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Il Falò, un GENIUS, pure Pop! – Attore, imitatore, narratore, recensore, scrittore, cari untori!
Falotico, il satiro, il man vero e parodistico
Sì, da più di un anno a questa parte, in verità dal lontano 2003, succedono accadimenti orribili. Dal 2003, sì, cioè il preciso anno in cui il mio hater Andy Cup, cioè handicappato acclarato, pervertito malato di mente spropositato e irredento, lui pensa, erroneamente, impunito, decise vigliaccamente, da leone da tastiera, alias agnellino senza pari e coniglione sesquipedale, di cominciare a diffamarmi, con ogni stratagemma possibile, tramite tutti i mezzi del web, io sono Lee Van Cleef di Per qualche dollaro in più. E, a proposito di dollari o di Euro, certa gente, ignorante più di una capra senza lana, dopo aver incassato un ingente bottino tramite Patreon, accusa gli altri, sempre e puntualmente, solamente tramite chat criminose o commenti che poi cancella o eliminò, di cose assurde. Ed è inutile che, tornando al mio hater imbecille, costui tenti di avere ragione. Cercando vanamente di provocarmi, ripeto, soltanto virtualmente, in quanto, essendo tale idiot savant un ratto agonadico, non ha assolutamente gli attributi per dire ed espletare, oso dire, evacuare coraggiosamente le sue oscenità dal vivo perché se la farebbe nelle mutande seduta stante con tanto di ambulanza che, per una sua incontrollabile e penosa crisi di panico, giungerebbe sul luogo, immantinente, per ricoverarlo al primo centro psichiatrico. Gettando poi la chiave. E rimarrebbe, in tale posto non certamente piacevole, vita natural durante in quanto la sua follia, certificata e acclarata inconfutabilmente, non sarebbe dovuta al bullismo subito o ad eventi estemporaneamente circostanziati. Antifona abbstanza chiara, nevvero, demente? Vuoi e volete la guerra, diffamatori e imbroglioni, cafoni e buffoni? Ok, però attenti. Sono molto più veloce e avanti di voi. E, peraltro, è facilmente comprensibile perché una certa personcina non riesca ad amare Michael Bay. Bay ha la Ferrari ed è un futurista, lui, invece, un retrogrado pseudo-comunista a parole, fascista nei fatti, che non riesce a essere salvato neppure dal suo commercialista, oberato infatti, com’è, da debiti allucinanti che non riferisce ai suoi aficionados poiché verrebbe fuori semplicemente la verità più ridicola e tristissima. E, ovviamente, ne rimedierebbe una figura, così come dicono a Bologna, barbina. Questa persona attacca i ricchi non perché, giustappunto, combatte per la giustizia sociale e la sana equità morale-economica, semplicemente perché è un frustrato fallito dei più patetici e, ribadisco, ottusamente incurabili. E si crogiola, così facendo ipocritamente, nel fortilizio di una trincea falsamente ideologica ed eticamente orrida. Io sono uno scrittore e un critico di Cinema. Questa gente, invece, non solo non lo è, è anche pazza e sprovvista di contezza e contentezza. Poracci(a). Questi poveri sfigati non hanno chiesto tutte le assistenze sociali eventuali e, come si suol dire, immaginabili (loro, ah ah, direbbero immaginarie, essendo analfabeti), la mano di qualche educatore che, semmai, non riesce neppur a educare sé stesso in quanto laureatosi in pedagogia coi punti della Coop, il 104 e il RDC? Ah, ma allora, adesso, avete capito contro chi vi siete messi. E, per piacere, non siate farisei, andando prima a messa e poi rinnegando, il giorno dopo, tutte le vostre vi(ri)li sconcezze. Ci vuole Il commissario Falò ed Er Monnezza, schifezze!
JOKER: oramai ci siamo, la prossima settimana esce – Presentatevi in sala in smoking, anzi col papillon
Sì, io fui tra i fortunati che lo videro alla 76.a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.
Quindi, posso parlarne con cognizione di causa. Non so se di casa. Visto che, se continuerò a guadagnare così poco, nonostante le mie intellettualmente fruttuose collaborazioni giornalistiche, vivrò da homeless. Sì, senza una casa, probabilmente anche dentro una cassa.
Eh sì, senza soldi, puoi essere pure laureato a Cambridge ma fai la fine delle peggiori capre prese in giro da Vittorio Sgarbi. Poiché si sa, sopra la panca la capra campa, sotto la panca la capra crepa.
Non so se molti di voi coglieranno la sottilissima freddura da me qui sopra appena rifilatevi.
Sì, in Italia non possedete quel mood umoristico, diciamo, falotico che permette d’elevarci dalla massa lagnosa, anzi lanosa di uomini e donne penose. Perché lanosa?
Sì, perché l’uomo medio italiano, giunto alla cosiddetta età della ragione, eh sì, sragiona, è solamente in cerca di calore, di donne calorose con le quali fare all’amore per dimenticare le frustrazioni d’una quotidianità arida e cinica, fredda e insensibile.
Aveva ragione, appunto, Travis Bickle di Taxi Driver. lei è come tutti gli altri.
Una catena di montaggio irreprimibile di robot schiavizzati al sistema, piegatisi alle dittatoriali regole ferree del padrone.
Che, per non fomentare rivolte popolari dovute all’ira, scaturita a sua volta dall’esistenziale precarietà oscenamente allucinante, offre alla povera gente panem et circenses.
Lo sa bene Joaquin Phoenix. Colui che spodestò Russell Crowe de Il gladiatore, cazzeggiando da mattina a sera alla faccia dei lottatori, della classe operaia va in paradiso.
Mah, più che altro ascesa, ah ah, nei campi Elisi. E che faranno nei campi Elisi? Non è che anche lì ascolteranno quella moscia di Elisa? Eh no, eh.
Nei campi v’è Giannina Facio, una che dopo essere stata con Rosario Fiorello, nato col Karaoke, ora ama fare l’oca… di Ridley Scott.
Lei capì bene come tirare… a campare.
Giannina, detta anche Gianina. Sì, in Joker, Joaquin Phoenix è doppiato nella versione nostrana da Adriano Giannini.
Va be’, dai. Questa è una stronzata ma prendiamola a ridere. Diamoci al demenziale come John Belushi, irridiamo questa realtà miserabile ove tutti parlano di dignità e di sociale equità ma, in verità vi dico, che oramai la frittata è fatta. E io vedo solo idioti senza qualità.
Sì, non voglio apparire moralista. Il mondo è finito. È irrecuperabile, irredimibile, è sprofondato nella più terrificante trivialità animale.
Tutti, spogliati d’ogni valore intimo e dei loro intellettivi (s)oggetti personali, scorrazzano per le strade, dandosi alla pazza gioia, desiderano essere influencer anche se a stento hanno letto le avventure di Max il leprotto come Max Cady/De Niro di Cape Fear insegnò a Nick Nolte. Nick, un fariseo con la Holy Bible sul comodino, una Juliette Lewis in fiore che lui reprimette con la sua ipocrisia irreprimibile, una Jessica Lange che voleva solo essere scopata dal King Kong prodotto da De Laurentiis e un’amante a tempo perso con cui giocare di squash e succhiare di limonate per poi portare la famiglia a vedere Piccola peste, leccando il gelato. Di sé stesso, soprattutto.
Sì, in Cape Fear, De Niro è Joker. Se la ride di brutto. Ah ah.
Tanto…
Gli psichiatri a che servono, oggi come oggi? A impasticcare le persone per intontirle, per inibirle, per (in)castrarle in ricatti e suggestioni, per comprimerle al fine che s’ammansiscano e s’allineino, appunto lanose e pelose, penose e piene di proiettate paure e indotte pelurie, no penurie… al gregge di pecoroni e dei coglioni senza pavore, in quanto questi esaltati sono dei pavoni. Apparentemente tranquilli, invero hater e facinorosi.
Tromboni e presuntuosi, untori e pungitori. Tanto, basta che regali a una donna una mimosa e, sotto Natale, un pungitopo, e lei t’amerà come dio comanda. Sì, poi la sua topa la darà a uno che legge solo Topolino ma ha i quattrini. E fa il Gastone della situazione.
Ma per piacere.
Sì, poi durante tutto l’anno il marito, quando la moglie e la figlia stanno dormendo, si collega ai siti per adulti e compie gli straordinari. Con tanto di tredicesima al download del film con una indubbiamente figa ma anche talmente moralmente a pecora che andrebbe pure con chi ancora scommette al Tredici calcistico ed è in zona extra time, visto che adesso c’è la SNAI.
Curatori dell’anima che rilasciano parcelle, porcelli che ti fanno credere di essere malato e diverso. Così, mentre loro intascano soldi manco fossero, appunto, delle pornoattrici, tu ti chiudi sempre più nel mutismo, ti barrichi nella metafisica talmente intangibile che, se vedi una bonazza in tanga, piuttosto che tangerla, preferisci buttarti giù dal cavalcavia della tangenziale.
Per sperimentare il vuoto d’un attimo veramente orgasmico. L’adrenalina pneumatica dell’impatto devastante sulla strada ove, a poche centinaia di metri di distanza, batte tua sorella.
Poiché, essendo tu un inconsciente, alla poveretta non garantisti nemmeno la normale fraternità d’un latte caldo sotto le sue svendute tette. No, sotto un tetto.
A quanto viene l’affitto? Ah, cazzo, troppo. Avrai allora delle fitte. Vai a vivere in una palafitta e, già che sei fritto, fatti un fritto misto. Sì, non c’è il mare, lì? Metti a mollo lo squalo. Tanto tutti gli altri pesci abboccano.
Irriditi e irreggimentati, allora, tutti quanti al perbenismo più bieco, in questo mondo ove impera la follia, è giusto che qualcuno abbia detto no.
Visto che è sempre stato considerato un pagliaccio da un mondo di maschere pirandelliane e di clown, è assurto a dio assoluto del collettivo ballo carnevalesco.
Infiocchettandosi e truccandosi meglio di tutti.
Siamo veramente stufi di questo mondo che propugna edonismo a volontà, siamo stanchi di questo mondo di statuine di cartapesta, di gente che i diritti altrui calpesta con l’arma ricattatoria del potere fradicio e impestato.
Mangio delle pennette al pesto e ti do un pestone.
Impazza il sesso più scimmiesco, siamo tutti dentro una burla tragicomica di Eugène Ionesco.
Tu di casa esci? Vedi gente? Non fare più lo struzzo, fai come tutti lo stronzo. Altrimenti, ti strozzano.
Soffochi. Se nasci muta, inizialmente tutti ti vogliono bene. Sei la persona speciale assai simpatica per cui tifare. Ma, arrivata a trent’anni, i ragazzi non ti cagheranno. Prima semmai ti scoparono pure.
Tanto vollero, eccome se vollero, solo divertirsi. Che tu parlassi o meno, a loro non fece né freddo né caldo, ah ah.
Ma poi si adattarono, anzi allattarono alle natiche, no, alle etiche socialmente etniche. Nella società occidentale, un uomo che sposa una donna muta, viene reputato un handicappato. Un fallito.
E tu, muta, sei ora in cura. Già ti mancò dalla nascita la parola, adesso, lobotomizzandoti… non puoi neanche più masturbarti come Sally Hawkins de La forma dell’acqua. Marginalità (im)pura.
Dai, su, cammina con aria sicura, non immusonirti. Non tenere il broncio, sennò agli altri apparirai ancora più scura.
Ah ah.
Questa è la realtà, non ce ne sono altre. Insomma, per quelli con diecimila Euro al mese ci sono sempre altre… ah ah.
È una tragedia. Una delle più grandi tragedie, per l’appunto, di cui l’umanità avrà ricordo. Ancora per poco, essendo al limite. Uomini di core, fate sentire la vostra voce fuori dal coro!
L’infinito di Leopardi è una bella poesia?
Sì, se una di nome Silvia non te la dà, perché ammirare la prima stagione di True Detective e parlare, da filosofo esistenzialista, come Rust Cohle? Devi sorbirti prima otto puntate di un’ora ciascuna.
In poche righe, Giacomo sintetizzò questo…
Ora, se sei Raf e sei sposato a quella gnocca di Gabriella Labate, certamente non sei in un monastero a fare l’abate.
L’hit di Raffaele, uno talmente mieloso che non capirà mai l’amore fra De Niro e Amy Brenneman di Heat:
Ieri, avrei voluto leggere i tuoi pensieri
Scrutarne ogni piccolo particolare ed evitare di sbagliare,
Diventare ogni volta l’uomo ideale,
Ma quel giorno che mai mi scorderò
Mi hai detto: non so più se ti amo o no, domani partirò
Sarà più facile dimenticare… dimenticare…
Ah, grazie a ù caz’. Coi soldi che ha, Raffaele, anche se Gabriella chiederà il divorzio, la potrà mantenere e troverà altre che faranno le mantenute. Quando saranno giù, lui lo/le tirerà su.
È come la pubblicità con Pippo Baudo del Kimbo. Più lo mandi giù e più ti tira su.
Sì, tu ora sei soddisfatta, lui ora però è in down perché è già venuto.
L’infinto sai cos’è?
Mostruoso, cattivissimo.
Ora, vi siete redenti, poveri dementi?
Vi si vuole bene. Siete talmente ritardati che vi basta essere laureati per non capire che in verità siete soltanto, appunto, dei trombati.
di Stefano Falotico
JOKER Origins: al festival di Venezia vedrò davvero e dal vivo Joaquin Phoenix e De Niro – La mia vita ha rivisto la luce dopo il tunnel di un viaggio al termine della notte
Tutti quelli di cui avete sentito parlare, ogni essere umano mai esistito… ha vissuto la sua vita su un granello di polvere sospeso in un raggio di Sole. E vostro figlio ha cavalcato quel raggio… e voi due gli avete dato una vita che gli ha permesso di vivere quel sogno.
(Sean Penn, The First)
Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti, purtroppo o per fortuna, è terribilmente vero
Ora, la situazione si fa merdosa.
Vi spiego bene, con molta calma. Datemi tempo. È quello che vi chiesi anni fa quando invece, standomi col fiato sul collo, mi faceste impazzire.
Dispongo già dell’accredito stampa per la 76.a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia ove, come sappiamo, uno dei titoli di punta, sarà Joker di Todd Phillips.
Invero, ancora non ce l’ho. Ho pagato 60 Euro a Banca Sella, attenendomi alle oculate prescrizioni comunicatemi dalla direttrice dell’ufficio stampa, appunto, della Biennale.
Sì, chiariamoci. A meno che voi non siate uno del New York Times, vale a dire il critico pagato a peso d’oro più del cachet miliardario ricevuto da Phoenix e De Niro per essere rispettivamente il protagonista e il suo antagonista nella succitata pellicola su Joker, non potete permettervi di avere l’accredito gratis.
Sempre 60 Euro dovete e sino alla fine dei vostri giorni dovrete sborsare. Comunque, è un bel risparmio.
Anzi, pure di più. Il prezzo della benzina aumenta a ogni ora, ci vorrebbe Adriano Celentano di Svalutation per non farci credere che esista l’inflazione. Come dice Totò a Peppino ne La malafemmina… ah ah.
60 Euro comunque non sono, a ben pen(s)arci, una gran cifra, infatti senza… sarebbero circa 500 Euro, bonus permettendo.
Col mio accredito potrò, innanzitutto, sedere a fianco di critici di spicco ma soprattutto loro avranno l’opportunità di avere accanto a essi un uomo che forse non è un uomo. Sì, sono un essere anomalo, la peculiarità esistenziale fa parte della mia natura tanto fascinosamente abissale, in virtù del mio carisma a pelle bestiale, quanto rompiballe in modo insostenibile.
Mi hanno detto di salvare la ricevuta fiscale allegatami in mail, di stamparne il PDF e di presentarmi al Palazzo del Casinò con in mano tutta la documentazione.
Ora, sorge però più che un casino, ecco, un Casinò. Si potrebbe ovviare a questa sfumatura non da poco se io fossi l’incarnazione del capolavoro di Martin Scorsese del 1995, appunto, con De Niro, Sharon Stone e Joe Pesci.
Non è da una o accentata o no che la sostanza cambia. Casino in originale, Casinò in italiano, rimane pur sempre un tragedia di persone che, incasinatesi a vicenda, fanno scoppiare le loro vite che perdono tutto più di un incosciente alla John Malkovich di Rounders. Il quale, sopravvalutando le sue mosse, ritenendosi imbattibile, provetto gambler, ah che poveretto, scommette tutto al tavolo da gioco, convintissimo di avere in mano la carta vincente, ma scopre che il suo avversario ha la stessa mente di Will Hunting – genio ribelle.
Piovono soldi… sì, bisogna vedere da che parte, caro Teddy KGB.
Da circa vent’anni, forse di più, invero esattamente dall’anno successivo a quello in cui crollarono le Torri Gemelle (sì, le Twin Towers precipitarono l’11 Settembre, a festival già finito del 2001), l’intera zona attorno alla Mostra del Cinema, durante il periodo festivaliero, viene perimetrata neanche se fossimo in 1997: Fuga da New York.
Dunque, per poter accedere al Casinò, essendo quest’ultimo ubicato nella zona nevralgica e protetta da eventuali attacchi terroristici, prima bisogna consegnare la carta d’identità agli uffici della detection–reception.
Perciò, come farò a dimostrare, una volta che sarò dinanzi alla bigliettaia della baracchina della biglietteria del Casinò, che sono Stefano Falotico se, come dettovi, avrò appena lasciato in deposito le mie generalità al di fuori del “ghetto?”.
Sì, la Mostra è piena di gente che si dichiara appassionata di Cinema. Ma di che?
Alcuni hanno delle facce da criminali mai visti. Sì, vanno al festival solo per imbucarsi a qualche festino. Fra giri di prostitute e droga a tutt’andare. Sì, ne ho visto cose che voi non umani non potreste immaginare.
Critici che criticano solo i film dei sogni che s’erano fatti prima di diventare critici o pseudo tali.
Sì, il critico odierno, soventemente affiliato a giornali il cui caporedattore è ammanicato col produttore del film da recensire, sono dei falsi, dei corrotti e dunque, ça va sans dire, dei falsari della Settima Arte.
Scrivono che il film è bello soltanto perché altrimenti la loro vita non sarebbe più tanto bella. Eh certo, sennò li licenziano.
Ah, ne ho viste, vidi e spero di vederne tante… critici cinematografici che obiettarono sulle cosce della passerona Gwyneth Paltrow in passerella, sputtanandosi poi nei bagni dei parties con “reginette” decisamente meno belle di questa principessina sul pisello.
Sì, a Venezia v’è un giro di mignottelle e troioni pazzeschi. Indossano la maschera degli uomini irreprensibili e moralmente retti. Camminano tutti ritti. Tant’è vero che la prima mondiale di Eyes Wide Shut si tenne, appunto, a Venezia. E quest’anno riproporranno il capolavoro postumo di Kubrick…
Ho detto tutto.
Fatto sta che riuscirò a ficcarmi… per ottenere il pass.
Sì, per me, a dire il vero, questo problema non sussiste. Oramai mi conoscono tutti. Sono un personaggio sulla bocca di chiunque. Come si suol dire, un attore che non abbisogna di presentazioni.
Già, immagino la scena:
– Buongiorno. Guardi, dovrei ritirare la tessera, munita perfino di mia foto profilo, già precedentemente inviatavi nell’apposito formulario, da me pagata un mese fa. Son stato però costretto a lasciare i documenti fuori dalla Mostra.
– Ah, ma lei è il Joker Marino, alias Stefano Falotico.
– Sì, è vero. Come fa a conoscermi?
– Suvvia, bambagione. Lei è riconoscibilissimo anche a un miglio di distanza. La sua faccia da culo la conosce mezzo mondo.
Pigli questa tessera e buon Festival. Ah no, scusi solo un secondo. Lei, stasera, dopo aver visto il film, sarebbe disponibile per giocare un po’ con me? Lei è proprio un pagliaccio, sa? Poi, starmene chiusa qua dentro tutto il giorno con tutto questo caldo, vede, a notte tarda mi rende una monella.
Insomma, fra clown tristi la vita è più felice. Sì, io e lei, anzi tu, ti do del tu e poi te la darò tutta, siamo carcerati psicologicamente. Siamo un po’ come Steve McQueen e Dustin Hoffman di Papillon. Qui a Venezia c’è il mare, stasera che ne dici?
Andremo al ristorante, ordineremo delle vongole, faremo un giro in gondola, poi in albergo tu mi sfilerai la gonna e, tuffandoci nei sensi più profondi, prenderemo il largo a prua e a poppa.
Il mattino dopo, mi servirai la colazione con tanto di cornetto alla crema.
– Sì, ok cornuta. Ciao. Fottiti. Al massimo, posso invitarti a prendere assieme un caffè senza zucchero. Ci stai? Offro io, non ti preoccupare.
Invero, questa qua non era male. Però il mio albergo prenotato a Venezia è impresentabile. Non posso portare una bella donna in un tugurio fatiscente e diroccato. Perderei tutto il mio fascino alla Tom Cruise.
Sì, torniamo alla questione iniziale. Detta come va detta, non trovo un buco mango a pagarla, no, pagarlo.
Tutti gli alberghi del Lido, anche quelli più scalcagnati, sono già tutti occupatissimi.
Detto ciò, la tessera mi darà l’esclusivo diritto di poter vedere tutti, dico tutti, i film in Concorso e Fuori Concorso, quelli delle sezioni collaterali, i classici delle retrospettive e anche quelli senza una cinematografica prospettiva.
Sì, fra tanti film belli selezionati, ci saranno come al solito anche delle stronzate micidiali senza capo né coda, senza poetica e senza neppure una bella figa che valga, come si dice in gergo goliardico, il prezzo del biglietto. Insomma, i cosiddetti film improponibili. Oggettivamente da voltastomaco, messi lì per riempire gli spazi vacanti.
Sì, è praticamente impossibile assistere a un Festival qualitativamente omogeneo e perfetto. Ogni anno, su dieci film di grande livello, ce ne sono trenta che, se fossi stato il regista, non avrei mai mostrato, appunto, nemmeno a mia moglie.
Ora, Todd Phillips è sposato?
Ecco, credo che sua moglie abbia già visto, assieme a quelli della Warner Bros, il Joker.
Dunque, probabilmente la pratica di divorzio fra Phillips e la consorte è già in atto. Ah ah. Come no?
Se invece così non fosse…
Sala Grande, prima internazionale di Joker.
In verità vi dico che al pubblico sarà presentato il 31 ma la stampa lo vedrà il 30.
Finisce comunque la proiezione.
La follia, no, la folla è in visibilio, Phoenix è paonazzo dalla commozione, il neo di De Niro, da nero che è, diventa rosso per via del flash dei fotografi. Il pubblico sovreccitato si scalmana, una ragazza, fanatica di Phoenix gli urla: la tua interpretazione in Quando l’amore brucia l’anima è niente in confronto al mio calore per te, sto bruciando!
La gente applaude, insomma un’ovazione. Con tanto, appunto, di esaltati che, in barba a ogni pudore, hanno in diretta delle incontinenti eiaculazioni e donne ninfomani iper-appassionate di Joaquin in stato fermentante di febbricitante ovulazione.
Insomma, un delirio collettivo!
La moglie di Phillips però è sconvolta e, fra sé e sé, pensa… cazzo, è il film di mio marito.
Io pensavo che fosse un brav’uomo e invece ha realizzato la pellicola su un matto ma forse la pazza son stata io a sposarlo. Oppure siamo tutti impazziti.
In verità vi dico che dubito riguardo il fatto che De Niro possa presentarsi al Lido.
Innanzitutto, il suo ruolo è minore. Poi, per quanto io ne sia fan sfegatato, De Niro è uno stronzo.
Io e tutti gli altri stemmo ad aspettarlo dietro le transenne per Shark Tale.
Lui passò e non cagò nessuno.
In tanti anni di Festival è l’unico attore che non si è fermato a firmare gli autografi.
È il mio attore preferito. Sono uguale a lui.
Ho varie ammiratrici che mi scrivono su Facebook, sinceramente vogliono scoparmi.
Al che, mi decido a incontrarle dal vivo. Loro, alla mia vista, rimangono estasiate.
Io dinanzi a loro, manco per il cazzo.
E sparisco di nuovo nella notte come Travis Bickle di Taxi Driver.
Detto ciò, caro Travis, Cybill Shepherd ci rimase di merda.
La lasciasti in mezzo alla strada come una puttana qualsiasi.
E dire che, poco prima, combinasti un macello per rendere questo mondo più pulito.
Ma poi a che sarebbe servito? Jodie Foster, una volta salva(ta) dal pappone, comunque rimase fottuta. Perciò, per non farsi pappare dagli uomini lupo, non riuscendo a superare il suo trauma, studiò psicologia con il master in criminologia.
Da cui la sua Clarice Starling de Il silenzio degli innocenti.
Be’, che vi debbo dire? O meglio che volete che vi dica?
D’adolescente, mi opacizzai nella notte più fosca. Smarrendomi come lo straniero Travis nei dedali della mia solitudine nera.
Mi consolai dallo stress nell’orgasmizzarmi. Sì, calato ogni sole, mi resi solare, registrando tutte le più grandi fighe che passavano, a luci rosse, via cavo.
E ora vi racconto questa…
Nel 2003, nonostante già fossi più colto di ventimila laureati a Oxford, m’iscrissi a una scuola di recupero.
Lì conobbi un certo Enrico col quale ci recammo a Chieti. Per diplomarci privatamente.
Nei giorni antecedenti il nostro viaggio, Enrico, nonostante io a quei tempi avessi già incontrato Roberta di Trieste, notando che ero molto triste, a inoltrata sera suonò a sorpresa a casa mia.
Svegliando i miei genitori.
– Ehi, che ci fai a quest’ora?
– Stefano, facciamoci un giro. Sono in palla.
– Ma è tardissimo.
– Appunto. La notte è lunga e io voglio renderla calda.
Indossai il giubbotto, afferrai le chiavi di casa, aspettai l’ascensore e, uscito che ebbi dal mio stabile, trovai Enrico nel mio cortile. Piuttosto instabile. Con una faccia arrapatissima:
– Stefano, stanotte ho voglia di darci!
– Ma tu non sei fidanzato con Micol? (sì, la sua ragazza si chiamava Micol e non Nicole).
– Sì, ma ho voglia di qualcosa di più. Accompagnami. Anzi, sono talmente in tiro che voglio farti un regalo. Dai, seguirmi, entriamo in macchina.
Al che, spedito a tutta velocità, si fermò al Bancomat più vicino e io gli chiesi:
– Dove cazzo vai?
– Vado a ritirare i soldi che m’occorreranno per la donna che sceglierò, girando per istrada. Anzi, ritirerò anche qualche soldo in più poiché desidero che pure tu possa godertela. In poche parole, te la pago io.
A quel punto, salutai Enrico e chiamai un taxi.
Non sono mai andato a zoccole in vita mia e giammai vi andrò.
Andare con una donna di malaffare significa dichiararsi più che falotici, no, fallici, eh sì, falliti.
È un’umiliazione mortificante che non potrei sostenere. Cioè, fatemi capire bene. Voi pagate una purché vi renda contenti? E vi rende contenti dietro i contanti?
Io, al massimo, ho cinquemila film pornografici in casa mia. Ma sono un romantico.
Fatto sta che, pochi giorni dopo, salii nuovamente in macchina di Enrico. Che caricò me e due donne, una ragazza più piccola di noi e una signora di una certa età, per recarci nel luogo ove avremmo effettuato l’esame di maturità.
Anzi, ora che ricordo bene, in macchina con noi c’era anche Armando. Uno che in quel periodo cantava sempre ad alta voce il ritornello Anvedi come balla Nando di Teo Mammuccari, tormentone del 2004.
Enrico, come avrete capito bene, aveva quel vizietto lì. La sera prima degli orali, ecco, s’ubriacò e ancora con una puttana, segretamente, andò.
Gli telefonò la sua ragazza per sincerarsi se stesse bene e se fosse pronto per l’interrogazione del giorno dopo.
Al che, Enrico il telefono mi passò:
– Stefano, sono Micol. Enrico è impazzito? Che fa? Si sbronza la sera prima dell’esame?
– Sì, in effetti è un po’ brillo. Ma ora lo mettiamo a dormire.
– Stefano, tu sei molto sincero. Dimmi la verità. Enrico s’è solo ubriacato?
– Sì, certo. Perché?
– Ora, io credo che mi tradisca. Sai com’è… lontano da me potrebbe… ora, mi garantisci che ha solo bevuto?
– Vuoi la verità, Micol? La sai già.
Partì un urlo immane.
Be’, Enrico e Micol si lasciarono.
Ma non fu per colpa mia. Lei invero era già cosciente che Enrico amava molto incoscientemente le altrui cosce.
Ho trovato finalmente la sistemazione. Circa 500 Euro per sole 4 notti.
Ora, per molto tempo la gente pensò che io fossi Tom Hardy di Warrior.
Invece, ha scoperto che sono Joel Edgerton.
Sì, un tipo apparentemente fantozziano che non ha nessuna possibilità di vincere.
E invece, a differenza degli idioti, io faccio funzionare la testa.
Sono colui che ha ribaltato ogni prospettiva.
Dunque, mi spiace per il demente che continua a offendermi su YouTube perché non ci sta.
Che posso dirgli? Andasse a Lourdes.
Sì, davvero. Certe offese puerili sono accettabili se hai 16 anni. Alla mia età, fanno i ridere i polli come lui.
Capito? Questo s’è sparato un trip sulla mia persona mai visto. Se non appunto nella sua mente.
Adesso, vi spiego bene come vi vede lui. Sì, lui capisce tutto, non lo sapevate?
Mi grida che sono pazzo, solo, senza amici e una vita sociale. Che sono un disagiato, un mostro, un repellente abominio, come dice lui… un aborto.
Be’, in effetti un mostro ha bisogno della sua altra metà identica a lui di sola diversa desinenza femminile.
Mi pare dunque ovvio che il mostro vada alla Mostra. O no? Ah ah.
Credo che costui abbia sempre delirato su di me.
Trattasi di ragazzino gravemente disturbato.
Va a dire in giro… ma come fate a dar retta a quel Joker Marino? Ma non lo vedete che si filma sempre da solo? Non ha un cane. È un cretino.
Tale idiota di ciò n’è veramente sicuro?
Bene, se l’è andata a cercare… rendiamolo felice. Diamogli il contentino come si fa con gli scemini.
Dal 2003, costui non sa niente della mia via intima e privata, diciamo personalissima.
Nell’anno appena succitato, uscì il capitolo 1 di Kill Bill. Che costui mi creda o no, non chiedetemi, vi prego, come riuscii ad uscirne, ecco, uscii con una tizia che abitava in un paesino di Bologna.
Che si fa con una ragazza? La si porta a vedere un film.
Durante tutta la proiezione, questa ragazza rimase impressionata.
Non tanto dal film. Questa qui di Cinema non sapeva un cazzo. Rimase scioccata, più che altro, da me che non la cagai. Un altro, al mio posto, anziché concentrarsi su Uma Thurman, avrebbe pensato a qualcosa, diciamo, di più tangibile e corporeo.
Ora, questa qui non era bionda come Uma. Anzi, era mora. Ma non era male. No, no, no. Un bel bocconcino.
Lei, finito che avemmo di vedere il film, mi fissò negli occhi e, accortasi del mio turbamento, mi domandò un po’ allarmata:
– C’è qualcosa che non va, Stefano?
– Un po’ tutto non va. Ma sto bene. Non ti preoccupare.
In verità, la scena finale del film m’aveva pietrificato.
Lei m’invitò a casa sua. I suoi erano a letto. Ah, fra l’altro, non era la prima volta che io e questa qui c’eravamo incontrati. Il nostro primo appuntamento era avvenuto… in una zona losca del paese in cui abitava.
Lei mi portò in un pube, no, in pub.
Dopo dieci minuti, seduti al tavolo, uno di fronte all’altro/a, lei mi sospirò:
– Non hai caldo? Fa caldo, cazzo, fa molto caldo.
– Sì, in effetti questo è un pub di provincia. Ma non hanno i soldi per un ventilatore?
Lei scoppiò a ridere. Anzi, sogghignò…
In verità, s’era accorta che io non avevo per niente capito a cosa volesse alludere per alluparmi.
Ma uscì con me, come detto, ugualmente la seconda volta. Anzi, credo che le piacesse la mia ingenuità.
Che culo, infatti. Trovarsi di fronte a un ragazzo completamente vergine da ammaestrare a proprio volere.
Ma io avevo la testa da un’altra parte. Volevo vendicarmi, sì, volevo vendicarmi perché, a differenza di quello che questa qui poteva aver creduto, dopo aver visto Kill Bill avevo compreso tutto…
Cosa voglio dire con questo?
Facciamo un passo indietro. Torniamo al Joker.
Secondo voi chi è Arthur Fleck?
Io me l’immagino così. Dev’essere uno oscuratosi nella notte. Anche delle Stelle. Cioè degli Oscar.
Sì, durante l’adolescenza deve aver sofferto di disturbo ossessivo-compulsivo e, prima della serata di premiazione degli Academy Award, cazzo, questo qui si faceva pure il bagno come se dovesse essere lui il premiato con la statuetta.
Amici, quello che vi posso dire è di non assumere mai questi psicofarmaci:
1) Depakin: uno stabilizzatore dell’umore. I suoi effetti collaterali sono devastanti.
2) Risperdal: un neurolettico, adesso sostituito dal più “moderno” Invega. Gli effetti collaterali, se assunto in forti dosi, sono l’alterazione del metabolismo, una forte stipsi, un ingrossamento del fegato e un enorme calo della libido.
3) Fluoxeren: antidepressivo e antipsicotico terribile. Può provocare addirittura shock anafilattico, vomito, nausea e profonda sonnolenza.
Ragazzi, non assumeteli mai, per nessuna ragione al mondo. In ciò, ha ragione Eros Ramazzotti di Parla con me:
non si uccide un dolore, anestetizzando il cuore…
Ora, in caso di violenta sofferenza psicologica, i farmaci e i tranquillanti bloccano il dolore. Sì, ma fermano anche il piacere.
La persona può allora ammalarsi di catatonia, eccessiva rigidezza muscolare, fissità esagerata dello sguardo, oppure sconfinata apatia.
Mettiamo anche che si ammali in un’età troppo giovane in cui non possa autodeterminarsi e, intorno a sé, gli ruotino solo adulti superficiali e ragazzi indifferenti che preferirono appioppargli un’etichetta. Non volendo mai appurare…
Ma che appuraste? Più puro di Fleck non ce n’è!
Era ovvio che Arthur Fleck, una volta marchiato e stigmatizzato, sarebbe andato incontro, poi ripresosi, all’incomprensione degli ottusi.
Che, anziché stringergli la mano nel momento del bisogno, lo incriminarono persino per il semplice fatto di avergli rotto il cazzo.
Ecco, con questa ragazza non andò proprio benissimo. Con Roberta, sì. Anche troppo.
– Stefano, toglimi una curiosità. Tu e Roberta come vi siete conosciuti?
– Attraverso una chat.
– No, fammi capire bene. Questa qua è scesa da Trieste a Bologna per conoscere te? E tu chi sei Superman?
– IO SONO IO.
Morale della favola: il mio calunniatore è rimasto molto, molto indietro. Quando mi scrive cose come… esci dal guscio…
Ah, il famosissimo guscio dello struzzo o del suo fare lo stronzo?
Comunque, l’assolvo. Lo compatisco. Trattasi di persona, oltre che a dismisura inconsapevole, gravemente sospettosa e diffidente.
Dovrebbe aggiornarsi. Invero, vergognarsi. Sì, a volte mi sembra un ignorante come Totò della famosa scena della lettera de… La malafemmina.
Dice a me che devo studiare e prendermi la LAURA…
Costui, il quale parla tanto di vita sociale, non è che sia un venditore del suo culo?
No, per chiedere, eh. Sembra, a sentirlo parlare, un maniaco sessuale. Non è che domani lo vedrò fra i protagonisti negativi della seconda stagione di Mindhunter?
Sì, questo qui non è mai sicuro che io dica la verità. Mi scrive sempre:
– Dov’è che sono queste donne? Fammi vedere.
Cioè, vuole che gli realizzi un porno. Più maniaco di questo guitto d’avanspettacolo, manco Charles Manson.
Finale: sì, ma Joker chi è?
Certamente, non io. Come ha detto il canale YouTube L’IMPERO DEL CINEMA, che qui ancora ringrazio infinitamente, Joker è un archetipo che noi tutti amiamo.
Simbolizza tutta la bontà più pura nella sua forma più splendidamente angelica ma allo stesso tempo è l’incarnazione di Satana.
Sì, ma perché lo amiamo?
Ora, il film di Todd Phillips, stando alle premesse e alla trama fornitaci, guardando il suo teaser, è impostato su un canovaccio scritto da Scott Silver, a prima vista, perfino piuttosto canonico da Bignami della psicopatologia.
Arthur Fleck, a quanto pare, è affetto da complesso di Edipo. Vorrebbe la sua vita ma, a livello inconscio, un po’ come fa Jason Miller de L’esorcista, non riesce mai davvero a staccarsi dal cosiddetto, a livello metaforico, cordone ombelicale. Per di più che sua madre è adesso malata e necessita con la vecchiaia di assistenza.
Forse, in un certo qual modo, è simile proprio a Travis Bickle. È uno “schizofrenico” esistenzialista.
Molti della mia generazione vissero parecchi stati di coscienza definiti vuoti a perdere. La generazione a cui io appartengo veniva infatti definita, oltre che generation x, quella del vuoto…
Ma poi siamo sicuri che questi ragazzi sognassero davvero di essere Re per una notte?
O questo invece fu il sogno dei loro genitori? I quali, non riuscendo a concretizzare le loro ambizioni, scaricarono le loro frustrazioni, idealizzando distortamente la vita futura dei figli? Pianificandone le scelte?
Sì, perché se Joker avesse voluto diventare un personaggio dello spettacolo, se ne sarebbe fregato della batosta ricevuta da De Niro. E avrebbe insistito come se nulla fosse stato.
Per quanto possa apparire, appunto, folle e insensato, grottesco e assurdo agli occhi della gente “normale”, Joker non vuole mettere su famiglia, non vuole nascondersi dietro la maschera della dignità sociale volgarmente intesa. Cioè non crede che il valore di una persona dipenda dal valore stesso che gli altri possano più o meno attribuirgli in misura del suo reddito e dei suoi trionfi.
Una tipica, retrograda, sbrigativa frase che viene rivolta ai “malati di mente” è la seguente: me non mi freghi, coglione. A cui vuoi darla a bere? Vedi di rimboccarti le maniche come tutti e ora ti becchi un sacrosanto calcio in culo.
Oppure: non fare il furbo.
Che poi è sostanzialmente la stessa cosa.
Quando invece stetti assieme a un’altra ragazza, mi ricordo di questo mio rapporto assai strano.
In quel periodo ero davvero un saltimbanco un po’ patetico. Come Sean Penn di This Must Be the Place. Un film a mio avviso concettualmente sbagliato nell’ultima mezz’ora.
Innanzitutto, caro Paolo Sorrentino, la vendetta non serve. Non si vendica un padre con la legge del Taglione. Il nazista ha già condannato la sua anima al demonio. Cioè è già morto.
Poi, Sean Penn/Cheyenne, ottenuta la catarsi vendicativa, torna da sua madre. Sua madre è pazza. Sean si presenta a lei con un taglio di capelli da perfetto uomo normalizzato.
Ah, che brutta caduta di stile, Paolo.
Cioè, fammi capire bene. Cheyenne ha rinunciato alla sua unicità, al suo magico candore per essere uno stronzo come tutti?
No, non ci siamo.
Peraltro, Sean Penn è uno degli uomini più affascinanti, misteriosi ed enigmatici di sempre, secondo me.
Cioè, fatemi capire bene. Questo qui ha un fisico da palestrato, è stato con Madonna, con Charlize Theron e chi più fighe ha più ne metta, ed è però amico di Terrence Malick, ha vinto l’Oscar per Milk e Mystic River, ha girato un film con Woody Allen?
Uhm, c’è qualcosa che non va.
Sì, Sean Penn non è l’omaccione che lui stesso, forse, vorrebbe far credere di essere.
The First è stata una serie televisiva piuttosto mediocre. Ma appartengono proprio a Sean Penn/Tom Hagerty le parole forse più belle di quest’anno di Cinema e tv.
Quando, dinanzi ai genitori distrutti per la tragedia occorsa al figlio, il quale doveva essere uno dei primi uomini a mettere piede su Marte, Sean Penn, con infinita saggezza, li consola, dicendo loro quella che è la verità.
Ecco amici e, come dico io, (a)nemici, s’è fatto tardi. Spero di aver detto delle cose sui cui io stesso possa riflettere.
Mi aspettano 5 giorni di Festival in compagnia.
Non mi credete?
Perdonatemi solo per l’audio molto basso. Ma ho registrato da WhatsApp. Potete scusarmi?
di Stefano Falotico
Scusate se persi il cervello, lo ritrovai qualche mese fa, stava su una mensola del ripostiglio e quest’anno sarò al Festival di Venezia da critico con tanto di papillon
Ovviamente, burini e bovini, suine e malandrini, avete visto il film Papillon con Dustin Hoffman e Steve McQueen? Macché. Voi non solo non vedeste mai questa pellicola di Franklin J. Schaffner ma nemmeno il remake di due anni fa con Rami Malek. Avete fatto bene, fa cagare.
Chi invece sostiene che il rifacimento sia meglio dell’originale, ecco, lo andiamo a prelevare da casa subito, lo carichiamo in macchina, lo leghiamo al sedile con tre cinture di sicurezza e cinque camicie di forza, dunque arriviamo tutti insieme appassionatamente a Riccione e lo gettiamo, senza sciogliergli nessun nodo, in aperto mare.
Sì, tale malfattore stroncò l’originale e noi lo lasciamo affogare col peso delle sue stronzate micidiali. Si dice che gli stronzi galleggino. Certo, ma lui no. Lui appartiene a una categoria rara, speriamo in via d’estinzione. Ovvero lo stronzus deficientis, catalogabile anche al genere, degenerato qual è, dei Phylum Plathelminthes, cioè ai vermi piatti.
I vermi si distinguono in due categorie: i vermi innocui, la cui vita libera, sebbene da imbecilli, ci risulta innocua, e i vermi parassiti. Quei vermi solitari che attentano al nostro fegato poiché malati d’invidia. E divorano ogni felicità altrui in quanto esseri profondamente infelici. I quali sono talmente poveretti che, augurandosi con le loro cattiverie di farti male, esultano poi del mal comune mezzo gaudio.
Ah, sai che allegria.
Ci sono. Impazzano. Si chiamano stalker. Sono coloro che, se tu ti rassereni un po’, vivi semmai solo estemporaneamente un istante felice di leggero successo o di normale sesso, cazzo, ti ricordano che loro sono nascosti nel vapore della nuvoletta di Fantozzi, pronti a rovinare te, appunto, che ti stai facendo il viaggio. Cosicché, ogni sogno evapora e ascolti poi Fiorella Mannoia, I treni a vapore, cavallo di battaglia anche di Ivano Fossati. Insomma, questo losco individuo vuol farti credere che tu sia solo un sognatore che cade dalle nubi. E desidera la tua mente annuvolare. Ah, fuori è nuvolo. Evviva Lucio Dalla e Nuvolari!
Ora, Malek invece a mio avviso, come ampiamente da me già scritto, ha meritato l’Oscar. Bohemian Rhapsody è un film dichiaratamente agiografico, un biopic all’acqua di rose, innestato sul buonismo e l’elegia poetica più caramellosa, ma Malek ha saputo ricreare Freddie Mercury con originalità e affascinante personalità.
Ecco, ci sono poi le persone che, distrutte da una vita che bruciò ogni loro speranza melodiosa, adesso s’identificano nel babau Freddy Krueger e attentano alle giovinezze altrui poiché ingorde delle loro purezze.
Ci sono anche quegli adulti tromboni che però, al posto degli artigli di Freddy/Robert Englund, hanno solamente le unghie lunghe poiché, non essendo amati oramai più nemmeno dalla loro donna, hanno trascurato perfino la manicure. Sbatteteli in cura.
Costoro, possiamo senza dubbio annetterli invece al folclorismo della loro rabbia verde. Sì, essendo incazzati a morte in quanto, appunto, hanno la panza piena e sono sovrappeso, si sono trasformati nella versione negativa dell’Incredibile Hulk.
Vogliamo bene a trogloditi così. Uomini che oramai non tanto chiavano ma usano la clava contro le gioventù da loro mal sopportate.
A me invece, in questa vita da rinato, da ex meno(a)mato, menomale è successa la metamorfosi inversa. Prima ero timido, ora sono Lou Ferrigno.
L’altra sera, ad esempio, m’ha contattato anche Chiara Ferragni. Donna che però mi fa venire… il latte alle ginocchia, emblema incarnato della scema arricchita senza un grammo di cervello e, secondo me, senza neppure un milligrammo di qualcos’altro. Visto che suo marito, Fedez, non vale un cazzo.
Ah ah.
Sì, il mondo si divide fra uomini con le palle come Steve McQueen e gente che preferisce isolarsi come Hoffman.
Fra uomini che sono illusoriamente contenti e felici nel loro porto apparentemente cheto, uomini che si proteggono negli alibi e nelle scuse perché hanno paura di prendere il largo, uomini cioè che si barricano nelle consolazioni utopistiche delle loro esistenze da nudisti, in quanto hanno perso tutto ma non vogliono rivestirsi, preferendo sbandierare pateticamente ai quattro venti le loro sfighe, cercando dunque solidarietà miserevole e pietistica, e uomini che l’hanno preso in culo come più non potevano, appartenenti, possiamo dirlo, al sottoscritto.
Cioè un uomo che non ama molto i cinecomic ma, al Lido di Venezia, famosa isola dell’unica, vera città sul mare, in quanto Amsterdam invece ha solo i canali e le canne fumarie dei libertini drogati bestiali, senza dimenticare ovviamente Comacchio, località peraltro piena di donne racchie più disgustose delle alghe, ecco… al Lido sarò forse pure incravattato. Con tanto di abito firmato, griffato in tua sorella.
Libidine, doppia libidine, libidine coi fiocchi.
L’ultima volta che andai al Festival fu qualche anno fa. Vidi Birdman.
La storia della mia (non) vita.
Da quando ebbi il mio colpo di Genius, l’imprevedibile virtù dell’ignoranza, sì, molti mi spaccarono il setto nasale, mi suicidai molte volte ma continuo a volare alto.
Perché, sostanzialmente, sono sia Michael Keaton, ovvero Batman, che Edward Norton, Hulk.
Mi spiace per gli stronzi farabutti che continuano ad accusarmi di doppia personalità. No, non sono schizofrenico, quello lo è Norton di Schegge di paura.
Sono, diciamocela, solamente un coglione cazzoncello dal fascino pagliaccesco che mette i brividi. Soprattutto alle donne. Brividi di calore. Perché, appena mi vedono, allagano tutta Venezia.
Guardate, sì, non è colpa dello scioglimento delle calotte polari se Venezia soffre dell’alta marea.
È colpa mia. Mi assumo ogni responsabilità di quest’inondazione alluvionale e vi penso, orsù, sempre io a riscaldare l’ambiente.
Sì, vi lascio con una battuta da clown:
– Ah, secondo me, Falotico ha un solo problema. Non crede al suo cervello.
– No, non è vero. Non crede invero a quello suo che fa rima con ottimo cervello. E, da questo scollegamento, parte tutto il resto.
– Dici che sia così? Come fai a saperlo?
– Ho appurato ieri notte la mia teoria. In pratica, io e Falotico abbiamo trombato.
– E quindi?
– Mettiamola così. Birdman è un brutto film in confronto al Fallo…
Morale della fav(ol)a: sono un uccello libero come un gabbiano su Venezia. Nessuno mai più riuscirà a ingabbiarmi. Forse a farmi incavolare, questo sì. Ci sta. E io, incazzato, dimenticherò ancora il cervello nel credermi un supereroe.
Ora, scusate, devo pulire il tinello.
di Stefano Falotico
ll Joker Rosso Malpelo, forse Marino, dice il suo verismo
Senza peli sulla lingua.
Un saggio critico riguardo il valore di alcuni miei libri mi ha reso molto felice, entusiasta di me stesso.
No, non mi piace auto-incensarmi. Peraltro, lo trovo sconveniente e inopportuno.
Poiché è gradevole ricevere dei complimenti ma si viene anche investiti di carature, di responsabilità che spesso non mi sento d’indossare. Non ho il carattere. Non per codardia, solo perché mi stancherei di essere una star.
Avrei sempre i riflettori puntati, gli occhi addosso. Se andassi, di prima mattina, a bere un caffè in un bar di periferia, coi capelli spettinati e la tuta mal stirata, qualche pazzo paparazzo venderebbe la mia foto a caro prezzo.
Deridendomi poi con la scritta falsissima: guardate come si è ridotto.
Però posso attestare che questo testo mi ha inorgoglito soprattutto perché è stata un’analisi lucida, anti-retorica dei miei lavori e probabilmente della mia anima.
I personaggi di Stefano Falotico corrono, vanno, cercano, si dimensionano diversamente, in base ai casi e alle circostanze, ma mai in qualità di vittime reali, bensì di protagonisti, anche impavidi e caparbi. Essi sono la volontà che incide nella loro vita. Quando i casi della vita vogliono che essi tornino al loro quotidiano essere, scoprono in se stessi una sorta di ambiguità, di plurivalenza, di crudeltà, di crudezza e nel loro cuore rinvengono un “cruciforme” destino. Essi non si deprimono mai: lottano, escono allo scoperto, vincono e perdono, ma non sono mai realmente sconfitti. In loro si legge: desiderio, brama, moto variamente accelerato, ricerca della vastità del creato, in una specie di sublimazione che consente loro di uscire dal greto del fiume della vita per cercare un’onnipotenza personale, in un “irreligioso” silenzio. Essi troveranno siepi e alberi, aspre montagne e fiumi agitati, alte maree e ripidi camminamenti, tunnel e altipiani lussureggianti. Essi troveranno estati, primavere, autunni e inverni. Ma non si arrenderanno al destino o al fato. In loro la lotta è un “classico essere” e un “azzardato divenire”. Incontro, scontro, conversazione, avversità, devozione, “dialogismo”, biasimo, amore, “disamore”, dolore, costanza, “endemica malattia”, catastrofe, polimorfismo e fallimento si aggrovigliano in un “enclitico” divenire, che fa sì che un’azione priva di tono ne assuma uno, avvalendosi di un “precedente soggetto”. Tutto l’insieme diviene in Stefano Falotico “filosofia vitale” e “naturale disfacimento” in vista di successive “grandezze”. Grandezze che egli non identifica, ma che lascia intuire o supporre, perché è cosciente che sia un cattivo scrittore colui che fornisca soluzioni o che faccia di ogni argomento una “tematica” per riduttive conversazioni.
No, non vi è mai piaggeria nei miei libri. Perfino in quelli all’apparenza patetici, lagnosi. Nemmeno nei miei scritti più infoiati, infervorati, ardimentosi.
V’è una sempre più profonda presa di coscienza ineludibile sulle molteplici sfaccettature del mondo. Un’impietosa consapevolezza, specie nei confronti di me stesso, del fatto che non esiste e non può in alcun modo esistere la verità assoluta, ognuno vive la sua realtà, ognuno ha il suo mondo.
Non vi è sconsolazione, chiamatela anche col sinonimo sconsolatezza, non sono dei piagnistei tristi e miserevoli, non sono ravvisabili in essi gracchianti, indisponenti lamenti. No, non sono delle lagne. Delle elegiache prese di posizione. Non sono radicali neppure quando mi esprimo su certi universali temi in maniera quasi dogmatica e assolutistica. In una parola, convinta.
Perché lascio continuamente spazio al dubbio. Do importanza alle incognite, agli esistenziali enigmi.
Anche quando tostamente parlo di rivoluzioni, mi riferisco in particolar modo ai moti dell’animo. Agli invisibili cambiamenti che lo sguardo esterno non vede, forse non vuol vedere, ma che in noi avvengono, son già avvenuti. Forse ci son sempre stati, dovevamo soltanto aspettare che il tempo facesse sì che potessero mostrarsi, liberi da ogni sovrastruttura e mascherata dura.
Mi soffermo sui nostri interiori mutamenti che si riflettono conseguentemente sulla nostra percezione del mondo, a sua volta in perenne, impercettibile metamorfosi furente.
Sono libri veri. So che il termine veri induce al sorriso.
Ma vi è una sottile, infinita diversità fra il verismo e la verità. La verità, come detto, è illusoria, in un certo senso perfino utopistica. Come dico spesso io, solipsistica.
Il verismo invece è un atteggiamento intellettuale, psichico e ragionativo che si esplicita nella schiettezza.
Appunto, nella purissima presa di coscienza.
Col tempo, ho imparato a ironizzare, a sdrammatizzare sulle mie sfighe. Prima, semmai abbozzavo, facendo la figura del coglione.
Adesso sono diventato un commediante della tragedia umana di noi tutti.
Scherzo su quelli della mia generazione. Persone, a cui io stesso m’annetto, oh povero inetto, oh me, misero e poveretto, che senza autorevolezza e credenziali formali dissertano di Cinema e sulla vita tutta, sentenziando con fare perentorio. Arrogante, superbo da sapientoni.
Persone con ampie competenze. Non lo discuto. Ma che di mestiere non fanno propriamente i critici. Ma critici, d’altronde, lo siamo tutti.
Giudicare è facile, è lo sport nazionale.
Molti poi sono insaziabili. I loro video ottengono trentamila visualizzazioni ma non si accontentano della loro già ampia, invidiabile fetta di pubblico. Vogliono arrivare a quota centomila. Guadagnando un milione di dollari l’anno.
Le modelle su Instagram non ci stanno. Sul non ci stanno, vi chiedo di riflettere. Avete i soldi? E come fanno allora a starci? Comunque, non ci stanno lo stesso. Eh sì.
Una loro foto ha ricevuto la bellezza di 3 milioni di LIKE ma ecco che stanno “lavorando” a un altro shooting.
E, in questo gioco competitivo assurdo, oserei dire baroque, farlocco, grottesco, allucinante, non vince nessuno. Anzi, diventate, ora dopo ora, quel che non siete più, figli di questa modaiola era di maschere di cera.
In questo mondo farlocco, appunto, solo il Falotico, sinonimo di stravagante, è un essere anomalo e non è mai nell’anima vacante. In quanto eterno, imperturbabile Joker contento della sua “pochezza” aitante. Giammai sbraitante.
Uomo buffo che dà i buffetti, non desidera carnali buffet, che non abbaia come i cani.
Sì, vergo qui, fratelli, sorelle, compaesani, concittadini, nazional-popolari, contro ogni fascismo nazionalista, contro ogni ideologia sessista, contro ogni razzistica mentalità bigotta, contro ogni suprematista che diagnostica il prossimo in quattro e quattr’otto, il mio alter ego Giovanni Verga, in quanto uomo che vorrebbe amare una donna Vera, di nome ma non so se di fatto perché, onestamente, deve ancora farsi, e cantare al plenilunio come un uomo lupo che non deve più vergognarsi di essere affetto da licantropia cupa.
Sì, son lupo, le donne mi allupano e bevo birra di ottimo luppolo. Non è ancora giunto il momento di pregare la divina Provvidenza a mani giunte, a braccia conserte, genuflettendomi in segno di discolpa dinanzi ai miei (s)confessati pudori. Non è ancora arrivato il momento di abdicare alla demenza e lanciarmi giù nel dirupo, no, non ho mai a nessuno chiesto aiuto, a differenza di molti di voi che elemosinano compassione all’assistenza sociale, pregate la Madonna affinché vi faccia la grazia di salvarvi dalla vostra ignoranza e vi possa donare in grembo una donna vergine e pure vertiginosa d’amare liberi da ogni diavolo tentatore. Vi avrebbe studiato il Lombroso.
Che squallore!
Dovete sudarvela, qui non si regala niente. Bisogna farselo, come si suol dire. Io, nonostante gli ammaccamenti, le botte solo in testa (di altre botte, lasciamo stare subito), non demordo e ancora, polemico, azzanno chi mente dinanzi al vero e abbranco il capo branco che non vuole riconoscere le sue colpe da volpone che ora, bastonato, arranca. Mi dilanio, mi sventro ma non mi svendo! Non mi arrabbio. Mi arrangio…
Sì, ammaccamenti a tutt’andare ho ricevuto durante il tremendo viaggio. Ma solo quando compresi che non ero un eroe e non sono un uomo-macchina bensì un uomo e basta, ho sentito e vivamente sento la vita adesso in ogni magnifica, giusta ansia che finge di non interessarsi al sesso ma fa solo la figura del fesso? No, questo è ciò che voi vorreste che io dicessi. Io invece dico che son enormemente senziente non al dolce far niente bensì al far quel che mi va. Sento ogni incanto dei miei turbamenti. E non mi dolgo se tu non mi vuoi, se una che amo non mi ama. Infatti, no, non ne soffro, praticamente in tale struggimento son completamente rotto e spappolato. Ma io lo ammetto! Questo è vero! Come tutto il resto.
Eppure, malgrado tanti ammiccamenti, io continuo a porgerle i miei ammiccamenti. No, non voglio che mi sia amica, dunque non compiaccio il suo rifiuto e continuo a spingere d’occhiolino che non vede di buon occhio una simpatica amicizia. Mentirei al mio cuore ma soprattutto cederei alle lusinghe del demonio poiché sarei bugiardo di fronte al mio desiderio focoso come le stritolanti fiamme virulentissime dell’inferno del mio cor(po) turbinoso, quasi a luci rosse, forse solo da ex Lucignolo.
Invero, Pinocchio mi fa un baffo.
Ma simpatica de che? Ma quale complicità amichevole? Ma che diciamo? Ma che facciamo?
Lei sta con un altro? E che me frega? Bisogna invece che l’altro resti fregato, fottuto. Sì, sì, sì.
Tutti siamo colpevoli. Sì, nessuno è esente dagli sbagli, scagliate la prima pietra se, talmente impavidamente mentitori, negate dirimpetto al mondo i vostri errori!
Siete dei sobillatori, dei solitari aizzatori, degli “spingitori” del suicidio indotto ai cosiddetti deboli da bastardi istigatori, lasciatevi andare invece alle vostre pure sensazioni, siate impuri nei vostri clamori, datevi con amore e incontrerete una stronza che vi maltratterà con spontaneo fetore. Allora non vi meritava e non andava maritata.
Questo è poco ma sicuro. Tranquilli, fidatevi. La vita è sempre una fregatura. Altro che buonismi di confettura.
Sì, peccai come peccaste voi ma io sono sincero. Dunque, lo accetto, io eccedo, sbando, ancor lì lo prendo, un po’ come tutti, chi più chi meno, ma non so se perdonerò più. Però, figlioli, d’ora in poi da me non avrete altri doni se farete nuovamente gli st… i.
Basta coi vostri trucchi, ho sfoderato il mio jolly e quindi non combiniamo più casini.
Or dunque io esigo di lasciarci andare a un casino pazzesco. Tiriamo fuori i denti e le unghie!
Finitela, pietistici, di buttarla in tragedia. Questa vita è una pagliacciata, si sa, ed è questo il bello!
Vince chi ha il coraggio di dire: questa è la mia vita, questa è la città della mia anima!
E non è Bon Jovi.
Io sono Il Principe. Non dei crimini vostri, della mia libertà! Delle mie tragedie, della mia ilarità, della mia idiozia, perché no, della mia sapienza, della mia sincerità.
Ah ah! Scendo le scale, cado in basso ma brindo. Perché, su questa scalinata, O’Sole Mio, Sta ‘nfronte a te!
Scusate, ora devo scolarmi un buon tè.
Sono un gigione. Sì, io gigioneggio alla grandissima.
Sono Lupo de’ Lupis.
di Stefano Falotico
Joker, reazioni al trailer: tutte le banalità e le idiozie scriteriate che ho sentito
Innanzitutto, chiariamoci una volta per tutte definitivamente. Non si dice Giacchin’ bensì IOACHIN. Di mio indosso un giacchino. Non voglio apparire pedante ma sono più puntiglioso di Giovanni Storti in Tre uomini e una gamba.
Ah, che storture, che torture. Che rotture, che brutture.
Sì, io della precisione e della meticolosità son maestro leziosissimo. E ci tengo a esserlo. Mi mantiene disciplinato. Addomesticato nelle mie sane manie di composta formalità impeccabile, di forma psicofisica imbattibile.
Mi preserva dal caos, dallo sconquasso, dall’entropia di un mondo sull’orlo perennemente di un collasso nervoso. Di un traviamento oscenamente libidinoso e ferocemente morboso.
Impazza l’arroganza, spuntano come funghi nuovi pazzi che pazzi non sono, i centri di salute mentale son presi d’assalto da una mandria di “malati” che, in fila indiana, ricevono farmaci da psichiatri che, anziché curare le loro anime, li comprimono nei loro slanci vitali più veri, sopprimendo i loro cuori, anestetizzando, rattrappendo e anchilosando i loro sentiti respiri, paralizzandoli in lobotomie non solo cerebrali bensì fisiche a furia di somministrare coattamente ai pazienti droghe contenitive, neurolettici che acquietano soltanto a livello comportamentale le loro presunte aggressività maligne. Sintomi benigni, diagnosi di schizofrenia un tanto al chilo come fossero noccioline, tranquillanti e analgesici rifilati con superficialità immonda. Malinconia bellissima scambiata per pericolosa depressione, disturbi bipolari faciloni e poi trattamenti in prognosi non tanto riservata.
Perché, se entri in cura, lo sanno perfino in capo al mondo. La gente parla, ti schiva, ti emargina come se fossi un lebbroso, un contagioso, pernicioso freak untore.
Circuizioni, occipitali evirazioni dei sentimenti in castrazioni non solo sessuali.
Gente savia ingannata da medici con le salviette che medici non sono, pseudo-curatori di un pacato, falso quieto vivere ipocrita.
Tutori ed educatori che invero son bifolchi maleducati che si prendono licenze assurde (oltre a essersi pigliati lauree comprate e ridicole) la briga arbitraria di legiferare sulle scelte, persino lavorative, addirittura sentimentali dei pazienti da erudire e livellare a una visione formato cloro, da ricattare in una visione insipida e insapore di ogni vitale calore. Affinché nessuno canti o urli fuori dal coro. E chiunque al conformismo più becero, menzognero e politicamente corretto si affili in adattamenti illusori.
Quanti scandali abbiamo sentito, quanti orrori e mostruosità son state taciute dall’omertà malavitosa di queste gerarchiche, nazistiche istituzioni. Che vorrebbero professarsi portatrici di valori, di benessere e vita felice, invece son soltanto una burocratica ramificazione del più umano squallore, del più disarmante grigiore, dell’asettico fetore che appiattisce ogni candore. Ogni magnifico pudore, ogni libertà troppo esuberante accusata ingiustamente d’esser demente, disturbata, disturbante.
Gente diluita, liquidata, obnubilata, obliata nell’ablatore d’ogni vulcanica esplosione gioiosa.
Gente nervosa che diventa nevosa perché troppo calorosa.
Sì, son cattivo e intransigente contro questo sistema viscido e bugiardo di abbindolatori, di buonismi consolatori, di queste taumaturgie schematiche all’acqua di rose, di questi abbreviatori della complessa, perciò inquieta varietà stupenda d’ogni vita che non si attiene ai binari imposti della sociale ordinazione.
Ah, evviva la follia dei poeti, degli esistenzialisti, degli ascetici, la contemplativa acquiescenza dei mistici e la forza immaginifica dei visionari. Che splendore!
Ne ho sentite tante su questo trailer.
Partiamo da Lorenzo Signore, youtuber che stimo ma che, in tal caso, s’è lasciato andare alle solite frasi fatte.
Al che il Joker diventa un ragazzo buono e, a detta di lui, perfino tardo e tonto che, dopo aver subito mille beffe, all’ennesimo scherzaccio di troppo, perde la bussola e la testa.
No, la questione è molto delicata, non generalizziamo con dell’esegesi fumettistiche così semplicistiche.
Ora, Todd Phillips, dopo solo due minuti e mezzo di filmato, è diventato un grande regista.
Potrebbe anche esserlo e questo Joker, perché no, non vedo l’ora che sia davvero un capolavoro.
Sarà una notte da leoni quella dell’agnellino Phoenix.
Ma, ricollegandomi al discorso sui giudizi troppo affrettati, andiamoci calmi, non esagitiamoci, non lanciamoci in supposizioni e diagnostiche verità ancora non appurate.
Acclareremo a visione avvenuta.
Questo è tutto.
Come diceva Mr. Wolf: non è ancora il momento di farci i pompini a vicenda.
Sapete cosa mi sembrate?
A proposito di Pulp Fiction?
Dei cazzoni, molto più di un paio di cazzoni.
Aspettiamo Ottobre prima di festeggiare da vincitori di gran folclore.
Perché, altrimenti, facciamo la figura dei pagliacci.
O no?
di Stefano Falotico
I social e Facebook sono strumenti che distorcono la realtà e la gente “bluffa” dietro profili falsi? Secondo me è spesso il contrario, è la realtà falsa e troia a ingannare
Una delle grosse panzane e dicerie, che fa tanto felici i sociologi e gli psicologi della mutua, i quali par non vedano l’ora di poter demonizzare i social, additandoli come prodotto avariato di una società allo sbando e “senza valori”, è quella secondo cui Facebook sia ingannevole. Perché la gente, nascondendosi dietro profili falsi, può dunque bluffare e raggirare il prossimo, turlupinarlo e fargli credere cose assurde.
Sì, è così, infatti. Ma per gli idioti. Che raccontano frottole sul loro conto, si professano professori quando invece hanno appena la quinta elementare, e si spacciano per chissà chi. A vanto della loro pochezza, soprattutto morale e dell’oscena distorsione che praticano in particolar modo su loro stessi, nel contraffare la loro dignità per qualche Mi piace in più.
Sì, avrei da raccontarvene. Gente che scrive di aver frequentato le università più prestigiose, di possedere titoli accademici altissimi, che invero è moralmente, appunto, abietta, bugiarda, mentitrice e dunque “meretrice” su tutto.
Una settimana fa, ad esempio, mi contatta una ragazza. Mi chiede, come si suol dire, l’amicizia. Io ci vado sempre piano… al che, prima di concedergliela, scruto tra le sue foto per notare se gatta ci covava.
Mi sembrava, onestamente, un profilo vero. Una ragazza simpatica con tante foto di lei in compagnia di amici e amiche. E col suo gatto mentre lo massaggiava fra un risotto e un piatto d’insalata.
Ok, amicizia accettata.
Lei comincia dunque a scrivermi:
– Ciao.
– Ciao.
– Posso conoscerti?
– Conoscere ha un significato ampio e diversificato. Sì, possiamo scambiare due chiacchiere. Scusa, mi hai scovato nel Trova Amici? Sì? E perché mi hai inviato l’amicizia?
– Ho visto, per caso, un paio di tue foto. Mi sembri un tipo in gamba. E poi anche una brava persona.
– Brava persona… da cosa l’hai dedotto? Perché nel mio profilo non ci sono foto di me con un’ascia che sgozzo la gente? E, se ci sono, quello non sono io. È Michael Myers di uno dei miei film preferiti, Halloween. Sì, comunque a conti fatti, sono bravo. Non vado però a messa la Domenica, qualche volta, se i miei ormoni non “ci stanno dentro”, mi faccio qualche seghina, ah ah, sempre che non possa “usufruire” della materia prima, non sono ricco come Berlusconi, quindi non sono corrotto perché la gente troppo ricca, fidati, o è Zuckerberg, che ha avuto l’idea geniale che ha sistemato lui e le sue tremila generazioni a vita, oppure ha delitto. Delitto non sta qua infatti per uomo derelitto e neppure per sinonimo di reato. Delitto, non molti lo sanno anche se hanno la cattedra alla Bocconi del cazzo, è il participio passato di delinquere. Che comunque è pur sempre un crimine.
Sì, Berlusconi delinquette. Delinquette è la terza persona singolare del passato remoto. Word vi darà errore perché “delinque” di approssimazione. E dunque Berlusconi è un delinquente. Che, in quanto uomo che ha delitto, e qui torniamo al passato prossimo, prossimo poiché abbastanza recente, si è fatto soldi a palate. E col suo potere corruppe tante donnette. Godendo di molti diletti e, traviato, debosciato, degenerato, scopò ogni zoccola “legalmente” di letto in maniera sghemba fra le gambe eppur mai troppo diretto, per sviare la legge sulla prostituzione minorile. Altrimenti, sarebbe stato inculato per direttissima.
Sì, un chirurgo può avere tanti soldi ma non così tanti da averne così tante…
Perché il chirurgo non ha delitto. E soprattutto, a differenza di Berlusconi, poco retto, che pagò avvocati e giudici, non ha “diritto”.
Sì, sono una brava persona anche se non navigo nell’oro.
Ho scritto molti libri ma non guadagno come Stephen King. Peraltro, se in uno dei miei libri, scrivo che in quella cittadina c’è il clown di Pennywise, interviene il centro di salute mentale per appurare se sono schizofrenico. Se lo scrive, come già in maniera celeberrima, lo scrisse King, ci fanno un sacco di film. E lui guadagna dieci volte di più coi diritti d’autore.
Va be’…
Sì, sono una brava persona. Ma non sono ancora “sistemato”. Sistemato nella nostra società equivale a non credere più nella forza della poesia e dell’immaginazione ma lavorare in comune. Parlare di Calcio per otto ore coi colleghi fantozziani, fingendo di svolgere le “pratiche”, e guardare di sottecchi il culo della segretaria del “capo”. Sì, la gente sistemata sta “bene”. Dei morti in vacanza…
Sì, sono un bravo ragazzo, non faccio parte della mafia ma mi piace Goodfellas.
– Ottimo, lo sapevo che eri una brava persona. Intuito femminile. Io sono una parrucchiera per uomini. Vieni a fare lo “shampoo” da me?
– Lo shampoo da te che vuol dire?
– Ecco, io ora apro la cam e te ne do un “(m)assaggio”. Me la rado tutta in diretta. Tu guarda. Se ti piace, passiamo a cose più “sostanziose” e reali. Sappi che appena accendo la cam, mi devi dare 50 Euro ogni 30 secondi. Ci stai?
– Sì, ci sto. Adesso chiamo la polizia postale e t’inculeranno loro. Dandoti una bella sciacquata e lavata di cap(r)a. Bagascia!
Questo per dire che siamo pieni di porci e porcelline… e io non ci sto!
Facebook è ingannevole per le puttane, per chi non ha niente da nascondere, no, non lo è. Anzi. Dai suoi scritti, dalle sue foto e dai suoi post, viene fuori tutta la splendida verità su una persona.
Ed è in questo caso che la realtà è più ingannevole di questo “tipo” di Facebook. Facebook, se ben usato, permette di stringere amicizie vere, è la realtà spesso stronza, ove se non indossi la maschera sociale e ti attieni alle etichette più farisee, vieni maltrattato, deriso superficialmente e “bannato”. Un macello.
Io vi benedico, figlioli e figliuole.
di Stefano Falotico