come Gosling?

Sì, l’ho già detto ma lo ripeto. In Drive, Gosling ha recitato invero il remake di Hana-bi – Fiori di fuoco.

In realtà, la storia è molto diversa. Ma le atmosfere di Nicolas Winding Refn ricordano molto quelle malinconiche del capolavoro kitaniano par excellence.

Insomma, se proprio vogliamo sintetizzare, alla buona, la trama di Drive:

un uomo che, a prima vista, potrebbe sembrare Kurt Russell di A prova di morte, si dimostrerà esattamente il contrario. Laddove Kurt fu misogino e testa di cazzo sfasciacarrozze, Gosling sogna invece con Carey Mulligan solo un amore pirotecnico da fuochi passionali assai poco artificiali, dei fiori di figa per farla breve, ma fanno fuori il suo unico amico, quello sposato con la sua prediletta con cui non finì mai a letto e scoppiò un bordello.

Sì, su per giù, questa è la trama.

Abbiamo anche quel brutto uomo di Hellboy, Ron Perlman. Ancora una volta nella parte dell’uomo a cui nessuna donna assennata, di sesso assetata, direbbe… ehi, sei un playboy, di nome Nino.

Mentre ne Il nome della rosa fu Salvatore di nome ma non di fatto per sé stesso. Tant’è che lo bruciarono vivo.

Ah ah.

Di mio, per anni m’hanno ridicolizzato, trattandomi da bambino quando invero avevo già un ottimo cosino, mi sfottevano, urlandomi:

– Ehi, Stefanino, anche oggi l’hai pigliato nel c… ino?

 

Sì, guardate, uno schifo. Una vita piena di botte…, mie mezzeseghe.

Ma andiamo con calma. Sempre meglio comunque che finire come quei minchioni esaltati che vanno soltanto, da mattina a sera, a mignotte.

Vado dallo psicanalista e mi sdraio sul lettino. Lo psicanalista è un uomo, non è dunque Lorraine Bracco dei Soprano…

– Allora, qual è la diagnosi del cazzo, dottorino?

– Falotico, lei non soffre di nulla.

– Ah no?

– No, ma se continuerà per la sua strada, farà la fine di Ray Liotta di Quei bravi ragazzi.

– Non è un grosso problema. Sempre meglio che finire come Joe Pesci.

Guardi, le sarò franco. Se io fossi davvero un gangster come James Gandolfini, lei sarebbe la mia Lorraine. Potrei pure innamorarmi di lei. Ha delle gambe stupende. Ma Lorraine è una gatta da pelare. Ottima figa, per carità, ma l’ha mai visto Tracce di rosso? In quel film, Lorraine tocca l’apice della gnocca, ma che zoccola…

– Dunque, che vuole fare nella vita?

– Non lo so. Canterò Luna di Gianni Togni e Il cielo è sempre più blu di Rino Gaetano. Anche Gianna!

– Un po’ pochino, Stefanino.

– Sì, ma vale la pena elevarsi? Ci si brucia presto. Pensi a Roy Batty…

Io ne ho viste cose…

– Ah sì? Mi racconti. Sono interessato. Mi tolga anche una curiosità. Ha visto anche molte cosce?

– Sì, gliel’ho detto, Lorraine Bracco ha un paio di cosce, almeno le aveva, da guinness dei primati. Sì, vai da Lorraine, lei è mora sebbene spesso si tinga di biondo, le offri una bionda, lei ci sta e diventi un primate.

Forse, sei talmente eccitato, da battere pure ogni primato.

– Cioè? Questa non l’ho capita.

– Ah, lei non ha di questi problemi. Con quella faccia… sembra Billy Crystal di Terapia e pallottole, lo sa?

– Ecco, a parte gli scherzi, mi dica. Lei mi ricorda la ragazzina di Ecce Bombo…

– Sì, faccio cos(c)evedo gente…

– Sostanzialmente, non fa niente.

– Diciamo che mi arrangio. Non sono un Soldato d’Orange.

Che poi, caro mio, uno crede all’amore e a dio ma è capace che un vescovo gli lanciai una maledizione da Ladyhawke.

Sì, ad Aguillon, preferisco gli aquiloni.

Comunque, è un casino essere un uomo, sa? Ci sono dappertutto degli attentatori dei nostri volatili…

Per dirla alla Lino Banfi, sono volatili per diabetici, cioè cazzi amari.

In Ladyhawke, Hauer è un falco, in Nighthawks è uno psicopatico che ammazza quelle più bone come Michelle Pfeiffer.

Al che interviene lo Stallone en travesti.

Cioè, per ammazzare questo porco che uccide come ne Il silenzio degli innocenti, indossa i panni di Buffalo Bill.

Il silenzio degli innocenti è un film reazionario, peggiore di Cobra.

Scusi, lei è uno psicanalista, giusto?

Mi spieghi il finale.

Allora, questa Clarice Starling va in manicomio… da Hannibal Lecter. L’unico che può aiutarla a capire la mente di Buffalo.

Che cazzo se n’è fatta di tutte quelle splendide delucidazioni, se poi, anziché aiutare Buffalo e curarlo, lo ammazza come una Furia cieca neanche avesse di fronte il protagonista di The Hitcher?

Buffalo non era un matto incurabile come John Ryder, era un uomo con dei problemi. Lei doveva salvarlo.

Peraltro, Jodie Foster è pure lesbica… sa com’è? Poteva addirittura sposarsi Buffalo. Avrebbero vissuto felici e contenti.

– Secondo me, Falotico, di lei nessuno ha capito chi sia davvero.

Lei è forse Andreas Kartack de La leggenda del santo bevitore.

Ma non voglio santificarla. Lei è un peccatore come tutti.

Sa che Anthony Hopkins, prima di vincere l’Oscar per il menzionato film di Jonathan Demme, era come lei, in questo momento?

Sì, pensava sempre al suicidio. Era perfino alcolizzato. Lei non è alcolizzato ma tabagista, questo sì.

Ora, il nostro colloquio è finito. Alla prossima.

Ma, prima di salutarla, mi dica… le piace ancora Cristina Quaranta?

– Certo. Come fa a saperlo?

– Ho appena visto il suo video su YouTube. Quali sono le sue bionde preferite?

Anche Katarina Vasilissa de L’uomo che guarda è stata un mio must per an(n)i.

Gliela faccio io, ora, una domanda.

Che ha da guardarmi?

– Lei mi piace, sa?

– Ah, ora capisco il significato del termine psic-ANAL-ista.

Non mi rilascia neanche la ricevuta fiscale.

Morale della favola:

mai pensare di avere a che fare con un agnellino quando invece hai dinanzi uno con una mente che ti sbrana.

 

di Stefano Falotico

L’episodio n. 1 di Black Mirror 5 è un capolavoro: la vipera che morsicò mia suocera morì avvelenata


08 Jun

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Fa ridere, no?

Questa frase oserei dire tremenda più di Vipera di Sergio Citti (da non confondere con Franco e ora state zitti) è una massima incisa in una piastrella nella casa sgarrupata di mia nonna paterna. Un fatiscente tugurio anticamente affascinante. Puro modello pregiato di antiquariato raffinato. Sì, certo…

Gli altri miei nonni, compreso suo marito, sono tutti purtroppo morti.

Un aforisma degno del carattere irascibile di mia nonna. Donna che ama tuttora le telenovele argentine e conosce tutti gli attori ispanico-brasiliani a memoria. Mia nonna non ha mai imparato nessun ballo latino-americano ma va matta pure per Ballando con le stelle. Ho detto tutto…

A proposito, campa ancora Grecia Colmenares?

Mah, io son sempre stato invece un tipo da C’era una volta in Messico. Come Sly Stallone di Cobra, vado da una donna come Brigitte Nielsen e, con sguardo provocante al massimo, le dico di stare attenta perché quelle patate affogano nella salsa

Vero?

A mia nonna piaceva Julio Iglesias e voleva essere da lui messa incinta. Invece a me è sempre piaciuta Hero del figlio.

Un videoclip capolavoro ove anche un eterosessuale convinto non sa se innamorarsi, appunto, di Enrique, di Jennifer Love Hewitt oppure del solito strepitoso gigione Mickey Rourke.

Chiariamoci, Mickey Rourke ha carisma da vendere. Guardatelo in questo video. Questo tamarro da Man on Fire di Tony Scott, da Domino che la scena domina, fingendo di saper suonare il pianoforte, scioglierebbe Salma Hayek di Dal tramonto all’alba senza aver bisogno di tatuarsi come quel fake di George Clooney.

Lo sapete, no, che la prima scelta di Tarantino per il suo Stuntman Mike di Death Proof fu Mickey?

Mickey rifiutò la parte, andata come sappiamo a Kurt Russell, perché il ruolo del maschilista puttaniere disse che gli stava stretto.

Ah ah, questa è bellissima!

Ma chi vuole prendere in giro? Mickey non sa niente di Musica. L’unico pianoforte che conosce è il ritmo basculante che offriva alla sua ex, Carré Otis. Un allegro vivo da Vivaldi con tutte le sinfonie di orgasmiche corde vocali e letti strapazzati più di una chitarrina di Jimi Hendrix.

Erano amori fra loro da Orchidea selvaggia, schifezze da filmacci quasi pornografici come tutta la produzione, artisticamente censurabile, di Zalman King.

Ma che fascino, però, il Mickey.

Non dimenticherò mai la sua smorfia di delusione nella notte degli Oscar quando perse la statuetta. A mio avviso sottrattagli ingiustamente dal manieristico Sean Penn di Milk.

Sì, uno scandalo di proporzioni ciclopiche. Mickey, in questo caso, pregustò davvero la vittoria tanto agognata. Vinse da poco il Golden Globe, battendo proprio Penn. E, sebbene gli allibratori azzeccarono la previsione, avendo alla vigilia posizionato proprio Penn come pretendente numero uno per intascare lo zio, Mickey, diciamocela, ci fece un pensierino.

De Niro presentò Penn. E Mickey pensò: questo De Niro mi ruberà l’anima un’altra volta come il suo Louise Cyphre di Angel Heart.

Per un attimo infinitesimale, può darsi pure che gli barcamenò questa folle, irrealizzabile idea: no, Bob, farai la fine di Louis Gara di Jackie Brown, povero coglione. Penn è anche amico mio.

 

Purtroppo per lui, da grande attore qual è, dissimulò la tragedia di questa sconfitta epica, sorridendo come dire… tanto me ne fotto.

In cuor suo, in quel momento si sentì come il personaggio del suo cammeo ne La promessa.

Detto ciò, mie vipere, la vita è come Street Fighter, un videogame arcade.

Pensa te. Credi di essere un tipo da Roxette, un mezzo effeminato e invece scopri di essere uno che deve solo ascoltare il suo combattivo cuore da Lionheart, sì, Listen To Your Heart.

Chi ha visto l’episodio numero uno di Black Mirror 5 sa a cosa io stia alludendo.

Con questo che voglio dire? Che vorrei segretamente fare sesso spinto col mio migliore amico?

No, gli do un pugno se farà ancora lo stronzo e vorrà fottermi.

In realtà è il mio più grande fan.

Parimenti a Citti (Franco o Sergio) al Maurizio Costanzo Show – Uno contro tutti, sa benissimo chi sono.

E pensa: ti stanno prendendo tutti per il culo platealmente ma io credo in te visceralmente. Perché come Pasolini e come Carmelo Bene sei un genio.

 

Man on Fire. Come in Vipera, c’è Giancarlo Giannini.

Vi ricordate cosa gli dice Christopher Walken?

Dunque, all’ennesimo colpo basso vigliacco, poveri codardi, sappiate che non saprete a che ora, a che minuto, a che secondo arriveranno i miei colpi.

C’è una sottile differenza fra me e voi. Io, dopo tutte le batoste prese, mi rialzo sempre.

Voi no. Non fatevi male.rs20-2

 

di Stefano Falotico

Stasera a casa di Alice… nel paese delle meraviglie


09 Apr

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Sì, credo proprio che sia una società da svecchiare e il grosso problema non siano i giovani ma una generazione di “adulti” cafoni e boriosi, asfissiati dai loro stessi privilegi putrescenti e dunque asfissianti nei confronti di un mondo già cambiato, che si ostinano però a non vedere, opacizzando, elidendo dalla loro vista tutto ciò che in qualche maniera possa infastidirli, turbarli, scompensarli.

Una società che prometteva tanto e ora fa i conti con la sua pochezza.

Ma quando è iniziato tutto questo? Forse con Carlo Verdone. No, non sono impazzito, non sono mai stato lucido come lo sono ora ad affermare ciò.

Indubbiamente, il buon Carlo, raccomandato da Alberto Sordi e col beneplacito di amicizie di “rango”, riuscì a finanziarsi i primi film, assurgendo a nuovo comico macchiettistico, e incarnando il modello del moderno gaglioffo che stigmatizzava i tic dell’italiano medio, e devo ammettere che alcuni suoi “sketch”, alcuni suoi siparietti, soprattutto degli esordi, erano apprezzabili e inducevano alla risata. Quella risata bonaria di chi si riconosceva nei suoi ritratti spietati anche se, ripeto, caricaturisti, delle vignette animate dal suo corpaccione imbranato, la versione più affabile e meno incazzata di Fantozzi.

Poi, si montò la testa, e volle girare film a metà strada patetica fra la commedia all’italiana, la critica al costume del nostro Paese e la trita, scontata sociologia più superficiale e alla buona, per prendere da tutte le parti, e spacciarsi per “autore”, riempiendo le sue pellicole d’insulse banalizzazioni, commedie moralistiche, tediose, recitate da attori radical chic come lui (tant’è vero che Sorrentino lo piazzò nei suoi salotti de La grande bellezza, non a caso, perché Verdone è il prototipo del borgataro che però si crede anche artista a tutto tondo…,  ça va sans dire, classica espressione da borghesucci con le pezze al culo che usano francesismi per dar un tocco di “classe” al lor parlato invero retrivo).

E vennero fuori film osceni, di cui dovrebbe vergognarsi fin a quando creperà. Roba agghiacciante come Il bambino e il poliziottoMaledetto il giorno che t’ho incontrato e soprattutto Stasera a casa di Alice, apogeo della penuria del Cinema italiano nella sua accezione più negativa quando si vuol prendere troppo sul serio e alza il tiro, scontentando ogni tipo di pubblico. Perché “Cinema” di questo genere è il peggio del peggio. Ornella Muti, attricetta da Celentano, una “bisbetica domata”, ecco che fa la spogliarellista de no’ altri ed entra in scena anche Sergio Castellitto, altro esempio incarnato dell’attore che si è sempre creduto un talento, un intellettuale di spicco, e invece è il modello per “eccellenza” del tipico interprete bravino che però mai lascia il segno, e nemmeno le collaborazioni importanti, come quelle con Ferreri, Amelio o Bellocchio, l’hanno migliorato, l’hanno elevato semplicemente dall’essere solo un irrisorio e mediocrissimo professionista insipido e a mio avviso pure antipatico. Tant’è vero che è sposato con la Mazzantini, una che si crede Grazie Deledda e invece scrive “rotocalchi” in forma di prosa da annoiata frustrata.

 

A casa di Alice… film indigesto, paurosamente volgare perché si affanna tanto a non esserlo e invece nella sua finta “modestia” è così insopportabilmente popolaresco, ruffiano, in una parola borghesemente mostruoso.

 

Ma chi sono questi borghesi? Oh, ne conobbi a bizzeffe. Gente il cui sport nazionale è accanirsi sempre sul prossimo appena non rispetta i suoi parametri, del tutto arbitrari e mendaci, di “giustezza”.

Gente che, se sei un giovane con le tue libere idee, in fase di crescita cerebrale-emozionale, nel pieno del suo sanissimo turbinio inquieto, e dunque un po’ “ribelle” in maniera saviamente innovativa, ti dicono che sei un mezzo criminale, un pericoloso sovvertitore, un malato… e ti mandano la locandina di Cobra, con quella scritta “storica”… TU SEI IL MALE, IO SONO LA CURA. Insomma, degli psicopatici talmente inappagati che la voglion far “pagare” a chi è solo “malato” delle sue creatività. Che sono a volte burrascose in quanto carne viva dell’anima, quella vera, senziente e sanguigna.

E ti subissano delle più pusillanime, irriguardose, depravate offese, trattando te da debosciato perché non sei un fascista che si permetterebbe mai di ledere le libertà inalienabili altrui. Questi invece semmai ti dissero che o ti adattavi al bieco porcile, alla più squallida trivialità piccolina, oppure ti avrebbero tagliato le palle o te le avrebbero fatte “crescere” a botte di altre umiliazioni e “sedazioni”.

Ecco, ho fatto la ristampa del mio bellissimo libro Fantasmi principeschi, e sapete perché? Ora, l’impaginato era perfetto, di una perfezione da lasciar basiti di meraviglia, ma in quarta di copertina, nelle note bibliografiche, una “e” di separazione fra un titolo e l’altro era in corsivo e si poteva confondere coi titoli stessi. Dunque andava “normalizzata”.

Sì, sono un “maniaco”. “Patologia” tipica delle persone che quando fanno una cosa la fanno bene, con classe immensa, con raffinatezza immane.

So solo che certa gente, come Carlo Verdone, andrebbe presa a calci nel culo. Fa danni immondi e bestiali a chi non si adatta alla sua visione grettamente perbenista non solo del Cinema ma della vita.

E allora evviva il Cappellaio Matto!

 

 

di Stefano Falotico

COBRA, 1986. (c) Warner Bros..

COBRA, 1986. (c) Warner Bros..

Meglio Stallone Cobra di Erich Fromm


01 Jun

 di Stefano Falotico

Erich Fromm, da me, riceverà solo botte in quel posteriore!

Sezione manicomio cimiteriale del mio nichilismo frenante solo dinanzi a una zoccola pensante

Sì, son misogino, dichiaratamente sfacciato, credo anche misantropo su cazzone d’ordinanza e, modestamente, mi permetto il luss(urios)o di sfog(gi)are una carrozzeria d’erezione pronta all’uso per ficcartelo nel culo. No, non vado per il sottile, non ho stile, vesto “impeccabilmente” i miei peccati e guai a scassarmelo. Prenditi i trattati sulla tenerezza di Erich Fromm e pulisciteli con carta Tenderly, io mi spazzo(lo) col dentifricio ché, piuttosto di effeminarmi con ‘sta roba per checche, checché ne di(re)te, m’annuso il dito e preferisco un po’ di sana merda a queste leccate per vecchiette da ospizio. Sì, da questo punto di vista, son “frocio”. Ma meglio un ano sbattendotelo che anni passati a prenderlo. Anni fa, infatti, ‘sti falliti m’impiegarono come obiettore di coscienza per far il ginecologo apprendista d’una vacca zietta tutta cagona che, fra l’altro, pisciava fuori dal vaso, urlandomi a viso aperto, e sue cosce divaricate, che non le sapevo asciugare la vagina con dell’emolliente ad ammorbidir le sue incontinenze. E mi diede anche dell’impotente perché, secondo lei, l’infermiere sapeva invece come (s)fotterla, ripulendola a dovere dopo avergliela te(r)sa di brodaglia in men(sa) che non si dica. Al che, sfogliai appunto questo semi-gaio di nome Fromm, che nella vita faceva un cazzo e sapeva sol filosofeggiare da pensatore della minchia, anzi diciamocelo, cazzeggiava e vinse anche premi molto ambiti in a(m)bito letterario che a me par solo, dietro la scrivania, par(l)ato e talare. Solo parlare, bla, bla, bla e il mio sputo alla sua vita da confettino a vederla a pois. Ti sputo! Gran puttanazzone! Puah!

Sarà, a me son sempre piaciuti i duri, non questi morbidoni per frustrate depresse che, stese a letto, ma non infornate dentro come si deve, leggono ‘ste consolazioni patetiche da chiesastiche solo perché nessuno le scopa come Dio comanda. Ogni giorno, guardan l’oroscopo speranzose di ricevere la classica botta. Ma state tranquille, io non vi scoperò, E adesso, bagascia, a terra scop(pi)a.

Dammi del povero Cristo sfigato e vedrai il Diavolo a infinocchiarti!

Sono questo, mi dispiace se (non) ti piacerò, non sono tenero e m’innamoro solo quando mi sparo le seghe. Da sequoia che, da secoli, fa una vita arida, b(r)ulla, secolarmente circolare a girarci attorno e spezzarti in due, alzandomi poi il bavero, care papere.

Mi (s)piego? Non mi spezzo? Sì, ma tu ti spezzi e me ne frego del tuo disprezzo.

Ecco la “tenerezza” di questo fascio… di “rose” finte. Leggiamo la merdaccia, fatevi del male!

 

Per sua natura la tenerezza è qualcosa di fondamentalmente diverso dalla sessualità, dalla fame o dalla sete. Da un punto di vista psicologico, pulsioni come la sessualità, la fame e la sete sono caratterizzate da una dinamica autopropulsiva: crescono d’intensità fino a quando non raggiungono un punto culminante in cui vengono soddisfatte e, per il momento, non si desidera nient’altro. La tenerezza appartiene ad un altro tipo di pulsione. Non è autopropulsiva, non ha scopo, non ha un punto culminante e non termina bruscamente. Trova il suo soddisfacimento nell’atto in sé, nella gioia d essere cordiali e affettuosi, di prestare attenzione, rispettare un’altra persona e renderla felice. Considero la tenerezza una delle esperienze più gioiose e positive. La maggior parte degli uomini sono anche capaci di tenerezza e non la associano all’altruismo o al sacrificio di sé. Solo per chi è incapace di tenerezza questa costituisce un sacrificio. Ho l’impressione che nella nostra cultura ci sia poco spazio per la tenerezza. Ma quante volte in un film troviamo manifestazioni di vera tenerezza tra i sessi o tra adulti e bambini o tra umani? Infatti non si intende affermare che siamo incapaci di tenerezza, ma solo che la nostra cultura scoraggia la tenerezza, e ciò dipende in parte anche dal fatto che è orientata a uno scopo: tutto ha un suo scopo, tutto ha una sua precisa meta che deve essere raggiunta. Il nostro primo impulso è sempre quello di raggiungere qualcosa. Siamo poco interessati al processo vitale in sé che si esaurisce nel vivere, nel mangiare o nel bere o nel dormire o pensare o provare un sentimento o vedere qualcosa. Se la vita non persegue alcun fine, allora ci sentiamo insicuri, ci chiediamo a che cosa serva. Anche la tenerezza non ha alcun fine. Non ha il fine fisiologico di dare sollievo o una soddisfazione repentina come avviene nella sessualità. La tenerezza non ha altro fine se non di godere di un sentimento di calore, piacere, sollecitudine nei confronti di un’altra persona. È questo il motivo per cui temiamo la tenerezza. Gli esseri umani – specialmente gli uomini – provano disagio quando manifestano apertamente tenerezza. E, inoltre, il tentativo di negare le differenze tra i sessi e di omologare uomini e donne ha impedito alle donne di mostrare tutta la tenerezza di cui sono capaci e che costituisce un tratto specificamente femminile.

 

Sapete che gli dico? Ma vai a dar via il culo!

Appunto!

Boicottate facciadibronzo.net


21 Sep

Qui la legge finisce e comincio io, idioti! Muratevi in casa e blindate, rinforzate i cancelli, sfondo con un tir(o) micidiale!

Credo, in tutta fede, che dai sedici anni in poi giustamente disprezzo la società, e anche chi scrive che bisogna, al bisogno, usare i congiuntivi al posto giusto e pertinente quando soffre di congiuntivite, cioè il lor morbo da bavosi nei confronti del “gentil” sesso, tanto di galanterie “corteggiato” quanto d’ipocrisia, a mimica bugiarda, tradito con irriverenza caustica nelle salivari voglie.
Sì, son da murar vivi con dell’acido muriatico dopo aver scardinato ogni parete della lor imbecillità reazionaria. Che pretacci!
Oggi, prenderemo a modello un sito gestito da un gruppetto “corazzato” con tanto di avatar segnaletico “per metterci in guardia”. Si dichiarano giustizieri dell’entertainment.
E io sarò quindi, di contraltarini, Charles Bronson di Death Wish.
A me, onestamente, sebben vivaddio non li frequenti da tempi fortunatamente voltisi in mio favore e contro tal “favolisti” della violenza a man bassa, dei luoghi comuni su frasi fatte apprese a menadito nel malapena esser traballanti fra i penosi e il pene “virile” ostentato di boria “assassina”, paion indementiti più di quando, tonti, gironzolavan per Bologna “a spiccioli” mendicanti di fighelle da leccare e farsele in umido.
Sì, in effetti, sotto le Due Torri l’effetto “serra” si sente. Socmel, tradotto per la “Crusca” di questi topi di fogna in “Ciucciamelo”, espressione volgare affibbiata alle maggiorate, che va per la (Piazza…) maggiore anche presso i pseudo intellettualini pienotti di sé, e di “Sciii al posto di sì” da cui strascicata in Via Indipendenza con le vasche (per fortuna non amano Rossi Vasco), è come ca va sans dire senza l’orpello alla francesina. Insomma, sebben si celino dietro pezzi di “zona universitaria”, rimangon animali famelici da savane per la bonazza anche di Via Benazza, ubicata vicino al Mulino Bruciato, famosa trattoria ove tal troioni “lo(r)dan” le troiettine amichette con tanto di tortellini alla “panna”. Alla puttanesca di penne.
Che mi denunciassero e gli censureremo, d’hacker, il blog d’acari. Ecco la mia “carezzina”.
Questi stronzi han chiamato il sito facciadibronzo.net, nomen omen, questi son degli ominidi. Almeno, rispecchiano il non vedersi.
L’ultima loro “recensione” è da “buttafuori”. Stroncan sempre tutto per il “piacerino” al languore, davvero affettivo, di spezzar qualunque cos(ci)a che non “combaci” a tanto “egregio” solipsismo, grigissimo loculo simil Certosa di “Viva la gnocca e gli gnocchi della mammona, professoretta frigida per crescenze alla mortadellina su mammelle decadenti del salamino, il marito, impotente grasson come Balanzone e di flatulenze a garze tronfio da sgonfiar a mo’, e a mollo-mollargliele, del pallon gonfiato, oppure da bruciare come il vecchione di San Silvestro, rattristandolo con le canzoni di Vecchioni e gazze ladre d’Arancia meccanica”.
S’accaniscono contro Rush ma celebrano comunque l’ex Ron Howard, elevando in gloria Fuoco assassino. Sì, “tiratori”, ardete tal omicidi di backdraft e roteate lor intorno a orbite orculari come Apollo 13.  Più che “miopi”, son ciechi di cervello. Cecchini contro i diversi “uccelli”. Ogni persona, che a lor non va, l’accusano di essere John Nash, sono delle beautiful mind. Ripetiamolo, soffrenti di elevata demenza pura, patiranno nel punirli con destrezza della mia testa durissima.
E questo è solo l’anticipo. Presto, i loro colli (come i portici arrugginiti vicino alla basilica di San Luca) “decolleranno” a Seattle “spedisco i dentini da castoro e i cazzini da scoiattoli”, meta preferita d’uno dei due gemelli dei loro piselli da I soliti ignoti “eterozigoti” con tanto di gotine “arrossite” vicino al fiume “Hudson-Azz che male”, ove saran affogati di foche monache come quella puttanazza della lor genitrice amante di Manhattan.

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