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Ecco perché Clint Eastwood è mille volte superiore a Quentin Tarantino. Ecco perché C’era una truffa a Hollywood forse è un film bruttissimo ma certamente più coraggioso di Once Upon a Time… in Hollywood


05 Feb

clint eastwoodOk, cari gringo, chiariamoci assai bene. Tarantino realizzò tre capolavori, cioè i suoi primi tre film. Le altre sue pellicole sono belle ma, al finale di Kill Bill vol. 1, preferirò sempre quello di Per qualche dollaro in più. Che è di Sergio Leone e non di Eastwood.

Comunque, il finale de Gli spietati è superiore a quello di C’era una volta il West.

Secondo voi, Django Unchained è un grande film? Forse, non lo so. Di certo, Franco Nero è più figo di Jamie Foxx, un nerone. E non sono, capite, miei capitalisti che vorreste decapitarmi, un uomo razzista o schiavista. Pensate, sono amante di Amistad, sognai per anni delle amanti come Naomi Campbell e riuscii ad amare De Niro alla follia, protagonista di C’era una volta in America ed ex della Venere Nera, sì, la venerò ma nessuna malattia venerea pigliò, amando al contempo altre negre come Charmaine Sinclair e Grace Hightower. Io amo anche Black Dahlia di Brian De Palma, regista de Gli intoccabili, un immenso western… metropolitano.

Quindi, sono intoccabile. Capito, donne? Toccatemi e non vi denuncerò. Vi amerò.

A dire il vero, quando fui adolescente, volli amare anche la Venere Bianca, all’ana… e, sì, all’anagrafe Manuela Falorni. Pare, fra l’altro, che De Niro amò Moana Pozzi mentre David Bowie, presente anche ne Il mio West, fu sposato con Iman. Sì, il Duca Bianco fu amatore di Iman, donna che amò il suo superuomo da He-Man, forse bravo a solleticarle l’imene.

A proposito, chi sarebbe China Girl? Una delle amanti bisex di David, cioè Mick Jagger?

Ora, secondo il signor Pellegrini di The Fan, Mick Jagger è gay. Eufemismo di frocio, chiaro, finocchi? Io non sono Pinocchio né omofobo e quindi riesco ad amare sia i Beatles che i Rolling Stones. Ai Led Zeppelin, ho sempre preferito la zeppa sullo zoccolo di Jennifer Lopez, sì, ho detto zoccolo…  Alla zuppa inglese, invece, preferisco la maionese. E alla maionese lo zabaione.

Al mascarpone, preferisco i mie scarponi. Non indosso gli stivaloni da cowboy ma adoro il cowgirl. Allo stivalone italiano, preferisco i tacchi a spillo.

Ecco, a mio avviso, chi considera The Hateful Eight un capolavoro è meglio che riguardi The Killing di Stanley Kubrick. E, per l’appunto, Le iene – Cani da rapina di Tarantino. Chi ama Ennio Morricone, si riascolti le sue colonne sonore per Leone e lasci stare la sua soundtrack per il film succitato di Quentin.

È la stessa cosa de La cosa con tre semi-riff in più da Keith Richards attuale. Cioè un rincoglionito come Johnny Depp de La maledizione della prima luna. Ma quali Pirati dei Caraibi, meglio The Curse of Monkey Island.

Sì, Morricone fu un genio come Mozart, lo affermò e sottoscrisse Tarantino. Ma, negli ultimi suoi anni di vita, realizzò soltanto cover più brutte delle sue colonne sonore per Giuseppe Tornatore.

Tim Roth lavorò sia con Tornatore che con Tarantino. De Niro lavorò sia con Leone che con Tarantino.

Sì, è tutto un balletto la vita, insomma una tarantella.

Vi ricordate The Blues Brothers?

– La signora Tarantella?

– No, Tarantino.

 

Kurt Russell lavorò con De Niro in Fuoco assassino, con Tarantino molte volte e con John Carpenter girò tanta roba. Roba che Tarantino riciclò in modo grossolano, cazzeggiando a tutto spiano. Secondo me, Mystic River non è un capolavoro. In quanto troppo retorico e cucinato per gli Oscar. Gran Torino e The Mule, invece, sono davvero dei capolavori. Su Facebook, qualcuno scrisse che Il cacciatore è il capolavoro di Michael Cimino. A parte Il siciliano e forse Ore disperate, tutti i film di Cimino sono dei masterpieces.

Il primo film di Cimino ebbe come attore Clint Eastwood. Il quale si fidò ciecamente di Michael. Michael, chi? De Niro di The Deer Hunter?

Insomma, Eastwood, signore come Sondra Locke e Frances Fisher, cari signori come Walt Kowalski.

Io amo anche Walt Disney, peraltro. Non solo Tom Hanks di Saving Private Ryan e di Saving Mr. Banks.

Sì, è pieno di farabutti in giro. Hanno assalito la banca di Santa Cruz o le banks, per l’appunto? Non datevi al branco ma al banco…

Tu ami Sully?

Bravo, io amo gli spaghetti alle vongole e anche quelli con Giuliano Gemma.

Comunque, ad Anche gli angeli mangiano fagioli, preferisco Un dollaro bucato e la figlia del compianto Giuliano, Vera, è vero che è rifatta ma me la farei.

Con tanto di “remake”.

Se non vi sta bene, porci, sfregiatemi come la puttana di Unforgiven.

D’altronde, sono come Richard Harris, Un uomo chiamato cavallo. Adoro anche l’attrice Valeria Cavalli. Specialmente, quando le gambe accavalla e le vorrei montare in sella. In sala? Dopo averle offerto da bere del whisky, nel saloon o forse solo nel salotto, lei berrà la mia birra…

Sì, molti uomini si montano la testa. Secondo me dovrebbero montarsi la propria donna.

In città, troppi sceriffi dettano legge.

Sono dei panzoni come Gene Hackman.

Eastwood è un genio, Tarantino mi fa un baffo.

Le sue sceneggiature non valgono un cazzo. Infatti, Uma Thurman lo mandò a farsi fottere.

 

 

di Stefano Falotico

 

Behind the Scenes di una Hollywood ambigua da Woody Allen o invece “pura” da David O. Russell? No, i retroscena della gente “normale”, peggiore degli animali strani e notturni di Taxi Driver


24 Jan

woodyallen

 

 

Ebbene, molti anni fa, nella landa desolata delle mie immani depressioni abissali, in verità vi dico che non fui colto da alcuna follia o da psichico disagio, bensì, in maniera imponderabile e allucinante, profetizzai me stesso, oramai trasfusomi totalmente, anche a livello fisionomico, sprofondando in De Niro di Taxi Driver e assumendone le sembianze. Oramai inequivocabili. Mi pare alquanto evidente che tale messianico, “schizofrenico” De Niro sia io, malgrado lui viva in una lussuosa villa e io in una mezza catapecchia. Però, posseggo uno specchio migliore di Travis Bickle e, ogni mattina, quando (mi) rifletto e mi domando, fra me e me, You Talkin’ to Me?, mi risponde Rupert Pupkin di Re per una notte con una vaga rassomiglianza ad Arthur Fleck di Joker.

Succede, poi spengo lo specchio e riguardo La rosa purpurea del Cairo.

Sì, dopo Taxi Driver, vidi tutti i film con De Niro e divenni la sua versione CGI, in carne e ossa, non utilizzata in The Irishman ove, come sappiamo, si optò per un ringiovanimento di Bob a livello puramente digitale, dunque virtuale.

Bastava chiamare me e avrei recitato meglio di Marlon Brando e De Niro nei primi due padrini, ah ah.

Ora, a parte gli scherzi e i processi d’identificazione, chiamateli anche di alienazione, debbo ammettere che sono un alieno, no, un alleniano. Anche se mi sto orgasmizzando, per dirla alla Bob del capolavoro per antonomasia di Scorsese, no, semplicemente mi sto allenando per non fare la brutta fine di To Rome with Love.

Non l’ho visto e non lo voglio vedere. Mi dicono che sia orrendo, il film più impresentabile di Woody Allen.

Ora, non so se imbarazzante come Woody quando confessò a Mia Farrow che lui fece all’amore con la figlia adottiva di Mia e André Previn dopo averla corteggiata mentre Soon-yi Previn stava guardando Amore e guerra alla tv, comprendendo che, già durante le riprese di questo film, quasi autobiografico, il suo attuale marito, Woody Allen per l’appunto, aveva ricevuto la richiesta di divorzio da parte di Diane Keaton.

Lo so che vi faccio ridere.

Molta gente mi fa piangere. Sostiene di essere intellettuale come Woody Allen e di adorare La dea dell’amore.

Sì, però non questo film con Mira Sorvino oscarizzata. Molta gente va matta, più che altro, per una nera raccattata sui viali che non reciterà mai in un film del maestro di Manhattan. Ve lo posso giurare. Sono uno storyteller come John Cusack di Mezzanotte nel giardino del bene e del male e sono anche Clint Eastwood di Fino a prova contraria.

Vi potrei, per esempio, dire che Buffalo Bill de Il silenzio degli innocenti avrebbe fatto carte false, no, praticato il voodoo a Savannah pur di diventare come Lady Chablis. Mentre Kevin Spacey, attualmente, omosessuale dichiarato e castrato dal sistema, pur di tornare a girare anche solo un film mediocre come The Life of David Gale, lo darebbe via per du’ lire come Jodie Foster di Taxi Driver. Jodie Foster è lesbica e, comunque, Harvey Keitel di Taxi Driver non fu nulla in confronto ad Harvey Weinstein. So che state ridendo, no, dai, continuate.

Secondo me, David O. Russell assomiglia all’ex pornoattore Peter North. Amy Adams sostiene che, sul set di American Hustle, David abusò di lei.

Io non le credo. D’altronde, è per colpa della sua suorina falsa se Philip Seymour Hoffman de Il dubbio fu scomunicato…

A mio avviso, infatti, Jude Law era più figo ai tempi del succitato film di Eastwood, rispetto a quello di The Young Pope. Anche se non sono Gabriel Garko e gli preferisco Marisa Tomei nell’incipit di Onora il padre e la madre.

Sì, devo confessare… i vostri peccati.

In una delle copertine di un mio romanzo noir erotico, la protagonista che risalta in cover, che potrete vedere ma che io non incontrai neppure, pur di guadagnare 50 Euro in più rispetto al suo normale caschetto, no, cachet, permise a un fotografo assai meno bravo di Michael Chapman e di Gordon Willis, di Sven Nykvist e di Vittorio Storaro, di farle l’intero servizio…

Direi che fu immortalata bene. Tant’è che ci prese gusto.

Voleva diventare una grande modella e una bravissima attrice ma finirà come Kate Winslet de La ruota delle meraviglie.

Sì, a tredici anni era pura come Mariel Hemingway mentre, a quindici anni, era già Melanie Griffith di Celebrity.

Fra vent’anni, sarà sovrappeso, con un marito giostraio e il sogno mai morto di passare una notte con Justin Timberlake.

E voi dunque vorreste dirmi che già a dodici anni, anziché ascoltare i Backstreet Boys, non dovevo essere fan di Jim Morrison?

Mi spiace avervi deluso.

Scusate, siete tardi, no, si è fatto tardi.

Fra poco sarà mezzanotte e voglio rimanere Owen Wilson di Midnight in Paris.

Se non vi sta bene e mi odiate perché sono ingenuo, sposatevi Rachel McAdams, spendete cinque milioni di dollari per dei gioielli a cui non frega un cazzo a nessuno/a, ma non invitatemi al matrimonio.

Non ho soldi da buttare in regali alle puttane.

Sì, lo so, per molti di voi la vita è brutta.

A sedici anni eravate degli idealisti, a diciotto eravate diplomati, a ventidue laureati. A trenta, invece, sistemati e ben pagati.

A trentacinque, già vecchi e prostituiti.

Guardate me, invece. Non sono pazzo come Buffalo Bill, non sono un cannibale come Hannibal Lecter, non sono Anthony Hopkins di Premonitions ma tutti pensano di fregarmi e invece io sono felicissimo se mi prendono per il culo.

In senso lato?

Quale lato?

Non lo so, di mio, so che lato per lato fa l’area del quadrato.

Se tu vuoi fare il culo all’avvocato, devi studiare legge e non matematica.

Su questa stronzata vi lascio… con un palmo di naso.

Sì, è vero. Ho sempre avuto una faccia da “demente” come quella di Allen. Che vi devo dire?

 

di Stefano Falotico

 

 

I migliori film sulle pandemie (il Covid-19 è ritornato come nei nostri incubi peggiori…), ieri fu la giornata mondiale “dedicata” ai disturbi mentali e i best movie sull’argomento


11 Oct

nielsen pazzo del mondo

francesco-bottonecontagion matt damonLe notizie mondiali sono sempre più allarmanti. E il Coronavirus si sta nuovamente diffondendo a macchia d’olio, seminando morti a non finire, ahinoi.

Ma non v’è nulla, invero, di cui preoccuparsi. Gli scienziati, i virologi e i cosiddetti esperti in materia lo predissero che, con l’inoltrarsi dell’autunno, il Covid-19 si sarebbe ripresentato con una nuova ondata di contagi(ati). Un’ondata meno potente della prima, certamente. Pur sempre, però, disagiante.

In queste cruciali ore, il governo Conte si sta riunendo per attuare delle nuove normative al fine di constatare, contrastare una malata situazione, anche italiana, sempre più angosciosamente mortificante…

Ho inserito i puntini di sospensione per creare la suspense… ah ah.

Pare che, prossimamente, saranno previste multe assai salate emesse a danno di chi, in barba alle disposizioni e limitazioni della libertà personale che, senz’ombra di dubbio, saranno virate e fortemente intraprese, non indosserà la mascherina non soltanto nei locali pubblici, bensì anche all’aperto.

Peraltro, i locali non potranno rimanere aperti, dunque frequentati dalla gente, oltre le 23.

Tamponare… il contagio si sta rivelando inutile. Darci la caramellina di un’altra estate limpidamente vitale, non evitò che ogni piacere condiviso fosse “evirato”. La moderazione non servì a impedire che il virus e la sua inevitabile, nuova diffusione, ancora si spandesse, si spargesse e sotto la pelle si propagasse. Di amuchina, cospargetevi. E voi, ipocriti, alla domenica mattina, intingete la manina nella vostra acquolina in bocca benedetta.

Una castrazione psicologica a base di altissima, assai grave, emotiva sedazione, ci aspetta. Come nella seconda legge della termodinamica (entropia!), rivista in forma negativa, le profezie all’apparenza più ridicolmente millenaristiche e pessimistiche si stanno trasformando in una nucleare “fusione”, potremmo dire, di notizie confuse e patetiche che vengono trasmesse dai mass media per tranquillizzarci con fake news distorsive la verità affinché l’umanità, scioccata e impaurita, possa sentirsi come i passeggeri de L’aereo più pazzo del mondo quando venne chiesto al comandante Leslie Nielsen se il velivolo con loro a/in carico stesse precipitando. Leslie fieramente affermò che la situazione fosse assolutamente sotto controllo mentre, all’unisono, allo scandire delle sue parole capziose, il suo naso, a mo’ di Pinocchio, gli crebbe.

Suscitando ilarità generale presso gli spettatori che, dinanzi a una genialata demenziale del genere, smisero di sudare freddo, liberandosi euforicamente, attraverso una risata eccezionale veramente, de/alle frustrazioni della loro grigia vita quotidiana non propriamente eccelsa. Assai divertendosi, le persone si distrassero estemporaneamente dalle loro precipitazioni, no, preoccupazioni di pagare le bollette. Se il film con Nielsen e il grande Guttenberg di Scuola di polizia fosse uscito oggi, la gente, dirimpetto a qualcosa di più fenomenale della battuta fra Martin Sheen e suo figlio Charlie in Hot Shots 2, si sarebbe ricordata di buttare via i cellulari alla maniera di Robin Williams di Hook – Capitan Uncino. Comprendendo, in quel momento di libertà goliardica assoluta, che la vita è sacra, appesa a un filo e non vale la pena dolersi se, su Instagram, la tua fidanzata abbia messo un Mi Piace sospetto a un uomo conciatosi come Dustin Hoffman di Tootsie o come lo stesso WIlliams in Mrs. Doubtfire. Fra stories nascoste, spie russe da Guerra Fredda, Salvatore Aranzulla che insegna ai pensionati come spegnere un iPhone e una pietosa, assai penosa condizione umana completamente incapace di amare M.A.S.H. di Robert Altman o di comprendere Animal House, a un certo punto arriva uno, il sottoscritto, che fa una battuta così:

nel mondo, almeno nei paesi sviluppati, ogni famiglia possiede due utilitarie e quattro Android. Rutger Hauer di Blade Runner, invece, fu un androide, non possedette nessun accessorio della Samsung e non ebbe neppure la patente B. Anche perché gli fu tolta dalla motorizzazione di Ritorno al futuro 2 e de Il quinto elemento. Ma fu un genio lo stesso.

Al contempo, una volta la gente moriva solitamente attorno ai sessant’anni per cause naturali dovute alla vecchiaia.

Oggi, a circa 80 anni, Harrison Ford interpreterà Indiana Jones 5 ma, anche se “usassimo” lo Stargate di Roland Emmerich, non riusciremmo ugualmente a ringiovanire James Spader e a renderlo meno ingessato, nella sua recitazione legnosa, dal sembrare un faraone egizio che reciti peggio di Tom Cruise ne La mummia.

La mia amica Vera Q. scrittrice satirica d’inappuntabile stile pungente, su Facebook scrisse ciò, ieri sera:

Oggi è la giornata mondiale dei disturbi mentali.

E ho letto parecchi post in proposito. Profondi, e scanzonati. Ed ho apprezzato le battute, del resto la vita stessa è un disturbo mentale, non ha alcun senso se non il banale rotolare nella fossa, unica cura, e dunque, ben venga scherzarci su.

E però mi piacerebbe per una volta essere seria sull’argomento, siccome, per troppi motivi, conosco il tema.

E non è per nulla affascinante. Perché il disturbo mentale comprende anche la gamma del ritardo e del disturbo neurodegenerativo, che no, non conquistano quanto le psicosi da Criminal Minds.

E diciamolo: Hannibal Lecter ci ha ammaliati tutti. E pensare che può bastare un’aggressione qualsiasi dell’encefalo, come accade in alcune malattie infettive gravi con febbre alta, per giocarsi la famigerata normalità, termine che piace assai. Ai cosiddetti normali.

Io ho conosciuto persone con disturbi regalati da malattie di infanzia, da ghiandole dai nomi assurdi, da abuso di sostanze tossiche e soprattutto da farmaci comuni, e poi dalla sfiga.

E già, la cara vecchia sfiga.

E infatti la psichiatria e la neurologia si sono salutate andando ognuna per la propria strada: mente e cervello non sono la stessa cosa.

Insomma, si sa poco quando si inneggia alla sfiga.

Ma la scienza concorda sul fatto che, per pronunciare la diagnosi di disturbo mentale, ci siano in gioco più fattori di origine biologica, psicologica e sociale.

E quindi, il suddetto squilibrio finisce nel calderone dei grandi boh.

Ed io, alla faccia dei professoroni, nel mio piccolo ho risolto: tolgo il disturbo sintonizzando il decoder.

 

Di mio, tolsi Sky perché costava e costa ancora troppo. Va costato, nei costati, no, constatato. Ma ho i bluray di Taxi Driver, di Joker e di tutti i film di Woody Allen ancora nel cellofan sigillati.

Non li apro perché potrei rovinarli. Nella mia casa, ci sono tremila libri. Non li rileggerò. Anche perché, così come sostiene il mitico Max Cady/Bobby De Niro di Cape Fear, li ho già letti.

Ci sono anche dei gialletti e non mi piace Marco Giallini. Giallo di Dario Argento è un film che fa paura… da quanto è brutto ma, nonostante Dracula 3DNon ho sonno e Il cartaio, Dario Argento rimane un genio. Be’, in Italia, una persona su tre ha letto un libro di Stephen King almeno una volta in vita sua. In Italia, però, se una persona scrive un libro più bello del miglior Stephen King, non ha amici e viene considerata pazza. Poiché è “sano” cantare con Tiziano Ferro e, alla domenica, essere “fighe” come Silvia Notargiacomo che, in radio, dice… nella lasagna ci vuole la besciamella, è la morte sua!

Con sommo dispiacere, mi spiace anche tristemente ammettere che Chris Walken e Bob De Niro non sono/siano né saranno più gli stessi.
Anche loro imborghesiti e vecchietti.

Chi ha orecchie per intendere, intenda. Voi, dietro le tendine, fate quello che volete/vogliate e deridete i pagliacci da tendoni da circo. Evviva La leggenda del re pescatore!

Cosicché, nel bel mezzo del cammino della mia vita, mi trovai/o dinanzi a un buio, no, a un bivio. Dovetti, devo, dovrò compiere solo una scelta possibile. Inevitabile.

Ebbi, ho due alternative. O essere Clint Eastwood del finale di Million Dollar Baby oppure quello di Gran Torino.
Di solito, sono scherzoso.war with grandpa de niro walken walken de niro war with grandpa

sandersStavolta, no.

 

di Stefano Falotico

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Se volete essermi amici, sappiate che tutte le prove di Robert Pattinson mi piacciono, da cui il detto Pattinson chiari, amicizia lunga


28 Aug

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Finalmente, è uscito Tenet.

E, a ragion veduta, lo stronco in quanto posso giudicarlo obiettivamente dopo averlo visto in sala?

No, non l’ho ancora visto e penso che lo guarderò in streaming fra un’Insomnia e sicuramente una racchia come Hilary Swank che mi tormenterà come Robin Williams del film suddetto, praticandomi stalking al fine di corteggiarmi? No, di risvegliare la mia migliore rabbia alla Pacino. M’indurrà a una recitazione dal sublime manierismo à la Quel pomeriggio di un giorno da cani.

Cerchiamo d’ironizzare un po’ sulle star ché, con l’avvento di Instagram, siamo passati dal divismo delle celebrità d’oltreoceano di Hollywood all’esaltazione narcisistica di sé stessi esposti a mo’ di macelleria da catalogo Postalmarket. Sì, siamo passati dalle vendite per corrispondenza dei propri corpi edonistici esibiti per un puttanesimo collettivo da Cinema maggiormente morboso di Paul Schrader, ah ah, alla verità dei falli, no, dei fatti. Basta. Un tempo, erano le donne a farsi cagare, eh sì, facendosi anche catalogare come merce, dandosi alla mercé del virile, più che altro pervertito sguardo da voyeur del maschio falso italiano che voleva essere bello come Richard Gere ma avrebbe poi perfino permesso a sua madre di prostituirsi con Woody Harrelson di The Walker, con James Deen di The Canyons o semplicemente del James Deen normale, pur di avere una vita da Hardcore, da uomo però agli antipodi rispetto a George C. Scott del film appena eccitato, no, citatovi, cioè da libertino in zona schiettamente pavoneggiante il suo sfrontato e svergognato Amerigan Gigolo senza fronzoli.

A proposito, che significa la mia frase… James Deen normale? Mi riferisco al James scritto as Dean, ovvero quello de La valle dell’Eden, Gioventù bruciata e Il gigante, oppure a colui che, con le pornoattrici, non solo americane, sempre ce l’aveva e ha duro e dritto?

Ci vuole chiarezza, dobbiamo ritornare a una primigenia nudità e lindissima purezza anche se abbiamo la nostra età e faremmo onestamente ridere i polli se ci vestissimo alla maniera anagraficamente regressiva di bebè da Prénatal. In verità vi dico che anche Ethan Hawke, nel finale di First Reformed, un film enormemente sopravvalutato, risultò più patetico di Richard Chamberlain di Uccelli di rovo.

La società di oggi è divenuta un carnaio ove le persone si scannano come maiali in lotte al massacro, soprattutto fi(si)co, spappolandosi i feti, le feci, no i fegati, da Carnage. Polanski fu esperto di jeu de massacre e sa ancora che tutta questa farsa, no, falsa, svenduta joie de vivre è più mostruosa dello stupro e dell’omicidio compiuto ai danni della sua ex moglie, Sharon Tate, nell’eccidio di Cielo Drive.

Sì, C’era una volta a… Hollywood è un brutto film. Non si può reinventare, in maniera dolcificante e a mo’ di consolatoria elegia nostalgica, una disgrazia irripetibile come quella vissuta, anzi, per fortuna non vista dal vivo eppur per sempre, sino alla morte, penetrata indelebilmente nel tormentato vissuto di un Roman eternamente distrutto.  Un uomo che ha dovuto compensare un abominio del genere, reinventando, lui sì, sé stesso e la storia della sua vita e della sua, purtroppo, irreversibilmente magnifica storia d’amore così vigliaccamente e schifosamente trucidata immoralmente. In modo immensamente repellente, mortale. Dunque è giusto fare i pagliacci quando nell’anima si viene ammazzati come (in) Joker. Poiché, essersi attenuti al rispetto del prossimo anche più bastardo, permise a quest’ultimo di prendersi gioco della buona fede di chi forse, un tempo, credette in dio ma, adirato a morte a causa d’idioti adoratori del demonio, cioè dei malati di mente peggiori di Frank Langella de La nona porta, è ora più cattivo di Charles Manson.

 

 

Hilary Swank…  Lei, un maschiaccio da Boys Don’t Cry che frequentò già uomini vecchi come Clint Eastwood di Million Dollar Baby, cioè gli unici che potessero minimamente incoraggiarla in quanto, sebbene fossero già anzianotti, perciò dando gli ultimi colpi, come si suol dire, con questa bruttona non gliela poterono fare neanche se avessero dissotterrato l’ascia di guerra come in Gran Torino.

Infervorandosi accalorati come lo stesso Pacino di Scent of a Woman dinanzi a un’ingiustizia delle più atroci che madre natura potesse concepire. Una diavoleria agghiacciante come in Rosemary’s Baby.

Ah, la vita è un parto funesto, nefasto oppure da patto faustiano. Bisogna vendere l’anima difatti al diavolo pur non di vendere il culo sui viali.

Insomma, basterebbe che rileggeste le mie ultime dieci righe per capire che, se reputate Tarantino un genio come sceneggiatore, io forse sono il Salvatore… di Nicolas Cage di Al di là della vita.

Ah, che strazio carnale ch’è la vita e L’ultima tentazione di Cristo, eh sì, docet.

Come può essere invece spiazzante il Cinema di Scorsese. Capace di passare dagli script d’un sofferto Schrader da Toro scatenato e Taxi Driver, a un Jay Cocks che allestì, da writer, L’età dell’innocenza, Gangs of New York e Silence.

E ho detto tutto.

In Black Dahlia, comunque, la Swank riuscì a essere sexy. Sì, semplicemente perché il genio di De Palma riuscì a farci credere che Hilary fosse, a volte, Scarlett Johansson sdoppiatasi nell’hitchcockiana Kim Novak de La donna che visse due volte su Femme Fatale alla Rebecca Romijn.

Una come la Swank, nella vita, aveva e ha, eh già, Oscar a prescindere, due possibilità per farcela e riuscire soprattutto a farsi qualcuno. Ho scritto qualcuno. Per farsi e basta, bastava che si facesse e faccia un produttore che le desse e dia la sua dose da Marcellus Wallace. Ma per cortesia!

Cioè interpretare, per l’appunto, la parte della dark lady che poteva, grazie alla sessuale virtù tenebrosa del recitare la bella statuina da Academy Award della minchia, tirandosela da pupa probabilmente del gangster Harvey Weinstein, ammantarsi di un vago fascino da Marlene Dietrich dei cog… i.

Sì, sono cinico come Orson Welles de L’Infernale Quinlan. E so che l’Orson de Il terzo uomo non era un orso, bensì avrebbe odiato i film buonisti come The Bear di Annaud.

Quando si suol dire… ah, un Orso(n) d’annata.

Di mio, invero, non amo molto Pattinson. Forse, Robert fu amato però da Kristen Stewart. Donna magnifica da fottere in culo. Seduta stante di standing ovation in “eiaculation” che celebri la sua celebrità in modo però non celere. Sì, bisogna gustarsela senza venire subito al sodo. Cristo della Madonna, Kristen è anche una bravissima performer. Prestazione straordinaria, interpretazione super brillante come un orgasmo con lei, oserei dire, eh sì, spumeggiante!

Sicuramente, amai e amo ancora molto Robert De Niro ma De Niro non sa neppure chi io sia.

Mentre De Niro e Pattinson avrebbero dovuto girare assieme, qualche anno fa, Idol’s Eye. Film mai realizzato di Olivier Assayas. Film nel cui cast doveva esservi anche Rachel Weisz.

Colei che, potremmo dire, rappresenta l’antitesi della Swank. Sì, Rachel è figa, Hilary è più esteticamente improponibile del Pinguino/Colin Farrell di The Batman.

Di mio, invece, sino a un anno fa pensai di essere un cretino. Invece, repetita juvant, forse sono più bravo di Tarantino.

Con la sottilissima differenza che lui è molto meno bello di Pattinson ma più ricco di Roman Polanski.

Dunque, sono troppo stanco per credere alla balla secondo cui, solamente perché Pattinson ha/abbia lavorato con grandi registi, sia il nuovo De Niro.

Sapete, io non ho gusto. Secondo me, il capolavoro dei fratelli Safdie non è Diamanti grezzi, io invece sono assai grezzo e amo maggiormente, quindi, i film “sporchi” come Good Time.

E devo dirvi la verità, il ritornello di Ghali, per l’appunto, voglio stare in good time, non è male né per tamarri.

Io voglio morire in sala, no, in santa pace perché incontrai, lungo il mio cammino da peccatore, molti porcellini ma tiferò sempre per Ezechiele Lupo e per il versetto Ezechiele 25:17 recitato da dio da un Samuel L. Jackson al massimo storico:

«Ezechiele 25,17. Il cammino dell’uomo timorato è minacciato da ogni parte dalle iniquità degli esseri egoisti e dalla tirannia degli uomini malvagi. Benedetto sia colui che, nel nome della carità e della buona volontà, conduce i deboli attraverso la valle delle tenebre; perché egli è in verità il pastore di suo fratello e il ricercatore dei figli smarriti. E la mia giustizia calerà sopra di loro con grandissima vendetta e furiosissimo sdegno su coloro che si proveranno ad ammorbare ed infine a distruggere i miei fratelli. E tu saprai che il mio nome è quello del Signore quando farò calare la mia vendetta sopra di te.».

Jackson fu, in tal caso, doppiato da Luca Ward.

Uno che deve essere fissato coi personaggi vendicativi. Il gladiatore insegna, miei porci, no, proci. No, miei prodi!

Io, a differenza dei pazzi, perdono e assolvo i pazzi stessi e non credo alla balla rifilatami da una donna, semmai benevolente e in vena di tirarmelo, no, di tirarmi su. La quale, pur di essere consolata dalla sua vita grama, mi dice che assomigli(o) a Robert Pattinson.

E che sia identico a De Niro.

Purtroppo, è vero. Ah ah.

Ma, il 13 Settembre prossimo e alle porte, compirò 41 anni.

Sono troppo intelligente per credere che io non sia, ahimè, Nicolas Cage di Via da Las Vegas.

Molta gente, di questi tempi, mi sta attaccando su tutti i fronti.

Urlandomi che sia diventato un debosciato ad andare in giro a fare il John Belushi di The Blues Brothers.

Non è autocommiserazione né patetismo.

Chi conosce la mia storia, se fosse stato al posto mio, si sarebbe già suicidato.

Mi pare dunque giusto che muoia lentamente da uomo dal cuore di un bambino Arthur Rimbaud che crede, come in Twilight, ancora ai vampiri e agli idoli.

Penso che i bambini di Satana, guidati da Marco Dimitri, fossero dei maniaci e penso che l’Italia sia un Paese di catto-borghesi più falsi di quelli che ora, dopo aver visto Tenet e il trailer di The Batman, gridano che Pattinson sia un grande ma domani, invece, quando io sarà morto, diranno che io stesso fui un grande ma non fecero nulla per evitare che non fossi nessuno.

Questa è la vita? No, questa è una tragedia.

Comunque, me ne fotto. Sono cazzi amari. Sì, sono camaleontico come Robert, Robert De Niro e non ci sono cazzi per nessuno. Per la mia lei, sì, di glande alla grande. Fottetevi, altrimenti v’inculo.

 

di Stefano Falotico

Cos’ho imparato dalla vita? Che Johnny Depp e Brad Pitt sono indubbiamente belli e fotogenici, altresì ho appreso di possedere un fascino da Dean Corso de La nona porta, anche da James Dean e basta


16 Aug

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Sì, senz’ombra del diavolo, no, del dubbio… credo di essere il figlio di Mia Farrow di Rosemary’s Baby, geneticamente possiedo l’autoironia intellettuale d’un John Cassavetes ante litteram, ho scoperto di non essere misogino, neppure misantropo, eppure preferisco l’originale Sharon Tate alla Margot Robbie di C’era una volta… a Hollywood. Adoro inoltre tutti i film di Roman Polanski, compreso lo stupendo e sottovalutato, per l’appunto, L’uomo nell’ombra.

Ultimamente, mi stanno perfino proponendo dei lavori da Ghost Writer e la mia attuale lei sostiene che alcune mie espressioni le ricorda/ino Ewan McGregor.

Ora, non esageriamo. Ewan è molto più alto di me, sebbene il McGregor di Big Fish sia spiccicato al sottoscritto. Ah ah.

Sì, sono sempre stato uno storyteller, un inventore di trame spesso fantasiose, autore di libri che oscillano fra il thriller e il fantastico in maniera meravigliosa. Libri la cui prosa, barocca-gotica, ricolma di qualche stronzata, di voli pindarici dei più azzardati e descrizioni minuziose, gioca sulle emotive, soventemente vergognose, perlomeno inconfessabili sensazioni interiori che ognuno di noi vive anche se spesso nasconde per timore di cascare nella ridicolezza, diciamo nel ridicolo. Non poetizziamo troppo, suvvia.

In quest’ultima decade, ho affinato spaventosamente la mia allure da uomo decadentista. Molte volte, inoltre, sono stato dal dentista. Sapete com’è… a forza di mangiare il gelato al cioccolato, è spuntata qualche carie. Non vi preoccupate, basta una bella e approfondita igiene dentale e, se qualche vecchia cariatide, la quale non comprenderà la vostra giovinezza eterna da Johnny Depp, il quale a sua volta è sicuro che abbia pattuito un contratto faustiano per conservare la sua immacolata beltà pulita da elisir di magnifica, lunghissima vita, dicevo… se delle cariatidi, non comprendendo le ribalde vostre sensuali gagliardezze da ragazzi maledetti, vorranno sbattervi in un centro di salute mentale, sbattetevene.

Ecco, Johnny Depp non è un uomo normale. Credo che ogni psichiatra del pianeta Terra non possa contraddirmi in merito. È infatti inconfutabile il fatto inequivocabile che, se un uomo, nella sua vita riesca a fare all’amore con Winona Ryder e chi più ne ha ne metta di super femmine da spot Calzedonia con tanto di eleganza da donne d’alta classe recitativa che lavorarono perfino con Scorsese e Coppola, riuscendo nel frattempo a lavorare con Kusturica, sia un genio assoluto.

Metteteci pure che Depp, oltre a possedere una bellezza dionisiaca, oserei dire idilliaca da far impallidire, anzi, arrossire-arrossare, finanche bagnare ogni essere dotato di estrogeni del nostro mondo, è pure chitarrista-bassista apprezzabilissimo, ecco, possiamo affermare insindacabilmente che Johnny non appartenga alla razza di animali così come praticamente tutti i cosiddetti uomini del globo terrestre. Comunque, non sono omosessuale, sono eterosessuale. A Depp e a Brad Pitt, preferisco Amber Heard. Dato che è in causa giudiziaria col Depp, la contattiamo subito su Instagram per vedere quello che si può/possa fare…

Sì, voglio segnalarla. Non si doveva permettere di rompere i coglioni a Johnny. Come direbbe Sgarbi, andasse a dar via il c… o. Diciamo, comunque, che una remotissima possibilità che io possa sbaciucchiarla c’è. Non ridete. Mantenete un contegno, non date spettacolo.

Sono più cinico di Polanski, sono molto più giovane di Depp e, oltre a essere l’unico attore di me stesso, dono riservato forse solo a Dio, sono uno scrittore amabile e un mezzo-doppiatore dalla voce e gola profonda cavernosa da cavernicolo facilmente troglodita di corpi cavernosi dilatati dinanzi a ogni selvaggia come Amber, indosso tutti i miei fallimenti esistenziali col savoirfaire dell’uomo che non deve chiedere mai… alla Caritas e all’assistenza sociale poiché non è un comune idiota che non ha mai visto Gli invisibili con Richard Gere, non è un uomo che scriverà patetici opuscoli e vademecum intitolati Recupera la tua autostima, guardandoti allo specchio e capendo, obiettivamente, che non sei Depp e Pitt ma non sei nemmeno un cesso della Stazione Termini, non è uomo che ci tiene/tenga a dimostrare di esserlo, esibendosi in linguacce su Instagram al fine che qualche tonta e sciocchina possa abboccare alle sue smorfie da Fabrizio Corona dei poveri che va(da) compatito e soprattutto preso a sberle non sventole come la Belena e la Heard, non è un uomo che vuole/voglia arrivare subito al dunque, eh sì, non soffro/e di eiaculazione precoce, non è un uomo perbene, no, per niente. Possiede/o l’anima mirabile di Elephant Man e la cultura di Frederick Treves e di Hannibal Lecter.

Questi sono super uomini alla Nietzsche, cazzo.

Dunque, in un mondo in cui molta gente pensa che Pamplona di Fabri Fibra featuring Thegiornalisti sia una canzone che dica il vero sull’attuale porcile della società, svelando chissà quali segreti del nostro contemporaneo status penoso e puttanesco di volpi, lupi, cani e porci, feriti ed ammazzati, uno come me può solo adorare il film Scappo dalla città – La vita, l’amore e le vacche, stare con una donna magnifica che si distingue/a principescamente da qualsiasi donna oramai svaccatasi, può inevitabilmente soltanto essere un recensore di Cinema più ricercato dell’Indio di Per qualche dollaro in più, un writer amante di Clint Eastwood dal carisma mille volte superiore a ogni Sean Connery/James Bond, con tanto di stempiatura da alopecia androgenetica del testosterone caldissimo, un uomo che ne sa una più del diavolo di The Ninth Gate.

Sì, il diavolo non esiste. Non esiste neanche dio, purtroppo. E Il Signore del male di John Carpenter, assai sottovalutato ai tempi della sua uscita, è uno dei film più belli del mondo.

Sicuramente più bello di Johnny Depp e Brad Pitt.

Di mio, faccio quello che posso. Ho acquistato un giubbotto da Wish. Mi sta benissimo. Perché l’ho comprato? Perché fa figo? No, perché costava poco ma fa la sua porca figura da Al Pacino di Serpico. No, non è un chiodo da Cruising. Non provateci… Allocchi, non sono Lefty di Donnie Brasco.

E questo è quanto.

È finito ferragosto, è finita domenica, sta finendo l’estate e fra poco inizierà il Festival di Venezia ove parteciperò in veste di accreditato stampa. Venerdì prossimo, invece, dovrò lavorare all’editing del mio nuovo romanzo scritto in stream of consciousness. Libro di circa 500 pagine. Al che, incontrerò la mia lei. Qui, la vita si sta facendo molto, molto dura. Teniamo duro.

L’importante è raccontarsela un po’, non mentendo però sul fatto assai reale, tangibile in due tre miei sex tape privati che, nella mia vita, ho/abbia fatto all’amore con tre ragazze diverse, una più bella dell’altra. La terza, quella di ora, è molto più bella di Amber Heard. No, non sono un attore hard, non sono affatto matto, ballo benino il Tango, la mia lei è insuperabile col tanga e di tanto in tanto però non valgo un cazzo. Come tutti. Non mi pare un problema insormontabile.

Ora, come ho fatto a conquistare la mia lei? Le scrissi… sei una gran figa. Lei apprezzò tantissimo e non la reputò affatto una volgarità.

Anzi, mi disse: – Di solito, ci provano viscidamente, scrivendomi… complimenti, sei una donna molto bella. Sono degli ipocriti di merda. Tu sei stato alquanto diretto.

Io: – Sì, sono stato spudorato. Peccato che io non sia bello come te.

– Sì, fai veramente schifo. Non ti si può vedere. Se fossi in te, quando vai in giro, indosserei in viso un telo da Joseph Merrick?

– Perché mai? Sono, sarei un mostro?

– No, sono gelosa da morire.
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di Stefano Falotico

Omaggio a Morricone, le sue migliori colonne sonore: epico, rivoluzionario, monumentale


06 Jul

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Se n’è andato. In punta di piedi. Nel suo stile, sobrio e al contempo, come le sue colonne sonore magnificenti, in sé stesso magniloquente. In quanto ha sempre vissuto discretamente, umilmente.

Lasciando un vuoto, dietro di noi, incommensurabile. È morto il più grande compositore di colonne sonore della storia del Cinema italiano e non solo.

Colui che, dopo aver composto la colonna sonora del sopravvalutato, pressoché inguardabile e tedioso The Hateful Eight, riciclando un suo geniale pezzo portante della soundtrack de La cosa, fu, assieme a Sergio Leone, l’anfitrione dell’utilizzo della musica, nella Settima Arte, a mo’ di cavalcante, scalpitante crescendo rossiniano d’emozioni immensamente potenti.

Autore, ça va sans dire, di colonne sonore da urlo per la celeberrima trilogia del dollaro leoniano.

E, prendendo in prestito la celebre frase del doppiaggio straordinario di Giancarlo Giannini di Donnie Brasco, pronunciata in originale da un Al Pacino bravo in maniera spaventosa, che te lo dico a fare?

Amico e amici…

Che c’entra Donnie Brasco?

C’entra, eccome. Sebbene Morricone, per questo bellissimo film, non abbia composto una sola nota.

Memore degli echeggianti fasti roboanti forse perfino di C’era una volta in America, il capolavoro di Mike Newell (sì, lo è, non ridacchiate) con Johnny Depp e Pacino si staglia, in modo unico e originalissimo, all’interno del panorama cinematografico di genere gangsteristico.

Se Francis Ford Coppola, per esempio, alla pari di Arthur Penn, nobilitò i criminali, magnificandoli in modo agiografico nella sua saga del Padrino, se Scorsese li mitizzò in Quei bravi ragazzi e, allo stesso tempo, li ridicolizzò come se ci fossimo trovati in una pantomima piena di disgraziati in cerca di remissione dei loro peccati, i quali scelsero, forse persino inconsapevolmente disperati come Frank Sheeran di The Irishman, eh già, la strada del male, sviscerando altresì, sotto forma di metafora, la sua antropologica visione della società, da lui giustamente intesa come una classista piramide ove, per sopravvivere, devi addirittura, accettando malvolentieri una tristissima esistenza malavitosa, adattarti giocoforza alle varie mafie quotidiane per tirare a campare, a meno che tu, tradendo gli accordi, non voglia finire crepato oppure, parafrasando Joe Pesci, cornuto e mazziato come Daniel Day-Lewis de L’età dell’innocenza, dicevo…

Dicevo, in Donnie Brasco, Mike Newell ci sorprese. Ma come!? Il regista di Quattro matrimoni e un funerale ebbe davvero la sensibilità, tipicamente italoamericana, di riuscire a sfoderare un gangster movie che, in effetti, tale non è?

Poiché è la storia di un’amicizia profondissima così commovente da lasciarci stesi. Su una sceneggiatura strepitosa, meravigliosamente giocata sulle dualità e sulle ambiguità perfino dei (o dai) risvolti non sempre comprensibili d’un intreccio, nel finale, volutamente complicato, Paul Attanasio creò uno script, poi recitato da dio, anzi da dei, veramente da Oscar. Da applauso!

Ove Al Pacino/Lefty voleva un’altra vita, forse un altro figlio. Persino nel suo “lavoro” poco nobile è stato scavalcato e declassato. Che uomo sfortunato ma, nella sua “famiglia”, ci tiene a ribadire, orgogliosamente non sicuro di sé ma d’origini certamente sicule, che tutti cammina/ino a testa alta.

E lui non è un allocco.

Ha avuto un cancro in una zona assai delicata e, se a Danny Aiello, i “goodfellas” di Once Upon a Time in America, combinarono uno scherzaccio di cattivissimo gusto, scambiando le culle in modo tale che suo “figlio” non potesse mai, un giorno, avere un tumore in quella zona sopra accennatavi, in Donnie Brasco, Johnny forse non voleva, in cuor suo, fare il poliziotto.

Affascinato, inconsciamente, dalla vita d’un Jack Nicholson di The Departed in versione molto più sfigata.

Lefty, al che, sognò la vita onesta che non poté mai avere, per una ragione o per l’altra e, di contraltare, Donnie forse non voleva fotterlo. Forse, non voleva neppure fottere una moglie piccolo borghese, noiosa e troppo perfettina come Anne Heche.

Forse, un Depp in versione Zac Efron di Nonno scatenato.

In cui De Niro lo “salvò” da una vita da laureato riccamente sistemato, donandogli il piacere inoculatogli della giovinezza recuperata.

Poiché Zac, in verità, non voleva continuare a fare l’avvocato, sposando la persona “giusta”. Voleva essere un po’ “fuori” e innamorarsi sempre di più di una ragazza dei fiori, leggermente auto-emarginata, una fotografa della vita che, sino alla fine dei loro giorni assieme, immortalerà quei piccoli attimi di felicità che la vita può e potrà donarci, estasiandoci d’inviolabile purezza e dolcissima venustà incantevole e incantata.

Senza troppe sovrastrutture, schemi mentali vetusti e superati, senza più pedagogie a buon mercato e maestrine già nate stanche. Già mentitrici, dalla nascita, riguardo i loro godimenti più veri, in quanto li sacrificarono fin dapprincipio sulla base di chissà quale onore mai esistito.

Quale? Quello, per l’appunto, caratteristico di chi ragiona come i mafiosi. Vivendo di stereotipi(e), di scremature, di suddivisioni sciocche e bigotte tra falliti e arrivati, forse solo figli di puttana cinici e arrivisti?

Ennio se n’è andato come Lefty/Al, lasciandoci tramortiti e senza parole come Johnny/Donnie nel finale.

Non so poi perché ma, quando rivedo Al Pacino in Donnie Brasco, mi ricordo di quando giocai a Calcio nella scuola Calcio Bologna. Lefty assomiglia al padre di Ortisi. Erano siculi.

A tutt’oggi, non ho mai conosciuto un calciatore “arrivato” di cognome Ortisi.

Mi ricordo però che imparai a nuotare da solo, rifiutando le lezioni della piscina Record situata al Pilastro.

Così come ricordo benissimo il finale de Il giovane Holden.

Mi spiace però deludere i miei hater ché mi danno del sociopatico. Non sono Salinger.

Ma voi che sapete? Che cosa volete sapere?

Fra cent’anni, parleranno di Ennio come di una leggenda.

Già lo è.

E questo è quanto.

Se non vi emozionate, ascoltando le colonne sonore di Ennio, anzi, nel cuore auscultandole, non siete degli indiani. Ma aridi come l’Indio, sì.

Indio, il gioco lo conosce/i.

Come la vedi? Ah ah

Quindi, quali sono le più belle colonne sonore di Ennio?

Suvvia, lo sapete meglio di me.

 

di Stefano Falotico

Rocky Balboa o Rocky & Bullwinkle: dimmi quali attori e cantanti ti piacciono e ti dirò chi (non) sei


01 Jul

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Avete mai visto il film Danny Collins con Al Pacino? Da noi ribattezzato La canzone della vita?

No, non è male ma non è neanche brutto. Così come la vita di quasi noi tutti. A volte, la nostra vita è un capolavoro. Quando viviamo momenti di estasi che, però, scalfiti nella loro omeostasi, sono altresì perturbati da attimi (possono durare pure anni, per la miseria…) dolorosi e certamente non appaganti.

Al che, in alcuni o per molti frangenti possiamo innervosirci, troppo semmai preoccuparci, diventando antipatici e scontrosi. Soprattutto contro noi stessi. Disprezzandoci totalmente, dal mondo oscurandoci, ingiustamente colpevolizzandoci. Autopunendoci.

Diveniamo misantropi oppure solamente apatici, abulici o, di contraltare, pensierosi od eccessivamente contemplativi. In una parola odiosi, facilmente irritabili, nevrotici, cascando per di più nella psicosi.

Al che, crolla la nostra apparente felicità, va a farsi friggere la nostra oasi. Le nostre illusioni vanno pure a farsi fottere e guardiamo il mondo da un oblò, parafrasando la celeberrima canzone di Gianni Togni, Luna, “coverizzata” di recente da Jovanotti. Cosicché, smarriamo la nostra indole spensierata della giovinezza un tempo invece vivamente vivandante, forse solo da allegri viandanti, una gioventù pindarica, colorata e innamorata da gagliardi giovincelli tanto carini che sognavano, anzi, ché sognavamo di suonare non soltanto alla propria conquistata lei il “clarinetto” di Renzo Arbore, non solo il clavicembalo, stimolando le corde vocali di giusto tocco, d’indubbio romantico “taste”, strimpellando il suo splendido fondoschiena a mandolino secondo me molto più arrapante di quello di Penélope Cruz de Il mandolino del capitano Corelli.

Eh sì, miei fringuelli e mie principessine sul pisello, conobbi anni fa un matto che abitava (penso che vi abiti tuttora) a Bologna, in via Arcangelo Corelli.

Si chiama(va) Angelo ma non ha mai chiavato neppure una donna di nome Angela.

Sì, era pazzo, ascoltava Gli angeli di Vasco Rossi e onestamente penso che molte volte sia andato a troie giusto per l’anima del cazzo.

Sì, oltre a essere fottuto socialmente, fotteva di tanto in tanto quelle pure da tutti, non solo metaforicamente, inchiappettate.

Veramente, una vita eccitante. Non c’è che dire. I pochi soldi che gli passava l’assistenza sociale li donava a quelle sui viali.

Cristo! Davvero un filantropo! Lo faranno santo! Ah ah.

Ebbene, riemergono i ricordi della mia vita dapprima auto seppellitasi. Non solo il verbo è riflessivo ma la mia esistenza, da riflessiva che fu, anche da fesso, ricammina adesso spedita.

Ebbene, ragazzi, ho sopra coniato una rima baciata da tramandare ai posteri. A te piace quel poster? Invece, quel posteriore, no?

Voi, maturandi diventati maturati dopo aver dato, malgrado la quarantena spossante, egualmente gli esami di maturità, non dovete amare le pappardelle a memoria (meglio le pappardelle alla panna, fidatevi) rifilatevi dai vostri oramai ex insegnanti andati, i quali fanno tanto i sofisticati ma, alla fin fine, adorano i filmacci Immaturi Notte prima degli esami, identificandosi semmai pure con Giorgio Faletti e rileggendo non Io uccido, bensì uccidendosi di risate, ah ah, sai che ridere, nel riguardare le vecchie puntate del pecoreccio Drive In con Ezio Greggio (ah, super rima da Striscia la notizia) e il mitico, panzone Vito Catozzo. Si riguardassero!

Ma la smettessero. Li inviterò in pasticceria, alle prime luci dell’alba, offrendo alle professoresse nubili, non so se nobili, un maritozzo, mentre ai professori celibi, non so se celebri, un cornuto, no, il film Cornetti alla crema.

Ma quali uomini di cultura!

Questi qua, dei quaquaraquà, vanno “sfanculati”. Gente che, oramai con la panza piena, va integralmente a culo.

Si fottano!

Fanno gli acculturati e vollero farsi Milly Carlucci di Pappa e ciccia ma Scommettiamo che… hanno pessimi gusti non solo in materia letteraria? Sono, sì, effettivamente letterati ma dovrebbero invece essere ignoranti. Poiché, come ben “insegnò” Totò, alias l’auto-definitosi principe De Curtis, autore della ridicolissima lettera epocale scritta assieme a Peppino De Filippo e consegnata alla malafemmina, non solo confondono Il ritratto di Dorian Gray dell’Oscar Wilde con l’interprete omonima dell’amante di Teddy Reno (Rita Pavone?, no) del film sopra menzionatovi, bensì pretendono che la gente, per l’appunto, si acculturi.

Sono dei fessi. Se sono istruiti, devono invece far sì che la gente non s’istruisca. Totò di Miseria e nobiltà “docet” allo zotico campagnolo analfabeta in un’altra memorabile scena di epistole rifilata al villico da “egregio” signore, classica intestazione d’una lettera che si rispetti. Ah ah.

A proposito di mandolini e di luoghi comuni, di stereotipie sugli italiani da John Madden della minchia, è vero comunque che, in Italia, si vive/a di nepotismo mafioso da Francis Ford Coppola e Nicolas Cage.

Per esempio, il succitato, spesso sovreccitato Angelo, per ricevere il rispetto della gente che lo piglia(va) per il culo più di come lui prenda/prendesse per il popò le prostitute, ricevendolo parimenti nel posto a livello economico, andava in giro a recitare la parte di De Niro ne Il padrino – Parte II. Vale a dire Vito Andolini. Voleva farsi valere, che uomo caloroso, valoroso!

Cazzo, veramente un tipo tosto, che stoico, che Corleone! Ah ah.

Detto ciò, ancora in Italia permettono a Fabrizio Moro di cantare a squarciagola e d’impazzare in radio a briglia sciolta.

Lui, vincitore assieme a Ermal Meta d’un recente Festival di Sanremo, è un fake mai visto. Poiché, nella sua nuova canzone, Il senso di ogni cosa, già nelle primissime strofe si comporta da ipocrita, forse solo da scrofa.

Sbraitando la testuale, seguente falsissima frase aberrante assai vergognosa. Oserei dire scandalosa, più orripilante del caso Aldo Moro. Veramente scabroso/a!

posso fare a meno dei milioni.

Certo, come no?

Per questo nuovo singolo del cazzo, la sua etichetta quanto gli ha dato?

Invece, per il nuovo tour, quanto gli daranno?

Fabrizio è un bel ragazzo e sono altresì convinto che tante gliela daranno. Insomma, Fabrizio, grazie a questo singolo, riceverà molte donne single.

Al che, lui non rinuncerà soltanto ai danari per riempire il suo salvadanaio. Bensì, ben presto, rinunzierà al credo del suo ritornello… il mio unico amore.

Per fare invece il figo con tantissimi amori, si fa per dire, con una moltitudine di belle (forse delle groupie?) senza cuore ma sicuramente, dopo avergliela data, più ricche a livello esteriore.

Al che, fra questi falsi uomini belli, preferirò sempre il re degli ignoranti, colui che è tuttora sposato con Claudia Mori e, in Segni particolari: bellissimo (Distinguishing features: beautiful), scopa Federica Moro.

Di mio, sto vivendo un periodo da Innamorato Pazzo. Dopo essermi, per molti anni, chiuso nel mutismo, faccio ora all’amore con una donna più bella di Ornella Muti.

La sua venustà mi lascia, infatti, senza parole.

Invece, in televisione ancora propinano la soap opera Beautiful. Non solo l’ex gnoccona Katherine Kelly Lang non è più quella di una volta, bensì Ron Moss è stato, da tempo immemorabile, rimpiazzato da uno ancora più brutto. Sì, credetemi. È meglio Javier Bardem di Biutiful. Ha una vita orribile ma spinge…

Ah ah. Sì, diciamocela, per il ruolo di Ridge ci vorrebbe il sottoscritto.

Sì, però nella parte di Sean Connery di Scoprendo Forrester. Ah ah.

Senz’ombra di dubbio, molti personaggi dei film di Gus Van Sant mi fanno un baffo.

Sì, alla pari di Angelo, voi andate con le battone.

Dovreste ripulirvi dai vostri peccati, miei “toccati”.

Per voi, ci vorrebbe Giovanni Battista.

Non fate i romantici, ricantando le vecchie canzoni di Mogol e Battisti.

Siete solo degli ipocriti e degli uomini tristi. A te piace invece quel batterista?

Sì, va bene. Scopatelo e suonagli l’ocarina.

Sono veramente un battutista e, se mi va, non solo faccio il bell’uomo come Connery/James Bond ma interpreto pure la parte di Sean ne Gli intoccabili.

Sì, per anni fui solo come un cane, fui un tipo veramente alone. Però, al contempo, fui almeno carismatico come Jimmy Malone.

Gli adulti, i quali per l’appunto vollero istruirmi, non mi scambiarono per un metronotte, bensì solamente per un poetico, no, patetico amante del film Warriors.

Fui quasi scambiato per un criminale come Al Capone. E mi gridarono: ti piace solo De Niro? Le ragazze, invece, no? Sei uno zuccone!

Mi presero quasi a testate, urlandomi: – Devi crescere! Sei ancora un bambino da bolognese Teatro Testoni!

Al che, me ne fregai dei loro attestati e attestai di essere un giornalista, scrivendo su una cinematografica testata senza neppure essere laureato.

Roba da matti!

Ecco, perdonate questo lungo preambolo e perdonatemi se non riesco a perdonarvi per non avermi perdonato, ah ah.

Molti di voi si fanno i film sulle persone, non solo su di me.

Cazzo. Pensavo che si trattasse soltanto di pettegolezzi riguardanti la mia persona. Allora, guardate, ho da proporvi un lavoro. Potreste farvi i soldi, scrivendo della nuova fiamma, su Novella 2000, non solo del sottoscritto, bensì anche di Fabrizio Moro.

Lei è mora? Ah no? È bionda?

Parafrasando il grande Bob De Niro del già citato The Untouchables, quando si rivolge a Kevin Costner:

– Con me non ce la fai, buffon’!

È la stessa cosa che dice Ilaria D’Amico a suo marito. Il quale, anziché ritirarsi, da poco ha firmato un contratto che lo legherà alla Juventus sino al 2021.

Sì, Ilaria ammonisce Gianluigi. Non lo espelle, però. Neanche più lo spella. Gli dice soltanto di possedere un invidiabile coraggio per voler dimostrare di avere ancora le palle di scendere in campo, non parandone più nessuna. Ah ah. Ma sì, Gigi lo fa per garantire alla sua prole, sì, ai suoi figli, un futuro da campioni. Più che altro, da paraculi.

– Amore, dovresti tirartela di meno. Hai fatto il tuo tempo. Anziché cazzeggiare, perché non ti fai me? Ti devo fare lo spelling?

L’ultimo figlio che abbiamo avuto assieme risale a parecchio tempo fa – sacramenta Ilaria.

Buffon, al che, le risponde:

– Tu ancora ti fai, no, scusa, per me tifi?

– Solo quando i tuoi compagni di squadra, troppo machi e volgari, vogliono farmi il culo.

– Quello te lo faccio io.

– Gigi, cazzo! Ma come ho fatto a sposare un tonto come te?

E dire che le donne dicono che sei affascinante.

– Lo sono perché ho più soldi di Fabrizio Moro.

– In effetti, entrambi non avete i coglioni per essere sinceri. Ma i soldi servono. Basta chiederlo a Olivia Wilde di Richard Jewell. Confermerà che ho sposato un tipo alla Jon Hamm. Anzi, sai che faccio? Le chiedo lo scoop. Gliela do, no, glielo do in esclusiva.

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Sì, molte persone sono come Buffon e come Fabrizio.

Sono retorici, fanno i grandi, i duri.

Ma, secondo me, non sono tosti come Rocky Balboa né possiedono la cultura di un uomo che conosce anche questo film semisconosciuto con De Niro.

Dovrebbero rivedere anche Buongiorno, notte. Mentre, alcuni miei parenti, i quali abitano in un paesino del sud, cioè della Basilicata, in cui v’è peraltro un quartiere estremamente periferico e fatiscente che si chiama Aldo Moro, non sanno neanche cosa siano le brigate rosse.

Almeno, dopo una vita da disoccupati, troveranno un posto fisso subito, divenendo brigadieri. In quei posti, statene sicuri, ci sono delle mafie che non potreste immaginarvi.

Sì, va detto. Fui anche scambiato per un “duce”. Cioè per Filippo Timi di Vincere. Fui giudicato paradossalmente anche troppo timido e, appena mi ribellai, sputtanando tutti, molti fascisti vollero sbattermi in manicomio come Giovanna Mezzogiorno. Mi spiace deludervi.

Non sono Clint Eastwood di Gran Torino ma possiedo una faccia di merda come quella di Sam Rockwell del film sopra scrittovi, firmato dal maestro, con la Wilde.

Per questo, la mia lei è follemente innamorata di me. Sì, se avessi prestato fede alle fandonie messe in giro sul mio conto da tanti stronzi e poveretti, oggi sarei ancora subissato di psicofarmaci e sarei più grasso di Paul Walter Hauser.

Sì, aveva ragione John Lennon. I Beatles non mi sono mai piaciuti ma John disse il vero. Sì, disse che la gente la dovrebbe finire di guardare e adorare la vita degli altri. Secondo me, molta gente non capisce i film anche se ha tre lauree al DAMS, non capisce la Musica anche se guadagna più soldi di Fabrizio Moro, ah ah, secondo me, sì, detta come va detta, si fa solo le seghe.

E, su quest’ultima freddura, vi lascio con un’altra inculata che vi ha messo totalmente a pecora.

Infine, aggiungo questo. Fottetevi. Tanto non sono cazzi miei. Ah ah.

Voglio continuare, andare avanti!

Eh già, per molto tempo la gente pensò che io pensassi di essere Robert De Niro.

Sono davvero costernato ma debbo nuovamente smentirla. Pensai di essere solo De Niro di Taxi Driver. Ah ah.

Sinceramente, ce la possiamo dire in tutta franchezza?

Non sono un coglioncello ma, alla pari di Zac Efron di Nonno scatenato, ho un bell’uccello.

E sapete che vi dico?

Ammazzatemi pure ma, a mio avviso, Dirty Grandpa non è affatto un film triste e triviale.

Non è niente male, cazzo, non è niente male, cazzo, non è niente male.

Apparentemente sembra un film, per l’appunto, di merda e del cazzo, invece, a ben vedere non è per niente banale. Vi è tutto un discorso, sì, certamente campato per aria contro il conformismo e, sostanzialmente, rimane un film debolissimo e innocuo, prestissimamente dimenticabile.

Ma le spara grosse.

Ci vogliono le palle per dire la verità.

Altrimenti rimanete, anzi, rimarrete fermi a Il laureato, al Cinema oramai superato e alle puttanate di Pieraccioni e dei Laureati cazzoni…

Detto ciò, ora vado a leccare un gelato.

Più tardi, qualcos’altro.

Ripeto, come già dissi, mia nonna paterna è sempre stata appassionata di fotoromanzi.

Non ho mai capito come io abbia fatto a nascere.

Sì, mia nonna ebbe due figli. Mio zio e mio padre.

Ma credo che mia nonna abbia solo leccato il gelato ai gusti di crema e nocciola.

La verità è che, nessuno di noi, della vita degli altri sa nulla. Ma qui ora il Falò fa tutto un altro gioco. S’è stufato di parlare solo di film. Vuole farli e vuole con la sua lei rifarlo. Ancora e ancora, ancora e ancora. Cazzo, quando si dice… hai proprio una bella voglia, ma chi te la fa fare?

Ah, nessuno. La mia lei è una donna magnifica e non è una facile. Se non vi sta bene, fatevi ma non “stantuffatemi”.

Oh, rimanga fra voi, no, fra noi… Sono molto, molto più giovane di Al Pacino.

Sì, debbo ammetterlo.

Avevo sbagliato tutto nella vita.

Per forza, ho aperto la lettera che mi inviò John Lennon, cazzo, un po’ tardi.

Comunque, c’è di peggio.

Conobbi donne laureate in Lettere che non lessero mai una sola lettera scritta loro dal sangue del proprio sangue.

In compenso, adorarono La stanza del figlioMah, che tipe.

Che fossero e siano delle gran tope, ecco, stendiamo un velo pietoso. Queste qui non si salveranno neppure mettendoci molte toppe. Sono già, di loro, zoccole. Ah ah.

Non sono un terrone, non amo le tettone, sono nato a Bologna, ho origini terragne, ah ah, non mi fanno schifo i ragni e ho solo paura del terremoto. Che è provocato dallo smottamento tettonico.

Non sono neanche daltonico.

Comunque, a Fabrizio Moro, di mio, continuerò a preferire Fabrizio De André.

 

di Stefano Falotico

pacino danny collins

 

È meglio Sergio Leone o Martin Scorsese? È meglio Fellini o Visconti: meglio io, abbasso La dolce vita ma evviva Clint Eastwood, sempre io


11 Jun

mule eastwood

Questo scritto non vuole essere autocelebrativo. In realtà, vuol essere non tanto una magnificazione del sottoscritto, bensì un’obiettiva esaltazione inconfutabile della mia ineffabile monumentalità incedibile. Infallibile? Non lo so.

Credo che realizzerò perfino a breve, forse in tempi (non) sospetti, un mockumentary sul sottoscritto. Ovviamente diretto, sceneggiato, da me stesso orchestrato e interpretato alla maniera di Eddie Murphy di Un professore matto, senza però l’utilizzo di effetti speciali da Harold Ramis di Mi sdoppio in 4.

Sì, sono versatile, camaleontico, mutevole come il tempo atmosferico di queste pre-estive escursioni termiche. In tali giornate ove le nuvole sono volubili più di una donna con la sua voglia… di gelato, semmai al limone con un tocco al bacio di pistacchio su granita sciolta del suo uomo che, fra le sue pesche, ondeggia di banana spalmante tutta la naturale stracciatella di ormoni con scaglie di cioccolato del maschio cremoso come lo yogurt più sfizioso, per proteggermi dai forti acquazzoni, soprattutto emotivi, di molta gente umorale, soventemente amorale, brindo al plenilunio in onore dell’amore mio ritrovato.

Sì, fui da tanti virili vili, detti più semplicemente bulli, spellato più di un bambino al mare a ferragosto senza protezione solare.

Al che, fu allora che riamai Lo squalo. Infranto sulla scogliera di uomini che mi freddarono con offese più calde di una milf in topless, al primo albeggiare delle mie emozioni riscoccate dall’oceano abissale d’una mia perpetua marea esistenziale, rivolai alto come un gabbiano o forse come Birdman.

Stupendo (gerundio di stupire o nel senso di favoloso?), oserei dire allibendo (gerundio al 100%, non ci sono cazzi che tengano) la gente più maialesca di Beetlejuice – Spiritello porcello che attentò alla mia purezza al fine che mi sporcassi e corrompessi più di Michael Keaton di The Founder.

Ah, quel Michael fu assai volpino, furbino di uccellino e alla fine, da spompato che fu assai sfigato, spompò la Cardellini, diventando più laido di Donald Trump.

Va be’, andiamo da McDonald’s e non pensiamo a questo maiale arrosto con la patata fritta più impazzita della maionese per colpa di una maestra culinaria che non sa cosa sia il ketchup.

Sì, una cuoca che sa però cucinare al sangue la salsiccia del marito, cazzo.

Sì, la gente è fallita, io sono un Falotico, cioè vale a dire fantastico e bizzarro. Nessuno riuscirà mai e poi mai, con la sua crudeltà che con me si rivela fallace, eh sì, a tarparmi le ali. Poiché so essere Batman che, ottenebrandosi lontano dalle mondanità frivole, non desidera usare il suo pipistrello con Kim Basinger o Catwoman/Michelle Pfeiffer, preferendo un recente film con Michael Caine. Cioè quasi l’intera produzione di Christopher Nolan. Chris infatti ficca Michael come il prezzemolo nelle sue pellicole più decerebrate di Christian Bale di American Psycho e io adoro anche il basilico, pure il Fernet-Branca come nel controverso finale di The Dark Knight Rises.

Sì, Chris Nolan è una chiavica. Ha oramai la pancetta, puro bacon su capigliatura giallognola da Cheeseburger.

Molti rimasero spiazzati dalla mia imprevedibile virtù dell’ignoranza poiché, di punto in bianco, mi tirò il culo (classica espressione emiliano-romagnola alla I vitelloni per definire, per l’appunto, un colpo di genio assolutamente insospettabile che lascia di stucco anche il più ciuco, altresì modo di dire quando a un eterosessuale piace il fondoschiena di Claudia Koll di Così fan tutte) e, mentre tutti presupposero che fossi sul punto di congedarmi dall’esistenza come in My Life, reputandomi un coglione inaudito, ebbi le palle di sollevare uno scandalo, contro questi “pedofili”, più eclatante de Il caso Spotlight.

Sbattei questi mostri in prima pagina alla maniera dei Cronisti d’assalto.

Sì, ero già Fuori dal tunnel ma gli stronzi perseverarono a rompermi il cazzo.

Che c’entra però Michael Keaton con Sergio Leone e Martin Scorsese? Con Federico Fellini e Luchino Visconti?

Mah, molti considerano Ludwig bellissimo. Secondo me è, nonostante l’età, molto più bello Alain Delon.

Peraltro, con Delon, Romy Schneider incarnò La piscina ancora prima di girare il film e di girarglielo in mezzo alle gambe.

Alain Delon, contro i gelosoni, urlò: – Salutatemi Rocco e i suoi fratelli!

Per quanto riguarda, invece, Claudia Cardinale…

Ecco, ho sempre amato il detto… non fare l’amico del giaguaro. Sì, che spettacolo quando un amico ti regge il gioco e sa benissimo che la Cardinale scopò sia Henry Fonda di C’era una volta il West che Delon de Il gattopardo.

Ma Pasquale Squitieri, il suo ex marito, se avesse saputo la verità (tanto la sapeva), si sarebbe vendicato come Charles Bronson?

Macché. Squitieri fu un regista senza voce… in capitolo. Ah ah.

Comunque, Pasquale con Claudia suonò molte volte l’Harmonica… e Claudia non le fu monaca.

Federico Fellini fu un puttaniere. Più di Marcello Mastroianni. Ogni loro film assieme è una porcata.

Sì, sono molto più basso di Clint Eastwood ma rimango Travis Bickle. Che entra nel locale gestito da Gene Hackman de Gli spietati a tarda notte?

No, entro nel mio bagno, apro un fumetto sulla tazza del cesso da Pulp Fiction e parlo da cazzone John Travolta. Leggo Tex e non le avventure di Max il leprotto come De Niro di Cape Fear:

Sì, ho ucciso donne e bambini, ho ucciso creature che camminano e strisciano in tempi lontani…

E ne ho piene le palle di Brad Pitt e di Leo DiCaprio. Non solo di C’era una volta a… Hollywood.

Poiché, purtroppo, sono più bello e bravo di loro.

Con la sola differenza che la gente ama i divi di Hollywood. Così come sostiene Larry David di Basta che funzioni, le persone arricchiscono gli altri perché sono tonte. E dunque proiettano i loro sogni mai avveratisi in celebrità da loro elette a dei.

Esiste solo un dio, esiste solo una dea al mondo.

Questi.

Per il resto, pigliatevelo nel culo.

A proposito di culi, mi fate pene, no, pena. A quasi cinquant’anni sapete solo riempirvi la bocca della parola Cinema. Recensioni su recensioni ma mai una buona volta che recensiate la vostra vita. Io v’assegnerei, a mo’ di Paolo Mereghetti, il pallino vuoto, ovvero flop totale. Poi, abbiamo pure I. Feole, autrice di un tomo noiosissimo su C’era una volta in America che non frega una beneamata minchia a nessuno. Autrice, come se non bastasse la menata appena succitata, anche di una disamina femminista-antirazzista su Via col vento.

CAPE FEAR, Joe Don Baker, Robert De Niro, 1991, (c) Universal

CAPE FEAR, Joe Don Baker, Robert De Niro, 1991, (c) Universal

Alla maniera di Eastwood di The Mule: – ma qualcuno se l’incula?

 

di Stefano Falotico

 

 

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2 Giugno 2020 – Festa della Repubblica: quale? Quella di Don Luchese di Malavita di Luc Besson? A parte gli scherzi, buona vita a Clint Eastwood, un mio racconto letterario, che fantastica storia che è Il Falò delle vanità, ah ah!


02 Jun

eastwood the mule

Partiamo subito con una freddura:

Anyone is an enemy for a price. Chiunque è/diventa un nemico che non ha prezzo. Cioè, se lo paghi, ti fotte.

Per un Jonathan Pryce?

Lo scorso 31 Maggio, ovvero domenica scorsa, compì 90 anni il più grande regista vivente. Sì, lo è.
Un tempo, in una landa solitaria delle mie notti lugubri e insonni, il mio regista preferito fu Martin Scorsese. Questo lo sanno anche le pietre. Ma, col tempo, sapete, si guarda la vita da una prospettiva più matura. Scusate, non voglio risultare però paternalista come Al Pacino di Ogni Maledetta domenica quando, per spronare i suoi boys prima del suo discorso nello spogliatoio per donare loro la grinta necessaria per affrontare un incontro decisivo, fa mea culpa dei suoi errori del passato.

Ecco, per quanto adori Al Pacino, già ai tempi di questo film di Oliver Stone, eh già, fu assai più vecchio di me. Non mi pare giunto, nemmeno adesso, il momento di esservi retorico più di Platoon.

Ah ah.

Sì, cavolo. Perché mai Platoon fu premiato come Miglior Film agli Oscar? E La sottile linea rossa, no?

Veramente uno scandalo. Forse peggiore di quello raccontatoci dal gigantesco Roman Polanski nel suo magnifico L’ufficiale e la spia.

Che cosa voglio dire con questo? Quello che ho detto. Ma non mi pare il luogo né la sede opportuna per autocommiserarmi.

E, a dirla tutta, sono stanco dei miei deliri solipsistici fanatici dello schraderiano esistenzialismo da uomo ombroso, auto-reclusosi nella cripta in modo davvero troppo precoce.

Malgrado i miei ultimi anni siano stati orribili, ve lo posso giurare su Cristo, ammesso che costui non vada a sputtanarmi con la Maddalena, così come fece Willem Dafoe in The Last Temptation of Christ, sono ancora belloccio, veloce e portentoso. Molta gente pensa che io sia matto, che debba curare il mio cervello con dei neurolettici e vorrebbe sbattermi in ospizio o, peggio, in casa di cura, così come tentarono i parenti di Walt Kowalski in Gran Torino.

Mi spiace smentire ogni mio hater, vi mostro questa mia foto scattata oggi. Secondo voi, questo qui sarebbe un uomo che dovrebbe curarsi dalla prostata e che necessiterebbe di essere rallentato nei suoi, vivaddio, slanci vitali assai furenti e passionali? Indubbiamente, il mio sguardo è un incrocio fra quello di Malcolm McDowell di Arancia meccanica, quello di Johnny Depp di Chocolat, forse pure da freak de La fabbrica di cioccolato, da mezzo scemo alla Seann William Scott, da Sam Rockwell de Il genio della truffa di Ridley Scott o forse da Sam di Confessioni di una mente pericolosa, ma sì, dai, optiamo per quello di Richard Jewell, da Stephen Dorff di Somewhere, no, più affascinante (eh, ‘na roba…) quello di Cecil B. Demented, genio “incompreso” più di Ed Wood e Tommy Wiseau, da Joaquin Phoenix della periferia bolognese, da De Niro in erba in mezzo a felsinei che di erbette, cioè gli spinelli, vanno forte più di Popeye con gli spinaci, e…

Scusate, mi sono perso un’altra volta.

Ho da poco mandato questo mio racconto a un concorso letterario.

Secondo voi, vincerò?

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Il viaggio onirico di un uomo nero

 

Innanzitutto, non per sottovalutare Sulla strada di Jack Kerouac ma credo che sia importante, soprattutto per il sottoscritto, smentire l’erronea e distorsiva mitologia secondo cui le esistenze di noi tutti siano paragonabili a un viaggio. Metafisico e non.

Soventemente e scioccamente, per esempio, abbiamo udito interminabilmente la classica, onerosa espressione fatta e pallosa… ah, in questo viaggio che è la vita oppure quante innumerevoli, insopportabili volte abbiamo dovuto ascoltare banalità del tipo: cosa rappresentò, sino a ora, questo nostro aver sin qui viaggiato lungo tante vie delle nostre vite che, semmai, non condussero a nessuna svolta?

Ah, coi patetici, autoassolutori c’era una volta e col tedioso rimembrare la nostra vita nell’intenderla come un itinerario a tappe, come un dolce e poi duro, scosceso, lievissimo o difficoltoso peregrinarvi fra saliscendi emozionali di natura esistenziale, ah, finiremo soltanto col paralizzarci nel guardarci indietro. In maniera imbarazzante. Ancorandoci, da passatisti inguaribili, nelle elegie agiografiche delle più stupidamente consolatorie, ipocrite e fottutamente dolciastre.

Specialmente, auto-ricattandoci nell’abulico spettro delle nostre lagne inaudite, penosamente morbose, infinite, da moribondi sempre spauriti. Della loro vera vita realmente sparita.

Non osservando invece, ahinoi, ciò che sta davanti a noi, magnificamente sterminato e ancora vivamente possibile.

Vivete solo di vite oramai immaginarie. Invece, immaginate…

Cosicché, ben vi starà se, conservando quest’atteggiamento malato di ritrosia e oscena, oserei dire criminosa malinconia mortifera, cascherete in un fosso, prossimo al vostro successivo passo falso, cari fessi e cari uomini e donne prosciugati sin all’osso che, dinanzi alla realtà, perfino cinica ma oggettivamente ineludibile, della vita, ah ah, ve la faceste, fate e sempre farete sol addosso.

Ah, sono stufo, oltremodo nauseato dalla pedissequa, estenuante e ammorbante definizione, poco esistenzialista, invero, della vita intesa come un lungo, morbido, forsanche impervio cammino ove si può cascare, perdendo la rotta, franando per mai più risorgere ancora intatti e mentalmente lucidi. Mettiamo fine a queste sciocchezze, peraltro mal assortite.

Ah, mi sono proprio rotto di questa scontata scontentezza fintamente buonista, capziosamente ricattatoria e pericolosamente, insidiosamente affetta, inconsciamente, da tanta cretina retorica e melensa tristizia scevra d’ogni slancio romantico dei più suadentemente vitalistici. Deturpati di ogni savia vividezza cristallina!

Dio mio, ne provo ribrezzo.

Di mio, so che molte persone, dopo la prima botta in testa, cioè dopo aver robustamente ricevuto una tostissima batosta, crollarono irreparabilmente e letteralmente a pezzi. Sì, i loro cervelli si spaccarono e, affranti, completamente nell’animo loro infranti, nel cuore fratturati, nell’amor proprio sinceramente destrutturati, giammai riuscirono a ricomporre il puzzle delle loro vite che non sanno più adesso, neppure con la fantasia, sanamente orientarsi al fine di liberamente viaggiare anche solo all’interno d’una spensierata, magica poesia ammantata di sontuosa leggiadria selvaggia e variopinta.

Affogando invece, purtroppo, nelle malinconie più stantie, figlie del loro essere naufragati in un oceano angosciante di rimpianti abissali e, per l’appunto, stagnanti e malsani.

Impantanatisi che sono costoro nelle sabbie mobili delle loro (in)ferme mentalità piattissimamente distorte più tragicamente dedaliche di una metropoli labirintica e confusa ove le vie delle loro anime dissestate s’intersecano, incasinate, in maniera sia orizzontale che verticalmente perpendicolare. Intrecciandosi in neuroni mal accordati ai loro cuori già sinistramente sprofondati nel traffico nauseante e nel caravanserraglio mortale delle più atroci confusioni sesquipedali. Ah, abbiamo pure i pendolari annoiati e quelli che, senza spirito critico alcuno integralmente personale, pendono dalle labbra di chi non sa più ammirare neppure un viale del tramonto in modo roseo e spensierato. Sì, ripetendo invece solamente antichi proverbi più vetusti delle arrugginite rotaie delle loro binarie rotelle oramai avvitatesi ed arresesi ai detti più vecchi di mia nonna purtroppo morta molti anni addietro.

Rosso di sera, bel tempo si spera? Sì, ma domani sarà un altro giorno, sostenne Vivien Leigh/Rossella O’Hara di Via col vento. Vivien che, nella versione originale del sempiterno capolavoro sempreverde di Victor Fleming, si chiama Scarlett. Così come l’attrice protagonista di Lost in Translation.

Sì, cari uomini smarritivi soltanto nell’indecifrabile transizione, mai evoluta in qualitativa, superiormente emotiva transazione arricchente i vostri spenti cuori auto-fottutisi, smettetela di fare i piacioni come Clark Gable, bensì invitate stasera stessa la vostra donna a cena.

Con tanto di abbacinante lume di candela grandiosamente riaccesosi in quanto, in cuor vostro, siete coscienti che di lei siete meravigliosamente innamoratissimi e inevitabilmente presi.

Godetevela finché potete in modo bollente. Poiché domani, invece, potreste morire anche all’alba. In modo terrificante.

Dunque, che cosa state aspettando? Di morire dentro, elevando il patetismo a uno stile di vita più fallimentare delle vostre scelte sbagliate e giammai redentesi nell’attimo di un infinitesimo gaudio straordinariamente estasiante?

Camionisti e viaggiatori delle highway americane e delle vostre Strade perdute da David Lynch più squisitamente delirante delle vostre giammai fantasie realizzate e perennemente irrealizzabili, al massimo, sostate di notte al locale From Dusk Till Dawn, memori giustamente dell’insuperabile Santanico Pandemonium, alias la superba Salma Hayek.

Attenti, però, a non venirne imprigionati, vampirizzati che sarete dalla sua estasiante beltà melliflua e succhiante ogni goccia del vostro residuo eppur scalpitante sangue spumeggiante. Sessuale e non.

Versatele da bere il vostro virile aroma incitante ad un amore caliente. Suvvia, riscaldate tutto l’ambiente, non siate vili, non fate i villici. Se volete conquistare una donna, sia costei anche una sanguisuga, forse non potrete offrirle una villa da George Clooney ma certamente potreste prometterle una gita sulle rive del lago di Como ove George si recò spesso durante le sue italiane vacanze, sperando in un modesto, sì, ma al contempo stupendo, eterno amore come ne I promessi sposi. Capolavoro letterario intriso di vertiginoso romanticismo impareggiabile dei più deliziosi.

Cioè, per farla breve, non piangete sul latte versato e sui globuli rossi dei vostri sanguigni, già trascorsi amori spermatici asciugatisi negli imperituri, più sterili, assai aridi e controproducenti, tormentosi rimpianti da zombi viventi oramai non più cazzuti.

Non magnificate ciò che fu o non fu in un periodo più remoto del tempo immemore, cioè semplicemente dimenticato, ubicato chissà dove nella vostra mente, glacialmente rivivificato nel rammemorarlo quando esso estemporaneamente riaffiora a esaltazione, sì, soltanto penosa, dei vostri glory days oramai, da tempo immemorabile, irrecuperabili e onestamente, attualmente non più avventurosi e focosi. Dimenticate subito questi oramai terminati momenti da ipocondriaci malati terminali, per quanto siano stati e siano ancora, forse, per voi indimenticabili. Esalterete, così facendo, solamente il patetismo delle vostre bruciate gioventù andate a puttane, elevando mestamente in gloria solo le vostre vite che ardimentose non lo sono più, immolandovi al piacere effimero del friggervi nell’illusione di beatificare perfino le passate delusioni più stronze e infime, bigotte e moralisticamente auto-castigatorie.

In poche parole, non crocifiggetevi mai più da conigli invero pieni di rancori. Non piangetevi addosso, basta, per piacere, con l’autocommiserazione a celebrazione d’uno spettrale vostro miserere ossessivamente imperterrito. Non impietritevi, io non m’impietosisco. Ma che siete degli storpi auto-castratori?

Scopate ancora la vita perché, tenetelo ben a mente, non è mica finita…

Sì, lo so, siete sfiniti, stanchissimi. Affaticati come se aveste corso per mille miglia senza bere un solo sorso d’acqua pulita. Oh, ottima e buonissima. Fidatevi, la vostra bile va soltanto depurata con la rinascenza temeraria delle più vivide e adamantine.

Eh già, non siete assolutamente morti. L’acqua effervescente, soprattutto delle vostre anime ancora frizzanti, ve lo giuro, sì, io so che lo sono, non costa molto. La vendono a pochi euro al primo supermercato vicino casa vostra.

Insomma, ancora vi bevete la cazzata secondo cui la vita è un viaggio senza ritorno, di sola andata e privo di possibili inversioni di marcia?

Basta svoltare l’angolo dopo aver pagato la cassiera, acquistando un’intera confezione di acqua naturale e potrete ancora bervela tutta d’un fiato in modo speciale. L’acqua facilita la digestione delle amarezze da alienati, da uomini forse mai nati e troppo presto ammainatisi, asciugando ogni vostra vigliacca, scoraggiante ansia poco amabile. Sì, lo sanno tutti che ve la state facendo soltanto nelle mutande!

Dunque, scolatevela alla grande, di dosso scrollatevi le tossine in eccesso. Tossite, espettorate ogni groppo in gola e maggiormente scioglietevi con più foga. La vita vi sarà ancora figa!

Sganciatevi dai luoghi comuni, dai modi di dire e di fare più abusati.

La vita non è un viaggio, la vita è la vita. L’acqua è la linfa primaria della vita. Infatti, se scarseggia si muore disidratati. Non vorrete mica morire pure di fame chimica? Oppure, peggio ancora, dar di panza di scoregge da merdosi poiché non sapete più amare un fresco mattino con la rugiada più letiziosa?

Divorandovi, per colpa dell’appetito nervoso, anche il vostro spappolato fegato arrugginito? Ah, siete odiosi.

Che siete, per caso, dei cannibali? Degli psichiatri antropofagi delle vostre follie da Hannibal Lecter assassini delle vostre vite da voi stessi mangiate vive in modo troppo precoce?

Siate ruggenti, risplendete lucenti!

La vita non è un viaggio che vive solamente di afflizioni atte a rifuggire, vilmente, un grigio vostro presente irrisolto.

La vita è come il grande Cinema, vale a dire un sogno stupefacente.

Sì, dovete risorgere!

Potrà finire male e potrà addirittura, prima dei titoli di coda, comparire la scritta The End dopo un pre-finale in cui moriste ammazzati.

Sì, ma stiamo parlando oramai della fine. Che vi frega come e quando morirete?

Se vinceranno i buoni oppure se perderanno i cattivi? Che, semmai, altri non sono che voi stessi? Tempo per essere buoni ne avete e avrete ancora. Datemi retta. La retta via non è del tutto perduta. Al massimo, può essere un po’ mal asfaltata per colpa d’un sindaco che non cura molto l’urbanistica.

Dunque, state calmissimi. Calmatevi, smettetela di guardare alla vostra vita da passivi spettatori arresisi alla scemenza e al fintissimo buonismo.

Siate, eccome, nuovamente grintosi, perciò affamati! Calorosi!

Avete finito di farvi i film migliori? Dunque peggiori poiché utopistici da insanabili, incurabili, stolti sognatori patologici?

Non affossatevi! Ora, uscite dal cinema, afferrate con le mani il volante della vostra macchina e in alto ancora volate. Attenti solo a questo: se accelererete troppo durante il viaggio, eh sì, potreste sbandare, schiantarvi oppure essere multati per eccesso di velocità.

Potranno ritirarvi la patente o potrete subire una fortissima, salata contravvenzione. Sono troppo pessimista, cinicamente realista e perfino moralista? Sono sol un uomo nero, dunque trasparentemente bianchissimo. Poiché so che la vita è come un’autostrada con molte carreggiate e piste. Sì, potreste entrare in un tunnel senz’apparente via d’uscita.

Auto-giustificandovi delle erronee vie che, durante il vostro irredimibile percorso, inseguiste e volenterosamente perseguiste, finendo ai piedi d’un bosco nerissimo.

Ma, in tal caso, dovete essere davvero sfortunati…

Personalmente, non mi successe mai di avere pienamente successo. Nemmeno, comunque, di entrare in galleria e rimanervi intrappolato a vita. Sebbene, al cinema, mi divertii molto, guardando Daylight con Sylvester Stallone.

Si sa, sono Over the Top.

E sarà dura farcela.

Basta anche con Amarcord di Federico Fellini e con La dolce vita da illusionisti solo dei ricordi di voi stessi, quindi da disillusi, oramai arenatisi, essiccati cuori delusi.

 

Comunque, non è vero. Non sono un uomo nero, sono noir ma mi sta benissimo anche il bianco.92245643_10216693908402968_4643096870904659968_o

 

di Stefano Falotico

I novant’anni di Clint Eastwood, indubbiamente, senz’ombra di dubbio alcuno/a, il più grande regista vivente, peraltro di tutti i tempi


28 May

eastwood falotico ghiaccio

Clint+Eastwood+20th+Annual+AFI+Awards+Awards+06_BA8uDhJul

Ebbene, partiamo subito con una freddura in puro stile eastwoodiano. O forse alla Falotico.

Se siete fra coloro che adorano i francesismi, leccando un cioccolatino della Perugina oppure qualcos’altro, mie donne, famose succhiatrici di qualcosa di tosto in modo mieloso, forse anche caramelloso, diciamo che partirei subito in mood battutista à la Falò. Uomo amabile ma anche permaloso, spesso odioso. Onestamente, bravissimo in maniera mostruosa.

Ecco, la battuta storica e assai stoica, forse solamente stronza, è questa: il mio ex amico migliore credette e crede tuttora fermamente, in quanto forse malato di resipiscenza, cioè d’una sindrome per cui chi n’è affetto, eh sì, non rivede mai i propri errori “giudiziari” nei confronti del prossimo ma soprattutto di sé stesso, persona con tutta probabilità assai anaffettiva, certamente affettata e parecchio affrettata, ecco… il mio amico, forse (a)nemico, ritiene che io abbia sofferto, soffra e sempre incurabilmente soffrirò di questa patologia:

http://www.psychiatryonline.it/node/1197

Al che, appena alzo la voce e do in escandescenza, mi scrive privatamente di assumere la corretta terapia psicofarmacologica al fine che, attraverso qualche castrante neurolettico molto tranquillante, mi taccia e venga… (per niente, ah ah) inibito a livello prettamente, oserei dire coattamente, fisicamente e sessualmente contenitivo. Mah, lasciatemi borbottare…, diciamo che il mio amico è ripetitivo, prevedibile nei suoi consigli altamente offensivi la mia innata signorilità distinta e, d’istinto, come un cane arrabbiato che andrebbe invece immantinente fermato e, nei suoi slanci insultanti, prestamente raffrenato e raffreddato, mi grida addosso e sbraita peggio di un lupo affamato la sua invidia da persona gelosa a sangue del sottoscritto che, a livello propriamente contenutistico, al momento, non ha un cazzo da dire e da obiettare in merito alle mie incazzature da romantico neorealista parimenti lucido e obiettivo come uno dei Clint Eastwood maggiormente d’annata, ovvero Walt Kowalski di Gran Torino.

Ebbene, fra 72 ore, Fino a prova contraria, Eastwood compirà novanta primavere. Mentre, dal prossimo 21 Giugno, sarà estate. Così come avviene dalla nascita del calendario cristiano, non so se adottato anche dagli uomini celtici di Stonehenge. Oppure dagli stolti che non sanno che, anche negli anni bisestili, Clint Eastwood uscì con un film all’anno.

Bene, dopo questa squisita, oserei dire presa in quel posto, detto anche ano, soave e delicata, perfino deliziosa nei riguardi del mio hater, il quale in cuor suo è in verità mio spregevole amante, in culo mio sicuramente no, ah ah, in verità impersonante Cacciatore bianco, cuore nero della sua ossessione hustoniana nei miei riguardi, direi di celebrare il “Monco”.

Cioè me stesso? In quanto, dal mio hater, io vengo definito un uomo con solo due espressioni?!

Cioè, parafrasando Sergio Leone nei confronti del suo Eastwood attore, una col sigaro del mio psichiatra e una col Poncho del mio non sapermi vestire come si confà a un uomo del nuovo millennio?

Mah, al mio hater, appena prova ad offendermi, rispondo puntualmente:

Al cuoreRamòn, al cuore altrimenti non riuscirai a fermarmi!

Sì, se avessi dato retta alle maldicenze del mio pusillanime ex amico infame, sarei ora in una casa di cura e non potrei vantarmi di avere avuto certamente meno donne di Eastwood ma, comunque, almeno qualcuna:

https://www.whosdatedwho.com/dating/clint-eastwood

Ecco, secondo questo sito, Eastwood ha avuto trentatré donne. Io, prima di compiere gli anni di Cristo, stetti per non usare mai la mia Magnum da Ispettore Callaghan, cazzo, con nessuna…

Eh sì, il mio amico fu più geloso di Jeff Daniels di Debito di sangue.

Mah, secondo me se io e lui ci riconciliassimo, eh già, saremmo ancora più Scemo & più scemo (Dumb and Dumber).

La mia vita fu come quella di Dumbo, diciamo più che altro da The Elephant Man, la sua fu forse solo sofferente di elefantiasi. Cioè, senza una stampella, non gliela può fare da solo, manco adesso.

Monchissimo! Moscissimo!

Per caso, soffre di artrite, è arteriosclerotico oppure è ridotto a uno stato psicofisico di semi-coma neurovegetativo, peggiore di me stesso, il Falotico, dopo che mi fu effettuata una diagnosi psichiatrica che non starebbe in piedi neanche come Gian Maria Volonté/Indio, in Per qualche dollaro in più, dopo che il Colonnello Mortimer gli sparò con prontezza di riflessi e freddezza, per l’appunto, devastante?

Poiché, guardate, non sono affatto suonato malgrado, ve lo garantisco/a, non sia effettivamente idilliaco subire una sedazione per colpa di giochetti bullisti similmente associabili allo stupro commesso alla sorella di Thao…

– Che vorresti dire?

– Quello che ho detto…

È veramente orribile essere deprivati dei propri anni migliori, sfiancati nella propria virilità come il De Niro di Flawless che volle soltanto amoreggiare con Wanda De Jesus e invece gli diedero del cuore di cane, anzi di donna Graciella Rivers… Trovandosi, perciò, a battagliare per la propria dignità come Hilary Swank in Million Dollar Baby. No, non è Un mondo perfetto. E forse alcuni dolori nel basso ventre puoi curarli, semplicemente smettendo di assumere farmaci inutili, ma non puoi rialzarti se finisci come Eluana Englaro. E che fai? Chiami Al Pacino di You Don’t Know Jack o preferisci un’eutanasia dolcissima da Frankie Dunn? Esiste anche la terza possibilità. Non gettare la spugna, fottersene e indagare alle origini di ogni ipocrisia da Mezzanotte nel giardino del bene e del male. Se non gliela farete a smascherare figli di puttana bastardi quasi quanto Gene Hackman di Potere assoluto, no, non vendicatevi del vostro “porco” Little Bill Daggett. Parliamo della vita reale. Ad Anna Thomson/Delilah Fitzgerald rimarrà sempre l’indelebile cicatrice da sfregiata in modo poco pulito, (im)punito. Ma io non sono cieco come Pacino di Scent of a Woman. Al Pacino, esattamente colui che sconfisse Eastwood come Best Actor nell’anno di Unforgiven.  Sì, esistono eccome le protesi per un’anima mozzata o soltanto smorzata e demoralizzata, assolutamente non demolita. Non date retta alla retorica di Martin Brest. Mi pare inoltre che siamo tutti oramai cresciuti per farne una tragedia come in Richard Jewell. Comunque, che film capolavoro! Se qualche terrorista attenterà alla vostra vita come in Ore 15:17 – Attacco al treno, dimostrategli che la patente di senza palle gliela ficcate ove dico io. Sì, come Eastwood, sono The Mule. Mi assunsi e ancora assumo ogni responsabilità della mia trascorsa ingenuità. Fui talmente puro che fui scambiato addirittura per uno stronzo socialmente troppo duro, dunque da “internare” e intenerire con le assurde teorie eugenetiche della mentalità poco umana da scienziati dei miei coglioni dal DNA umano veramente merdoso. I cattivi, invece, dovrebbero essere assunti in drogheria come Sean Penn di Mystic River. Poiché, a mio avviso, non sono traumatizzati come Tim Robbins. Non sono neanche tanto svegli ma soltanto drogati. Se non v’è piaciuta la “sparata”, riguardate Il texano dagli occhi di ghiaccio e comprate il libro ficcatovi sopra.

Ah, per la cronaca, non quella nera, io sono uguale sempre più a Sam Rockwell.

 

di Stefano Falotico

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