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I più visti di Netflix? Ma voi vi siete visti? Non demonizzate lo streaming senza conoscere il Cinema e le sue tempistiche, soprattutto le mie


19 Apr

irishman falotico

Sì, voi non avete di meglio da fare che accanirvi contro i politicanti corrotti, che spettegolare sull’amico di turno, screditandolo, complottando giorno e notte per fregare la ragazza al prossimo in quest’esasperante gara competitiva basata su rivalse misere, su giochi psicologici assai meschini, su tribali faide molto barbariche?

Sì, qua da noi hanno impazzato per anni programmi pseudo-culturali ricalcati sui migliori e anche peggiori talk show statunitensi. Le invasioni barbariche docet. Ove la conduttrice è stata colei che, dapprima, per far carriera e scalare i vertici del giornalismo televisivo, ha iniziato per Mediaset a pubblicizzare alla buona gli Oscar Mondadori. Poi, ottenuta una certa credibilità intellettuale da radicalchic dei primi anni novanta, si è platealmente svenduta. Io invece, mie serpi, son come Serpico! Prima tenendo banco al Grande Fratello, dunque ripudiando il suo mainstream, divenendo paladina delle becere scienze delle comunicazioni squallidamente mediatiche, pubblicando libri come Non vi lascerò orfani. Libro di cianfrusaglie pedagogiche, di psicologie d’accatto che scopiazza da Nanni Moretti, dallo psicoterapeuta Raffaele Morelli, da Francesco Alberoni, da Paolo Crepet, perfino da Vittorino Andreoli, miscelando il tutto in una sociologia-geriatrica, oserei dire pediatrica, dunque modellando la sua operetta ad autolatrica esaltazione d’un pasoliniano manierismo di natura egotista, probabilmente solo egoista, in un certo senso dunque spudoratamente qualunquista e relativistica.

La signora da me citata in causa ha sofferto di un brutto male e ciò mi dispiace. Ma il suo libro era da latrina. E non voglio far la rima baciata con… perché odo uno squillo del mio cellulare. Sì, scusate un attimo.

È arrivata una notifica.  Sì accesa una lucciola, no, non mi ha contattato una di quelle che imperano su Instagram, spacciandosi per modelle/a, volevo dire una lucina.

La lucina di un mio amico che mi chiede di parlare male di Netflix. Poiché lui non ne è capace e pensa che io possieda un acume superiore per imbastire un ragionamento lucido.

Potrebbe essere. Ma mi chiede di far campagna diffamatoria nei confronti della più famosa e importante piattaforma di streaming del mondo.

Io gli rispondo che parlerò, sì, di Netflix ma in maniera neutrale, fredda e distaccata, oggettiva.

Perché io sono più obiettivo di una macchina fotografica della Nikon.

Mi definisco apolitico ma in fondo son solo uno che non si chiude in ideali fanatici, in quanto uomo falotico un po’ selvatico che non prende mai gli antibiotici contro chi, a priori, assume atteggiamenti idolatrici, scagliandosi contro il contemporaneo cosiddetto malcostume cinematografico.

Sì, fa molto cinefilo cazzuto affermare in totale baldanza che Netflix sia attualmente la rovina della Settima Arte.

Di questo ne siete sicuri? Io vi vedo solo più tristi e scuri. Già mi espressi tempo addietro sull’argomento e ora voglio solo liquidare la questione in maniera brillante, bollente e aromatica perché fra pochi munti devo bermi un caffè della Nespresso.

Ora, chiariamoci. Sono un drogato di cappuccini e cioccolate calde. Sì, come sono buone le calde, no, le cialde della Ciobar.

Mentre so che molti di voi si riforniscono di “tazze” fatte in casa acquistate da un nostrano Pablo Escobar.

Sì, dite agli altri di sgobbar e ve la tirate da intellettuali che si danno un gran da fare. So bene invece che i vostri son soltanto intrallazzi ruffiani ove prostituite, da viziosi, la vostra dignità morale per mettere a fuoco solo e sempre di più le vostre capricciose, maniacali voglie di scopar’.

Sì, davvero, un troiaio mai visto.

La dovreste finire poi di pontificare e sacramentare, dicendo che viviamo in tempi bui. Imbrodandovi in disfattistiche pose iconoclastiche davvero falsissime.

Siete pieni di soldi, di baiocchi e vivete nel Paese dei Balocchi. Suvvia, giù le maschere. Fate come Robin Hood.

Prima vi nascondete nella retorica sinistroide per apparire come pensatori moderni ed ecumenici, buoni e solidali ma vi attenete a ogni più triviale, frivola moda.

Siete più fake di una dolciastra pubblicità del Buondì Motta. Siete come questa brioche. Golosi e fotogenici, ricoperti di glassa, invero stopposi e stupidamente smargiassi.

Insomma, denigrate i ricchi per ottenere voti dai poveri. Poi però prendete i giro i poveracci, in quanto siete solamente degli avari ipocriti.

Sì, attaccate Netflix.

Vero, Netflix produce tutto, non ha un impianto regolatore. Ma vogliamo parlarne degli “appalti abusivi” della Warner Bros?

Capace di passare da Clint Eastwood alla Suicide Squad/Joker con Jared Leto? Questo è uno smottamento tettonico da massimo grado della scala Richter per un casino qualitativo assai poco idealistico bensì “terremotistico”.

Terremotistico (non) esiste in italiano? Sì, hai ragione ma son anche stanco dei tuoi sgrammaticati discorsi qualunquistici. E ti correggo subito.

Sì, abbiamo comunisti che ce l’hanno col capitalismo e poi mettono su i Patreon per un imprenditoriale, fintissima virtù culturale.

Invero, per diventare più ricchi in maniera parimenti micidiale a Iervolino che vuol far ora concorrenza a Netflix con TaTaTu. Roba da bambini.

Ma smettetela. Vi vedo bene col tutù.

Chiariamoci. True Detective è una grande serie ma è altresì inferiore a The Night Of. E, se dite di no, è perché Matthew McConaughey, sessualmente parlando, spinge di più rispetto a John Turturro.

Ma non baratterei, miei batteri, mai uno Steven Zaillian e un Richard Price con questo Pizzolatto. Ah ah. Non c’è price, prezzo. Che pezzo!

Insomma, dovreste dirla tutta.

Sì, fate i moralisti, i moralizzatori, oserei dire i demoralizzatori, dunque i demonizzanti demolitori.

E dite che Sharon Stone in Basic Instinct non sappia recitare.

Potrebbe essere vero. Ma come qualche giorno fa io dissi: conoscete uomini a cui non piaccia Sharon Stone di Basic Instinct? Esistono secondo voi?

Certamente, non lo metto in dubbio.

Ci sono. Infatti sono in un centro psichiatrico.

Ah ah.

Dunque, aveva ragione Paolo Sorrentino. Sì, Berlusconi è un corrotto, lo è sempre stato. E andava con quelle…

Come diceva Andreoli, no, Andreotti: il potere logora chi non ce l’ha.

E voi non avete i soldi per produrre The Irishman, le serie di David Fincher e compagnia bella.

No, mi sa che avete solo le chiacchiere populistiche.

Così è.

In fondo, siamo proprio sicuri che io sia un’Alda Merini in abiti maschili? Cioè la madre di Matt Dillon e Mickey Rourke in Rusty il selvaggio?

Ci mettereste la mano sul fuoco?

Io non avrei mai scherzato col diavolo…

Conosce le verità del mondo e non è mai assolutistico.

Netflix è il male?

Non ne farei una questione tragicomica da Divina Commedia.

 

 

di Stefano Falotico

Everything You Always Wanted to Know About SHARON STONE * But Were Afraid to Ask


15 Apr

sharon basic instinct

Sì, io mi considero il più grande fan di Clint Eastwood della storia.

Sì, io ho ricevuto vari inganni da parte delle donne nel corso della mia vita. Il Clint de La notte brava del soldato Jonathan, in confronto a me, è un principiante.

Sì, la mia vita, maschilisticamente parlando, è stata L’inganno di Sofia Coppola.

Sì, mia madre a volte assomiglia a quella dell’episodio, appunto, di Woody Allen di New York Stories.

Ma anche le madri degli altri non stanno messe meglio.

La donna è sempre iper-premurosa nei riguardi del figlio. Da cui il famoso complesso di Edipo.

L’uomo, anche quando anzianotto, semmai pure ricco e realizzato come Eastwood, viene visto dalla sua genitrice come la madre, appunto, di Clint alla notte degli Oscar. Trovate la clip sul canale YouTube degli Academy Awards. Forza, non voglio più imboccarvi. Canalizzatevi da soli.

Sì, il figlio per la mamma sarà sempre un million dollar baby.

Le madri sono gelose, possessive, il cordone ombelicale mai fra loro si spezza. E il distacco non avviene manco con lo strappo.

Neppure se, appunto, diventi un uomo saggio come Frankie Dunn.

Uno che non ha bisogno di vedere il film di Bellocchio, Bella addormentata, oppure You Don’t Know Jack con Al Pacino per capire che l’eutanasia è in alcuni casi l’unica scelta giusta e possibile.

Sì, quando si soffre in maniera immonda, bisogna staccare la spina.

Quando la malattia è purtroppo terminale, una vita deve essere subito terminata.

Teologi e filosofi della morale, non solo cristiana, vorranno persuadervi del contrario.

Fidatevi. Se tali baggiani avessero un figlio o una figlia a quello stadio, la finirebbero di mortificarci con le loro folli invettive. Con le loro idiozie e le loro dottrine.

Il dolore insopprimibile e irreversibile va quanto prima frenato.

Mi pare che non si possa andare avanti così. Le condizioni sono pietose, vi è uno strazio dinanzi al quale neppure Cristo saprebbe donare un alleviante miracolo, diciamo, propedeutico e salvifico.

Ecco, nella mia vita, ho sulla mia pelle imparato che le cosiddette pillole della felicità, sono soltanto dei palliativi.

Farmacologiche inibizioni di stati depressivi spesso incurabili.

Come cantava Eros Ramazzotti in Parla con me:

Non si uccide un dolore 

anestetizzando il cuore…

 

La vera cura non è neanche l’omonima canzone di Franco Battiato, neppure I giardini di marzo di Lucio Battisti.

Sì, può succedere che, se un uomo è troppo depresso, si chiuda nel mutismo e assuma atteggiamenti da apparente minorato mentale come in Parla con lei di Pedro Almodóvar.

Le donne non stanno messe meglio. Diventano ninfomani e isteriche a compensazione di un’angoscia di vivere enorme. Da cui il celeberrimo film Donne sull’orlo di una crisi di nervi.

Insomma, figlioli.

La felicità eterna è una cazzata messa in giro da Scientology e da qualche amante del buddismo new age.

Una vita sana e appagante deve essere anche una vita stressante.

Altrimenti, non vi è sostanza, sacrificio, combattimento ma solo alienamento e tante utopie sognanti da Il cielo in una stanza.

È una verità ineludibile.

Come questa.

stone

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Se volete dire che non è così, no, siete ficcati… e tamponati, impantanati e impegolati in un centro di salute mentale.

Sinceramente, siete già andati…

Oppure con una più figa di Sharon Stone siete impegnati.

 

In fede,

un uomo che ha conosciuto dal vivo Sharon Stone.

Su cosa sia successo, lo sa solo iddio.

 

Sì, per questo attualmente mi trovo fritto e impanato.
Detta come va detta, surgelato.

Ah ah.

 

di Stefano Falotico

allen sesso

Buona Pasqua con una settimana d’anticipo, evviva il Cinema di Eastwood e di Michael Mann, super video futurista


13 Apr

gran torino

Eh, io lo so che non conoscete il significato della parola futurismo. Non è la fantascienza. Bensì un termine accostabile al Cinema di Michael Mann. Veloce, lisergico, romantico, rombante. L’incarnazione di Colin Farrell di Miami Vice.

Anche quest’annata cinematografica sta finendo. Qual è stato il miglior film dell’anno?

Green Book che ha vinto come Best Picture agli Oscar? Ottima pellicola.

No!

Mi pare ovvio che il migliore film dell’anno, senza esitare un istante, parafrasando Robert De Niro di Heat, sia The Mule di Eastwood.

C’era bisogno di chiedermelo?

Un film straordinario. Con un’accelerata, impennata emozionale, dunque emozionante, nell’ultima mezz’ora da commuovere anche un cuore di porfido, oh oh, miei perfidi.

Anche se l’ultimo, vero capolavoro di Clint rimane Gran Torino.

Un’opera monumentale. Contro ogni forma di razzismo, di bullismo, di violenza. Di prevaricazioni.

Io non sopporto molto Marco Mengoni. Mi dà l’idea sempre di essere un fighetto da De Filippi.

Ma devo riconoscere che la sua ultima canzone è molto, molto simpatica.

Peraltro, come già dissi ieri, che film Ali…

E quei coglioncelli per ragazzine col ciuccio, molto ciucce dei Backstreet Boys?

Oh, secondo me questa, bando alle ciance, spinge.

So che voi nichilisti fancazzisti che vi credete chissà chi, oh lo so, lo so, lo so, insomma, sottolineo da sapiente, dite che è oscena.

Perché siete dei falliti.

E degli invidiosi.

È così.

 

La leggenda narra che il giorno di Pasqua si celebri un uomo che risorse.

Almeno, fratello, questo è quello che ho imparato a catechismo.

E tu, pivello sciroccato d’un Johnny Boy/De Niro di Mean Streets, ma che cazzo stai facendo?

Non voglio catechizzarti ma ti do un consiglio, coniglio. Non fare più lo stronzo.

Guarda lì quel babbeo. Va in giro e picchia le gente. Ma com’è messo?

Tradisce le persone, prende per il culo.

Ma che si fotta!

E quell’altro invece? Guarda che spettacolo orripilante.

Va sempre a messa, impeccabilmente. E il lunedì mattina è già lì, tutto sorridente e menefreghista, che sfotte i barboni, gli handicappati, i diversi e poi va a gozzovigliare. Ma suonategliele.

Sì, lo so. Sono insopportabile.

Come dice il mitico Al Pacino alla sua donna:

– Perché tu preferisci la normale routine: scopiamo e poi perdi il dono della parola.

– Perché devo tenermi la mia angoscia, la devo proteggere, perché mi serve, mi mantiene scattante, reattivo, come devo essere.

 

D’altronde, I ponti di Madison County è uno dei film più belli di sempre.

Se tu dici che è patetico, le possibilità sono soltanto due, “muso nero”: o sei ipocrita o sei un monaco.

E io non sono queste due cose.

 

di Stefano Falotico

Il fascino di un attore risiede spesso nella faccia e negli occhi, vedere e toccare per credere


22 Mar

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Sì, da tempo immemorabile son afflitto da una sindrome ineludibile.

Così come Bob De Niro non può cancellare il suo neo dalla guancia, particolare segno distintivo della sua atipica bellezza anomala, differente dai canoni classici e dai mascelloni alla Brad Pitt e Ronn Moss, io non posso disincagliarmi dalla mia espressione imbattibile.

Mio cavallo di battaglia infrangibile. Posso provare a imitare Johnny Depp e la somiglianza, sì, c’è. Indubbiamente. Eppure sono anche simile ad Al Pacino e, appunto, a De Niro.

Attori più malinconici e meno freak rispetto al ribaldo Johnny.

Posso fare il comico, spesso lo sono per mia natura imbarazzante e sfacciata, ecco. Ma non convinco appieno nella parte “mostruosamente ridicola” di Benigni. Sguardi ben attenti intuiscono, al mio terzo aggrottar la fronte, a basamento di un naso pronunciato e aquilino, che Tim Roth mi fa un baffo. Sì, sovente mi lascio crescere i baffi poiché, se la donna baffuta è sempre piaciuta, D’Artagnan fa più vintage, più uomo d’antan. Forse d’annata. Come il vino stagionato, più passa il tempo e più divento prelibato per bocche buone. Quelle alcoliche d’amore rosé di donne osé e ipercaloriche in tutti i sensi. Delle ottime assaggiatrici, non so se massaggiatrici, sicuramente stiratrici e grandi attrici. Sì, con me, Meg Ryan di Harry ti presento Sally è sostanzialmente amatoriale nel suo orgasmo simulato. Con me, le donne sanno spingersi a finzioni ben più esagerate. Che audacia! Grida spropositate, platealmente finte e fottutamente stronze. Urlano come delle pazze… e che cazzo! Per forza, non gliela fo, come dicono in Toscana, manco se mi tirano i capelli e le orecchie. Eppur, tiranti, vibranti e cazzeggianti vanno i nervi a fior di pelle nei loro for(n)i di tante palle… ficcanti che mi raccontano per non farmi incazzare in maniera sbraitante. Sì, come mi prendono per il culo le donne, nemmeno Casanova. Quello se ne fotteva e, per consolarsi, anziché ovulare le galline spennacchiate, si cucinava delle uova al tegamino, cantando nello spiazzo della sua terrazza che affacciava al Canal Grande. Poiché lui prendeva due piccioncine con una fava di Fuca e ed era perennemente fucker d’una fica merdosa con cui sognava lo sfogo iroso, eppur si ammalò di scolo ondoso e odioso. Ah, poveri miei bavosi.

Ah ah. Come sono autoironico. Farò la fine di Sean Connery. Chissà!? Anni fa ne ero convinto. Stavo perdendo i capelli. Ne perdevo a ciocche. Adesso son ricresciute e al massimo sarò come Nicolas Cage. Un uomo The Rock su stempiatura d.o.c.

Un vero man da stress da vampiro. Sì, a me è successa la stessa cos(ci)a. Dopo aver fatto l’amore con una gnocca come Jennifer Beals, sì, era indubbiamente bella colei a cui diedi piacevolmente del tu e fai tu ché è meglio così, mi sveglio in piena notte di soprassalto, devastato da languori affamati mai visti e mi ficco in gola degli scarafaggi. Pappandomeli con tanto di volto schifato da puro Scarface. Non sarò mai Alain Delon ma sono bassino quanto lui. Non sarò Liam Neeson per la ragione contraria. Liam è stato l’eroe della serie Taken. Di mio, non ho intenti vendicativi bollenti ma ho solo voglia di quella cosa viola con cui l’uccello vola? Macché, ardo dentro, mi fanno gola, ah che acquolina, i ravioli al vapore roventi, ordinati alla rosticceria cinese, splendida carne abbrustolita del mio pollo fritto al limone per una via oramai take away. Eppur conservo il viso roccioso di Clint Eastwood con tanto di foto simile ai suoi loghi della Malpaso e Warner Bros nei titoli di testa dei suoi capolavori crepuscolari. Color crema e nocciola tendente al noir, marrone tendente all’uomo duro che fa venire due marroni di ferro, bianco lattiginoso su neri, no, nei sparsi lungo tutto il mio corpo su carnagione chiara da cowboy del Texas e uno sfrontato cavaliere pallido del mio cianotico esser spietato. Soprattutto verso me stesso. Insomma, le ho tutte. Una testa di cazzo molto The Mule. E dire che scopai anche una mula e poi una mulatta quando ancora avevo i denti da latte. Datemi quella stalla, no, stella di lattea e fatemi sceriffo. Siatemi stalloni, spaccatemi il grugno e avrò anche il labbro pendulo e affascinante di Sylvester.

 

di Stefano Falotico

Previsioni Oscar 2020 Best Actor, sì, avete letto bene, vincerà l’interprete di Re per una notte


12 Mar

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Se non volete divertirvi coi miei calembour e giochi lessicali, passate al capitolo 2.

Quando il sottoscritto comprese le ipocrisie del mondo e partì come una furia, una lince

Chiariamoci molto bene. Se qualcuno mi ha scambiato per Leo DiCaprio di The Aviator, è meglio che si ammutolisca subito. L’unico disturbato ossessivo-compulsivo è lui che ripete sempre le stesse cose, un profluvio stancante di frasi fatte, di stereotipie, di una visione limitatissima, angusta e angustiante, della vita. E non sa volare se non nella fantasia più illusa.

Perché io assomiglio molto di più a Colin Farrell di Miami Vice. Futurista, talmente veloce da essere iper-nevrotico. Mi son talmente velocizzato che l’ascensore del mio appartamento, quando compie il tragitto da piano terra al quarto, cioè quello in cui abito, mi pare che impieghi mezz’ora e invece impiega 30 secondi. È lentissimo. E io non ho più da tempo da perdere con quelli che stanno nello scantinato.

Una corsa contro il tempo, una dinamitarda velocità recettiva mai vista. Un’elevazione pazzesca. Che se ne frega totalmente degli schemi, delle sovrastrutture e delle etichette.

La dignità non è un lavoro da quattro soldi da avere affinché l’altro, ingannato dalla nostra finta rispettabilità, possa stimarci.

Come Superman, tu sei a pagina due e io ho già finito altri due libri. E non m’importa se tu guadagni diecimila Euro, facendo semmai lo psichiatra che non ha mai visto un film di Carpenter.

Sì, che stanchezza questi uomini di Sinistra. Da Festa dell’Unità con la porchetta in bocca, i loro spettacolini teatrali da asilo nido, anzi, da ospizio. Per farsi compiacere da veltroniani già andati.

Via, il mondo va svecchiato. La loro filosofia ha reso soltanto i giovani tristi e depressi.

E quelli di Destra? Cattivi, sembrano Michael Ironside di Scanners. Vogliono sempre fare il lavaggio del cervello a chi non la pensa come loro. E vogliono comandare in maniera dittatoriale. Per essere i dominatori.

Io non sono plagiabile.

Ieri sera, ad esempio, ho finito di vedere Il nome della rosa con John Turturro. Oh, già l’avevo detto nella mia recensione. Parafrasando Nanni Moretti, ma sai che non è male affatto?

Sarà mica un caso che Turturro ha lavorato con Nanni? Oh, John è un grande. No, non ha il carisma di Sean Connery, è un mezzo cesso d’uomo. Ma è bravo, cazzo è bravo. Guardatelo anche in The Night Of e ne riparliamo poi.

Alla fin fine, Giacomo Battiato non ha fatto un brutto lavoro. Consideriamo che è una fiction e, tutto sommato, deve aderire ai canoni RAI. Oh, perlomeno, se proprio dobbiamo pagare questo canone, almeno che ci abbiano messo lo streaming su Ray Play. Ché di guardare varietà con scosciate di sceme e programmi sui cuochi, no, cocchi, mi son rotto da un pezzo.

Siamo chiari. Antonella Clerici? Ma ha un seno pazzesco questa qua, è debordante. Ma non sono il tipo da Antonella Clerici. Quando, dopo averlo fatto, sono a casa con lei, di cosa le dovrei parlare? Se il barattolo di pomodoro costa 3 Euro e invece i fagioli ieri venivano a 2?

A proposito, i vostri fagioli vengono? Mah. Ah sì? Meglio così.

Ecco, chi pensa che io viva nel mondo delle nuvole, mi sa che farà la fine di questi falsi monaci dell’abbazia. Una congrega di malati di mente, di untori, di loschi figuri abbastanza putridi come Bentivoglio. Di spioni, di pettegoli.

Sì, davanti ti dicono… quanto bene ti voglio e poi sperano che tu, demoralizzato, perda ogni voglia.

Siamo pieni di moralisti invidiosi. Fa bene Adso. S’innamora della “selvaggia” del villaggio e se ne frega dell’abito che fa il monaco.

Ecco, vorrei indurvi al sorriso. Voi, sì, incellofanati in vite che si professano allegre ma, invero, so che sono tristemente soltanto accasciate a una finta ironia di facciata ove, sfacciati e appariscenti, esibite le vostre sensualità, comunque discutibili, affinché il prossimo di voi possa ammirare la vostra più sciocca, frivola apparenza.

Oggi, ad esempio, di punto in bianco, mentre stavo mettendo a posto la mia recensione di Scanners, un mio conoscente è “saltato” in chat, con far da esaltato. Parlandomi delle sue serate salate e del suo salame.

– Ehi, amico. Ora ti dico questa. Venerdì scorso… ah, che roba. Ho conosciuto una di San Marino ed è stata una nottata da favola.

 

Al che, con aplomb mio proverbiale, continuando a fumarmi una sigaretta scacciapensieri, a mo’ di Clint Eastwood di Per qualche dollaro in più, gli ho risposto in maniera freddamente simpatica e al contempo un po’ sanamente menefreghista:

– Bravo… E a me sinceramente cosa potrebbe fregarmene?

– Be’, posso vantarmi di questa sc… a sesquipedale, no?

– Certo. Vai allo specchio, adesso, guardati attentamente e vedrai il tuo sorriso a trentadue denti, no, scusa, a 29, te ne hanno cavati tre cariati marci, che si compiace del suo piacersi. Ah, che bellezza, eh?

Ma per piacere! Son contento per te ma qui ho da fare cose serie, oggi. Delle tue avventure erotiche, non so se intrepide o tiepide, sono c… i che riguardano te e le tue amanti del c… o.

Dunque, se permetti, ora mi congelo, mi congedo. Me lo concedi?

– Certo. Ci sentiamo un’altra volta. A risentirci. Poi ti aggiornerò.

– Non ci aggiorneremo proprio su niente. Ti ho detto che dei tuoi memoriali erotici, non so se eroici, non può sbattermene assolutamente. Chiara l’antifona o devo chiamare l’Amplifon?

 

Sì, la vita sociale, anche quando solo virtualmente complice di esperienze toste, non è che abbia mai attirato molto il mio interesse.

La gente parla, favella, ci racconta delle sue fiabe, delle fate, delle fatalone, dei loro complessi fetidi e fetali ma, onestamente, possiamo dircela? A me che ne viene?

Non viene proprio nulla. Tutti alla ricerca di soldi e sesso. Sono venali, veniali. Questi si sventrano, si svenano, si svendono e poi donano pure il sangue a quelli che hanno appena avuto un’emorragia cerebrale.

A voi pare normale tutto questo? Questi sono davvero, più che scopati e accoppiati, dalle loro turbolenze gastrointestinali, turbati, accoppati e nella testa scoppiati.

Sì, col tempo ho capito che ogni inc… a passata non era attribuibile a una mia inferiorità o infermità, bensì a una marcata superiorità. Come Stephen Lack. Vi ho già spiegato questo.

Il gigante, in mezzo ai nani, diventa lui il nano e viceversa. E in questo bordello totale nessuno ci capisce un c… o. Nemmeno io. Ah ah.

Insomma, è un mondo di falsità, di verità capovolte, di gente che andava premiata e invece è finita cassa-integrata.

Così come agli Oscar.

Vince Rami Malek e avrebbe dovuto vincere Christian Bale. Ha vinto Olivia Colman e Glenn Close, dopo sette candidature, è rimasta ancora a mani vuote. È il colmo!

Ne abbiamo colme… avete capito.

Io non sono uno scanner e non sono veggente. Mi piacerebbe esserlo.

Gli Oscar sono un giochetto, un magheggio, un marchingegno di calcoli statistici, d’an(n)ate fortunate, di colpi di culo bestiali.

Avreste mai pensato, sino a dieci anni fa, che McConaughey avrebbe vinto la statuetta?

E avreste mai pensato, allo stesso modo, che ora avrebbe interpretato un film di Harmony Korine? Be’, regista carino? Insomma. Provocatorio? Ma de che? I suoi film non sono né carne né pesce e McConaughey non è Big Lebowski. Quindi, cestinate subito quest’immondizia e chiamate il netturbino.

Allora. O la provocazione si fa con eleganza alla Luis Buñuel oppure il signor Korine è meglio che la finisca con le sue trasgressioni d’accatto e si sposi Antonella Clerici. Che gli preparerà qualcosa della Bonduelle. E, il mattino dopo, gli darà un Buondì Motta.


Gli Oscar sono fasulli ma se tu, ipocrita, dici che, se vincessi la statuetta, te ne fregheresti, ti mettiamo in compagnia di Pinocchio

Ora, facciamo i seri. Quali sono gli attori che, almeno sulla carta, potranno essere con tutta probabilità candidati come Migliori Attori ai prossimi Oscar, appunto?

Dunque, prendete carta, penna, calamai, miei Calimeri, non leggete Camilleri e non mangiate, quest’estate, troppi cocomeri. Non fate con le ragazze i merli e non date a me del nero, sennò vi faccio ascoltare all’infinito Mahmood, vincitore di Sanremo. Il mio non è razzismo, ci mancherebbe, ma questa canzone fa veramente schifo. L’hanno premiata tanto per dire… sì, così diranno che non siamo razzisti ma che cattivi intenditori di musica. Non è un grosso problema, pensate che gli U2 ancora guadagnano miliardi. E ho detto tutto.

Partiamo dai soliti noti.

Ancora lui, Christian Bale per Ford v. Ferrari.

Brad Pitt per Ad Astra e Once Upon a Time in Hollywood.

Leonardo DiCaprio per Once Upon a Time in Hollywood.

Gary Oldman per The Laundromat e The Woman in the Window (fra parentesi, appunto, dopo l’Oscar è partito in quinta e quest’anno esce con 6, ho detto 6, film!).

Tom Hanks per A Beautiful Day in the Neighborhood.

Willem Dafoe per The Last Thing He Wanted.

Edward Norton per Motherless Brooklyn.

Ce ne sarebbero altri da citare ma mi fermo qui.

Ovviamente, voi sapete per chi io tifi? Nevvero? Non l’ho messo nell’elenco. Ma, conoscendomi, non ci vuole Einstein per fare due più due e arrivare a Frank Sheeran. O no? Basta, date questo terzo Oscar al Bob e vergognatevi ché manco lo candidaste per C’era una volta in America. Dico, son porcate che si fanno? Ma guarda un Bob, no, un po’.

Ve lo dice il Genius-Pop. Ohibò! Ora, vediamo gli annunci di lavori sul giornale Il Bò. Boh, nulla di attizzante. Vedo solo annunci di massaggiatrici e stiratrici. No, questo puttanaio non fa a casa mia, no, al caso mio.

E io tiferò per Bob.

E sapete perché?

Christian Bale? Trasformista strepitoso, Leo DiCaprio? Sì, ottimo. Pitt? Troppo bello. Ah ah. Gary Oldman. Ha vinto un anno e mezzo fa. Stia calmo, ora. Edward Norton. Mah, sì, potrebbe starci. Ma non vincerà.

Willem Dafoe. Ma sì, nessuno lo ha mai cagato. Ci potrebbe stare questa sua ultima tentazione da povero cristo.

Eppure quante stronzate mi hai girato, Bob.

Però, se vogliamo essere proprio sinceri, mi guardo attorno e Travis Bickle non ne vedo. Tu sei il solo. The Greatest Actor of All Time.

Aveva ragione il suo amico Harvey Keitel quando alla domanda: – Perché secondo lei Robert De Niro è il più grande?

– Ah, c’è pure da spiegarlo? Vede, Bob non è più bravo degli altri. Ma quando appare lui, chissà perché, i film acquistano qualcosa di magico. Qualcosa d’irripetibile, immenso. Gli altri non sono capaci di questa magia.

È per questo che lui è il più grande. Quando parliamo di Bob, non parliamo più di un attore, parliamo di qualcosa di favoloso che gli adulti raccontano ai bambini, come nelle più fantastiche storie leggendarie.

Bob è l’incarnazione di un poema di Omero. Qualcosa che non sai se è mito, realtà o aldilà.

Quest’ultima frase non l’ha detta Harvey.

L’ho coniata io.

E ci sta da Dio.

Se non credete che sia così, andate su Instagram e lasciate stare il Cinema.

Secondo me, dovreste lasciare un po’ tutto.

Tanto non ci arrivate.

di Stefano Falotico

E se la nostra società, dalle fondamenta, fosse tutta sbagliata? Testardi fino in fondo come Eastwood… dobbiamo essere


07 Mar

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Sì, quest’idea sta assumendo in me, col passare del tempo, sempre più un netto, inequivocabile convincimento. Dettato dalle relazioni sociali che avverto, nel mio intimo, deludermi sempre più profondamente. Finte, basate sull’apparenza, mendaci e mentitrici della nostra essenza più lieve e armoniosa.

E questo discorso vale anche per il Cinema. Nelle scorse ore, in maniera anche colorita, pindarica, giocosa e beffarda, mi son espresso in termini molto radicali su Stanley Kubrick. Potete trovare i miei scritti qui e ravviserete che non mento.

No, Stanley Kubrick, a eccezion fatta di un paio di film, lo trovo sopravvalutato. E poi mi par davvero noioso che si celebrino sempre gli anniversari della morte dei cosiddetti geni.

Incominciate a ricordare le morti, innanzitutto, dei vostri cari. Anche se erano uomini e donne stupidi. Chi se ne frega? Forse vi hanno dato più di questo Kubrick.

La gente guarda Shining alla tv e semmai ha aspettato questo momento da mesi eppure è abbonata pure a Netflix. Ove Shining è stato aggiunto ben prima della sua ennesima, insopportabile, nuova, perentoria messa in onda.

E, con estremo orgoglio, ben conscio di ciò che dico e penso, senz’alcun pentimento o vaghi ripensamenti, affermo qui, così come ho asserito puntigliosamente, che Stanley Kubrick, dinanzi a Clint Eastwood, sfigura e non poco.

Il Cinema di Kubrick è moralistico, pedante, misantropo, pessimista, un’ecatombe filmografica delle sue mai sopite e curate ansie.

Non voglio con ciò dire che bisogna essere retorici e sentimentalmente ruffiani. Ma, appunto, spietati eppur romantici come l’insuperabile Eastwood.

Lui, sì, davvero maestosamente poetico, liricamente perturbante, sempre in lotta con un mondo per il quale, con sacrosanta idiosincrasia, sfacciatamente si è accanito e ancor si schiera apertamente contro senza andarci per il sottile. Secco, essenziale, magnificenza nitidamente vivente. Non so ancora quanto vivente ma fa niente…

Kubrick invece va oramai bene solo per i passatisti di un Cinema superato, didascalico, questo Cinema che vorrebbe insegnarci a stare al mondo. E trovo sempre palloso e osceno quando uno si eleva a maestro demiurgico e a educatore cineastico delle coscienze… anche cinefile.

Ciò va bene per le donnette che insegnano alle scuole per bimbetti. Un autore deve essere al di sopra di posizioni cosiddette discutibili e apodittiche. Non dev’essere un assolutista della vita ma un inventore di nuove traiettorie visive, emozionali e perfino di rivoluzionari punti di vista.

Kubrick è stato un rivoluzionario? Macché? Orson Welles lo era. Kubrick, tutt’al più, era un attento osservatore e un trombone.

Che poi i peggiori sono proprio i cinefili. Tocca loro i film “intoccabili” e vanno su tutte le furie.

Allora ha fatto bene, coraggioso all’ennesima potenza, Francesco Alò a dire la sua nella recensione di Cocaine quel che ha detto. In barba al corretto…

Sostenendo che Scorsese, in alcuni gangster movie, è stucchevole.

Sì, lo è. Nobilita i mafiosi e li fa vestire perfino da Armani. Anche De Palma l’ha fatto. Ma in maniera diversa.

Grande film Quei bravi ragazzi ma quante assurdità. I mafiosi sono persone cupissime, sole, folli e invece Scorsese ce li ha tratteggiati, sì, come dei farabutti figli di puttana e viscidi, ma anche come compagnoni da birre in compagnia e facciamoci du’ spaghi.

Quindi, sono sempre più convinto di abbandonare molte certezze della società occidentale, in particolar modo di quella italiana. Borghese, vecchia, legata a schemi e valori vetusti come il cucco.

Valori che, anche nelle sfere apparentemente più altolocate, paiono quelli appunto di cosche mafiose.

E infatti, ogni giorno che passa, ringiovanisco a vista d’occhio.

– Stefano? Hai sbattuto la testa e te la sei rotta per arrivare a dire che Shining è un film mediocre?

– No, mi ha proprio rotto.

 

In fondo, mi ha proprio stancato il mondo in generale.

Tanto io cambio ma il mondo no.

E questo gioco del vivi e fattela piacere anche se il mondo fa schifo… a lungo andare è più falso dei film di Kubrick.

Credo altresì fermamente che Bob De Niro di Cape Fear avesse e abbia ancora ragione da vendere.

Così come dice a Nick Nolte.

Questi qui s’impegnano… nelle loro professioni, per far carriera, per far soldi, per vestire bene. Ma non s’impegnano nelle cose più vere e schiette.

– Ci sei stasera? Devo parlarti di una cosa.

– Di cosa devi parlarmi?

– Sai, sto pensando seriamente di suicidarmi.

– Macché. Smettila. Fatti una passeggiata e una buona dormita. Vedrai che tutto si aggiusta. Ci sentiamo sabato. Ché usciamo, ok?

 

Tanto, arriva sabato e chissà quale altro film di Kubrick trasmetteranno e tutti staranno in casa a “goderselo”.

Forse, per quanto non lo abbia mai avuto in auge, aveva ragione pure John Lennon.

Continuate pure a guardare le vite altrui e un bel giorno, quando starete per morire, capirete che forse quel sabato sera dovevate solo farvi una bevuta.

Da veri ubriaconi, senza sovrastrutture, senza nulla.

Come i grandi saggi. Come forse solo Bukowski e i geni come lui.

 

E questo è proprio tutto.

 

 

di Stefano Falotico

Bestemmia del giorno, fino a un certo punto: il Cinema di Clint Eastwood è superiore, per classe e sentimenti, a quello di Kubrick


07 Mar

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Come detto, mi son già espresso su questo misantropo sovrastimato che è stato Kubrick.

So che fa figo dire che Kubrick è il meglio. Stilisticamente impeccabile, eccentrico, visionario, avanguardistico e cinico come siete voi.

A me è parso sempre un mezzo panzone pieno di fobie. Non guidava la macchina perché aveva paura d’impazzire durante la guida e si faceva trasportare dall’autista. Se ne stava barricato nella villa a bere tè e a filosofeggiare, giorno e notte, puntualmente ostile verso l’umanità tutta, senz’eccezione alcuna, scolandosi semmai il vino e andando poi nel cortile a coltivar le ortiche. E giocando, di nascosto, con la sua oca.

Insomma, un orco pieno di sé, un trombone che sparava a zero su tutto. E l’unica cosa che gl’interessava era, in fin dei conti, morire con la nomea di genio.

In fondo, dei soldi che gli dava la Warner Bros non gliene poteva fregare di meno, a differenza di Nolan, a cui lo paragonate. Tanto, appunto, non sapeva che farsene e piuttosto li utilizzava per farsi abbonamenti alla tv via cavo dei canali a luci rosse. Sputtanando un patrimonio in seghe vere, non quelle mentali con cui s’è fottuto il cervello da quando, dopo il primo film, qualche critico gli ha detto che era un genio e lui, per non tradire le aspettative, s’è imbrodato nella misantropia più autoreferenziale che, come scritto, secondo il vostro modo bacato di ragionare, rende l’uomo affascinante ed elevato.

I suoi film sono algidi, freddissimi, la sua è la poetica di uno che stava male e vomitava cerebrale i suoi dolori di pancia ombelicali. Sublimando ogni sesquipedale malessere nella tronfia prosopopea finto-altolocata da depresso incurabile.

I suoi film sono tutti pamphlet e grosse metafore sull’uomo e le sue scelleratezze. Arancia meccanica è un capolavoro assoluto e ha centrato appieno il bersaglio, con la sua letale mescolanza di satira cupamente macabra, col suo umorismo nero, terribile e dolente, con la sua requisitoria significativamente violenta, un j’accuse tremendo contro un mondo più violento, appunto, di Alex. Che, non perdonandogli lo scempio da lui commesso, lo stupra mille volte di più in maniera meno carnale ma più lobotomizzante, distruggendogli la coscienza completamente.

Un film radicale, nettissimo, un manifesto politico ineludibile. Ove Kubrick, senza mezzi termini, ha denunciato con straordinario coraggio lo schifo del mondo. Senza sottilizzare troppo in panegirici e buonismi consolatori.

Tutto il resto è sinceramente robetta. Ma il tema di fondo è sempre quello. 2001 vorrebbe essere un film che, mascherandosi da fantascienza, ha avuto l’assurda presunzione di riprodurre Nietzsche sul grande schermo. Come per dirci, sai che roba, che il super-uomo altri non è che un feto galleggiante, uno Starman carpenteriano.

E, fra l’altro, Dark Star… mi pare decisamente superiore. Sì, è venuto dopo. E tu invece non sei venuto neanche una volta.

Barry Lindon? Leggetevi un libro di Paolo Crepet sulla mediocre, malsana educazione genitoriale e capirete che Paolo guadagna soldi a iosa, campando sui significati reconditi e psicanalitici di questo film propedeutico e pedagogico. Mentre Kubrick, avendo paura di non essere un buon padre, anziché rivolgersi a qualche pediatra, ha esorcizzato nella sua pellicola ogni sua colpa genitoriale. Dilatando poi quest’esorcizzazione spaventosa, quasi da Rosemary’s Baby, nell’immedesimarsi in Jack di Shining.

Sì, Kubrick era pieno di paure. E la sera, prima di andare a letto, davanti allo specchio si domandava:

– E se domani impazzissi e sterminassi la mia famiglia? Ah, è uscito questo libro di Stephen King. Ora me lo accatto.

 

Quindi, dopo averlo letto, pensava:

– Adesso ci cavo un film. Ma sì. Questo fa al caso mio.

 

E quell’altro? Full Metal Jacket? Sempre la solita solfa. Gli uomini sono bastardi, è tutta una guerra e un gioco al massacro.

Sì. E quindi? Ha scoperto l’acqua calda.

Per non parlare di quell’altro film “psicologico” per coppie in crisi, Eyes Wide Shut.

Sicuramente meglio Mariti e mogli di Woody Allen. Almeno Allen allenta la tensione drammatica con qualche battuta. Sdrammatizza le cause di divorzio. Mette pepe alle corna.

 

Quindi, non voglio più sentire puttanate.

Sono vent’anni che è morto Stanley?

Ottimo, direi. Se non nasceva era tanto di guadagnato. Ci ha solo ammorbato!

Ah ah.

 

Sì, voi non dovete credere sempre a tutte le stronzate che dico.

Le mie sono freddure eastwoodiane.

Come questa:

La casa di Jack del von Trier è in realtà il remake di Shining. Un rifacimento sui generis ancora più egomaniaco, autocentrato, solipsista e narcisista del Kubrick del cazzo e dei suoi tiramenti di culo.

 

Voi mi prenderete anche per pazzo e scemo. E a me non sbatte una minchia.

Perché come dice Clint:

le opinioni sono come le palle: ognuno ha le sue.

Quindi, pigliatevi le vostre bagasce e fuori dai coglioni.

E poi scusate. Vogliamo mettere la faccia da bambagione di Stanley col Clint? Suvvia, mi pare ovvio che non ci siano paragoni.

Sarebbe come dire che Woody Allen è più figo di Alain Delon poiché è più intellettuale di Alain.

E la sua testa è migliore di quella del francesone. La testa…

Al che Massimo Troisi risponderebbe così: sì, certamente…

Molte donne purtroppo sono convinte di questa scemenza.

– Il mio uomo ideale è Woody Allen. Geniale, spiritoso, autoironico, iper-creativo, stimolante.

 

E Clint risponderebbe al solito tagliente…

– Sullo stimolante avrei dei dubbi, comunque.

 

di Stefano Falotico

 

Chi è felice in questa società è un pazzo, un idiota o un incosciente-menefreghista: campagna informativa non campagnola, spingere al massimo


20 Feb
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Per quanto tempo dovremo e anche dovremmo andare avanti con questo muro di gomma d’ipocrisie stagnanti che creano conflitti psicologici devastanti?

Per quanto tempo ancora dovremo leggere quei post figli della faciloneria a buon mercato, gli sfoghi isterici d’idiot savant e questa massa di trogloditi che si fa imbonire dalla retorica più trita e ritrita, vomita sul prossimo le solite, pedanti, pedisseque imbecillità standard, nel perseverare alienante di questa società omologante ogni coscienza vivamente pensante?

Sì, siamo stanchi di quegli slogan che oramai campeggiano su Facebook, ad esempio, del tipo… vuoi fottere il sistema? STUDIA!

Innanzitutto, già il termine fottere è orribile. Da abrogare. Quando sento dire… mi son fottuto quella lì, quella, appunto, me la voglio fottere, fottiti, qualcuno t’incula, nessuno ti caga, mi sembra di essere regredito ai tempi del film Hard To Be a God.

Sì, il Medioevo non era quello da voi favoleggiato, mistificato, idealizzato di quelle stronzate fantasy che voi bambine fra le nuvole scrivete di tanto cuore tenerissimo, creandovi appunto la fantasia principesca effimera che vi possa distrarre per un po’, giusto un battito di ciglia e il rompersi delle vostre unghiette smaltate, da un’esistenza invero degradata e tribolata, disgraziata, di patimenti e giugulari urlanti, di continue lotte genitoriali, di psicotiche lagne depressive annali e ombelicali, oltre che deprimenti, figlie del vostro ambiente tanto a parole saccente quanto invero nel reale quotidiano soltanto qualcosa di straordinario. Ma non in senso eccelso o eccezionale del termine, bensì squallidamente declassato. Da piccolo-borghesi che tanto nei loro scritti idolatrano e sognano una vita da reginette alate e invece affondano sempre più nella melma inconsolabile d’angosce miserabili. Talvolta memorabili!

Per voi non c’è speranza. Ma quale sapienza?! Io ne ho una? No, non tanto. Io son già morto da quando nacqui. Ed è stato soltanto un respirare con asma e mangiare flebilmente, sì, con tanto di flebo, agganciato al letto di un’eutanasia che, con enorme forza interiore, non voglio che Al Pacino/Kevorkian mi pratichi.

No, nonostante tutto, in questo mio Mare dentro, non m’arrendo. E questa sofferenza abissale è alla sua maniera anche qualcosa di tristemente stupendo. Oltre che un po’ stupido, ah ah. Perché, leopardianamente, il naufragar m’è dolce in questo mare ma è anche dolorosissimo sapere che quella donna da me molto ambita, con quell’abito leopardato, non sarà mai la mia pantera “lo(r)data”. E la sua cosa nera lei darà a quel trombone pieno di soldi col fisico a pera.

Parliamo di uno spasimo da romantico spasimante e anche, diciamocelo, amici, d’uno spumante del suo amante a lei (f)rizzante ma a me molto dolente.

E in questa dolenza, anzi, in tal indolenza io getto le lenze ma son io al solito ad abboccare come un pesce.

Le donne, sì, giocano con me ma alla fin fine, stringi stringi, come si suol dire, non il mio stringono, sono uomini lerci invero che le “tingono” e i loro uccelli non restringono.

Eppur, sebbene abbia scritto la saga de Il cavaliere, con tanto di Clint Eastwood in copertina in quello di Madrid, e io stesso duelli giornalmente con le mie nevrosi e le mie preoccupazioni spesso insopprimibili, so che son soltanto storie. Fini a sé stesse. Ma storie, appunto, eastwoodiane. Di uomini coraggiosi, coscienti che il mondo è ingiusto, val la pena forse combattere per i propri ideali e non abiurare nei confronti del porcile collettivo, ma altrettanto consapevoli che forse è stata soltanto una guerra contro i mulini a vento. Una splendida utopia.

Volete sapere qual è la scena cinematografica più bella dell’anno?

Ovviamente, avevate dei dubbi, conoscendomi… quella in cui il grande Clint, il più grande, vede dal suo pickup gli elicotteri sorvolargli la testa di cazzo, capisce che il suo viaggio è terminato e non gli resta altro che farsi arrestare.

E allora si volta verso noi spettatori, quasi in stile Larry David del Basta che funzioni alleniano, col volto tumefatto e sporco di sangue.

E ammicca come a dirci… stavolta son fottuto davvero. Appunto.

Colpo di genio assoluto!

Sì, non è vero che per fottere il sistema bisogna studiare bene e meglio degli altri. È una grande balla. Puoi avere tre lauree, una in Lettere, una in Scienze delle comunicazioni e una al DAMS ma non ti prendono neppure alla rivista di “cinema” della parrocchia San Martino vicino casa mia.

Se, diciamo, non conosci le persone giuste e non hai la cosiddetta spinta. E soprattutto se non lecchi e corrompi.

Quindi, finiamola con le puttanate.

Questa è la realtà. Non un luogo comune. La realtà è un luogo ipocrita ove i furbi si prostituiscono imborghesiti alla viscidità di questo sistema di falsità e poi ricattano quelli da lor considerati deboli (fragilità…) col “dono” della presunta superiorità.

Sapete, se finisci nella merda, che vi diranno?

Certo, lo sapete meglio di me. Perché noi di merda ne abbiamo vista e ingoiata. Bocconi amarissimi.

Sì, ti diranno che non sei uno della Bocconi ma solo un bel bocconcino per una misera scopata e via. E poi, dopo l’uccello da loro spolpato, torneranno dal marito sistemato.

E vi grideranno… che vuoi? Cos’è questo tuo lamento? Ti ho goduto, lo sai, ho emesso anche dei sonori lamenti. Ci hanno sentito pure i vicini sordi di novant’anni.

Ora, levati però dai coglioni, rimboccati le maniche ché io le coperte, nonostante tu m’abbia scoperto, in ogni sen(s)o lato, B e non, non te le rimbocco.

Cosa vuoi essere imboccato, brocco? Se ancora mi disturberai, chiedendomi la mano, sì, ti scaglierò in testa una brocca.

Datti una mossa. E fottitene.

 

– Mike, nell’ultimo incontro, credo d’aver spinto un po’ troppo. Quel tipo che dovrei affrontare adesso, Bull Harley, non perde da cinque anni. È un campione vero.

E io non lo so se… è forte, Mike, è molto forte.

 

Mi posso confidare con voi?

Non sono un fanatico del sesso. Prima ho scritto che… ma così ridete, non c’è niente da ridere, purtroppo.

E, in questo tipo di società, credo che mi spezzeranno il braccio. Anche se l’hanno già fatto.

E questo è quanto. Il resto è una grande balla.

Sì, lo è.

Se siete giù e vi diranno di curarvi, di rivolgervi a qualche specialista dell’anima, non date loro retta.

Vi distruggeranno. Vi bombarderanno di farmaci, vi sederanno, vi spaccheranno le gambe. Vi amputeranno nel morale. E crollerete.

E poi vi diranno che la vita è bella e non è successo niente.

– Sì, in fondo non è stata una tragedia. Si va avanti.

 

Infatti, è stato peggio.

 

– Be’, Stefano. Cos’è quest’uscita? Sei ancora giovane.

– No, non più.

 

Sono duro?

Durissimo, intransigente, rigido, fascista.

Come lo siete stati voi.

Scena capolavoro di The Mule. Che coraggio poi in tribunale.

La sua avvocatessa vuole commutargli la pena per una sorta d’infermità mentale perché Earl avrebbe agito così in quanto “malato” e vecchio. Demente…

E Clint: – No, sono colpevole.

 

E se ha agito così è perché non aveva alternative.

Quindi, non voglio più sentire idiozie.

Colpevole lui.

Colpevoli tutti.

Fine.

 

La seduta è tolta.

Andate a farvi fottere.

di Stefano Falotico

George Lonegan/Matt Damon di Hereafter, riflessione spirituale, filosofica, psichiatrica, anche pubica


19 Feb

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Uhm, devo metabolizzare questo film. L’ho visto l’altra sera per la prima volta in vita mia. L’ho anche recensito ma non sono convinto che la mia recensione, a sangue freddo, combaci adesso sempre più con l’idea che ho maturato in merito al valore del film stesso.

Sicuramente non è indigesto.

Devo esservi sincero. Dopo averlo visto, non mi aveva lasciato buone sensazioni o, perlomeno, mi aveva appagato soltanto in parte. Scontentandomi decisamente per l’andamento troppo indubbiamente lento della prima parte, per alcune prolissità a mio avviso superflue, per il finale persino, oserei dire, un po’ imbarazzante, e per due degli attori protagonisti, ovvero Cécile de France e il piccolo Marcus interpretato cioè da Frankie McLaren. A proposito, l’altro fratello gemello, Jason, è davvero il gemello di Frankie nella vita reale? Suppongo di sì.

Anche se non trovo informazioni esaustive a riguardo che possano confermare la mia ovvia, elementare intuizione. Comunque, certamente, è il fratello. Non si scappa. Anzi, scappa da dei bulli e crepa, messo sotto da una macchina.

Ecco, partiamo dalla de France. Interpreta una giornalista francese ma Cécile, invero, non è francese di nascita. È belga. Poi, dall’età di diciassette anni, ha sempre vissuto nella Nazione della Torre Eiffel e infatti le sue lunghissime, morbide, magnifiche gambe (e l’incipit di Hereafter mi ha scombussolato non poco quando, mezza ignuda, soltanto in mutandine si alza dal letto, provocandomi un uragano Tsunami di proporzioni bibliche…), ecco, non perdiamoci in schizzi travolgenti, dicevo… sì, è una donna bellissima, non si fosse capito che ha sortito e sortirà in me un effetto cataclismatico, ah ah, una passera molto elegante, di alta classe.

Ma, secondo me, non era adatta per la parte. Eastwood l’ha presa solo perché parla appunto in francese?

No, non ci sta. Ripeto, assai fotogenica, anche troppo. Questo è il problema. Per il ruolo della sconvolta telegiornalista Marie, occorreva un’attrice forse meno appariscente ma di maggiore presenza attoriale.

Sì, semmai una bruttina stagionata. Non una gnocca esagerata. Ah ah.

Mamie Gummer, la figlia di Meryl Streep. Ha una faccia da manicomio. The Ward di Carpenter docet. Ma sa recitare ed è inquietante.

D’altronde, se sei figlia di Meryl Streep qualcosa avrai imparato, no? Anche in fatto di bruttezza, eh.

Oh, diciamocela. Meryl è grandissima ma è sempre stata un cesso. L’ho detta, cazzo!

E poi chi è quel bambagione che hanno scelto compagno di CECILIA? Si sveglia come un coglione, guarda fuori dalla finestra dell’albergo a 5 stelle, al che vede il mare aprirsi come ne I dieci comandamenti e non fa una piega. Rimane impassibile, restando immobile come uno stoccafisso, in contemplazione quasi adorante, come se avesse visto Mosè.

Peraltro, questa scena Eastwood me la deve giustificare. Possibile che un uragano di tale portata, guarda un po’ la fatalità, distrugga un’intera città costiera e invece non sfiora nemmeno questo bellimbusto?

Che rimane a torso nudo come in una pubblicità dei biscotti con tanto di boxer al motto… il mattino ha il Nesquik in bocca?

In realtà, non è colpa sua. In effetti, come detto, la notte prima aveva ingroppato Cécile e ci doveva mettere un po’ per ritornare a uno stato lucido di normalità. Ah ah.

Quello che invece non torna più “normale” è Matt Damon. Una sorta di Chris Walken de La zona morta, in versione più speranzosa.

Walken si sveglia dal coma, va dalla sua bella e scopre che è stata fottuta da un altro. Al che capisce che Martin Sheen scatenerà una guerra atomica ben peggiore di un’Apocalypse Now misto a Il cacciatore.

Aiuta la polizia locale per catturare un omicida bastardo ma poi tutti lo screditano e trattano da fenomeno da baraccone. Allora, compreso che non solo ha perso degli anni fondamentali di vita ma anche la sua donna, la sua cattedra scolastica e pure il saluto dei vicini, ma sì, andata per andata almeno incula il figlio di puttana, il Presidente della minchia, la testa di cazzo per antonomasia.

Damon, invece, oltre a beccarsi la super-sfiga di essere stato operato maluccio al cervello, si cucca una diagnosi sbagliata da dei malati di mente, degli psichiatri ciarlatani, schizofrenici e deliranti. I quali pensano che in verità non possegga nessun dono e lo stigmatizzano.

Mah, povero matto? No, povero Matt. In Italia, pensate, abbiamo il Divino Otelma. Uno psicotico allucinante e la gente l’ha reso pure ricco. Adesso capisco molte cose di questo Paese di ritardati.

Sì, continuate a farvi imbonire da questi domatori del circo. Il sottoscritto non lo imbonirete mai.

E se vorrete farmi credere che non sono un illuminato ma un puttaniere che racconta balle, ecco cosa vi aspetta.

Ve la siete andata a cercare. Sì, l’altra sera, e qui, sì, sparo una bischerata sconvolgente, una donna alla Bryce Dallas Howard ha chiesto d’incontrarmi.

Sì, l’ho incontrata. Al che ha cominciato a volermi istupidire. Mi ha detto che andrei educato maggiormente alla dolcezza. E io, ben lieto di essere allietato dal suo alito dolcificante la lingua sciogliente nel suo palato spappolante, le ho fatto assaggiare una noce moscata… fragrante, ah ah.

Lei ha gustato e sgranocchiato, se l’è snocciolato tutto, insomma. Masticando con appetito. Sì, sì, sì.

– Molto saporito ma ancora un po’ salato. Hai mai pensato che Antonino Cannavacciuolo potrebbe aiutarti a renderlo più squisito e succulento? Mettendo pepe a quel che è già un buon pene ma, sai, si potrebbe aggiungere qualche spezia speciale per far sì che possa sciogliersi in maniera più stuzzicante.

Una bella spruzzatina e via.

– Guarda che ha/o spruzzato ottimamente.

– Sì, sì. Ma è uscito dal forno stracotto.

 

Insomma, dove l’ho pescata questa qui? Al banco delle scadute? Non è donna di bon ton, sì, come tatto non la metto in discussione, sì, d’una sensibilità unica, oserei dire deliziosa. Soffice e cremosa.

Ma comunque è stata sgarbata e di cattivo gusto. Una mezza zoccoletta, diciamocelo.

Che cazzo voleva di più? Ah ah.

Ce la possiamo dire, signor Matt Damon? Meglio che tu questa qui l’abbia persa. Ti avrebbe portato al cinema a vedere Vincenzo Salemme e, nei momenti di sua forte depressione, ti avrebbe costretto a imparare a memoria tutte le canzoni di Elisa.

– Dai, canta con me. Mi sento giù, stasera.

– Va be’. Elisa ci può anche stare. Basta che non mi obblighi a cantare Laura Pausini e Francesca Michielin.

– Perché no? Sono bravissime.

– Certamente. A far la pasta sfoglia. Che poi manco quella fanno. Quelle, con le loro canzoni per deficienti croniche, rendono le adolescenti dei mattarelli. No, volevo dire delle matterelle.

– Sei proprio uno stronzo.

– Abbastanza. Infatti, sono sempre più solo.

 

E sapete perché? Perché non amo le mezze seghe.

Una sega bisogna spararsela intera. Senza misure che tengano.

Ora, una bella doccia fredda, a voi, ovviamente, e vi lascio al vostro mondo ipocrita da American Beauty.

Ah ah.

Sono sempre più grande.

Lo so.

Chi vuole l’autografo?

Matt Damon?

– Grazie, signor Falotico, mi firmerebbe il suo libro Il cadavere di Dracula?

– Certo, con molto piacere.

– Lei, quindi, per aver scritto questo libro avrà fatto molte ricerche sui vampiri.

– Sì, qualcosa sì. Ma mi sa che farò la fine di questo qui.

– Cosa? Lei si ricorda di questa gag di Aldo, Giovanni e Giacomo?

– Sì, io mi ricordo tutto. Siete voi che avete la memoria breve. E anche qualcos’altro.

 

E soprattutto: io la vedo molto bene, voi la vedete in maniera distorta, infatti neppure una racchia da competizione ve la dà.
Insomma, non la vedete proprio.

E nemmeno io vi vedo.

 

A proposito di Cronenberg, anche questo non scherza.

di Stefano Falotico

Blood Work di Eastwood è un capolavoro, The Night Of è superiore a True Detective, Fino a prova contraria, super video


16 Feb

Blood Work

Iniziamo così, poi arriviamo a Clint.

Ribadisco e non me ne frega un cazzo.

Bohemian Rhapsody è un bel film, anzi, un gran bel film.

Io ne sottolineato i difetti. Che sono tanti, madornali. Ma mi spiace contestare la bischerata che ha detto Frusciante. Definendo questa pellicola una ciofeca imbarazzante con un Malek ridicolo e macchiettistico.

No, il caro Fede ha pigliato, come si suol dire, una cantonata tremenda. La sceneggiatura è, sì, in effetti, molto puerile. Sino a un certo punto, però. Ci sono molte scene sentite, vere e commoventi. E Malek mi ha indotto a trattenere le lacrime più di una volta durante la visione. È stato magnifico. Vulnerabile, fragilissimo quanto invincibile.

Grandioso, larger than life come quando, prima di morire, prende finalmente consapevolezza che la sua linea del tempo è giunta pressoché alla fine. E allora regala a tutti un concerto straordinario.

Perché Freddie Mercury non è nato per avere una vita “normale”. È nato per soffrire come un animale, per combattere ora dopo ora la sua diversità, lottando perennemente contro un mondo ostinato e testardo che avrebbe preferito che lui si adattasse ai dettami burocratici e impiegatizi di una vita “tranquilla”. Senza troppe inquietudini, soprattutto dell’anima/o.

E allora tutta la gente come lui, disperata e sconfitta si riunisce a Wembley e si esalta dinanzi a quest’uomo che, contro tutto e tutti, soprattutto sempre in conflitto con sé stesso, con le proprie contraddizioni, prende su il microfono, nonostante la sua malattia sia già in stato piuttosto avanzato, e ricorda a tutti cos’è la vita.

La storia è stata scritta, peraltro, da Peter Morgan. Che non è il primo scemo del villaggio.

E sul mio profilo Instagram ho inserito due scene tratte da Bohemian Rhapsody che mi hanno molto emozionato. Quella in cui Freddie, dopo la festona, capisce che è un uomo terribilmente solo. E non saranno i soldi e il sesso a consolarlo. E allora bacia Jim Hutton in bocca. Jim Hutton ricambia passionalmente ma poi gli dice che sarà davvero il suo amante soltanto quando Freddie Mercury, cioè LUI, avrà capito chi è e soprattutto quando Freddie amerà sé stesso. E non farà le cose per compiacere soltanto gli altri di cui forse di lui non importa molto. Trovando la forza delle sue scelte.

Alla gente interessa la maschera, il divo, la star. Ma non sa…

E la scena quando Freddie si trova nel suo appartamento di lusso, già perduto nella sua solitudine immensa. Come un Nosferatu di Herzog. E Roger Taylor/Ben Hardy va a fargli visita.

E rifiuta di cenare con lui perché ora il nostro Roger non ha più tempo da “perdere”. Ha famiglia e figli.

E Freddie accetta suo malgrado ancora di stare solo e non potersi confidare.

Peter Morgan…

Ha sceneggiato Hereafter di Clint Eastwood. E ho detto tutto.

Si è scatenata una simpatica discussione su Eastwood in zona Facebook.

Al che, all’improvviso qualcuno, sprezzante, entrando a gamba tesa, ha azzardato di offese pesanti contro il sottoscritto, del tutto gratuite e decisamente forti.

Io ho detto che chi non ama Blood Work necessita di operazioni al cuore. E lui, con villania inusitata, mi ha risposto:

– E tu necessiti di operazioni al cervello.

 

 

steele

 

Proseguendo nel vile affronto in maniera esponenzialmente invereconda. A far da paciere a tale duello infernale, ecco che sono intervenuti perfino dei luminari.

Io ho lasciato stare, preferendo glissare, in quanto la mia signorilità eastwoodiana non può scomporsi per quattro pomodori in faccia. Non siamo a Carnevale ma, da dietro un pc, diamo lo screanzato diritto a chiunque d’insultare in modo inusitato senza che costui voglia aprirsi a un confronto educato ma soprattutto reale.

Di mio, sì, sono surreale ma soprattutto irreale. Quello a cui state assistendo della mia persona ha del sovrannaturale, emana una forza sovrumana. Io sono Dio. Se non lo sapete è perché il diavolo vi ha fottuto. Ah ah.

Sì, come è stato possibile un equivoco “giudiziario” di queste proporzioni immani?

Ma è successo, purtroppo.

Io perdono ma non mi fate arrabbiare. Perché Clint sa, anche John Turturro aveva capito tutto dapprincipio.

Altro che le filosofie esistenziali di Rust. The Night Of è un capolavoro abissale. Se amate le “figate” di Pizzolatto, sì, son buone, anzi ottime. Anche la carne alla pizzaiola lo è. Soprattutto se servita da Nic, ma non Pizzolatto, Cage di Stregata dalla luna.

Ma son anche talvolta panzane sofisticate per pessimismi da quattro soldi, utili a teenager mal cresciuti con lo spirito nichilista fra vigliacche mura.

Mi stupisco davvero nel pensare a come possiate considerare The Night Of inferiore a True Detective prima stagione.

True Detective è un eccelso trip ma qui parliamo di una serie nerissima, spettrale, che ha scardinato il sistema giuridico americano dalle fondamenta, ha sbudellato lo schifo di una società marcia.

Che assolve e fa mea culpa oramai quando è davvero, davvero troppo tardi. Benvenuti, come diceva Plissken, nel mondo della razza umana.

La realtà è orrida, mostruosa, terrificante. Ed è sempre buio anche quando ci sono bagliori di splendida luce.

Ognuno sta solo sul cuor della terra,

trafitto da un raggio di sole

ed è subito sera.

Lo scrisse Quasimodo e io non sono quello gobbo di Notre-Dame. Non lo sono mai stato. Che questo vi piaccia o meno, questa è la verità. Guardiamoci in faccia. Ed è magnificamente grandiosa nella sua tremenda, sconcertante infinità.

Il genio! Quanto avrei realmente amato essere colui che volevate immaginare che fossi.  Quanto vorrei essere amaro, invece so stare agli scherzi.

Perché giammai avrei sofferto nel vivere in un mondo d’idioti, di superficiali, di frasi fratte e luoghi comuni. Fortunatamente, (vi) sono nato. E, nel quotidiano patire, ripartire e anche talvolta poltrire, rinasco sempre con più stile.

Dunque figlioli, se pensate che la vita sia solo rose e fiori, siete davvero fuori.

Se pensate che io non crollo mai, è proprio così. Perché sono più forte?

No, perché la realtà l’ho sempre conosciuta. Ed è bellissima oggi, domani tristissima, oggi una gioia e domani un dolore atroce.

Se rifiutate ciò, c’è sempre la casa di Big Jim. La trovate dal cartolaio sotto casa mia. Assieme ai pastelli, ai righelli, ai goniometri, alla carta bianca, immacolata contro la penna stilografica noir.

Amo immensamente le sfumature.

Grigio notte, plumbee, malinconiche, tetramente stupende.

E vago di notte con le scarpe tutte rotte, poi domani è un altro giorno e vi saranno nuove rotture di coglioni. E non ci piove. Invece piove. Soprattutto sulle vostre teste. Io ho oramai ombrelli collaudati, a prova di merde di piccioni e piccini.

Scusate, ora una barretta di cioccolato mi aspetta. La gusterò. Sì, sì, sì.

Sì, Debito di sangue è un capolavoro. Ma non perché si tratta di una storia di vendetta cazzuta. Ove Clint scopre che colui che considerava il suo miglior amico è invece colui che lo ammira così tanto da volerlo, paradossalmente, rovinare.

No, il film non è questo. Il film è un film sul TEMPO. Sul cuore che batte, sulla linea d’ombra.

 

di Stefano Falotico

 

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