Posts Tagged ‘C’era una volta il West’

Ecco perché Clint Eastwood è mille volte superiore a Quentin Tarantino. Ecco perché C’era una truffa a Hollywood forse è un film bruttissimo ma certamente più coraggioso di Once Upon a Time… in Hollywood


05 Feb

clint eastwoodOk, cari gringo, chiariamoci assai bene. Tarantino realizzò tre capolavori, cioè i suoi primi tre film. Le altre sue pellicole sono belle ma, al finale di Kill Bill vol. 1, preferirò sempre quello di Per qualche dollaro in più. Che è di Sergio Leone e non di Eastwood.

Comunque, il finale de Gli spietati è superiore a quello di C’era una volta il West.

Secondo voi, Django Unchained è un grande film? Forse, non lo so. Di certo, Franco Nero è più figo di Jamie Foxx, un nerone. E non sono, capite, miei capitalisti che vorreste decapitarmi, un uomo razzista o schiavista. Pensate, sono amante di Amistad, sognai per anni delle amanti come Naomi Campbell e riuscii ad amare De Niro alla follia, protagonista di C’era una volta in America ed ex della Venere Nera, sì, la venerò ma nessuna malattia venerea pigliò, amando al contempo altre negre come Charmaine Sinclair e Grace Hightower. Io amo anche Black Dahlia di Brian De Palma, regista de Gli intoccabili, un immenso western… metropolitano.

Quindi, sono intoccabile. Capito, donne? Toccatemi e non vi denuncerò. Vi amerò.

A dire il vero, quando fui adolescente, volli amare anche la Venere Bianca, all’ana… e, sì, all’anagrafe Manuela Falorni. Pare, fra l’altro, che De Niro amò Moana Pozzi mentre David Bowie, presente anche ne Il mio West, fu sposato con Iman. Sì, il Duca Bianco fu amatore di Iman, donna che amò il suo superuomo da He-Man, forse bravo a solleticarle l’imene.

A proposito, chi sarebbe China Girl? Una delle amanti bisex di David, cioè Mick Jagger?

Ora, secondo il signor Pellegrini di The Fan, Mick Jagger è gay. Eufemismo di frocio, chiaro, finocchi? Io non sono Pinocchio né omofobo e quindi riesco ad amare sia i Beatles che i Rolling Stones. Ai Led Zeppelin, ho sempre preferito la zeppa sullo zoccolo di Jennifer Lopez, sì, ho detto zoccolo…  Alla zuppa inglese, invece, preferisco la maionese. E alla maionese lo zabaione.

Al mascarpone, preferisco i mie scarponi. Non indosso gli stivaloni da cowboy ma adoro il cowgirl. Allo stivalone italiano, preferisco i tacchi a spillo.

Ecco, a mio avviso, chi considera The Hateful Eight un capolavoro è meglio che riguardi The Killing di Stanley Kubrick. E, per l’appunto, Le iene – Cani da rapina di Tarantino. Chi ama Ennio Morricone, si riascolti le sue colonne sonore per Leone e lasci stare la sua soundtrack per il film succitato di Quentin.

È la stessa cosa de La cosa con tre semi-riff in più da Keith Richards attuale. Cioè un rincoglionito come Johnny Depp de La maledizione della prima luna. Ma quali Pirati dei Caraibi, meglio The Curse of Monkey Island.

Sì, Morricone fu un genio come Mozart, lo affermò e sottoscrisse Tarantino. Ma, negli ultimi suoi anni di vita, realizzò soltanto cover più brutte delle sue colonne sonore per Giuseppe Tornatore.

Tim Roth lavorò sia con Tornatore che con Tarantino. De Niro lavorò sia con Leone che con Tarantino.

Sì, è tutto un balletto la vita, insomma una tarantella.

Vi ricordate The Blues Brothers?

– La signora Tarantella?

– No, Tarantino.

 

Kurt Russell lavorò con De Niro in Fuoco assassino, con Tarantino molte volte e con John Carpenter girò tanta roba. Roba che Tarantino riciclò in modo grossolano, cazzeggiando a tutto spiano. Secondo me, Mystic River non è un capolavoro. In quanto troppo retorico e cucinato per gli Oscar. Gran Torino e The Mule, invece, sono davvero dei capolavori. Su Facebook, qualcuno scrisse che Il cacciatore è il capolavoro di Michael Cimino. A parte Il siciliano e forse Ore disperate, tutti i film di Cimino sono dei masterpieces.

Il primo film di Cimino ebbe come attore Clint Eastwood. Il quale si fidò ciecamente di Michael. Michael, chi? De Niro di The Deer Hunter?

Insomma, Eastwood, signore come Sondra Locke e Frances Fisher, cari signori come Walt Kowalski.

Io amo anche Walt Disney, peraltro. Non solo Tom Hanks di Saving Private Ryan e di Saving Mr. Banks.

Sì, è pieno di farabutti in giro. Hanno assalito la banca di Santa Cruz o le banks, per l’appunto? Non datevi al branco ma al banco…

Tu ami Sully?

Bravo, io amo gli spaghetti alle vongole e anche quelli con Giuliano Gemma.

Comunque, ad Anche gli angeli mangiano fagioli, preferisco Un dollaro bucato e la figlia del compianto Giuliano, Vera, è vero che è rifatta ma me la farei.

Con tanto di “remake”.

Se non vi sta bene, porci, sfregiatemi come la puttana di Unforgiven.

D’altronde, sono come Richard Harris, Un uomo chiamato cavallo. Adoro anche l’attrice Valeria Cavalli. Specialmente, quando le gambe accavalla e le vorrei montare in sella. In sala? Dopo averle offerto da bere del whisky, nel saloon o forse solo nel salotto, lei berrà la mia birra…

Sì, molti uomini si montano la testa. Secondo me dovrebbero montarsi la propria donna.

In città, troppi sceriffi dettano legge.

Sono dei panzoni come Gene Hackman.

Eastwood è un genio, Tarantino mi fa un baffo.

Le sue sceneggiature non valgono un cazzo. Infatti, Uma Thurman lo mandò a farsi fottere.

 

 

di Stefano Falotico

 

Omaggio a Morricone, le sue migliori colonne sonore: epico, rivoluzionario, monumentale


06 Jul

ennio morricone

Se n’è andato. In punta di piedi. Nel suo stile, sobrio e al contempo, come le sue colonne sonore magnificenti, in sé stesso magniloquente. In quanto ha sempre vissuto discretamente, umilmente.

Lasciando un vuoto, dietro di noi, incommensurabile. È morto il più grande compositore di colonne sonore della storia del Cinema italiano e non solo.

Colui che, dopo aver composto la colonna sonora del sopravvalutato, pressoché inguardabile e tedioso The Hateful Eight, riciclando un suo geniale pezzo portante della soundtrack de La cosa, fu, assieme a Sergio Leone, l’anfitrione dell’utilizzo della musica, nella Settima Arte, a mo’ di cavalcante, scalpitante crescendo rossiniano d’emozioni immensamente potenti.

Autore, ça va sans dire, di colonne sonore da urlo per la celeberrima trilogia del dollaro leoniano.

E, prendendo in prestito la celebre frase del doppiaggio straordinario di Giancarlo Giannini di Donnie Brasco, pronunciata in originale da un Al Pacino bravo in maniera spaventosa, che te lo dico a fare?

Amico e amici…

Che c’entra Donnie Brasco?

C’entra, eccome. Sebbene Morricone, per questo bellissimo film, non abbia composto una sola nota.

Memore degli echeggianti fasti roboanti forse perfino di C’era una volta in America, il capolavoro di Mike Newell (sì, lo è, non ridacchiate) con Johnny Depp e Pacino si staglia, in modo unico e originalissimo, all’interno del panorama cinematografico di genere gangsteristico.

Se Francis Ford Coppola, per esempio, alla pari di Arthur Penn, nobilitò i criminali, magnificandoli in modo agiografico nella sua saga del Padrino, se Scorsese li mitizzò in Quei bravi ragazzi e, allo stesso tempo, li ridicolizzò come se ci fossimo trovati in una pantomima piena di disgraziati in cerca di remissione dei loro peccati, i quali scelsero, forse persino inconsapevolmente disperati come Frank Sheeran di The Irishman, eh già, la strada del male, sviscerando altresì, sotto forma di metafora, la sua antropologica visione della società, da lui giustamente intesa come una classista piramide ove, per sopravvivere, devi addirittura, accettando malvolentieri una tristissima esistenza malavitosa, adattarti giocoforza alle varie mafie quotidiane per tirare a campare, a meno che tu, tradendo gli accordi, non voglia finire crepato oppure, parafrasando Joe Pesci, cornuto e mazziato come Daniel Day-Lewis de L’età dell’innocenza, dicevo…

Dicevo, in Donnie Brasco, Mike Newell ci sorprese. Ma come!? Il regista di Quattro matrimoni e un funerale ebbe davvero la sensibilità, tipicamente italoamericana, di riuscire a sfoderare un gangster movie che, in effetti, tale non è?

Poiché è la storia di un’amicizia profondissima così commovente da lasciarci stesi. Su una sceneggiatura strepitosa, meravigliosamente giocata sulle dualità e sulle ambiguità perfino dei (o dai) risvolti non sempre comprensibili d’un intreccio, nel finale, volutamente complicato, Paul Attanasio creò uno script, poi recitato da dio, anzi da dei, veramente da Oscar. Da applauso!

Ove Al Pacino/Lefty voleva un’altra vita, forse un altro figlio. Persino nel suo “lavoro” poco nobile è stato scavalcato e declassato. Che uomo sfortunato ma, nella sua “famiglia”, ci tiene a ribadire, orgogliosamente non sicuro di sé ma d’origini certamente sicule, che tutti cammina/ino a testa alta.

E lui non è un allocco.

Ha avuto un cancro in una zona assai delicata e, se a Danny Aiello, i “goodfellas” di Once Upon a Time in America, combinarono uno scherzaccio di cattivissimo gusto, scambiando le culle in modo tale che suo “figlio” non potesse mai, un giorno, avere un tumore in quella zona sopra accennatavi, in Donnie Brasco, Johnny forse non voleva, in cuor suo, fare il poliziotto.

Affascinato, inconsciamente, dalla vita d’un Jack Nicholson di The Departed in versione molto più sfigata.

Lefty, al che, sognò la vita onesta che non poté mai avere, per una ragione o per l’altra e, di contraltare, Donnie forse non voleva fotterlo. Forse, non voleva neppure fottere una moglie piccolo borghese, noiosa e troppo perfettina come Anne Heche.

Forse, un Depp in versione Zac Efron di Nonno scatenato.

In cui De Niro lo “salvò” da una vita da laureato riccamente sistemato, donandogli il piacere inoculatogli della giovinezza recuperata.

Poiché Zac, in verità, non voleva continuare a fare l’avvocato, sposando la persona “giusta”. Voleva essere un po’ “fuori” e innamorarsi sempre di più di una ragazza dei fiori, leggermente auto-emarginata, una fotografa della vita che, sino alla fine dei loro giorni assieme, immortalerà quei piccoli attimi di felicità che la vita può e potrà donarci, estasiandoci d’inviolabile purezza e dolcissima venustà incantevole e incantata.

Senza troppe sovrastrutture, schemi mentali vetusti e superati, senza più pedagogie a buon mercato e maestrine già nate stanche. Già mentitrici, dalla nascita, riguardo i loro godimenti più veri, in quanto li sacrificarono fin dapprincipio sulla base di chissà quale onore mai esistito.

Quale? Quello, per l’appunto, caratteristico di chi ragiona come i mafiosi. Vivendo di stereotipi(e), di scremature, di suddivisioni sciocche e bigotte tra falliti e arrivati, forse solo figli di puttana cinici e arrivisti?

Ennio se n’è andato come Lefty/Al, lasciandoci tramortiti e senza parole come Johnny/Donnie nel finale.

Non so poi perché ma, quando rivedo Al Pacino in Donnie Brasco, mi ricordo di quando giocai a Calcio nella scuola Calcio Bologna. Lefty assomiglia al padre di Ortisi. Erano siculi.

A tutt’oggi, non ho mai conosciuto un calciatore “arrivato” di cognome Ortisi.

Mi ricordo però che imparai a nuotare da solo, rifiutando le lezioni della piscina Record situata al Pilastro.

Così come ricordo benissimo il finale de Il giovane Holden.

Mi spiace però deludere i miei hater ché mi danno del sociopatico. Non sono Salinger.

Ma voi che sapete? Che cosa volete sapere?

Fra cent’anni, parleranno di Ennio come di una leggenda.

Già lo è.

E questo è quanto.

Se non vi emozionate, ascoltando le colonne sonore di Ennio, anzi, nel cuore auscultandole, non siete degli indiani. Ma aridi come l’Indio, sì.

Indio, il gioco lo conosce/i.

Come la vedi? Ah ah

Quindi, quali sono le più belle colonne sonore di Ennio?

Suvvia, lo sapete meglio di me.

 

di Stefano Falotico

Separiamo le (di)stanze e tagliamo la testa a ogni critico del cazzo


16 Jul

ultimo dei mohicani

weinstein distanzeSì, sono profondamente innamorato di una ragazza.

Oramai l’avete compreso tutti. Spero che comprendiate questo mio slancio passionale da Daniel Day-Lewis de L’ultimo dei Mohicani. Lei è forse più bella di Madeleine Stowe.

Cioè praticamente è da manicomio. Lei non vi finirà, non è pazza di me. Non vi finirò nemmeno io, non sono pazzo, solo fottuto nel cervello. Ah ah.

Mi farà lo scalpo, scappellando un altro e rimarrò al solito scapolo. Grattandomi le scapole mentre lei si lascerà massaggiare il fondoschiena da una dura spatola, pettinandosi poi col gel di questa da lei mangiata piattola.

Mah, andiamo a pulire i piatti, suvvia.

Nonostante quest’ennesima inculata, non dovete più comprimermi, bensì spronarmi a urlare per lei tutto il mio urlo da Tarzan. Insisterò, non arrendendomi.

So che lei è stata, nel frattempo, con altri dieci uomini, quindi è una zoccola conclamata. Ma ci sta lo stesso?

Ah ah.

Afferrerò la macchina come una liana e, sognando di toglierle la maglietta di lana, anche se è estate e forse lei è in topless al mare con un macchinista, m’involerò in autostrada, fermandomi all’Autogrill ove sceglierò il regalo da donarle come pegno del mio amore romanticamente eterno. Immaginando, durante il viaggio, il suo corpo già pregno di eccitamento, sarò io stesso impregnato di sudore dovuto al surriscaldamento.

Forse, sarò sudato semplicemente perché ci sono quaranta gradi?

Sì, agli Autogrill esistono queste piccole librerie ove finiscono i romanzi peggiori, forse anche i miei. Dunque, oculatamente, dopo un’accuratissima scelta selettiva, capirò che aveva ragione Darwin.

Io sono un superuomo nietzschiano che non abbisogna di andare da una donna e regalarle un romanzo d’amore. Resiste l’uomo che, nonostante le botte pazzesche, non muore e non arrossisce a causa di una dolciastra bionda o mora che sia. Rossa è meglio. Più rossa è più significa che è già fritta e di te arrosto.

Sono un uomo durissimo che non scopa mai ma non viene comunque sbattuto a terra.

Una selezione naturale delle briciole.

Questi romanzetti rosa sono adatti alle donne frust(r)ate. Donne che compensano le loro carenze affettive, trasfigurandosi nelle eroine caldamente trasgressive della collana Harmony.

Con me, le donne sono armoniose, dunque ardentemente amorose senza che io mi prostituisca e mi abbassi a plichi da leccaculo.

Sì, ogni giorno ricevo su Facebook le loro poesie altissime:

che il giorno rigoglioso splenda nella tua anima meravigliosa, che il sole t’irradi di speranza e che l’esistenza ti sia dolce, fragrante e calorosa… ora, scusa, devo offrire la mia torta di mele a un uomo meno soffice di te, il quale sa però usare con più tosta levità il lievito di birra…

Sì, non sono misogino ma queste donne mi fanno girare i coglioni.

Guardate, a questa qui ora scrivo quanto segue:

ciao, io e te abitiamo lontani. Le distanze sono notevoli ma ogni tua nuova foto m’induce ad allungarlo, no, ad accorciarle.

Comunque, io cazzeggio, nessuno riesce a incularmi davvero, in quanto sono eterosessuale convinto e, diciamocela, del sesso me ne sbatto altamente.

Sì, ho la casa sommersa da dvd porno. Ve lo confesso.

Alla fine, questa qui è venuta comunque con me. Sapete perché? Non le avevo mai confidato di essere un collezionista dei film con Samantha Saint, di Kendra Lust e di altre troie di merda.

Pensava che fossi solo un cinefilo, amante di Bergman.

Secondo voi, questa qui, è una puttana?

No, è un’attrice premio Oscar di Hollywood.

Cioè, stringi stringi, una di quelle.

Sì, io ne conosco una più del diavolo, vale a dire Harvey Weinstein.

Il diavolo ha le corna in testa.

Per forza, gliel’ho messe io.

Io ho scopato pure con la sua ex moglie.

farinotti

Le contraddizioni viventi dei dementi

 

Sì, è una società di dementi ove il demente migliore diventa il vero demente.

Mi pare chiarissimo il concetto da me espresso in questa lapidaria frase. Che non è a effetto e non è neppure una freddura per ottenere facili risate oppure, ancora peggio, per attirarmi l’ammirazione di qualche esteta e cultore delle massime con gli ossimori, a loro volta pregne di significa(n)ti e spericolati, cosiddetti geniali doppi sensi.

È da un po’ che intendo sputtanare questa gente, platealmente deriderla. Prima di oggi, devo ammettere, che non possedevo il coraggio, la franchezza intellettuale, la forza morale e l’arguta capacità di ribattere dinanzi ai loro sacrileghi affronti vergognosi e allarmanti.

Sì, perché dirimpetto alle loro proterve bocche offensive, ero debole e, alla fine, soccombevo.

Schiacciato dalle loro insistite, imperterrite provocazioni voraci.

Diventando, ah, oscenità delle mostruosità, la parvenza del sembiante da loro ipocritamente, malignamente scaricatami addosso, cucitami a pelle, dipintami a immagine e somiglianza dei loro volgarissimi tiramenti di culo bastardi.

Figli della loro cattiva, pessima educazione coatta.

Ma procediamo con calma, mi stavo già facendo assalire dall’ira e il mio temperato istrionismo, parafrasando il compianto critico Morando Morandini, il quale usava questa bellissima espressione per identificare le performance attoriali più sfumatamente creative e personali, ecco dicevo… la mia composta moderatezza stava già collassando, infettata dalle loro maligne allusioni pazze.

Sì, queste persone oltraggiose della dignità altrui, lestofanti e sciacalli delle anime del prossimo, che loro insultano e macerano a diletto e a dileggio delle loro stolte, criminose e dunque delittuose false congetture, delle loro catture e sceme iatture, sono dementi, altresì psicopatiche.

E godono nello scatenare al malcapitato di turno, attraverso appunto le loro scellerate umiliazioni inflitte al prossimo loro, verso il quale provano solo odio, invidia e alcuna empatia, reazioni psicotiche, a loro volta figlie delle loro esagerazioni imperiose, boriose, fatte d’improperi arcigni e severamente impietosi.

La psicosi nasce infatti da un alterato rapporto dell’individuo affettatosene, no, affetto rispetto a un ambiente circostante percepito giustamente come ostile e pericoloso.

Quindi, lo sfigato angariato da tali vili impostori, da tali maiali, da questi malati mentali affettati, cinici e soprattutto affetti da crudele bestialità porcellesca e acrimoniosa, annega nell’impoverimento emozionale, divenendo schiavo delle loro misere diffamazioni pusillanimi, scarsamente amorose.

La pusillanimità, ah, patologia di cui soffre il novanta per cento dell’umanità. L’umanità è perlopiù costituita da persone che, a prima vista, paiono appunto di sana e robusta, fisica costituzione, che si attengono almeno esteriormente alle facciate costituzionali della legge civile del rispetto e dell’egualitaria visione umanistica, oserei dire panteistica del Creato ove ammazzarono il Cristo.

Si spacciano per persone, infatti, buone, sensibili, umanamente disponibili. Invero, sono soltanto degli opportunisti, oserei dire degli egoisti tristissimamente arrivisti.

Cosicché, come ci hanno insegnato, grazie alla mirabile, ficcante penna di David Mamet, Robert De Niro e Jean Reno in Roninsono tutti amici finché non arriva il conto da pagare.

Vi posso garantire che appena qualche loro amico crolla, questi sedicenti amici fuggiranno, vi abbandoneranno, come si suol dire, nel momento del bisogno se ne fotteranno.

È troppo facile essere amici del prossimo quando le cose vanno bene a tutti.

Non scopro certamente l’acqua calda né conio naturalmente una verità apodittica di rilevanza planetaria nel ribadire pleonasticamente, diciamo pure pateticamente, insopportabilmente, banalmente che il vero amico si riconosce nel momento del bisogno. Il resto è solo un sogno.

Peccherei di demenza nel credere che tale suddetto aforisma sia una mia frase di risma e non una faciloneria qualunquistica.

Ma non perdiamoci in patemi d’animo, non scoraggiamoci se qualche stronzo ci scoreggia in faccia quando, in realtà, andrebbe solo smerdato ed evacuato dal nostro culo iroso.

So soltanto che, grazie alle sciocche offese altrui, se come detto un tempo ne risentivo e m’accasciavo, anzi, accasavo nella casa costruitami addosso delle loro ignoranti maldicenze, ora le affronto impavidamente. Deliberatamente in maniera micidiale, in forma parimenti bestiale e superbamente arrogante, in modo altrettanto arbitrario, sfacciato e sprezzantemente vanaglorioso.

Ad esempio, il giovane medio, dall’alto prosopopeico della sua gagliarda giovinezza scriteriatamente illusa, temerariamente m’insulta, dandomi dell’uomo anacronistico, lento, in una parola vecchio e inconsolabile, amaramente matto e solo.

Questo suo atteggiamento codardamente spocchioso è figlio appunto invece delle sue inconsce paure da tragico immaturo assai sospettoso e calunnioso.

Il quale, ragionando di stereotipie e luoghi comuni a iosa, ancora è lui, sì lui, fermo alle schematizzazioni del prossimo entro i compartimenti diagnostici, cretinamente esegetici della sua visione acerba della complessità del reale, dell’insieme invero entropico, immensamente, stupendamente caotico di tutto questo mondo falotico.

Falotico è sinonimo di bizzarro e stravagante. Ovvero il contrario della faciloneria castrante ogni speranza del deficiente succitato-sovreccitato che, credendosi invincibile, ancora spara sesquipedali idiozie.

Al che, ecco che spunta l’ombra di Fantozzi. Che lui t’appioppa poiché ti vede impressionisticamente, oserei dire molto superficialmente come un declassato uomo medio-basso senza qualità, senza palle e personalità stupefacente.

È un ragazzo molto indietro, un arretrato.

Assomiglia tanto a quell’idiota del critico della minchia per eccellenza, Pino Farinotti.

Il quale, a proposito della sua illeggibile recensione di C’era una volta il West, chiosò il suo antologico finale con una massima storicamente, oltre che inattendibile, squallidamente qualunquistica, come già detto.

Secondo Wikipedia, il qualunquismo è un atteggiamento vagamente ispirato dalle azioni del movimento dell’Uomo qualunque che rinnega o almeno intenzionalmente ignora l’aspetto politico del vivere associato. Comparve in Italia nell’immediato dopoguerra.

Aggiungo io, quest’atteggiamento così tanto qualunquistico da essere e risultare ridicolmente superomistico, purtroppo, non è affatto scomparso. Anzi, sta crescendo proprio in seno alle famiglie delle nuove generazioni che, appunto, stanno educando i figli all’arrivismo, alla competitività più meschina, all’egoismo addirittura più egotista, cioè auto-centrato sulle loro circoscritte esistenze solipsistiche.

Abbiamo perso di vista il Farinotti, scusate, ora lo riprendiamo ed estrapoliamo la sua bischerata epica, assai lontana dall’epicità leggendaria di Sergio Leone, remota anni luce dalla sofisticata, melodica musicalità paradisiaca di Ennio Morricone: un cult movie per ragionieri in vena di poesia.

Sì, il ragioniere alla Fantozzi ama C’era una volta il West perché, fortunatamente, non è Farinotti.

Uomo di sé pienotto che, anziché essere angariato dal padrone, è uguale a Sam Rothstein/De Niro di Casinò.

È cioè talmente puntiglioso e meticoloso nel recensire le vite e i film altrui da non aver capito ancora che invece la sua vita è una tragedia (dis)umana.

Farinotti è uguale sia a Noodles che a Max di C’era una volta in America ma ancora non l’ha capito.

Pino, non preoccuparti, è stato tutto un trip esistenziale-anti-recensorio del tempo tuo perduto da drogato, più che di oppio, di cazzate col paraocchi.

Io non sono nessuno per proferire parola e non sopporto quando la gente più grande di me mi chiama signore.

Io sono solo il signore delle belle signore. Che posso amare a tutte le ore, miei pecoroni e suore che, in cuor vostro, da an(n)i sognate una pecorina col luterano pastore. Protestate, datevi al protestante.

Buona suora, no, buona sega, no, buonasera.

Anche oggi abbiamo partorito la cazzata mitica. Sempre meglio delle cazzate di Pino. Uno che non è amato né stimato dalla moglie di Fantozzi.

Ho detto tutto.

 

di Stefano Falotico

Nella vita, arriva una “stazione” in cui “Termini” e, nel “piazzato”, comprendi che non sei (s)terminato(r)


03 Oct

 

Volevano trasformarmi in Schwarzenegger, invece “finii” in biblioteca col ventilatore su “pal(l)e” di una Cultura arcaica, fuori Tempo massimo ma minimalista anche nei miei eccessi fra le lampade notturne e una giapponesina, niente male, con abbronzatura sospetta da “lampada” d'”ombre cinesi”

Stavo gironzolando nel parco, quando fui aggredito da un “tozzo” che non fu “parchissimo” di complimenti. Di mani, sì però.
Mi denudò e poi chiamò le forze del (dis)ordine per accusarmi di aver “urinato” d’atto osceno.
La folla, allibita dallo “spettacolino”, costrinse i bambini a chiudere gli occhi, mentre le madri piansero perché ne videro “uno” più alto della quercia “secolare” vicino al “panchinaro” del marito,
E, nel “casino” integrale…, uno scoiattolo se la spassò di matte risate, baciando in bocca la sua fidanzatina, una martire e “succuba” babbuina che cucina la “patata” col “seme” d’arachidi.

Il Falotico pubblica dorato e guadagna “quanto” uno della Mondadori. La domanda sorge spontanea: è un Uomo da adorare o d'”adotnarsi”. A caval donato si…

Molti “bravi“, nel complotto da Iago, vollero che il mio matrimonio non se “la” facesse, ma Don Rodrigo fu “raddrizzato” proprio dal mio “ramo” sul “lago” del comodino di una passerona che, forse, mi prenderà per uno spaventapasseri o anche per un “piffero”.

Chiudi la finestra, i vicini potrebbero “spiare” e poi sarà solo una spirale di “giustificazioni”.
Il condomino è lì a udir le “urla” e si “terrorizza” perché la sua “donna” è frigida.

E il ferroviere aggiusta i binari per un altro sogno alla Sergio Leone nel suo “avatar” da James Cameron perso nell’abyss.

– Secondo Lei, chi è attualmente la più grande figa di Hollywood?
– Tua sorella.
– Come si permette?
– Dai, eccome se “dà”, in quegli “ambienti” san tutto.

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. Terminator 3. Le macchine ribelli (2003)
    Ogni “macchina”, secondo le leggi della robotica di Asimov, prima o poi si rompe.
    Se infatti, oltre a un’ottima carrozzeria, non c’è la pelle, tutto s’arrugginisce. L'”ammosciamento”.
  2. Titanic (1997)
    Fui schiantato.
    Adesso me “le” schiacciano.
  3. C’era una volta il West (1969)
    Sono un “muto armonico“.

    Basta che non mi chiedano il mutuo.
    Sarebbero davvero “cazzi”.

Genius-Pop

Just another WordPress site (il mio sito cinematograficamente geniale)