Ieri sera, in uno slancio orgoglioso dei miei sentimenti voraci, sulla bacheca di un amico, che capirete bene chi è, scrissi questo, testuali parole: ho sentito dire che Federico Frusciante non dovrebbe parlare di Cinema perché non ha una laurea al DAMS. Ma chi è questa gente? Siamo invasi dai fascisti della cultura. Una, su Twitter, mi scrive invece che io non dovrei parlare di Letteratura perché non ho una laurea in Lettere. Ma in che mondo viviamo? La gente pensa, ancora, nel 2017 inoltrato, quasi 2018, che serva la LAURA, come diceva Totò, per parlare di Arte e Cultura? Mi sembrano degli ostracismi ideologici del peggior nazismo.
Al che, come sovente capita, vengo invaso da Mi Piace e commenti di approvazione che comprendono bene il mio sintetico pensiero, e lo apprezzano largamente.
C’è chi scrive questo: Federico mi ha aperto le porte a una conoscenza della settima arte trasversale ed eterogenea. Non è un critico, ha molte sbavature e non è perfetto… difetti che in realtà costituiscono un reale e concreto vantaggio differenziale rispetto a buona parte di quello che circola in rete, spesso patinato e scevro di veri contenuti. Nel Frusciante si può notare l’orgoglio di un proletariato che, come diceva Walter Benjamin, rivendica un legittimo interesse per il cinema: un interesse all’autoconoscenza come individui e alla conoscenza della propria classe. Da qui la critica all’industria cinematografica che corrompe questo legittimo interesse, spronando le masse a partecipare a eventi di contingenza, sulla base di un fittizio ma pervasivo apparato pubblicitario.
Il Frusciante può piacere o meno, può evolversi o involversi come tutti noi esseri umani nella nostra quotidianità, ma se c’è una cosa di cui sono convinto è che, non solo può, ma DEVE poter parlare di cinema, musica, politica etc…
A questo bellissimo commento, che esplicita ciò che io avevo fatto intendere tra le righe, arriva a sproposito, inopportunamente, un intervento che ha dello sgraziato più screanzato, che stona col clima di armonia che si stava instaurando, che spezza gli equilibri soavi del libero scambio di opinioni, un commento che ha dell’incredibilmente faceto e arrogante…
Cosa c’entra il “nazismo” che non esiste ed è un sostantivo inventato?
Guarda che nel Nazionalsocialismo si premiava proprio la vera cultura, si sosteneva esattamente la stessa teoria che stai esprimendo tu…
Innanzitutto, va detto che “nazismo” non è certamente un termine inventato, è il sostantivo che, per facile convenzione, “definisce” il nazionalsocialismo, e non ho certo bisogno di maestrine che mettano i puntini sulle i per insegnarmi cosa sia. Ho perfino scritto un libro, Il cavaliere di Berlino, che narra di una storia nazista. Sì, quindi quando cito questo termine “erroneo” ho piena cognizione di causa e non ne parlo per puro sfoggio retorico, a differenza di questi “sapientoni” che ci tengono a “precisare” con quella meticolosità boriosa tipica proprio di tal sprezzante “cultura”. La stessa a cui alludevo io…
Sì, avrei dovuto essere più specifico, e usare la parola classismo, per non creare confusione, ma non sarebbe suonata così forte. Oppure avrei dovuto dire fascismo. Per “nazismo” intendevo quella “cultura” razzista, superbamente elitaria, che brucia ciò che considera inferiore. Il nazismo, se non sbaglio, propugnava, travisando parecchio Nietzsche e strumentalizzandolo, la “cultura” del superuomo, uomo visto come prodotto della presunta, pericolosissima “superiorità”. Che dunque non accettava, anzi “ammazzava” chi era diverso da lui.
Chi ha letto bene fra le righe, ha inteso benissimo cosa intendevo con quell’apparente “pressapochista” definizione di nazismo.
Poi, giustamente, intervengono persone che ribadiscono che titoli accademici e posizioni cattedratiche raramente vanno di pari passo con la Cultura con la C maiuscola, perché spesso sono funzionali soltanto a far sì che certe persone “colte” cementino i loro privilegi di casta, di autorità che reprime coloro che non la pensano come loro. Un “basamento” del ricatto psicologico per spegnere e annichilire la libera democrazia del pensiero, usando in maniera estorsiva il pezzo di carta per “attestare” che hanno, a prescindere, ragione, e quindi ogni altro tipo di ragionamento non può avere la “credenziale” della credibilità. Insomma, quelli che, sulla base di una presunta superiorità intellettiva, schiacciano il prossimo, non gli danno diritto di parola, e coercitivamente lo vogliono sigillare nel mutismo. Snobbandolo o facendo spallucce “simpatiche”. Avete capito…
Siamo invasi da gente che vuole rimpicciolire gli altri dall’alto della presunzione, dall’alto di facili e invero scricchiolanti piedistalli che poggiano soltanto sulla retorica più insulsa, sulle prese di posizione/i aprioristiche, che basa, essendo appunto classista, il rapporto sociale, già sulla distinzione, sulla schematica scrematura, sull’annientamento dell’individualità secondo parametri assai fallaci e in verità tracotanti e pretestuosi.
Al che, uno mi viene a chiedere dove io mi sia fatto tanta cultura.
Gli rispondo come Max Cady… Prima, l’alfabeto del mago Merlino, poi le avventure di Max il Leprotto…
Ah ah.
di Stefano Falotico