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The Mule, il poster di Eastwood e i miei libri ai posteri da “mulo”


24 Oct

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Be’, io son sempre stato un mulo. Una persona restia alle regole, ed ecco allora la gente a urlarmi asino, datti una mossa! E invece ho sempre preferito starmene di “traverso”, inseguendo la mia birbante, eastwoodiana poetica. Da uomo delle stelle che, a tarda notte, si alza ed emette una scoreggina che non arrechi disturbo ai vicini. I vicini, dovete sapere, son sempre dormienti anche quando non dormono. Nelle ore diurne, lavorano con forza e vigoria ma il loro cervello, io vi dico, è da una vita spentissimo. Forse, non è mai stato attivato. Un sonno che dura dal momento del loro concepimento, un sonno eterno. E sperano di arrivare alla pensione per riposarsi e dormire del tutto, nella beota vecchiaia più lurida, nella pigrizia mentale più inaudita. Pigliando per il culo i giovani e masticando i fegati lerci della loro pusillanimità.

Io son sempre stato abbastanza, anzi, molto diverso dai miei coetanei. Mentre loro, in “pompe” magne, eran lì, pubescenti, in qualche pub a gozzovigliare triviali, a farselo ciucciare dalle ciucce, io me stavo acquattato, tranquillo e asciutto, come i pannolini Pampers, con la cannuccia in bocca a suggere il vero Cinema poetico di Clint. Sì, ero un grande “poppante”. Un topo brillante, un visionario, diciamocelo, aitante. Tu, invece, quando baci una donna, non esserle alitante. Ma soffiale tutto il tuo cuore con gran calore. Siile ficcante e dentro di lei consenzientemente, leggiadramente v(i)olante come un aliante. Plana su quelle colline e sorvola ogni tettina in maniera spruzzante. Da alcune sarai reputato sprezzante ma l’importante è dar loro del (f)rizzante.

Clint, a mio avviso, è un mito. Gli ho dedicato un libro, un po’ folle nel mio stile, Ghiaccio arcano di romantici occhi, che potrete trovare su lulu.com.

Questa la sinossi, asini…

Un turgido omaggio al Cinema monumentale di Clint Eastwood. Indimenticabili i fotogrammi dei suoi epocali, biblici, titanici capolavori, argentei, plumbei, crepuscolari, plasmati in un magnifico libro autunnale ma potente, che plana nelle sue iridi azzurre e ci abbaglia con classica eleganza. Poetico e intagliato come liquida pietra modellata nel Cuore romantico di Clint. Raffinato, di gran classe.

E la mia saga del Cavaliere, da quello di Alcatraz a quello di Madrid, in vendita sulle migliori librerie online, compreso Amazon-Kindle e IBS.it, trattano di un personaggio che si chiama proprio Clint. In effetti è lui. Come potete vedere nella copertina de Il cavaliere di Madrid.

Un uomo che, con giacchetta di jeans, cammina nei vostri vicoli ciechi e non crede alla superstizione del gatto nero. In quanto uomo “mulo” che se ne fotte con enorme charme. Fregandosene delle vostre maldicenze e dicerie poiché, nella penombra della sua elevatezza, abbisogna solo di un po’ di dolcezza, poi di rudezza e forse anche di sputtanare le schifezze.

Un uomo Falotico. Oggi un po’ zotico, domani patetico, poi fantastico. Un uomo artistico e mai tristemente scolastico. Alcuni mi danno dello psicopatico, del semi-autistico e del nevrotico, altri, quelli che mi amano, mi danno dell’ipnotico.

Mah, di mio, in questi giorni ho la gola a pezzi. Colpa di un brutto raffreddore. E sto prendendo l’antibiotico.

Fratelli, amate il gotico, ché qui si fatica e questa vita “figa” è sempre più caotica.

 

 

di Stefano Falotico

Test Falotico, scoprite se siete vecchi o vi tira ancora alla grande


05 Oct

mag20Un test forse testicolare.

Si capisce che tuo padre è invecchiato quando cerca su Google l’altezza degli attori del passato e le ragioni della loro morte.

Sì, mio padre fa così. Dopo aver fatto la spesa e imbottigliato il vino, si siede e “accende” Google.

Ha scoperto, con sua somma sorpresa, che Gene Hackman, il prossimo 30 Gennaio, compirà 89 anni e da circa quindici anni non fa più film. Che Stallone è del ’46, mentre Bruce Springsteen è nato dieci giorni dopo di lui, il 23 Settembre del 1949. Mio padre, allora, si guarda allo specchio e comprende che il Boss è più gagliardo perché alla sua età sa ancora reggere un concerto di tre ore e invece lui non sa tenere per più di quattro minuti in mano la sigaretta. Perché la fuma nervosamente in trenta secondi.

A mio padre è sempre piaciuto Sean Connery. Ma non solo come attore. Proprio come uomo. Sì, mio padre non è omosessuale, altrimenti io non sarei qui a scrivere ciò, ma è pelato come Sean. Dunque, per affinità “elettive”, considera Connery un grandissimo. Sapete quella leggenda metropolitana secondo la quale gli uomini più calvi sono sessualmente più dotati? Mio padre è sempre andato in giro a dire a tutti che lui è pelato perché fra le gambe ha una specie di albero di Natale. Con tanto di palline colorate, di luci fluorescenti a intermittenza sul rosso vulcanico. Ah ah.

Mio padre si consola quando guarda le foto di Jack Nicholson alle partite di basket dei Los Angeles Lakers.

– Guarda lì che panza. E anche la faccia oramai è in stato avanzato di putrefazione. Sì, Jack si sta decomponendo. E non è molto più vecchio di me. Dunque, sì, io mi porto benissimo i miei anni.

 

Da un po’ di tempo a questa parte, mio padre è anche diventato un mezzo maniaco. Sì, alle volte andiamo al cinema assieme. A vedere film che possono piacergli. E mi sono accorto che, quando fa il biglietto alla cassa, scruta con far un po’ perverso le ragazzine tutte “attillate” che vanno a vedere i film mielosi…

– Che guardi? I culi delle ragazze?

– Macché. Penso che hanno ancora una vita davanti. E rimpiango quando me la godevo, fottendo di brutto.

 

Sì, con la vecchiaia si diventa un po’ bavosi. Soprattutto quando si è ancora sposati. Mio padre, credo, che non abbia mai tradito mia madre. A tutt’oggi nemmeno. Quando rincasa tardi la sera, è solo perché ha trovato una zoccola… in cantina e ha perso due ore ad ammazzarla, scopando poi tutto il porcume…

Mio padre si è fissato con Clint Eastwood, ch’è alto più di un metro e novanta. E, secondo lui, vista l’altezza, ha avuto sempre una bella, notevole “oca”.

– Quel Clint lì, eh sì, fa sempre la parte del buono. Ma chissà a quante bonazze ha mostrato la sua Magnum da Callaghan. Sì, è per questo che ora sembra un teschio ambulante. L’hanno spompato. Comunque, sta morendo ma ci ha dato…

 

Mio padre non ha mai amato Nanni Moretti. Perché secondo lui, dietro quei modi raffinati e moderati da uomo di Sinistra, si nasconde un mezzo frocio persino fascista. Ma non capisco perché, allora, sia sempre stato fan di D’Alema.

 

– Chi? Moretti? Nanni uguale nano. La smettesse di prendere in giro Pacino di Heat. Non vale un cazzo. Si spaccia per un genio e invece il suo Cinema, a mio avviso, è bassissimo. Non mi emoziona, non trasmette nulla se non lo smog della sua Vespa in Caro diario.

– Ma è un omaggio sentito a Pasolini.

– Mah, Pasolini. Un altro… Indubbiamente gran pensatore ma anche un rotto in culo. Pasolini uguale pisellini. E quella scena di Nanni mi ha sempre fatto addormentare. Sì, ora vado a farmi un pisolino.

Poi, stasera mangerò pasta e piselli.

 

Da vent’anni a questa parte, e non è che abbia tutti i torti, non gli piace nemmeno De Niro.

– Ma perché De Niro, ultimamente, sembra sempre quello di Flawless? Fa le smorfie con la bocca storta. Non è che ha avuto un ictus?

 

Per quanto riguarda le attrici, mio padre è ancora più lapidario.

– Sophia Loren? Un cesso. Cioè, sì, per quei tempi, ove le donne poco si curavano e non andavano in palestra, aveva indubbiamente un seno che avrebbe allattato un plotone di marines. Ma ha sempre avuto una faccia da mezzo uomo, sembrava un lupo della steppa.

– Paola Cortellesi ti piace?

– Sì, credo che non abbia trovato però il lavoro adatto alle sue caratteristiche.

– Cioè?

. Andare a far la pasta sfoglia. Sì, cucinasse un paio di tortellini.

– Ambra Angiolini?

– Ma chi se l’incula? Solo quel fruttivendolo di Allegri e quel volpone di Gianni Boncompagni. Che le ha dato una bella spinta, la classica bottarella, per metterla lì. Io la vedrei bene a fare lo scontrino in un bordello di Salerno. La verità è che non vale niente né come donna né come attrice. E ti dirò di più, figliolo. Non serve a nulla neppure come puttanella.

– Luisa Ranieri?

– Meglio suo marito.

– Ma sei frocio?

– No, mi piace Montalbano…

– E degli attori italiani del passato… chi ti piace(va)?. Gassman?

– Un esaltato, er tigre… ma de che? Soffriva di balbuzie.

– Mastroianni?

– Per l’amor di dio. La faccia da prete bugiardo per antonomasia. E, tornando alla Loren, non ho mai creduto che fossero solo amici. Ogni volta che, tutt’ora, la Loren parla di Marcello, si allupa ancora di più…

 

Ho detto tutto… Quindi, giovani, non scoraggiatevi se scrivete un libro come Arthur Rimbaud e i vostri padri leggono invece le offerte della Conad.

Comunque, dovete sapere che mio padre a trent’anni era identico a questo qui.

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E ora invece? È uguale a questo.

 

 

Kyle+MacLachlan+Alfred+Dunhill+Links+Championship+aq106QvIuAjl

Morale: mio padre non cambierà mai.

Ma nemmeno voi.

Prima almeno eravate giustificabili perché puri. Adesso, siete solo dei rincoglioniti. E la vostra vita, fidatevi, è andata a farsi fottere.

 

 

di Stefano Falotico

Eh sì, cari muli, è dura svegliarsi, è duro quando ci si sveglia


05 Oct

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Duro svegliarsi

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Pictured: Johnny Depp stars as J.M. Barrie in scene from FInding Neverland.

Pictured: Johnny Depp stars as J.M. Barrie in scene from FInding Neverland.

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Sì, come Matthew McConaughey di EdTV (titolo a volte scritto anche Ed Tv o EDtv), al risveglio, potreste avere un’erezione imbarazzante. No, nessuna telecamera ma lo sguardo puro di vostro figlio di due anni che non capisce l’ingrossamento, in quella zona lì, del pigiama.

Oppure, come Michael Peña di World Trade Center, vi affacciate al crepuscolo albeggiante e guardate la città. Pensando che il mattino abbia l’oro in bocca. E invece sarà il giorno più nefasto della storia, vostra e di quella americana.

Michael Peña, una faccia penosa, appunto, e da idiota come pochi, ma uno che lavora in cinquanta film all’anno e ora è anche in The Mule di Eastwood. La storia di un bravo vecchione, reduce di guerra che, con un piede già nella tomba, deve trovarsi un lavoro da “stagista inaspettato”. E scopre invece di essere entrato nel film Sicario.

Sì, ma gliela farà.

Molti di voi, invece, non ce la faranno. Siete troppo brutti. Al che, o vi date a una carriera da caratteristi come Michael Peña, per tirare a campare, oppure dovete studiare come degli ossessi per potervi guadagnare la vita da pseudo-intellettuali. Semmai inforcando occhialetti di sintomatico mistero come Battiato. Per far colpo sulla racchia del primo banco che segue, bagnata, ogni vostra stronzata di Storia, appunto, su Pipino il Breve.

Di mio, credo che mi farò assumere come controfigura di Johnny Depp per le scene dei suoi film, in flashback, quando era più giovane. Un lavoretto da quattro soldi ma sai che bello, fra un ciak e l’altro, mangiare il cibo in scatola nella roulotte?

La vita è anche una roulette, speriamo non russa. Voi continuate pure a farvi il grande sonno, a russare.

Ché qua c’è da farsi il culo, non prima di un caffè che te lo tira su.

 

 

di Stefano Falotico

Dumbo di Tim Burton e i Mondiali non m’interessano, nemmeno 2001, m’interessa la mia mente e anche quella lì


13 Jun

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È uscito il teaser trailer di Dumbo. Ora, con tutta la stima per Tim Burton, io credo che abbia girato un solo capolavoro, Big Fish, che ha inquadrato meravigliosamente il senso della vita. Posso lodare la sua poetica sui diversi, sui freak, sugli spostati, sui nati male, sui suoi “scherzi della natura”. Ma quando il compiacimento diventa estetizzante allora il manierismo è dietro l’angolo, seduta stante.

Non m’interessa questo elefantino in computer graphic e apprezzerò sempre mille volte di più il fascino naïf del cartone originale.

Poi, potrà essere anche un grande film, non lo voglio mettere in discussione, ma personalmente credo che sarà una stronzata micidiale. Come questa frase di Jacques Rivette: Kubrick è una macchina, un mutante, un marziano. Non ha sentimenti di alcun tipo. Ma è bello quando una macchina filma altre macchine, come in 2001.

Sì, una delle frasi più imbecilli che uno possa pronunciare nella sua vita.

Personalmente, non ho mai avuto l’occasione di cenare con Stanley, ma mi son fatto un’idea di lui. Secondo me, era diventato un misantropo per necessità. Talmente sensibile, senziente, quindi talmente umanista, che soffriva la realtà ch’è giocoforza spesso puttanesca e squallida. Quindi Kubrick era ciò di più lontanamente distante da una macchina.

Domani, inizieranno i Mondiali di Calcio. Il Calcio è una sorta di rito collettivo avito, cioè tramandato dagli avi. E, quando ci sono i Mondiali, ecco che vengono annullate tutte le differenze culturali, neri e bianchi, ispanici e tedeschi si riuniscono tutti assieme, tifando appassionatamente e brindando. Non avvengono quasi mai scontri e tafferugli negli stadi perché, anche se si perde, è stata comunque una festa. L’importante era partecipare. Può darsi anche che, caro argentino, per consolarti dalla sconfitta, una brasiliana t’inviti nella sua stanza. E allora il gioco di “palle” diventerà una “ola”. Anche una sola se farai autogol di eiaculazione precoce.

Noi non vi partecipiamo, eliminati dalla modesta Svezia perché in centottanta minuti non siamo stati capaci di fare neppure una misera, risicata rete. Ma comunque, cari moralisti dei miei stivali, so che tanto v’infoiate su Harvey Weinstein, per bella posa con vostra moglie, che poi tradite di turismo sessuale con delle svedesone. Questa è la verità.

E allora ben ci sta! Così evitiamo figuracce. Se non siamo riusciti a fare goal alla Svezia, tanto di guadagnato essere spediti fuori ancor prima di essere imbrattati di ortaggi e goleade umiliantissime.

D’altra parte l’Italia merita un Salvini in Parlamento, un fascistone che vuole mandare a casa i clandestini, perché gli tira il culo, facendo morire di fame donne e bambini. E se sta lì l’avete votato voi. Dunque, non vi lamentate se, un giorno, sarete senza lavoro, darete di matto, e uno così vi sbatterà in manicomio.

Che cazzo gliene frega? Lui ha la Isoardi, una che ha capito che mostrar le cosce in RAI le avrebbe dato il “lasciapassare” per essere la passerotta del senatore du’ caz. Salvini non poteva farsela sfuggire. Sì, fra un comizio e l’altro della Lega, vide Elisa in tv, e libero da sguardi indiscreti si sparò una sega. Quindi, pensò: oh, questa è “buona”, io sono il leader del Carroccio, adesso le telefono, la invito a mangiare degli spaghetti al cartoccio e poi tutta me la “incarto”. Sì, sì, sì.

Come Trump, che si pavoneggia con la più bieca bassezza ideologica che un essere umano possa dire: se sono il Presidente, significa che sono il più intelligente di tutti. E chi non ce la fa è un perdente e non si lamenti.

Di mio, ne ho buscate talmente tante che sono un illuminato. Ovvio. Come no?

Non sono illuminato in questa foto? Mi pare lapalissiano, incontrovertibile.

Ho detto tutto… Molti credevano sarei andato giù, invece io non vado mai giù, al massimo ascolto I’m Goin’ Down.

– Sai, Stefano, a me non piace Springsteen. Lo trovo un po’ tamarro.

– Sì, ovvio. Sei frocio. Quindi vedi di andare a prendertelo nel culo.

 

Ora, vi racconto questa. Molti anni fa, incontrai una che era convinto fossi un incrocio fra Sean Penn e Tim Robbins di Mystic River.

Al che, mi appoggiò la mano sulla gamba, dopo una bella conversazione “esegetica” di Cinema.

– Ah, tutto questo panegirico per arrivare lì?

– Perché no?

– Via, levati dal cazzo.

 

Questo sono io. Se non ti sta bene, noleggiati un porno.

Comunque, perché emulare De Niro quando sono indubbiamente molto più bravo, bello, intelligente e sexy di lui?

 

di Stefano Falotico

The Mule, il prossimo film di Eastwood è come me


24 May

Clint

 

Non so se avete presente la scena di Essi vivono in cui Roddy Piper va a pranzare nella mensa dei barboncelli. La signora gli porge una specie di zuppa e gli chiede se ne vuole ancora. Qualsiasi uomo di buona educazione avrebbe risposto un cortese no. Invece, lui, caprone, le risponde… sì, ancora. Quindi dopo avergli riempito il piatto, la signora retoricamente gli chiede ancora se appunto ne voglia ancora. Retoricamente perché a quel punto sia lei che lo spettatore si aspetterebbero un gentilissimo NO. Invece Piper, zuccone amabilissimo, con strafottenza da applauso, replica nuovamente un sì, ancora.

Sì, un uomo senza vergogna che, da vagabondo disoccupato, non rinuncia ai piaceri della cucina e mangia come un porcellino. Senza dover rendere conto a nessuno.

Uno dei primi film con Clint Eastwood protagonista, come sapete, è stato Per un pugno di dollari. Eh sì, quel mulo esigeva le scuse. In questa scena storica, da morir dal ridere, vi è incisa tutta la filosofia eastwoodiana. Ma quale reazionario e giustizialista, è un uomo che non ama i vili affronti, odia gli scherni, gli sfregi come ne Gli spietati, e a costo di beccarsi delle pallottole va sotto casa di quei vermi di Gran Torino, a far la sceneggiata “napoletana”.

Walt Kowalski è uno stronzo, un buffone, uno che disdegna questo fottuto orpello della cosiddetta bonjour finesse, sputacchiando in faccia a Cristo e, a costo di schiantarsi e beccarsi pugni in faccia e batoste tremende, finché non ha sviscerato tutta la merda, non è contento.

Ecco allora la storia di Earl Stone, novantenne veterano di guerra, che soffre di “demenza” e quindi non è imputabile di colpevolezza.

Ah, uomo dai mille malestri, uomo maldestro forse persino di Destra, un figlio di puttana come pochi.

 

Mi trovavo al bar oggi pomeriggio. Ordino il consueto caffè. Una donna molto magra, quasi rachitica sulla cinquantina, però di gambe ben tenute, mentre sorseggio il mio dolce caffè ecco che comincia a fissarmi insistentemente. Io finisco di bere, do l’euro alla barista, al che porgo alla signora un sorriso simpatico quanto questa frase da me a lei pronunciata con aplomb eastwoodiano…

– Signora, se vuole il mio uccello, sappia che non è per donne come lei. Io sono un orticultore dei miei piaceri bucolici. Vada ad arare qualche maschione che saprà innaffiarla a dovere.

– Lei è un porco!

– Come lei, signora. Perché a vederla bene mi sembra pure che voglia mettermelo in culo. Ah, frociona!

 

Al che mi son grattato le ascelle.

Inizialmente il personaggio di Eastwood si doveva chiamare Leo Sharp.

 

Finisco col dirvi che sabato una su Instagram, dopo avermi adocchiato, mi contatta “in privato”.

– Ciao, che bel profilo che hai.

– Facciamola svelta. Vuoi che te la lecchi? Mi spiace, non hai la faccia di quella che “lo” incassa.

– Senti, io sono una donna di classe, non accetto queste volgarità. Sono donna prima di tutto di cervello.

– Ah sì? Non si direbbe.

– Cosa vuoi dire?

– Vai a lavare i piatti, forza.

 

Al che l’ho bloccata. Probabilmente è andata a consolarsi con un piatto d’insalata, coltivato nel campo della sua “cultura” del cazzo.

 

Ah ah.

– Perché ridi? Guarda, Stefano, che quello che hai scritto è abbastanza disgustoso. Non fa ridere per niente.

– Invece a me fa ridere, sai? E anche parecchio.

– Ti daranno un’altra ripassata se continui a non mettere la testa a posto. Ma, cazzo, ne vuoi ancora?

– Sì, ancora. Perché voglio continuare a vivere a modo mio.

– Sei proprio una merda!

– Sì, come tutti.

di Stefano Falotico

Rust Cohle, l’uomo che sentenzia, ma non è come Clint Eastwood di fronte a Sentenza 


22 Apr

Treu Detective

L’altro giorno, un medico mi ha detto una cosa che di primo acchito ho preso per un’offesa, invece era un sottilissimo complimento.

– Lei assomiglia molto a Italo Calvino.

– Perché mai?

– Leggo i suoi libri e i suoi scritti e ogni volta rimango sconvolto. Poi, dal vivo, lei spiccica due parole in croce e bisogna provocarla per ottenere una conversazione che possa definirsi conversazione.

Italo Calvino era un genio.

– Cosa vorrebbe dire con questo?

– Lo sa benissimo cosa volevo dire, anzi, cosa ho detto.

 

Eh sì, l’atimia mi ha incasinato la vita. Taciturno al massimo, immobile, con sguardo alla Ryan Gosling nei suoi momenti di contemplazione, che non capisci se ti sta prendendo per il culo, se è autistico, o se invece sta meditando su come meglio scoparsi Eva Mendes (sta ancora con Eva, a proposito?). E la gente, guardandolo in quello stato catatonico, pensa: ah, poveretto, beato lui che non capisce…

Poi, scopre che Ryan è First Man, e ci sarà un motivo se per la parte del primo uomo sulla Luna è stato scelto lui, no?

Sì, Ryan dà spesso l’impressione che sia talmente oltre il cicaleccio mondano, le ripicche, i pettegolezzi, le maldicenze, le bigotte dicerie, i luoghi comuni, che per forza dev’essere un umanoide, un superuomo, un androide alla Blade Runner.

Ma io direi di spostare nuovamente l’attenzione su Rust Cohle. Sì, come nel magnifico incipit del Moby Dick, ogni volta che m’accorgo di atteggiare le labbra al torvo, ogni volta che nell’anima mi scende come un novembre umido e piovigginoso, ogni volta che mi accorgo di fermarmi involontariamente dinanzi alle agenzie di pompe funebri… ecco, riguardo Rust Cohle.

E mi convinco, puntualmente, che Pizzolatto abbia centrifugato tutti i suoi studi filosofici sul pessimismo, adattandoli all’avvenenza decadentista e sciupata di McConaughey per forgiare di aura “figa” la sua stronzata. Sì, so che dissentirete, voi che non siete amanti di dissenteria, ma le merde incarnate senza bisogno mai di evacuarle.

E abboccate a ogni puttanata moraleggiante che vi rifilano. Già ti vedo, bello di mamma, distrutto da una vita di ricatti genitoriali, strozzato dalla tua adolescenza schizofrenica, a eccitarti quando Rust dice:

credo che sia da presuntuosi volersi ostinare a sottrarre un’anima alla non esistenza e relegarla nella carne, trascinare una vita dentro a questo tritatutto, e mia figlia mi ha risparmiato dal peccato di essere padre.

Sì, ti scorgo, sai? Ecco che stai avendo un orgasmo dinanzi a queste parole, dirimpetto a questa cagata cosmica. Sì, perché ti sei sempre sentito un figlio respinto, menomato, poco amato, e tua madre ti strilla che sei un ritardato e soffri, soffochi, ti strazi, e poi sudi sette camicie a sognare di volare alto, dimenticando l’orrore della tua acerba età complessata, “compressata”, implosa, repressa, depressissima.

E fra te e te ecco che motteggi un… cazzo, sì, hai ragione fratello Rust. Fanculo! Non dovevo nascere, non dovevo essere un uomo senziente, Dio boia, è mostruosa la mia sofferenza psicologica, devo fuggire, devo andare altrove, devo riflettere, guardare un film orientale, scappare in Giappone, risalire e scalare le Ande e respirare la freschezza delle querce secolari dell’Amazzonia. Questa mi sta stretta, mi tarpano le ali, tutto questo sesso vivandato, gridato, euforizzato mi dà alla testa, impazzisco, eppur freneticamente non lo resisto, perché sono vivo, perché la mia pelle si ribella, si scuoia onanistica e poi si placa, e ancora si tormenta di estasi che m’addolora le viscere.

Dai su, guardati una partita di Calcio.

E dico a te, amante di Leopardi, agnostico che non crede eppur crede, non cede, resiliente resiste, esiste, esistenzialista cazzeggia nella sua mente, credendosi Dio sceso in terra, snobbando la gentucola ché tanto non ci arriva e dorme illusa o incosciente…

Credo che la coscienza umana sia un tragico passo falso dell’evoluzione. Siamo troppo consapevoli di noi stessi. La natura ha creato un aspetto della natura separato da sé stessa. Siamo creature che non dovrebbero esistere… per le leggi della natura.

E io credo che la cosa più onorevole per la nostra specie sia rifiutare la programmazione, smetterla di riprodurci, procedere mano nella mano verso l’estinzione… un’ultima mezzanotte in cui fratelli e sorelle rinunciano a un trattamento iniquo.

 

Eh sì, roba tosta, roba da non dormirci la notte, roba per tonti e dormiglioni. Così capita un giorno che semmai fai un figlio e allora le possibilità sono due: o continui a pensarla così e prima o poi arrivi al suicidio, o il figlio lo devi educare alla bellezza della vita, per quel che ci è concesso vivere. E capisci che devi trasmettere a tuo figlio una visione serena dell’esistenza, lo istradi al godimento e ai divertimenti ma comprendi anche che, se esageri in questa direzione, c’è il rischio che tuo figlio diventi un troione oppure si droghi da mattina a sera, e allora potrebbe morire di overdose o rimanere offeso. E devi quindi aggiustare il tiro, calibrare gli insegnamenti, stare sul chi va là, dare e poi togliere, premiare e punire, mentire ipocritamente per il suo “bene” ma essergli schietto se tuo figlio, troppo coccolato, si perde nel mondo delle meraviglie.

Al che, comprendi che le sane goliardie de Il buono, il brutto e il cattivo sono la formula giusta della vita. Non hanno pretese filosofiche, educative, ammaestratrici, non offrono nessuna visione perché la vita non è bella, certo, ma non è neanche orribile.

Adesso, scusate, vado a preparare i cannelloni.

E soprattutto a vivere sempre, nonostante tutto, come cazzo voglio io. Diranno che sbaglio tutto, ma meglio sba(di)gliare da sé che fidarsi dei matti. Perché devo confidarvi che tutti sono matti, tranne me.

Ho capito tutto? Non lo so, la mia risposta a tutto è non lo so.

Sentenza: – Non è tre il numero perfetto?

Biondo: – Sì, ma io ho sei colpi qui dentro…Lee Van Cleef

 

 

di Stefano Falotico

Analisi spietata sugli Oscar, abbasso i vincenti, evviva i perdenti, cioè Willem Dafoe


03 Mar

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Domani notte, in concomitanza con gli exit poll delle Elezioni italiane, da me ribattezzate “erezioni italiote”, perché ogni partito sicuramente si ecciterà se vincerà, assisteremo, anzi, assisterete a questo spettacolo pacchiano chiamato Oscar, una manifestazione che aveva un senso, che ne so, cinquant’anni fa, quando la gente era molto ingenua e si faceva emotivamente turlupinare da lustrini, paillettes e sguardi mondani sul red carpet, sognando di trasfigurarsi nel suo attore preferito. Eh sì, quante casalinghe del Texas, ove ci son le mucche, andavan in brodo di giuggiole per quegli occhi viola di Liz Taylor, mentre il marito, alla consacrazione di Elizabeth (sì, il premio alla miglior attrice vien consegnato in tarda notte, da noi quasi all’alba, negli Stati Uniti al canto del gufo), era già bello sveglio per andar a cavalcar nel Rio Bravo al primo fiorir del crepuscolo sottilmente rugoso come la sua pelle da Grand Canyon. Sì, il Rio Bravo è in Texas e non in montana, miei montanari, mentre il Grand Canyon è in Colorado, ove Wile, detto Willy, il Coyote non riusciva mai ad acchiappare Beep Beep, e ove Michael J. Fox di Ritorno al futuro parte terza precipitava in un incubo da trenino della Lego. Sì, quel povero sciancato di John Wayne vinse la statuetta per Il Grinta, ennesima interpretazione uguale e monocorde come tutte le sue, e glielo diedero per anzianità. Infatti, di lì a poco schiattò. Da cui Jack Palance di Scappo dalla città – La vita, l’amore, le vacche. Eh sì, sempre le vacche, queste bovine domestiche da carne Manzotin come dimostra quel bel pezzo di manzo e patonza che è Kelly Reilly. E Kevin Costner di Yellowstone sa come (m)ungerla… Mah, ancora non è uscito, ma sicuramente il re di Balla coi lupi  pelerà la sua agnellina, da cui Il silenzio degli innocenti. Silence of the lambs.

Sì, è arcinoto che a vincere gli Oscar non siano necessariamente gli attori dell’anno più bravi, ma quelli più “mostruosi”. Non sempre mostri sacri, a volte semplicemente interpreti che fanno la parte degli handicappati, dei minorati, dei malati di qualche cosa, AIDS o Alzheimer, che si trasformano fisicamente, s’imbruttiscono, vengono truccati “a (d’)uopo” per commuovere. In poche parole, spesso si premiano le interpretazioni “patetiche”. Basta scorrere la lista dei vincitori di tutte le edizioni, in particolar modo degli ultimi trent’anni, per accorgersi che l’Academy preferisce usare questo metro di giudizio assai discutibile, prevedibile e scontatissimo.

Io sono un fanatico delle interpretazioni interiori, quelle che partono dall’anima e poi si trasmettono negli sguardi, sguardi dell’attore che aderisce a questo metodo attoriale, ben più complicato, sofferto e intenso, e sguardi nostri, da spettatori empatici che ci emozioniamo per come un attore riesce a effondersi, oserei dire, nel character, e dà vita a gioia, letizia, dolore anche solo attraverso un’occhiataccia, un’alzata sopraccigliare, un’espressione impercettibile.

Dunque, capite bene che, sebbene lodi l’egregio Oldman de L’ora più buia, tumefatto dal makeup, che comunque ha dovuto cambiare voce per fare Churchill, non poco sarei felice se a vincere fosse Chalamet.

Ma è altissimamente improbabile che ciò possa avvenire. Poi è ancora un “guaglione”, deve farsi le ossa…

Come certa è la vittoria della solita pazza strillona McDormand, a cui preferisco la solita Streep estremamente contenuta, che vive internamente i suoi dubbi e con la carica della sua magnetica espressività li comunica senza troppe grida o scene effettistiche.

Ma, si sa, gli Academy amano variare, anche se per la McDormand sarebbe comunque una “doppietta” dopo l’Oscar per Fargo, e allora anche la signorina Saoirse Ronan dovrà accontentarsi di essere ricordata come “semplice” candidata e nulla di più. È una figa bruttina ma comunque farà la sua porca figura.

Eh sì, per dare una seconda possibilità a quelle cariatidi della Dunaway e di Beatty, hanno deciso che non era giusto farli uscire di scena con la più grande gaffe della storia degli Oscar, e allora sono stati richiamati, acciacchi permettendo, per “sbagliare” di nuovo. Ah ah.

A proposito, rimanga fra noi: sebbene sia stato eccellente per Toro scatenato, De Niro ha vinto l’Oscar per questo film per via del fatto che è ingrassato trenta chili, ma l’avrebbe meritato molto di più per Taxi Driver.

Ho detto tutto…

E Willem Dafoe che c’entra? Anche quest’anno la sua sete di vittoria sarà solo un’ultima tentazione da povero Cristo. Perché l’Oscar se lo intasca Rockwell.

 

E, naturalmente, essendo io uno spietato, che dice la verità senza cazzeggiare in stronzate, vi mostro la foto di uno degli Oscar, secondo me, unforgiven…

Ah ah! E qui sono Pacino di Scent of a Woman!

Anche se, nella notte delle elezioni, l’avrebbe meritato Washington di Malcolm X.

E Denise Negri, in studio per la diretta su Sky, assieme al Canova e Castelnuovo, tiferà per i neri. Eh sì, evviva Get Out! Negro ti faccio nero, e su questa stronzata Scappa, no, scappo!

UNFORGIVEN, from left: Gene Hackman, Clint Eastwood, 1992. ©Warner Bros.

UNFORGIVEN, from left: Gene Hackman, Clint Eastwood, 1992. ©Warner Bros.

 

di Stefano Falotico

Contro ogni moralismo, falso femminismo, ipocrita maschilismo, vota il Falotico, uomo alla Eastwood dalla battuta pronta e senza battone


27 Feb

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Sì, mio padre è un uomo sincero. L’altro giorno gli ho chiesto cosa ne pensa di Clint Eastwood e lui mi ha risposto con sincerità ineludibile, oserei dire.

– Attore bravo, non molto versatile, grande regista, sciupafemmine incontrollabile.

– Pensi abbia avuto molte donne?

– Raramente ho visto una faccia da porcellino di quel livello.

– Ma che dici?

– Fidati, il Clint deve avere un’oca di proporzioni ciclopiche.

 

Ecco, non mi son mai interessato della vita privata e sessuale del regista di Mystic River, ma ho voluto fare una breve ricerca. A parte la sua ex compagna storica, la Locke, andando sul sito whosdatedwho, in effetti, ho scoperto che il signor Eastwood non deve essere stato uno con l’uccello in mano.

E balzano agli occhi donne che furono molto appetibili, fra cui la bella di giorno Catherine Deneuve, la negrona Sonia Braga, la bombastica Mamie Van Doren e perfino quel cesso di Barbra Streisand. Insomma, che uomo!

 

Poi, in contemporanea, leggo le notifiche di Facebook e noto subito un post intitolato “malati di figa”. Con la “spiegazione”: tutti quegli uomini senza fidanzata (oddio mio, che termine vetusto), che si consolano con “Federica la mano amica” e che inseriscono sempre foto di culi e tette.

Contatto la signorina che ha messo questa porcata ipocrita e le spiego che l’uomo, in quanto discendente dalle scimmie, e anche dai gorilla, non è come le donne che amano i film sentimentali per rimbambite, col tramonto rossastro, baci sulla spiaggia e camminate nel parco.

L’uomo, anche quando ammogliato, se non può “tenerlo in umido”, “non molla mai la presa”. Perché un uomo “normodotato” ha dalle 5 alle 10 erezioni spontanee al giorno e quindi, al di là di una vita sessuale appagante, diciamo che è “propenso” a dire delle porcatelle goliardiche. È la natura eroticus della sua “leva del cambio” a indurlo in tentazione. In trazione! In penetrazione ed estrazioni! In trivellamenti e battute ficcanti.

La signorina s’inorridisce, mi assale e mi dà del maiale.

Sì, evviva il sano maschilismo che non ha paura di “dirla tutta”. Ben vengano questo uomini assatanati, ludici, smaniosi, vogliosi, ingordi. Non vogliamo più Emma Bonino! Ma delle bonazze. Ah ah!

E poi siamo onesti: Weinstein è stato un bel figlio di puttana ma anche quelle che andavano con lui non devono spacciarsi per delle madonnine.

E la smettessero queste false suore! Diciamocela! Hanno tutti i dvd con Michael Fassbender, quel pezzo di macho! Lo confessassero al porco, no, al parroco. Mamma mia, che parruccone. Basta, non dovete dire a vostro marito che andate dalla parrucchiera quando invece vi siete recate dal “barbiere”.

Sì, ha ragione la Deneuve! Alla faccia dei movimenti MeToo e di sto par de palle. L’uomo deve essere uomo, e quindi un po’ sporcaccione. Altrimenti è un rotto in culo.

 

Basta, sincerità! Evviva! Ballare!

E ricordate: la mia vita è andata molte volte a puttane ma mai a zoccole. In questo sono bukowskiano.

 

Al che uno mi grida: ma lei è pazzo!

E io gli rispondo che è sempre meglio essere pazzi che tonti. Sì, pigliati la tua donnetta e portala a mangiare la cioccolata calda. Che vita esaltante! Ah ah!
Un lavoretto tranquillo, un filmetto scemo, un libro Harmony e stai sicuro che sei già nella tomba.

 

 

di Stefano Falotico

Siamo tutti dei clown, e si volteggia anche fra Wonder Woman con portamento da Clint e “punitore” dei moralisti e dei tonti


17 Feb

Shannon Tweed Clint+Eastwood+Clint+Eastwood+Jimmy+Kimmel+_A7jt6iGRwdl

Society molto strana. La gente attacca Attacco al treno, poi non capisco perché si attacchi alle piccine(rie).

Sì, piccini e Pulcinella. Ma la grandezza di Eastwood non va messa in discussione altrimenti prenderemo i detrattori e li obbligheremo a guidare solo i trattori. L’altra sera, invece, ero in trattoria e ho meditato sul mondo, applicando diverse mentali traiettorie. La mia mente, si sa, sfarfalla, gira e salta, alle volte stanca si adagia, va adagio e poi mal si arrangia, mannaggia, eppur soavemente si accascia. E gusta le cosce… di pollo o del mio ammirare Gal Gadot, planando di occhi giammai mesti sulla “durezza” che potrebbe nascere in quella succosa morbidezza. Sì, che lietezza “penetrare” in quella Wonder Woman, e volare “alti” di erotismo lontano dal moralismo.

Sì, io credo di essere un uomo di cultura eppure dinanzi alle gambe di Gal mi squaglio, qualcosa “densamente” fa sì che “scremi” la verità virile dalla retorica femminista. E non capisco un cazzo, o forse il mio sì. E osservo con far da voyeur un po’ volpino, solleticandomi di piccante baldanza del mio cor(po) ignudo, senza retorica, eppur “svuotato”. Ah ah.

Sì, lo ammetto, mi avete scoperto, son stato sempre un amante… dello “spogliatoio”. E tutte poco scopo eppur d’immaginazione bella-mente scopro.

A fine anni novanta, mi fissai e “lo” issai per la magnifica bionda Shannon Tweed, ed era auto-erotismo che del suo peccato “capitale” non si adontava eppur “ridondante” sguazzava ondeggiante… montante. Allegretto-andante.

Sì, la moglie di Gene Simmons, sebbene sia stata sempre rifatta, volevo farmela. Ero un collezionista dei suoi softcore molto “pimpanti”, soprattutto pippanti, in cui esibiva le sue poppe in “pompa magna”. Magnetica, sì, ah ah. Più che altro, stimolante una mano poco etica eppur godente quella splendida, statuaria estetica in maniera eretta, sciogliendosi… dirimpetto a quei “pettorali” che scendevan a valle, avvallando il mio puntarle il retto, stando ritto… di mira sulle sue colline tondeggianti. Come marinavo io gli obblighi dinanzi a quell’oceano di bontà cazzeggiante, lo sa solo il Cristo. E un giorno dovrò raccontargli che me la spassavo alla grande, un glande ripassato. Diciamo…

Sì, che cazzone… imbattibile, eppur mai son stato con delle battone, ma non batto la fiacca, sì, c’è gente presa, anzi, in modo masturbatorio, “rappresa” dalla figa e gente che si esalterà se Gary Oldman vincerà l’oscar. A ognuno la statuetta che merita. A me le belle statuine son sempre piaciute… A cui, eh che culi, “innalzarsi” in gloria, sì, io speravo sinceramente di elevarlo in maniera gol(os)a.

Rimasi a mezza strada, cercarono di (in)castrarmi ma ancor tira, ed è scomparsa anche l’ira. Tutto si aggiusta, e spero che “tutto” possa entrare o “inserirsi”, senza scorciatoie o vie traverse, in modo sghembo purché sia “collocato produttivamente” fra le gambe. Sì, di me tutto, appunto, senza punti, si può dire tranne che sia uno da canzoni di Annalisa… Non mi piacciono le melasse, vado “dritto” al sodo.

Concreto, tosto, come Clint. Quasi reazionario, non credo fascista ma in quelle… sfasciato. Senza (f)iato.

E, nonostante le stronzate che dico, il fascino classico di Eastwood mi appartiene.

Insomma, un uomo che ascolta Springsteen, un uomo Nebraska, un uomo al gelo eppur uccello… libero.

Ah ah.

Ma dove lo trovate uno “schizzato” più fuori di me, eppur spiritoso, gioviale, “fluviale?”.

Sì, proprio un fiume in pen…

 

– Falotico, ma lo sa che lei è l’emblema della sfiga e della fighetta incarnata?

– Sì, e tu lo sai che tua moglie è una zoccola?

– Come si permette?

– Mi permetto di dirlo perché lo so… Ho appurato con mano in maniera pura.

 

Freddura da uomo “monco”.

E ricordate: non sono un esodato, ma un “esondato”.

Sì, sono uno da Aspettando Godot. Ma intanto me la Gadot!

 

di Stefano Falotico

 

Punisher

di Stefano Falotico

 

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TRUE CRIME, Clint Eastwood, 1999, (c) Warner Brothers

TRUE CRIME, Clint Eastwood, 1999, (c) Warner Brothers

 

Ore 15:17 – Attacco al treno, recensione di Antisistema, utente di FilmTv


12 Feb

5a3d20893345eTHE 15:17 TO PARIS

Visto che porto l’avatar di questo mito del cinema, direi che è giunto il momento che parli finalmente di qualche film di Clint Eastwood, che a oggi volenti o nolenti resta il miglior regista vivente che ci sia ad Hollywood, nonostante gli sparuti detrattori che da American Sniper in poi stanno aumentando sempre più.

Con Ore 15:17 – Attacco al Treno, il regista conclude la trilogia filmica dedicata agli eroi recenti della storia americana; e tutto si può dire di quest’opera tranne che sia un brutto film come la gran parte della critica mondiale ignorante (in primis quella americana) vuole farci credere. Il massacro critico è presto spiegato, come i ben informati sanno, il signor Clint Eastwood sin dagli anni 50 è un sostenitore dichiarato del partito Repubblicano (è registrato come elettore), che ha sempre sostenuto in prima persona (anche con cospicui finanziamenti), e non da ultimo, ha dato il suo appoggio a Donald Trump. Ora da quando questo controverso presidente è riuscito a salire alla Casa Bianca, la reazione delle élite della cultura critica cinematogafica e di Hollywood è stata di totale chiusura verso questa novità. Tutto questo ha portato nell’ultimo anno a una repressione da parte della critica di tutti i film che non seguissero certi dettami come : il politicamente corretto, il femminismo, adeguata rappresentazione delle minoranze etniche, favore verso i diritti civili etc… in sostanza la solita solfa sterile di idee di sinistra… ma rigorosamente quella educata e “borghese” (chi spiega a questi geni che se non si raggiunge in primis una prequazione economica, i diritti che in astratto avrei non potrei ma farli valere nel concreto?). Il cinema di Hollywood oramai (quello impegnato in primis, ma anche il mainstream), sembra essersi ridotto per lo più a sterili spottoni di propaganda sulle pari opportunità e sui diritti civili affrontati in modo scolastico e con pensierini da terza elementare. Non dovrebbe stupire quindi che un regista, il cui cinema sin dagli anni 70 trae molta forza dalla rabbia, dall’insoddisfazione e dalla rappresentazione della lacerazione degli Stati Uniti, venga accolto molto male con questo film che non si preoccupa di seguire alcuna moda imperante del pensiero ed affronta in modo controverso la trattazione della materia in questione.

Affrontata questa doverosa premessa; c’è da dire che la trama è molto semplice e stringata, nonché nota poiché tratta da un fatto di cronaca molto recente e a cui è stato data ampio risalto.

Skarlatos, Stone e Sadler; sono tre ragazzi (i primi due sono anche militari in licenza) in vacanza nelle capitali europee che, durante un viaggio in treno verso Parigi, si troveranno loro malgrado ad affrontare e a sventare un attentato terroristico di un affiliato dell’ISIS.

 

Il film è semplice, schietto e diretto; questi tre giovani sono di forte ideologia Repubblicana e Clint Eastwood senza alcun timore reverenziale ce lo sbatte subito in faccia. Stringatezza e essenzialità nella narrazione della storia sono i due elementi cardini su cui si fonda quest’opera, che inizia dall’infanzia dei tre giovani per poi mostrarci di tanto in tanto dei flashforward dell’attentato al Treno del 21 Agosto 2015. Skarlatos, Stone e Sadler (Eastwood si focalizza specialmente sulla figura del secondo), sono tre giovani percepiti sin da piccoli come “anormali” e poco disciplinati. La loro vita è pura frustrazione per via di una società che punta a inculcare idee senza però spiegare il perché di esse (in primis i valori religiosi della scuola cristiana in cui i nostri tre ragazzini fanno parte). L’unico collante che li unisce è per assurdo la guerra… infatti passano lunghi pomeriggi a giocare a essa che, lungi però all’essere vista come demoniaca, è l’unico elemento che consente a questi tre ragazzini emarginati dal sistema di fare del cameratismo tra loro.

Come detto in precedenza, il cinema di Clint Eastwood sin dalle origini (e anche in veste puramente di attore) è cinema fatto di rabbia contro qualcosa o qualcuno… le istituzioni, i politici, la società, certe idee finto progressiste utopiche etc… ed Eastwood con quest’opera mette in piena luce tutto questo. Scegliendo di far interpretare il film ai veri protagonisti della vicenda reale, il regista cerca un’urgenza espressivo-formale che dei veri attori non avrebbero mai potuto dargli. Quello che la critica ha scambiato per appiattimento, semplificazione e inespressività degli attori, non è altro che la messa in scena della vita vera in tutto e per tutto. Per Eastwood i veri eroi non sono quelli che la Marvel ci vuole propinare con i suoi esseri fascisti di plastica e cartapesta, né gente dall’alta integrità morale e ideologica che spopolano in tanti biopic celebrativi (anche degli ultimi anni purtroppo); ma l’eroe per il regista è chi riesce a reagire immediatamente (anche incoscientemente) innanzi a un problema di grave entità e riesce ad affrontare in modo pragmatico quanto diretto tutti problemi della vita che sembrano volerti solo stendere. Interessante il discorso sull’immagine che il regista ultra-ottantenne riesce a compiere (e qua si collega alla TV di American Sniper che mostra le immagini dell’attentato alle Torri Gemelle) nella seconda parte di film molto criticata, dedita al turismo.

La vita di questi giovani e della loro generazione è fatta di immagini e indottrinamento tramite di esse. L’unico modo di potersi sentire qualcuno è replicare battute di film di scarso valore come quelle del Gladiatore nel Colosseo, oppure fare continui selfie (autoscatti) per condividere le proprie foto con gli altri… è l’immagine di sé che conta e non l’esperienza che si sta vivendo. In questo modo, questa generazione di esseri anonimi, pensa di poter uscire dalla massificazione egualitaria a cui sembra condannata, pensando di trovare la propria affermazione nel mare magnum della rete. Non a caso la regia, nella parte turistica del film, fa molto uso di stereotipi buttati in faccia allo spettatore e riprese tipiche da video condiviso da Instagram. Una generazione superficiale di americani che quando vanno in vacanza sono sempre i soliti cafoni (che poi per inciso, quando vado in vacanza, in un posto mai visto, vedo i monumenti, non è che vado nei luoghi quotidiani… sennò che viaggio a fare), che pensano che tutto ruoti intorno a loro e che la storia sia stata fatta da loro (un sapiente uso dell’ironia da parte della guida tedesca a Berlino fa capire che non è per niente così perché in effetti gli americani si prendono tutti i meriti, anche quelli che non sono i propri… come dire… se vi sono registi che pomposamente e didascalicamente celebrano gli Usa, il nostro vecchio Clint con una maestria da veterano demolisce il suo paese con una battuta politicamente scorretta).

In tutto questo vissuto normale di quotidianità vacanziera, il protagonista Stone ci dice ad un certo punto che forse pensa di poter essere destinato a qualcosa di più, ma è una riflessione giovanile superficiale, che viene subito derisa dal suo amico Sadler; ma la ripresa panoramica di Venezia fa capire come in realtà ognuno di noi, pur essendo interconnesso in un flusso vitale (in questo caso i calli di Venezia), cerca di trovare il modo di potersi realizzare uscendo da esso. A Eastwood non interessa il momento del treno, quello è un episodio che casualmente faceva parte del flusso della vita dei nostri tre amici e in cui, partendo da un semplice viaggio quotidiano, sono riusciti a salvare la vita a tante persone. Inoltre al regista non interessa minimamente creare momenti memorabili, perché tre amici che vanno in vacanza si comportano veramente così e non c’è bisogno di forzare l’espressività dei protagonisti, né di romanzare qualcosa dietro a questo viaggio e né di rendere il tutto artificioso con la recitazione di veri attori che, pur immedesimandosi nei veri protagonisti, non potranno mai far vivere la vera esperienza di quell’evento. In sostanza Clint Eastwood fa sembrare con questa sua scelta artistica invecchiati all’istante molti biopic contemporanei che puzzano di classicismo obsoleto, vecchio e stantio. Questi tre ragazzi (più un’altra persona) sono dei veri eroi; perché in quel preciso momento non c’era un’ideologia politica da difendere o quant’altro, ma si doveva solo agire e basta. Non c’è bisogno di approfondire il personaggio del terrorista di cui Eastwood sino all’ultimo non ci mostra il volto, poiché il pericolo è rappresentato da chiunque e ci passa accanto nella nostra vita e noi neanche ce ne accorgiamo (illuminante la scena del tizio di colore nel treno, e di fuori c’è il terrorista che tranquillamente cammina con il trolley). Un attentato sventato in modo secco, asciutto e senza retorica enfatica… realismo estremo e nessuna costruzione… non siamo assistendo alla recitazione, ma ciò che vediamo è un vero pezzo di vita. Il terrorista è solo un invasato che voleva fare una strage e saggiamente Eastwood non si addentra in una stupida quanto razzista critica contro i musulmani (l’ISIS viene citato di sfuggita da Skarlatoa in una conversazione internet… tutto viaggia verso il mare magnum della rete).

Che potrei aggiungere… l’ennesimo grande film di Clint Eastwood demolito da un’ignorante critica tesa a esaltare prodottini ordinari e demolire i veri film di qualità come questo… ce ne faremo una ragione e chi apprezza il vero cinema se lo saprà godere tranquillamente.

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