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In un annus horribilis, funestato dal Covid, ci accingiamo alla prossima notte degli Oscar in religioso silenzio contro le scriteriate opinioni sballate di Mereghetti poco d’annata ed evviva ogni Spielberg di fantascienza rinnovata!


19 Apr

nomadland mcdormand

Che sia dannato o di migliore annata, l’importante è che il Cinema venga totalmente ripristinato ai suoi antichi fasti e ardori. Dunque, sta per ripartire la festa. A lei, signora della notte nera, non parte la Ford Fiesta? Io sono Arthur Fonzarelli, cioè Fonzie dei glory days di Bruce Springsteen. No, di Happy Days. Sono il Boss della canzone I’m on Fire. Le aggiusterò tutta la carrozzeria, smaltandogliela… Che sia il venturo 2022 un annus mirabilis da 2001 kubrickiano. Ah ah. Ah, mie uomini spregevoli e sprovveduti, ammalativi non di COVID-19, bensì della peggiore A.I.

Partiamo col pezzo da David Fincher, no, da David Foster Wallace italiano di falotica, astrusa e cervellotica scemenza cazzuta, spero, geniale o soltanto pedagoga, probabilmente educativa, dunque comparativamente simbiotica o solo sinonima, soltanto psichiatrica per diagnosticare ogni falsa intellighenzia da reparto pediatrico, cioè infantile e adatta a un mondo di deficienti che si credono adulti sapienti. Che tromboni deprimenti!

Eh sì, gran parte dei film candidati quest’anno agli Oscar non sono affatto piaciuti a Paolo Mereghetti, critico da “colonne portanti” della pagina Spettacoli del Corriere della Sera oramai da anni… irrecuperabile, no, volevo dire non ancora, pensa lui, pensionabile. Paolo è, a tutt’oggi, attendibile? Paolo, entrato da dritto o di diritto in tutti gli annuari ciclopici, no, enciclopedici della Critica recensoria dei film, no, nell’immaginario cinefilo collettivo soprattutto as Il Mereghetti, auto-sottotitolato(si) Dizionario dei Film. Che, a scadenze regolari, viene perennemente aggiornato e rivisto a mo’, forse, di Ciak la rivista generalista per eccellenza della nostra povera Italia popolaresca ove tutti si dilettano a essere tuttologi della min… ia, imparando bieche pappardelle a memoria estrapolate dalla terribile Wikipedia iper-qualunquista che è stata portatrice di danni disumani alla coscienza umana stessa non solo dello spirito critico dell’attuale Critica cinematografica, bensì della vita in generale. Parcellizzata, così facendo, da pseudo-caporali neo-laureati col Bignami che tengono molto in auge la falsa intellettuale Daria Bignardi.

La terribile, temibile, statene lontani, Wikipedia! Vade retro, Satana!

“Legalmente” letale per ogni tardo-adolescente e uomo ancora in fase puberale-adolescenziale auto-ingannevolmente persuasosi che basti enumerare ed elencare, un tanto al chilo, informazioni sterilmente nozionistiche assai superficiali per fare colpo su qualche ragazzina speciale che penderà dalle sue labbra fintamente ebbre e fameliche di scibile saccente più indigesto di un tiramisù mangiato assieme alla pancetta non di McDonald’s ma del suddetto panzerotto prematuramente sovrappeso, manco fosse un commendatore dalla panza piena, per l’appunto, della Destra più salviniana, ché s’atteggia da adulto in modo spaventosamente incosciente, sfoderando una classe (ig)nobile da pubescente amante della Scienza più falsamente acclarata sulla base precaria di conoscenze sommarie e assai provvisorie, improvvisate, più che altro da somaro incredibile.

Si crede dio ma non vi crede, contesta perfino Buddha, soffre di manie di onnipotenza da far paura all’anticristo e ragiona per stereotipie imbarazzanti e raccapriccianti, approntando tesi assurde da mettersi le mani nei capelli. Ha un diavolo per capello? Dinanzi a questo qua, un quaquaraquà, urliamo: oh, Signore, salvaci tu da costui, oh Gesù!

Egli cattura info filtrate e recepite unicamente in maniera mnemonica e assai stolta da demente sesquipedale ché crede, essendo un idiot savant impresentabile anche a Forrest Gump, di rappresentare invece l’esatto contrario, vale a dire il fenomeno “paranormale”. Egli s’interroga studiatamente, come no, sui fenomeni scientificamente irrazionali, dunque anormali. È un fenomeno anomalo o sol anonimo che, ahinoi, si sta espandendo a macchia d’olio.

Uomini di vera cultura, secondo voi, a quale generazionale fenomenologia possiamo accludere tale ragazzo inutile? Ah, quanta ignoranza abissale! Questo qui è inclassificabile ma tutto vuole catalogare e vivisezionare! Intanto, lei abbocca a tale semi uomo frequentante la rinomata Bocconi degli esaltati e stupida, no, rimane stupita dagli effetti speciali non della più avanguardistica CGI, bensì dell’androide bambolotto robotizzato dalle enciclopedie online scritte e redatte da androidi peggiori di lui. Lei perde cretinamente la testa per tale deep fake vivente in grado soltanto d’imbrodarsi e d’imbambolarla, recitando, a mo’ di Laurence Olivier de no’ a(l)tri, un numero d’informazioni impressionanti da lui diligentemente imparate, per l’appunto a memoria, più che altro appuntate, per fare bella figura dinanzi alla sua immagine allo specchio da Amleto della situazione ben conscio di non essere manco sanamente pazzo come il principe di Danimarca dell’omonimo capolavoro scespiriano. Egli è una tragedia incarnata davvero plateale. Platea, ridete, dai, su!

Sì, non è colto come Kenneth Branagh eppur dice di adorare Orson Welles, semplicemente perché non ha mai invero visto un suo film per intero ma, dinanzi alla sua immagine fessa, no, riflessa… nota che l’unica, incontrovertibile somiglianza immediatamente ravvisabile con Orson, eh già, è la misura extralarge non del cervello, bensì della taglia dei pantaloni da puro coglioncello cresciuto a meme, hotdog, la peggiore PlayStation e tante assortite, affini idiozie videoludiche tanto belle… Sì, egli è Cicciobello. Costui è una capra, un penoso cartone animato, un barboso e barbuto caprone dell’Argentario e confonde Luca Argentero con l’oro colato. Sì, su questo ha ragione, Argentero non è propriamente un attore molto dotato, no, dorato, gliene devo dare atto. Sebbene, debba io ammettere, altresì, che Argentero sia molto adorato. Da chi?

Stavolta, inconsapevolmente, confondendo gli asini dell’Argentario col pastore tedesco, mandriano della recitazione in cerca di pecorine, no, pecorelle smarrite, il ragazzo pecoreccio alla Ezio Greggio che denigra Dario Greggio in modo tristemente televisivo, essendo lui cresciuto con Striscia la notizia, colpì nel segno a mo’ di arciere di The Witcher. Ah, le ancelle amanti del pesce lesso Henry Cavill, il quale è più inespressivo del vero cacciatore di streghe del videogioco omonimo, sono sue fan accanite, dicasi anche frustrate mai viste che vedrei bene nel prossimo film di Robert Eggers, no, di Dario Argento. Nei panni delle donne educande, prede vulnerabili che manco un serial killer vorrebbe trombare, no, sgozzare perché poi Barbara d’Urso lo inviterebbe a qualche trasmissione ereditatale, ereditale se amate la scrittura aulica, ereditaria se credete che il DNA si trasmetta in base alla genetica dell’albero genealogico. Ah ah. Ereditale, non L’eredità, altra boiata bestiale. Ah, il nerd odierno altri non è che il ritratto terrificante del profilo psicologico di un omicida seriale di cazzate co(s)miche che non ebbe le palle, a differenza di Buffalo Bill de Il silenzio degli innocenti, di confrontarsi almeno con un’appassionata del Cinema di Jonathan Demme. La vera amante di Demme si può riconoscere immantinente con un facilissimo quesito. Le si pone, davanti agli occhi, la scritta stilizzata Philadelphia (qui, corsivizzata). Se, alla domanda, lei cosa vi vede?, vi risponderà Tom Hanks, è apposto. Se invece vi replicherà, a mo’ di replicante bellissima ma tontissima come Sean Young di Blade Runner, vi vedo una sottiletta Kraft, è adattissima per il tizio tozzissimo e “tostissimo” sopra (de)scrittovi. Costui confonde il logo di Batman di Tim Burton con le macchie di Rorschach. A proposito di Orson Welles e Burton, lui è il nuovo Ed Wood. Piaciuto l’ammiccamento cinefilo?

La personalità di questo qui è racchiudibile, se volessimo essere sbrigativi in modo empirico e direttamente proporzionale ai suoi giudizi banali e precipitosi, schematici e insostenibili, a quella d’un ragazzo impubere ed ebete che considera il Batman, con Robert Pattinson, un vero capolavoro. Il film non è ancora uscito ma lui è già addivenuto a tale conclusione apodittica perché è appassionato di Matt Reeves e pensa di essere un genio come Andy Serkis… In verità vi dico che non è Serkis/Cesare e neppure il King Kong di Peter Jackson. È Gollum!

Ma non perdiamoci col bamboccione-bambagione-“bonaccione” nient’affatto bonazzone. Egli non è Bonaccini, il governatore emiliano-romagnolo, neanche Sean Astin, inconfondibile hobbit. Ha degli hobbies?

Lui è Sean di Stranger Things.

Ma ora torniamo a Paolino Paperino, no, a Mereghetti e alle sue fenomenali papere incommensurabili. Il Mereghetti!

Esagerato tomo di matrice archivistica da esegeta della mutua o da recensore d’un vademecum indispensabile, di stellette indicative, per ogni giovane marmotta? No, per ogni ignaro della Settima Arte che a quest’ultima si volesse approcciare ed alfabetizzare a mo’ di Bob De Niro/Max Cady di Cape Fear. Il quale, dopo essersi “acculturato” con Max il leprotto, si laureò senz’attestato in Giurisprudenza da avvocato del suo povero diavolo leninista-stalinista un po’ sciroccatamente comunista e vendicativo-giustizialista contro un ipocrita da cui non fu doverosamente difeso ma malvisto, incarnato da Nick Nolte, un immenso bigotto fascista! Classico uomo piccolo borghese che riterrà le teorie di Mauro Biglino, da quest’ultimo emesse contro ogni cattolica messa e contro la Sacra Bibbia in modo giudicato blasfemo, eh sì, una bestemmia meritevole del suo moralismo anacronistico non aperto al revisionismo più possibilistico. Sì, Nick Nolte reputa Biglino un biblista, no, un ballista. Mereghetti, invece, non ama molto JFK di Oliver Stone, in quanto da lui reputato un film troppo retoricamente complottistico. Allo stesso tempo, però assegna quattro stellette a Una storia vera di David Lynch, ritenendolo una chandleriana poesia dolente della quotidianità più mansuetamente lirica. Mentre, all’identico Nomadland di Chloé Zhao dà un voto mediocre. Sostenendo pazzescamente che la regista, in modo troppo ricercatamente minimalista, pare essere più di Sinistra, no, preoccupata di riprendere un bel tramonto da Sol levante con in sottofondo la musica suggestiva di Ludovico Einaudi, maestro delle colonne sonore intimiste, anziché spiegarci il pietismo-patetismo ingiustificabile di una donna che, in fin dei conti, potrebbe superare il lutto incolmabile della tragica perdito del marito, andando a letto col personaggio interpretato da David Strathairn.  Sì, che riempisse la ferita dell’animo non cicatrizzabile (solo quella?), con una scopata indimenticabile! No, Frances non vuole cornificare suo marito, anche se lui è morto e sta lassù fra le stelle. Per addolcire il fegato amaro, forse mangerà un maritozzo.

E Mereghetti questo non lo capisce. Testardamente! Così come non capisce perché il Serpico di Sidney Lumet, alias Al Pacino, denunci i colleghi corrotti per rovinarsi la vita. Eh già. Aveva pure la biondona e un buono stipendio, suvvia, pirla! Bastava che si prezzolasse e non sarebbe finito “pateticamente” barbone.

Secondo il “metodo scientifico”-ermeneutico alla Umberto Eco, no in stile mereghettiano, perché Paolo, se la pensa in maniera così intransigente, assegna allora tre stellette a Gli invisibili con Richard Gere?

Paolo afferma perennemente che il grande Cinema debba evocare suggestioni suadenti senza la pretesa di voler insegnare alcunché a scopo pretenziosamente didattico, cioè deve raccontare una storia senza necessitare di scolastiche spiegazioni pallose. Mi spiego? Però non si spiega come mai Paolo veneri giustamente La morte corre sul fiume ma abbia ritenuto troppo ermetico Mank di Fincher. A tal proposito, Mereghetti asserisce altresì che non importa se la storia narrata in una pellicola sia romanzata o meno. Però, idolatra Rashomon e non concepisce, allo stesso tempo, perché mai il defunto padre di David Fincher, prima di morire, abbia voluto riscrivere la genesi di Quarto potere.

In verità vi dico che Mereghetti adora donne da Un uomo tranquillo di John Ford, da lui molto Joe D’amato, no, amato. Paolo si delizia con donne osé, no âgée, calme e sensibili, forse solo senili come Piera Detassis e dunque Paolo non può essere un John Lennon ante litteram con la Yoko Ono di turno. Secondo me, Paolo dovrebbe guardare qualche film con attrici da “Oscar” quali sono le asian girl(s) del Cinema ove si recò Travis Bickle di Taxi Driver, al fine coerentemente, mentalmente masturbatorio di stimolare le “palline vuote” che dà molto alla cazzo di cane, come si suol dire, ai film da lui stroncati e censurati, no, castrati, no, fottuti con disdoro da critico impeccabile pagato a peso d’oro. Scusate, si è fatto tardo e una tardona, no, tardi. Dopo aver rivisto Il processo ai Chicago 7, voglio guardare Borat 2.

Domanda per ogni Mereghetti in erba: Forrest Gump e John Lennon, i quali compaiono assieme in chissà quale film… di Robert Zemeckis, sono entrambi idioti o tutti e due sono dei geni inarrivabili? Geni inteso in senso metaforico e/o lato, non b. Insomma, sono geniali o, in base alla genetica di ciò che nasce dall’accoppiamento dei genitali dei genitori, sono nati male? Sono degli aborti? Imagine… cantò John. E certo… Utopia purissima. Se fosse ancora vivo, Lennon saprebbe spiegarmi come mai una donna stupenda va, per esempio, da un ragazzo down e lo tratta con compassione? Poi, mentre accavalla le gambone, gli porge un sorrisino delizioso e stronzissimo, dicendogli: – Sei un bel ragazzo, ce la farai, dai. In bocca a lupo, bello guaglione.

Quindi lo saluta da volpona, forse da lupona, sposando il ricco rincoglionito Mick Jagger. Tanto privatamente la dà a un toy boy da Madonna-Ciccone. Sì, in effetti John Lennon era un genio. Non aveva capito un cazzo della vita, vero? Sì, era un simpatico idiota. Ovviamente… Mentre il personaggio della McDormand di Nomadland, secondo Mereghetti, è una vecchietta maschilista in menopausa, no, una femmina dai tratti mascolini, altresì machista con Maciste, no, masochista che potrebbe tranquillamente godersela perché è inutile, a suo avviso, penarsi e piangersi addosso, volendolo prendere in culo ingiustificatamente e inconsolabilmente a raffica.

Mereghetti è uguale a John Lennon o a Forrest Gump? Su questa domanda da futuri premi Oscar, no, Pulitzer o Nobel, vi lascio segarvi di elucubrazioni affinché possiate fornirmi una risposta da intelligentoni oppure da coglioni? Comunque, in passato disprezzai Tom Cruise. Penso che Tom sia Jerry, no John Lennon. Disse che gli psicofarmaci non servono a nulla, sono soltanto un palliativo e un alibi artificiale per non ammettere di non farcela in questa vita che è durissima. Sì, il mondo è duro come qualcosa in mezzo alle gambe davanti a Nicole Kidman tutta ignuda. Ecco perché Tom è the man, è Tom Cruise, sì. Perché è un grande attore. E spinge di burro, no, di brutto. A Tom Cruise non interessava essere Stanley Kubrick. Ma, sul set di Eyes Wide Shut, si alzava alle tre del mattino e, se Nicole di bagnava, no, se lui sbavava, no, se sbagliava la scema, no, la scena, la rifaceva altre mille volte sino alla mezzanotte. Perché era ed è il suo lavoro essere Tom Cruise. Non voleva e non vuole essere Albert Einstein o Freud. Infatti, Tom è un genius. Einstein o Freud erano due imbecilli peraltro anche molto esteticamente e fisicamente cessi. Il primo elaborò la teoria della relatività. È per colpa, infatti, di Einstein se ci siamo sorbiti quella puttanata galattica di Interstellar. Nel 2021, la verità è che siamo ancora coi piedi per terra. Altro che odissee nello spazio. La gente vorrebbe andarsene da questo pianeta di morti di fame e baldracche ma non può raggiungere una galassia lontana. Cosicché, prende la vita a culo, osservando il fondoschiena di una donna astrofisica? No, super figa dal cognome Galassi. Mica la compianta Margherita Hack! Allora, si spara i film e, per non spararsi in testa, va a farsi curare, più che altro inc… are da psicologi freudiani. Che li psicanalizzano da porcelli anali, no, rifilando loro parcelle esosissime mentre imboccano l’infermiera di Arancia meccanica. Di mio, mentre i miei coetanei sono invecchiati in quanto “arrivati” chissà dove, grazie alla mia “pazzia” equilibrata, sono ritornato bello come Tom Cruise? No, come Cooper. Cooper, chi? Gary o McConaughey della stronzata spaziale di Nolan succitata? Io sono l’agente Cooper di Twin Peaks. Sapevate che sarei tornato. La vostra scienza come se lo spiega? Mereghetti, invece, darà finalmente, prima o poi, quattro stellette dell’Orsa Maggiore a Figli di un dio minore?

Ora, se vogliamo scherzare, diciamo pure che sono un bambinone. Se vogliamo parlare seriamente, sono di un altro Pianeta e su questo non ci piove. Dunque, attaccatemi e deridetemi ma arriverà La guerra dei mondi. Arriverà il dolore! Evviva la fantasia più limpida e linda, evviva Steven Spielberg e il suo Cinema “infantile!”. Perché solo chi resta Peter Pan può amare alla follia la vita e il Cinema!

hook robin williams

A tutti gli altri, lasciamo il loro cinismo da vecchiacci, da ritardati, da gente che abbisogna di diagnosi e speculazioni deduttive per non rendersi conto di essere il nulla. Essi vivono o essi sono un immane buco nero? Ricordate: il buco va riempito! Ah ah.

Stephen Hawking non poté, io sì.

 

di Stefano Falotico

Il problema della CGI di THE IRISHMAN sarebbe da applicare tout-court a un mondo nato vecchio da ringiovanire! Dobbiamo sognare!


27 Jul

de niro the irishman

gangsfalotico

Cap. 1: che storia che sta diventando The Irishman

Eh sì, forse stavolta Martin Scorsese ha commesso il primo, vero passo falso, inaspettato da lui stesso, della sua carriera.

O meglio, non equivocatemi. Non voglio certamente affermare che The Irishman sarà un’opera sbagliata oppure un capolavoro imperfetto come Gangs of New York. Film verso il quale si nutrirono aspettative smodate, film del quale personalmente seguii ogni passo, anche il più microscopico o gossiparo, della lavorazione, pellicola per cui si scatenò un hype esagerato pari forse a quelle che oggi serbiamo, appunto, per The Irishman.

Gangs og New York, un film però sgangherato. Forse perfino sgarrupato, scalognato, addirittura scalcagnato. Con un incipit e un prologo piuttosto sensazionali, con un Daniel Day-Lewis grandguignolesco, monumentale sebbene a tratti caricaturale nella sua recitazione un po’ caricata da chi, dopo il suo auto-esilio da ciabattino fiorentino, si pavoneggiò eccessivamente del suo comeback, interpretando il suo villain con troppa baffuta arroganza e qualche birignao inopportuno e fastidioso.

Un film sorretto dalla fotografia del grande Michael Ballhaus e tenuto magistralmente in piedi dalle maestose scenografie di Dante Ferretti. Ricreate a Cinecittà dopo che De Niro, inizialmente designato per il ruolo andato poi a Day-Lewis, vide il suo sogno andare in frantumi.

Sì, conoscete la storia? De Niro, in concomitanza con l’allora ancora potente Weinstein, prima dunque della caduta rovinosa di quest’ultimo, sognò di realizzare un mega-studio a New York. Ove si sarebbero svolte le riprese proprio di Gangs of New York.

Ma il sindaco Rudolph Giuliani, dopo aver ripulito Hell’s Kitchen, smantellò pure ogni speranza di Bob, tarpandogli le ali. All’inizio, Giuliani gli concesse il suo nullaosta, quindi all’improvviso cambiò idea e mandò in fumo ogni sogno deniriano di gloria. A suo avviso, infatti, una volta eretto questo fantomatico, tutt’ora fantasmatico, ah ah, studio cinematografico di proporzioni faraoniche, le mappe topografiche della Big Apple sarebbero state macchiate, ah ah, da una sbavatura di colore nero come il carbone.

Sì, non sto scherzando. Giuliani fu convinto che i tetti neri dei caseggiati degli studios dello studio stesso avrebbero deturpato il quadro geografico dell’insieme.

Perciò, Scorsese optò in extremis per Cinecittà, chiedendo a Ferretti di ricostruire la Nuova York, descritta nel libro di Herbert Asbury da cui trasse il suo film, alla periferia di Roma, a pochi passi peraltro dagli studi televisivi di Mediaset che ospitarono in quel periodo la prima edizione del Grande Fratello.

Infatti, quando vidi la prima edizione del Grande Fratello, la prima e ultima da me vista, temetti che Cristina Pleviani (la vincitrice), durante i suoi amplessi con Pietro Taricone (pace all’anima sua…), sarebbe stata interrotta sul più bello, cioè nel momento topa, no, topico del sopraggiunto, prossimissimo orgasmo, dai rumori tonanti dei fuochi artificiali della festa notturna di Gangs of New York nella quale Day-Lewis, come sapete, cammina come un porco, tutto tronfio e a testa alta, gigioneggiando cazzuto.

Non sto schizzando, no, scherzando. Potete controllare su Wikipedia. Vedrete che tutto coinciderà. La prima edizione del Grande Fratello si tenne durante i ciak di Gangs of New York.

Invece, nonostante la Plevani, all’esplodere… dei fuochi pirotecnici, spaventatasene, si scostò dal sesso scalmanato di Pietro, Taricone non desiderò affatto il coitus interruptus e deflagrò ugualmente da vero Guerriero indomito e infermabile.

Che uomo incandescente, un lavico fiume in pene, no, piena…

Sì, mi dispiacque molto per la morte di Pietro. Fra l’altro, io avrei dovuto chiamarmi come lui.

Sì, conoscete la tradizione meridionale dei nomi, no?

Cioè quella secondo cui al primogenito si dà il nome del padre di suo padre, ovvero di suo nonno paterno?

I miei genitori, originari della Lucania, però non amarono né amano ancora oggi il nome Pietro e scelsero perciò Stefano. Discostandosi dalle regole auree del casato araldico, diciamo. Mio nonno s’infervorò, di rabbia s’infuocò e per molti mesi non rivolse parola ai miei genitori. Sfogando i suoi peggiori istinti bollenti su mia nonna. Mio nonno, il quale ora sta lassù, deve ringraziare i miei genitori se in quei giorni scopò mia nonna come dio comanda. Ah ah.

Sì, mio padre e mio zio deve averli partoriti durante una delle sue crisi incazzate-toste.

I miei genitori, comunque, per tranquillizzarlo e farlo contento, mi affibbiarono un secondo nome fittizio, diciamo, ah ah, all’anagrafe, cioè Piero.

Cosa? Sì, Piero anziché Pietro. Doppia presa per il culo e mio nonno, a quel punto, esaurite le cartucce sessuali, volle vendicarsi alla stessa maniera di DiCaprio/Amsterdam.

Urlando e minacciando, coi coltelli di cucina, ritorsioni punitive:

– Ma che razza di nome è Amsterdam? No, scusate, Piero! Ucciderò il nascituro!

 

Invero, nella notte della mia nascita, si schierò in prima linea con tanto di fazzoletto in mano e un cardiologo che gli misurò i battiti ventricolari andati su di giri per via della commozione emozionale.

Ah ah.

Sì, alla prima edizione del Grande Fratello, fratelli e sorelle, consanguinei e non, sanguinari o mangiatori del sanguinaccio, partecipò anche un uomo verace e vesuviano di Napoli. In realtà di Siracusa. Vicina all’Etna.

Vale a dire il tuttora imbattuto peso massimo di una delle maggiori stronzate della Storia e della Letteratura mondiale a tiramento di culo, il leggendario Salvatore “Salvo” Veneziano.

Colui che ebbe l’ardire di dire che Dante Alighieri non era morto perché l’aveva visto pochi giorni prima a Forum. Sì, scambiò Dante per Sante Licheri.

Un’ignoranza paragonabile a quella di Rocco Casalino. Uomo d’indubbia protervia e inconsapevolezza dei suoi limiti che all’epoca criticò aspramente Cecchi Paone e ora invece fa il pavone per i 5 Stelle.

Sì, Rocco è adesso il nuovo conduttore di Io sto con la natura, non lo sapevate? Ah ah.

Paone invece, da accademico giornalista di format storico-geografici di spicco, fu scelto per partecipare a una recente edizione de L’isola dei famosi.

Sì, Paone coltivò imperituramente il sogno di diventare l’Indiana Jones italiano ma, sinceramente, malgrado la sua preparazione e la sua acculturazione rilevante, non ha mai avuto né avrà oggettivamente la carismatica statura dell’Harrison Ford meraviglioso che fu.

Ecco, torniamo a The Irishman, nuovamente. Non perdiamoci in avventure nostalgiche, non smarriamoci in ricordi adolescenziali da Spielberg.

Sì, non vedremo The Irishman nemmeno a Venezia.

Quindi, c’è qualcosa che non va, anzi, non sta andando per il verso giusto.

D’altronde, al momento abbiamo solo potuto visionarne un trailer che invero trailer non è, dato che non si vede niente. Al massimo, abbiamo scorto una pallottola che gira come i coglioni che vi faccio girare io quando me la tiro da De Niro e Al Pacino e le voci off dei due mostri sacri appena menzionativi.

Eh già, a quanto pare, gli effetti speciali per ringiovanire gli attori sono poco convincenti.

Vanno rifatti daccapo.

Il film non è ancora incredibilmente pronto. I costi stanno lievitando a dismisura.

I tecnici del reparto effettistico non sono riusciti, appunto, a generare degli special effects efficaci e degni di nota.

Non è però, in fin dei conti, un grosso problema. Suvvia!

Si dovrebbero, secondo me, affidare al sottoscritto. Il quale calzerebbe a pennello nei panni di Frank Sheeran/De Niro da giovane. Assegnandomi anche i ruoli giovanili di Pacino e Pesci.

Sì, sono più camaleonte di De Niro, fuori dal tempo come Marcel Proust, a mio avviso il tempo non esiste.

Per me ieri è oggi e domani è ieri.

Io ricordo tutto, so portare il mio stato mentale indietro nella mia memoria storica, oserei dire antologica e mitologica. Forse a volte stolta ma soprattutto stoica.

Voi invece (vi) raccontate molte balle. Fate i fighi ma siete appassiti, appunto, da tempo immemorabile.

Disconoscete anche il vostro passato. Il passato personale non va mai sconfessato. È in virtù dei traumi e delle ferite patite che ci si fa uomini e non Butcher…

Per esempio, quel tipo lì, già di una certa età, ancora mente alla sua famiglia in merito ai suoi attuali meriti. Perché invece non racconta loro chi era, chi fu? Non ci sarebbe niente di male. Non bisogna giammai vergognarsi delle proprie umane debolezze, anzi, bisogna (ri)guardarle con lucidità e oculatezza.

Sì, lo sa suo figlio che, prima di fare l’intellettuale del cazzo, fu un alcolizzato cronico e lo salvò la moglie dalla perdizione infernale, iscrivendolo a una magistrale scuola serale?

Ecco, la verità è importante. Non bisogna insabbiarla e accanirsi in guerre fratricide. Altrimenti ci si scanna come in Gangs of New York.

Io, in questa mia chiesa sconsacrata innumerevoli volte, mi pento e mi dolgo dei miei errori. A mia discolpa posso solo dire che furono errori di distrazione, di gioventù. Dunque, finitela di farmene una colpa.

Come dice il grande Al Pacino di Scent of a Woman…

Entrando qua dentro ho sentito queste parole: “la culla della leadership”. Be’, quando il supporto si rompe, cade a pezzi la culla e qua è già caduta, è già caduta! Fabbricanti di uomini, creatori di leader state attenti al genere di leader che producete qua. Io non so se il silenzio di Charlie in questa sede sia giusto o sbagliato. Io non sono né giudice né giurato ma vi dico una cosa. Quest’uomo non venderà mai nessuno per comprarsi un futuro.

E questa amici miei si chiama onestà. Si chiama coraggio. E cioè quelle cose di cui un leader dovrebbe essere fatto. Io mi sono trovato spesso ad un bivio nella mia vita. Io ho sempre saputo qual era la direzione giusta. Senza incertezze sapevo qual era. Ma non l’ho mai presa. Mai. E sapete perché? Era troppo duro imboccarla. Questo succede a Charlie. È arrivato ad un bivio. E da solo ha scelto una strada. Ed è quella giusta. È una strada fatta di principi. Che formano il carattere. Lasciatelo continuare per il suo viaggio. Voi adesso avete il futuro di questo ragazzo nelle vostre mani! È un futuro prezioso. Potete credermi. Non lo distruggete. Proteggetelo. Abbracciatelo. È una cosa di cui un giorno ne andrete fieri. Molto fieri.

 

Io non compro la mia dignità, leccando. Se vi sto antipatico, almeno abbiate appunto la dignità di deporre le armi e di non continuare in assurde rivalità cretine da bambini.

Se voleste invece aiutarmi nei miei sogni, ecco un esempio che ho da offrirvi.

Cercate la campagna crowfunding de La leggenda dei lucenti temerari.

Vincere?

E allora vinceremo!

Lasciando stare i fascismi e tutte le puttanate varie. Le prese di posizione e le stupide, ottuse prese per il culo.

Le riprese di Gangs of New York: 18 Settembre 2000 – 12 Aprile 2001.

Grande Fratello prima edizione: 14 Settembre – 21 Dicembre 2000.

 

Cap. 2: la Storia non vi ha insegnato allora nulla? Prendetela come viene…

Come puntualizzò Pasolini, la Storia è sempre la stessa. Vive di recrudescenze, interminabilmente per i giovani si presentano gli stessi problemi degli insanabili, annali, secolari, millennari(stici) conflitti generazionali. Dunque, se negli anni trenta, la gente combatté per la fame, vivendo di stenti, dunque a stento, ossessionata pressoché dalla sola preoccupazione della sopravvivenza, uscita dalla Prima Guerra Mondiale, desiderò solamente un po’ di requie, svagandosi con Stanlio e Ollio e l’allegria che esorcizzò lo spauracchio delle battaglie infernali da cui si salvò miracolosamente, arrivò poi però Hitler, nacque il nazismo, pullularono le teorie scioviniste, in Italia avemmo il fascismo, scoppiò di nuovo insomma un gran casino.

Fu tutta una Resistenza e ancora una volta la giustizia trionfò nonostante le perdite incalcolabili e immani.

Nuovamente, la gente si rimboccò le maniche, invase le strade, festeggiando la libertà. Tutte le persone, uomini e donne si abbracciarono, scopando come bestie selvagge per tutta la calorosa notte di balli e canti, forse anche di qualcuno rimasto solo come un cane nell’alzare comunque alla luna il calice. Ringraziando iddio d’essersi appunto salvato.

Ecco, The Irishman è un film di Netflix.

Lo streaming già esisteva, i film piratati da una vita oramai imperversavano sul web. Sì, certo, ma Netflix ha dato compiutezza al marasma generale, divenendo produttrice in prima linea d’un concettuale, nuovo, avanguardistico modo di guardare (al) Cinema.

Sono tanti quelli che ancora, ostinatamente, fervidi passatisti e nostalgici di un’era oramai, nel bene o nel male, non spetta a me giudicare, scomparsa, sepolta viva dalla Settima Arte sullo schermo del pc, non vogliono arrendersi né darla vinta a Netflix.

Dunque, abbiamo due fazioni di cinefili che si stanno fronteggiando a muso duro. Come detto, quelli di una generazione, poco più grande della mia, sono decisamente convinti che il Cinema, nella sua accezione migliore del termine, vada gustato in sala, ovvero costoro sono i denigratori di Netflix.

Guidati dal Priest Vallon/Liam Neeson, difensore chiesastico della tradizione.

Turbati oltremodo da questa piattaforma che ha stravolto e coinvolto perfino registi importantissimi come il suddetto Scorsese.

Il quale, alla pari del suo Andrew Garfield di Silence, abiurò dinanzi alla legge laicamente spietata del commercio… O forse invece, come spiegherò e disaminerò nelle righe seguenti, fu già invece illuminato e agnostico come Cronenberg.

Sì, io sono pro Netflix. Non si era capito?

Sono William Cutting?

No, ma credo che, come tutte le invenzioni, non vada demonizzata.

Scusate, non è colpa di Enrico Fermi se furono scagliate le bombe atomiche a Hiroshima e Nagasaki.

Lo stesso discorso è applicabile a Netflix.

Tutto ciò che è innovazione m’affascina.

Guardiamoci in faccia.

Ero prima in macchina. E ho ascoltato un filosofo che ha analizzato la situazione sociale-economico-antropologica odierna, scoprendo l’acqua calda. Ah ah. Eh sì.

Ha sciorinato un campionario di banalità dette assai meglio da Cronenberg e da Black Mirror.

Cioè, per farla breve, ha detto che in un futuro non tanto lontano saremo così tecnologizzati da diventare uomini-macchine.

Eh, il dottorino laureato a Padova ha fatto, come si suol dire, la scoperta dell’America.

Io lo dico da una vita. Su per giù da quando avevo tredici anni. In effetti, da allora quasi tutti mi scambiarono per pazzo.

A tutt’oggi, mi urlano in faccia: ma ce l’hai una vita tua? Come fai a vivere se non vivi le cose realmente?

Poveri idioti, voi sapete ben poco della mia vita, dei meandrici corridoi delle mie paure, dei tunnel neuronali delle mie emozioni ancestrali, etiche e anche etniche. Non sapete nulla nemmeno di quel che patii sebbene mi compatiate.

Credo che abbiate di me frainteso tutto. Dandomi dello schizofrenico, del fobico sociale, dell’impresentabile cacasotto irrimediabile, dell’irrecuperabile uomo che vive di sogni irreali.

Ovviamente, io sono il sognatore fattosi Videodrome, il disagiato Stephen Lack di Scanners, l’eXistenZ (non) vivente giammai marcescente che impeccabilmente risulta sempre sano/a di mente malgrado tutte le vostre psicanalisi da quattro soldi sul sottoscritto da A Dangerous Method.

Voi non siete né Freud né Jung. Ecco, se foste Keira Knightley, potrei darvi retta. Anche darvelo nel retto. Keira è bona!

Voi non siete buoni. Siete degli ipocriti.

Vivete di patti d’onore da russi come ne La promessa dell’assassino, non cambiate mai punto di vista sulle cose, nemmeno sulle cosce. Il vostro è un Naked Lunch di stronzate, una Cosmopolis di seghe mentali.

Siete fastidiosi come La mosca, Inseparabili dalle vostre certezze bacate. Come in Crash, siete “bucati” e spaccati.

Però, la vostra Zona morta non è veggente come Christopher Walken. Anzi, più passa il tempo e più diventate come l’omicida del film appena citatovi.

Vi nascondete e rinnegate ogni vostro atto criminoso. Io, come Cristo, no, come Chris, conosco il vostro Demone sotto la pelle.

Sì, parimenti a Cronenberg, non sbaglio mai. Se dico che uno è pazzo, lo è.

Per esempio, da qualche mese a questa parte, s’è rifatto vivo un demente che continua anonimamente a darmi patenti da Spider.

Definisce inoltre le mie critiche e le mie recensioni cinematografiche assai scontate, apostrofandomi con epiteti sconcertanti. Dipingendomi come vecchio e polveroso.

Polveroso? Basta portare la giacca da un’ottima lavandaia e la ripulirà da ogni acaro, miei cari.

Farete la fine di Icaro.

Mah, essere vecchi a 39 anni è un’impresa da M. Butterfly. Cioè, è troppo presto per cristallizzarsi perfino nella sessualità. Oggi può piacerti Cristina Quaranta, domani pure.

Se a te piace John Lone, sarai Jeremy Irons di Lolita. Che cazzo devo dirti? Hai dei gusti un po’, diciamo, perversi.

Ma non sono un moralista. Basta che non inculi me e io continuerò ad affermare che Julianne Moore di Maps to the Stars è una figona.

Io sono un tipo particolare.

Per molto tempo, fui scambiato per Evan Bird. Ragazzo prodigio talmente invidiato che tutti lo spinsero a gesti osceni.

Al che entrai in rehab da curatori dell’anima come John Cusack. A differenza del film, però, Cusack non era mio padre.

Insomma, una tragedia, ah ah.

Cusack combinò danni al figlio più di Barry Lindon, figurarsi coi figli degli altri quanti danni avrebbe potuto combinare.

Sì, infatti incontrai molti santoni-psichiatri, demagogici e stronzi. Che vollero spingermi a tirar fuori le palle. Sì, dei Lee Ermey di Full Metal Jacket.

Ragazzi, non fatevi istruire da questi qui.

Questi spegneranno ogni vostra savia fantasia da Eyes Wide Shut. Vi riempiranno di psicofarmaci e ingrasserete più di Vincent D’Onofrio.

Questi psichiatri sono delle palle di lardo…

Vi racconto questa…

Nel 2006, così come avrete visto in uno dei miei recenti video inseriti su YouTube, lo infilai spesso a quella che era la mia ragazza. Che poi… già l’espressione “mia ragazza” m’è sempre stata sul cazzo.

Che cos’è una proprietà privata, un oggetto, una lavastoviglie?

Comunque, fra il dire e il fare, una sera riguardammo assieme il sopraccitato film di Kubrick.

Finita la visione, lei mi guardò negli occhi:

– Che dobbiamo fare, ora? Scopare? – le chiesi io.

– No, stasera non ho voglia. Piuttosto, devo confidarti, alla maniera della Kidman, una mia fantasia erotica su un ragazzo che non sei tu. Posso riferirtela?

– Ah, ormai, anche se non m’hai spiegato di che si tratta e di chi si tratti, m’hai detto platealmente che hai una fantasia su un altro. L’hai detto pure a voce alta. L’ha sentito/a anche il vicino. Ottimo, che tatto, che sensibilità, cazzo.

Vai, spara.

– Ecco, la fantasia è questa. In realtà, è una fantasia realistica, diciamo molto corposa.

– Cioè? Vieni al sodo.

– L’altro è già esistito in maniera molto tangibile e senziente.

– Detta come va detta, m’hai messo le corna.

– Un po’ sì. Ma non del tutto.

– Specifica non del tutto…

– Abbiamo fatto l’amore, sì, non lo nego. Vorrei però spingermi con lui oltre… Secondo te, è una fantasia lecita?

 

Ecco, come la presi?

A schiaffi, ecco come la presi. Ah ah.

 

Ve ne racconto un’altra…

Nel 2004 invece stavo con una di Trieste di nome Roberta.

Dal nulla, mi capitò a tiro… una di Roma. Era una scrittrice.

Chiese d’incontrarmi perché, dopo aver letto un mio libro, voleva darmi una mano…

Diciamo qualcosa in più.

C’incontrammo, andai a prenderla alla stazione.

La feci entrare… in macchina. Lei, dopo tre minuti, mi saltò addosso. Anzi, s’avventò prima sul mio collo, poi cominciò a infilare la sua lingua dentro la mia bocca.

Dopo un minuto abbondante, mi sputò in faccia.

– Be’? Non hai nessuna reazione? Non sei cresciuto! Fottiti! Dio mio? Perché Roberta sì e io no? Sei una merda!

 

Sì, da quel momento per lei tragico, lei cominciò a calunniarmi con Roberta. Non so come fece ma riuscì a impossessarsi del suo numero di cellulare:

– Roberta, lascialo. Io e Stefano l’altra notte ci abbiamo dato di brutto. Lui ti ha tradito! Lui va con tutte!

 

Intimai codesta mentecatta infima di smetterla:

– No, non puoi mettermi a tacere!

– Perché vai da Roberta a diffamarmi?

– Lo farò finché tu non mi farai. Ecco, facciamo così. Salirò di nuovo a Bologna. Faremo quello che devo fare con te. Poi starò zitta e dirò a Roberta che io e te non è vero che abbiamo scopato. Affare fatto?

 

Sì, guardate, amici, è un mondo che vuole fotterti sempre.

Scorsese è l’unico al momento che non m’ha mai tradito.

In un modo o nell’altro, ce la farà!

 

 

 

di Stefano Falotico

 

dante ferretti

Non siete Lynch né Scorsese, non siete Stephen King né Thomas Harris, abbassate le creste


29 May

deniro irishman

 

Ancora consigli per giovani scrittori di belle speranze e per inesperti cineasti alle prime armi, abbassate il tiro, pure Scorsese ha ora dei ripensamenti sugli effetti speciali del ringiovanimento in CGI di The Irishman.

Sì, avete letto l’intervista di Scorsese al Guardian?

Scorsese, visto il protrarsi inimmaginabile della post-produzione di The Irishman, ritardo imprevisto e assai spropositato dovuto al massiccio, sesquipedale, faraonico impiego sconsiderato degli effetti speciali deaging di De Niro, Pacino, Pesci e compagnia bella, ha detto che non avrebbe mai, appunto, pensato che il tutto sarebbe risultato così difficile.

Avrebbe potuto semplicemente realizzare un’epopea gangsteristica da C’era una volta in America, forse scegliendo il sottoscritto come “sosia” di De Niro da giovane, eh eh. Anziché affidarsi alla Industrial Light & Magic.

Sì, The Irishman sarà un film epocale e storico sia nel senso di sviluppo narrativo e filologico di un’era oramai appartenente al passato, sia nell’accezione di storico in senso propriamente figurato del termine. Cioè, un film che con tutta probabilità entrerà di diritto, da instant classic fenomenale, nella storia.

Perlomeno, considerando le credenziali di uno come Scorsese, un regista pazzesco, noi tutti amanti della Settima Arte più alta ed eccelsa, vivamente ci auguriamo che questo possa gloriosamente avvenire e che The Irishman, di conseguenza, nel suo avveniristico alternarsi di flashback proustiani, rappresenti immediatamente il futuro a venire del Cinema stesso.

Sino ad ora, il ringiovanimento attoriale è stato limitato a pochissime scene di scarsissimo minutaggio ove l’Anthony Hopkins di turno di Westworld o Michael Douglas di Ant-Man sono apparsi ritoccati e rinverditi dai fasti computeristici delle super moderne tecnologie più futuristiche e avanguardistiche.

A quanto pare, per metà della durata di The Irishman, invece vedremo De Niro e Pacino giovanissimi come ai tempi de Il padrino e del suo sequel.

De Niro che è l’unico interprete nella storia del Cinema, appunto, ad aver vinto l’Oscar, come miglior attore non protagonista, per lo stesso personaggio oscarizzato di Don Vito Corleone interpretato dal suo putativo padre dell’Actor’s Studio, ovvero Marlon Brando.

E Pacino, come sappiamo, di entrambi è stato il loro figlio ereditario Michael.

The Irishman, strepitoso meta-cinema alla massima potenza. Il primo film in assoluto ove De Niro non viene interpretato da giovane, che ne so, da un clone che vagamente gli possa somigliare, come avvenuto per esempio in Red Lights, bensì da lui stesso in carne e ossa digitalizzate.

Scorsese, in questa suddetta intervista, ha ammesso che pensava sarebbe stato più semplice ringiovanire gli attori.

E i primi risultati non l’avevano convinto affatto. Un conto è, appunto, ringiovanire un attore per una scena di pochissimi secondi, come lo stesso De Niro di Joy, ove l’attore semmai non ha nemmeno delle battute e fissa per impercettibili istanti il vuoto con un’espressione catatonica, tutta un’altra storia… invece riuscire a ricreare l’espressività mobile e polimorfica di un attore che prima è incazzato e poi, alla Marlon Brando, improvvisamente parla unicamente, malinconicamente con lo sguardo, stando muto e senza proferire nulla.

Brando l’ha sempre detto. Un grande attore non si vede solo quando recita lunghi monologhi, bensì anche e soprattutto quando, pur stando zitto, riesce a parlare alle anime degli spettatori solamente con un’occhiata.

Brando, Pacino e De Niro sono campioni in questo.

Vale a dire nel saper comunicare enormi emozioni soltanto tintinnando il capo come lo stesso De Niro/Noodles del capolavoro succitato di Sergio Leone.

Una bella gatta da pelare, Martin. Siamo sicuri che riusciremo a vedere The Irishman prima che tu, De Niro, eccetera eccetera, sarete già nella tomba e vi ringiovaniranno solo i cinefili passatistici e nostalgici del Cinema delle memorie perdute?

Invece, cambiando discorso ma rimanendo in tema di storia però attuale…

Voi, belli miei, che continuate a idolatrare le Strade perdute di Lynch e vi sdoppiate come in Mulholland Drive, vivendo segregati in casa come Elephant Man e sognando di accarezzare à la Velluto blu la vostra Isabella Rossellini, ex compagna di Lynch e Scorsese, peraltro, non è che mi diverrete, oltre che frustrati, anche asmatici e pervertiti come Dennis Hopper?

Sì, la dovreste veramente finire di credervi psichiatri indagatori della mente umana come Hannibal Lecter, a proposito di Hopkins, cannibalizzando voi stessi in vampirismi degni di un becero horror di Stephen King.

Sognate di essere i nuovi anfitrioni e i rivoluzionari padri della letteratura più profetica e millenaristica, invece non avete capito né Snowpiercer né perché, con due lauree all’attivo, avete meno soldi del vostro vicino di casa.

Il quale non sa neppure chi siano Scorsese e Lynch ma è più ricco e porco di Ed Harris del film appena menzionato di Bong Joon-ho.

Sapete perché è avvenuto questo? Perché siete i classici tipi che, anziché aiutarsi a vicenda, emarginate il prossimo solo perché, d’ingenuissimo refuso trascurabilissimo, scrive Basilicata al posto di Basilica e avete passato la vostra giovinezza a pontificare sul mondo manco se aveste ottant’anni suonati come il Bergoglio.

Che è un grand’uomo, a prescindere che voi siate cristiani o no, mentre voi siete solo dei moscerini moralistici e più rincoglioniti di un rintronato in stato avanzato di demenza senile.

Sapete come ho fatto io a ringiovanire nel viso ma soprattutto nell’animo?

Ho capito che avevo sbagliato tutto. E che soprattutto voi state continuando a fraintendere la vita coi vostri sogni di gloria con le pezze al culo.

Vi credete dei geni e forse lo siete realmente. Non voglio metterlo in dubbio. Ma non allontanate Viggo Mortensen di Green Book. E non fate neppure come Mortensen di Carlito’s Way. Insomma, non fate i traditori e le merde.

Magnificate C’era una volta in America. Va benissimo. Un film indiscutibilmente magistrale ed emozionante. Però, se a vent’anni avete già dentro i vostri cuori l’amarezza di Leone, a novanta sarete messi a pecora, miei uomini Buffalo Bill da Silence of the Lambs.

Continuate pure a ballare davanti allo specchio come Buffalo, denudandovi per avere due Mi piace in più sui vostri selfie da figoni e fighette. Credendovi sapientoni, bellissimi e intelligentoni.

Sì, ha ragione il grande Joe Pesci di Casinò quando il tizio al bar gli parla di progetti forse non nobilissimi ma che comunque richiedono la necessità impellente ed evidente di farselo tostamente.

E lui, senza badare a sottigliezze e a sofismi da quattro lire, gli risponde: – Sì, ma dove cazzo stanno i soldi?

Un mio amico mi chiede di leggergli un libro e di recensirglielo, un altro vuole che gli realizzi un video d’immagini sue in slideshow, un altro povero cazzone, per dirla sempre alla Pesci, mi costringe quasi con la forza a condividergli tutti i suoi filmati e filmini in cui scoreggia per avere più visualizzazioni.

Ecco, ora basta fare San Francesco e Santo Stefano, il primo martire storico.

In questi anni, ho aiutato gente semi-analfabeta a ritrovare la sua fiducia persa, regalando loro dizionari di sinonimi e contrari. Reggendo il loro gioco, sostenendoli nei loro sogni.

Ma ancora una volta anche questi qua mi hanno voltato le spalle, dicendomi che sono un senza palle.

È davvero uno scandalo che io debba essere continuamente inculato a raffica in questa maniera ruffiana e ipocrita.

Per tutta l’adolescenza ho scarrozzato la gente come Travis Bickle di Taxi Driver, regalando perle ai porci. E mi son pure preso la patente di coglione schizofrenico. Mi pare giunto il momento di smetterla con le assurdità.

Mi hanno pure detto che vivo di riflesso… non credo e comunque sarebbe sempre meglio che vivere come voi, idioti molto fessi.

Urge sterzare bruscamente, cambiare marcia come Sly Stallone di Over the Top.

di Stefano Falotico

ALITO – ANGELO DEL BAVAGLIO, presto nei migliori cinema, un film sponsorizzato anche da Marco Travaglio


17 Feb

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Sì, ci fu un tempo in cui me le andai a cercare. Con ostinatezza, anche ostinazione si può dire, incommensurabile.

Più subivo smodate, inaudite, vergognose prese per il culo sfacciate, più facevo finta di niente, abbozzando. Ah, le bozze!

Sì, un vero editing che resettava questo continuo lor mettermi i puntini sulle i. E dire che dovevo prendere ripetizioni. Io, che posso dare scuola a professori sgrammaticati e a letterati improvvisati. Dispensatori di banalità a buon mercato. Ah ah.

Più, considerata la mia immacolatezza, gli adulti facinorosi e maliziosi volevano annerirmi nella loro visione sporca della vita, adulterata, contraffatta, iper-corrotta (e vai di sinonimi), più io rimanevo intatto, ostentando una purezza misericordiosa tale da smacchiare ogni loro pensar male da traviati codardi.

Sì, non fidatevi degli adulti. Come sa Bob De Niro di Cape Fear, conoscono troppe trappole. E cercano di farti cadere. Loro fanno e disfano ma ti colpevolizzano anche se te fai solo una…

Una sega? Una canna? O entrambe? La domanda è retorica e non si pone, avete compreso il moralismo e il bigottismo di fondo. Ed è questo l’importante.

Ah, questi vogliono lordarti nei loro buchi. E lodarti soltanto se ti laurei con lode, una laurea comprata dietro leccate di culo cattedratiche. Ah ah!

E ti scavano la fossa se, come dicono in meridione, hai l’aria del fesso che non pensa, a differenza di loro, laidi, unti e bisunti, malandrini e dotati di una sempre vogliosa ocarina, continuamente, maniacalmente, anche maial-mente alla fessa.

Fessa, al sud, significa passera, vulva, in una parola povera figa. Detta anche sgnacchera, patonza, pezzo di lonza. Figa che può esser stronza e talvolta, scassando il cazzo a dismisura, troppo ti gira attorno perché ne vuole, sì, ronza. E a questo ronzio preferisco mio zio. Che se ne fotte.

L’uomo medio n’è ossessionato. Da cosa? Ma dalla coscia. Tutto ciò che fa nella vita sottende soltanto il volerlo tendere per ottenere godimenti animaleschi. Dietro o davanti le tende, quel che importa è averlo sempre teso. Un vero e proprio ottundimento non certo dell’uccello ma del cervello. E poi avemmo anche quegli altri ipocriti, i Neri per Caso, quando c’è sentimento, non c’è mai pentimento.

Ah no? Ad esempio, il mio vicino ha una nera per casa. È la badante del Ruanda che, in assenza della moglie, donna buona come il Panda, scopa il pavimento e anche sul divano col vicino stes(s)o. Vicinissimo.

Non c’è sentimento, è solo una scopata da traditore della fede coniugale, e non c’è neanche il pentimento.

Se ci fosse, la moglie, scoperte le corna, chiederebbe il divorzio con tanto di assegni di mantenimento, alimenti e possibili aumenti.

Ah ah.

Sì, non sono misogino. Le donne vogliono solo i soldi, gli uomini solo quella… tutti e due i sessi fanno schifo al cazzo, diciamocelo.

In Italia son tutti santi e poi scopri che, di nascosto, scrivono commenti alle modelle tope del tipo:

Che bella foto, Tatiana, vorrei scattartela io la prossima volta. Io so quando scattare. Tu, dolcezza, sai quando arrossire come questo bel tramonto che vedo alle tue spalle? Guarda che mare! Facciamo il bagno? Ti offro da bere.

Sono uomini integerrimi, tesissimi, chiamano anche le loro concubine tesori!

Sì, l’uomo medio non studia e fa carriera per migliorare la sua posizione sociale e per potersi emancipare dal degrado e dal sottosviluppo, per arricchire le sue conoscenze al fine di un maggior grado, non solamente istituzionalmente istruttivo, ma cognitivo, bensì per avere una posizione gerarchica tale da poter farsene tante in tutte le posizioni. D’imposizioni, soprattutto.

È un essere infimamente, infinitamente subdolo e maligno. La nostra società n’è colma e io ne ho piene le palle.

Adesso che, giunto all’approssimarmi lontano da una vita approssimativa, conosco di quest’esistenza ogni falsa informativa, ho bisogno, parafrasando Edgar Allan Poe, di sgravarmi l’anima. E di svuotarmele.

Tanto, mi sono aggravato. E oramai non posso più dar retta, giustamente, alle vostre infamie gravose. Da gente che mi vuol raddrizzare ma ce l’ha sempre rizzato a cazzi suoi.

Non sto (d)ritto, vi sarò diretto, anzi sol nel retto. Andate a fanculo!

Sì, nella vita v’è sempre un gravame infame. E io di questo vostro sesso puttanesco non ho nemmeno sete.

Andate a parare lì. Puntualmente, con una ripetitività allucinante. E dovrebbero veramente curarvi dai deliri schizoidi del desiderare ossessivo vostro di schizzare, spaccandovi le ossa.

Siete psicotici, psicopatici, paranoici, soprattutto noiosi. Libidinosi, velenosi, in una parola ignominiosi.

No, non sono il giovane Holden, io non mi tranquillizzo nel finale consolatorio.

Il finale di ogni mia opera letteraria è impeccabilmente un pugno allo stomaco.

Se, dopo averlo letto, vi fate schifo, il gastroenterologo vi curerà.

Se non riuscirà lui, non affidatevi agli psichiatri. Vi sederanno e basta. Reprimendo le vostre incazzature contro il sottoscritto.

Avete una sola possibilità di cura. Con tanto di mia fattura.

Vi faccio un esempio:

– Dottor Falotico, ho letto il suo libro. Finito che ho avuto di leggerlo, ho compreso che io della vita non ho capito nulla.

– Perché? Prima d’iniziare a leggerlo aveva qualche dubbio?

– Che vorrebbe dire? Che sono scema dalla nascita?

– No, ci mancherebbe. Dalla nascita no, assolutamente. Dall’età di venticinque anni in su, abbastanza.

Prima credeva all’amore, a sentimenti nobili. Poi si è sposata un miliardario e ha fatto la bella vita.

Bella vita per modo di dire. Perché, appunto, lei è una frustrata.

– E quindi?

– Ora si piglierà pure una frustata!

– Senta, dottor Falotico. Lei non me la racconta giusta. Mi farebbe vedere, per cortesia, che c’è lassù, sulle mensole?

– Certamente.

– Cazzo! Ma sono dei Blu-ray porno!

– Sì. E dunque? Mi fa scomunicare dal papa? Forza, zoccola, via dai coglioni!

– Lei è un peccatore, un mostro!

– Eh, come no. Al massimo sono uno che, se continua così, mi sa che dovrà trovarsi un lavoro da Earl Stone per tirare… a campare.

– Che vorrebbe dire?

– Eh sa, bisogna arrangiarsi. Coi libri, nonostante il mio impegno profuso e la mia anima disossata, non posso sicuramente pagarmi le bollette. È urgente che mi trovi qualcosa di più stabilmente economico.

– Eh, ma l’arresteranno!

– Tanto mi hanno arrestato pure prima.

– Che vuole dire?

– Vede, signora, ero talmente puro che m’hanno fatto passare per pazzo e volevano internarmi.

– Davvero? Ma è uno scandalo!

– Lo so!

– E questi qua che l’hanno accusata… lo sanno che lei lo sa?

– Sì, lo sanno. Ma vanno ogni domenica a messa a cantare Osanna!

Senta, signora. Se mi vuole bene, mi prepari un buon piatto di lasagne.

Ora mi scusi, però. Ho ricevuto una chiamata da Los Angeles.

– Grande! L’hanno presa per un film di Hollywood?

– No, sono quelli degli effetti speciali di The Irishman. Pare che le scene in CGI di Bob De Niro da giovane non siano convincenti. Vogliono che “doppi” io De Niro.

 

Ah ah.

 

di Stefano Falotico

 

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