Capitolo 1: ha ragione Todd Solondz
Sì, inondato da una furia celestiale, sto patendo gli strazi di me addolcito, non so se rinsavito, che un tempo giacque in una torta a mille strati. Ero inasprito, guardavo come Travis Bickle il bicchiere mezzo vuoto con tanto di aspirina.
All’epoca, il mio mentale stato si era talmente illiquidito nell’essersi sciolto a mio babà, sì, un pasticcione vivente pasticcino che potevi sciogliere in bocca soltanto accarezzandolo con un bacino, che stavo in fondo sbriciolato mentre, sopra di me, tutti festeggiavano con tanto di champagne e ragazze che, fra un cocktail con ghiaccio e gelide limonate arrapanti, scaldavano… sbrinandole di leccate spompanti.
Sì, gelide limonate. Perché questi ragazzi non sapevano dare un bacio caldo come l’ardente vodka servitavi da una di Mosca.
Trattavano le ragazze come delle matriosche. Dando loro solo un’oca al semifreddo.
Fidatevi, rispetto a questi bastardi, preferirò sempre Jeff Goldblum de La mosca. Almeno, è stronzo al massimo della più sexy sua forma.
Sì, erano tutti sparpagliati in qualche festa, brindando alla faccia del mio cioccolatino.
Sì, mi spalmavano d’offese.
Ora, vi racconto una barzelletta non proprio pulitissima che Angelo, ex mio diabolico compagno delle elementari, purtroppo tragicamente deceduto in seguito a un fatale incidente stradale, raccontò alla nostra scolaresca:
un uomo ha un figlio, cioè è padre di un bambino da educare.
Per farlo crescere sano e forte, per insegnargli dapprincipio che la melassa di molti sdolcinati film hollywoodiani e disneyani non corrisponde alla realtà, spesso cinica e desolante, deprimente e piena di quotidiane delusioni sfiancanti, lo indottrina e imbocca immediatamente alla stronzaggine del mondo.
Sì, suo figlio tornò da scuola. Suo padre quel giorno non andò a lavorare e dunque, al rientro del ragazzo a casa, doviziosamente gli preparò il pranzo luculliano e appetitosamente rosolato.
Prima assieme mangiarono degli ottimi spaghetti fumanti, mischiandoli al bis di delicate eppur piccanti penne all’arrabbiata, quindi si strafogarono di bistecche al sangue. Dandoci giù pesante.
Mangiato che ebbero come dei ludri, bevendo e scolandosi due bottiglie di vino, ficcarono nelle loro bocche pure tutta la frutta. Ingozzandosi di pesche, banane, lamponi e cocomeri.
Be’, essendo ancora un periodo scolastico, forse la frutta fresca non deglutirono, più che altro il padre, ruttando e scoreggiando tra un baffo leccato e un tovagliolo macchiato, disse al figlio…
– Cogli donna Rosa quando è matura. Io ho sposato una donna di nome Violetta quando era ancora vergine e m’ha fatto viola, m’ha pelato il culo come un melone.
– Capisco, papà. Sì, ma mamma dove sta?
– A leccare la noce di cocco di un uomo più peloso di una scimmia che non ama però mangiare gli arachidi. Ragazzo mio, gli arachidi, soprattutto se salati, sono buonissimi. Sono come le patate, piacciono a tutti gli uomini. Tranne a quelli che amano prenderlo nel culo. E tu non devi mai fartelo mettere. È chiaro?
Insomma, tua madre sta con King Kong.
– Capisco, papà.
– Comunque, ora dobbiamo digerire. La vita è dura ma ancora tuo padre è forte e non finirà a vivere nella foresta. Quindi, ci pappiamo il dolce.
– Va bene.
– Eccolo qua. Gustatelo tutto, è un dolcissimo profiterole. Ti do due palline. Sì, crescerai e avrai poi due pallone.
– Grazie.
Il pargolo afferrò il cucchiaio, non vedendo l’ora di divorare in un sol boccone tutti quei due bignè così farciti di cacao, ripieni di panna montata cremosa.
Sì, il giovane era ancora affamato come un lupo, nonostante avesse già fatto piazza pulita di mezza cucina.
A voglia dopo a lavare i piatti, sarebbero stati cazzi.
– Oddio! Che schifo! – urlò il ragazzo. Vomitando disgustato.
– Bravo. Non è un profiterole, è merda. E tu l’hai già mangiata. Quindi, sai cosa ti aspetterà in questa vita.
– Papà, perché mi hai fatto questo?
– Te l’ho detto. Devi subito comprendere lo schifo, essere pronto perché incontrerai lungo la via della vita, eh già, merde al cui confronto la merda che hai appena rimesso, eh sì, ti sembrerà Nutella di qualità.
Nessuno di noi bambini rise alla barzelletta di Angelo.
La maestra, invece, contattò subito suo padre poiché secondo lei il padre era uno stronzo.
– Pronto, è lei il padre di Angelo?
– Sì, perché?
– Domani, l’aspetto.
– Io domani lavoro.
– Me ne sbatto il cazzo, signore. Suo figlio ha recitato davanti a tutta la classe una porcata.
Ora, signore, il ragazzo non può parlare in maniera così sboccata alla sua età. È colpa sua se non ha saputo imboccarlo coi giusti precetti pedagogici. Porti suo figlio a vedere Cenerentola, non gl’insegni certe stronzate senza Fantasia.
– Signora maestra, le posso dire una cosa?
– Mi dica, signore.
– Lei è una merda.
Ah ah.
Capitolo 2: ieri mattina al bar è partita una rissa, per sedare il macello è intervenuto Salvini
Ieri, successe un putiferio.
Parcheggiai la macchina. Al che, attraversai la strada. Sto sempre molto attento prima di attraversare.
Eppure, uno (poi scoprirete che invece era una su una vecchia Uno) svoltò l’angolo senza guardare e stette per investirmi:
– Dio d’un Cristo della madonna puttana di Gesù! Che cazzo fai? Le pare il modo? Per fortuna son dotato di riflessi migliori di Flash Gordon, altrimenti avrei fatto la tua fine. Sì, tu sei un uomo finito. Quanti anni hai? Una trentina? Sì, sei un tipo da Cinema di Avengers. Cioè sei già fottuto.
E quella zoccoletta al tuo fianco chi è?
– Guarda che guidava lei, non io. Non te ne sei accorto? Tu, fantoccio, oltre a dover cambiare gli occhiali, devi andare pure da uno bravo…
– Ah, allora non sai una minchia del mondo. Chi dice donna dice danno. Devi guidare tu la macchina. Non farti scarrozzare da questa succhiacazzi.
Donna al volante, pericolo costante!
– Ma tu sei pure maschilista.
– Sì, tu sei frocio.
– Tu sei malato!
– Anche tu lo sarai dopo che te l’avrò suonate. Ti cureranno al traumatologico.
– Ora, faccia di porco, stai esagerando.
– Tu non sai che cos’è l’esagerazione. La tua ragazza lo sa. Ieri me la sono inculata e ha capito che tu oltre un certo limone, no, limite, non riesci a spingere.
– Adesso sei andato troppo oltre. Troppo, troppo, troppo! Tenetemi fermo!
– Ma che dici, pappagallo? Tieni zitta la bocca, piuttosto. Ricorda la stronzata che mi diceva sempre mio padre. Sei come L’orlando furioso ma non hai la classe di Ariosto, più che altro, nascesti pollo e morirai arrosto! E, dopo che le avrai prese, la tua ragazza mi farà un bocchino in questa fine di caldo agosto!
– Dio mio! Ti spacco, io ti spacco!
Volarono calci e pugni, tutti gli avventori del bar s’ammutolirono. Qualche avventore perfino s’avventò. Il barista intervenne per separarci. C’eravamo attaccati come delle ventose. Botte da orbi, piroette da Bruce Lee, pedate nel culo da Bud Spencer, io che tirai i capelli a questo mezzo pelato e lui che cercò di arrabattarsi, forse solo sempre più arrabbiarsi, tra mille schiaffi.
Perfino la sua ragazza, quella che guidò la macchina del cazzo, mi colpì la testa a colpi di borsetta con tanto di sbavato rossetto e i profilattici mal conservati che, dalla sua custodia, schizzarono dappertutto!
La folla andò in visibilio. Una vecchia mezza sorda, con in mano un’Oransoda, non sentì il casino pazzesco ma si divertì da matta/i.
Incitando all’urlo senile di:
– Forza, figli di troia! Datevele sode! Intanto, io ordino pure una Lemonsoda e una Pelmosoda. Spremetevi, avanti, cazzoni!
Uno chiamò il numero verde, uno l’ambulanza, un altro la polizia.
Nel frattempo, finii di bere il mio cappuccino e, nel frastuono generale, non pagai lo scontrino.
Sgattaiolando via con il sole del primo mattino già inoltrato nel mio calore da uomo con l’uccello a mezzogiorno che non deve mai dar conto a nessuno.
Soltanto alla ragazza del tipo da me smontato, ragazza cattiva da educare dopo il tramonto. Sì, quella della borsetta.
Infatti, prima di uscire dal locale, raccolsi uno dei profilattici della succitata minzione, no, sopra menzionativi, quindi mi girai verso il ragazzo suonato:
– Ehi, bello, questo stasera lo userò con la tua bella.
Nonostante fosse mezzo morto dissanguato, urlò come De Niro/Al Capone alla fine de Gli intoccabili:
– Tu non sei niente! Sei solo chiacchiere e distintivo!
Salvini lo chiuse in manicomio.
Capitolo 3: i miei genitori mi hanno insegnato che non si conquista il rispetto e la dignità dietro la maschera delle lauree e dei titoli da mettere a brodo
Sì, la mia adolescenza fu funestata da fighetti liceali assai indignitosi. Facendo contenti i genitori, adempiendo ai loro dettami, ogni mattina si presentavano a scuola tutti compunti. E i compiti?
Anche se, a tutt’oggi, nonostante siano laureati, ancora pretendono di voler mettere a posto i miei puntini sulle i.
Ma la finissero. È una marmaglia di porcelli ipocriti. Si fanno commiserare, mentendo a loro stessi, andando in giro a dire che sono poveri e in mutande solo perché quel giorno la scema delle loro frivole socialità animalesche, eh sì, non gliel’ha data. Dunque s’inchinano al pietismo e alla retorica più falsamente sinistroide.
Sì, in seguito alle inculate pazzesche che ricevono, in quei momenti d’abbattimento devastante, leggono tutti i passi migliori di Stalin, quindi accendono Instagram e scrivono a tutte le più grandi fighe, ammonendole neanche se fossero Savonarola:
Ma non vi vergognate? Svergognate! Alla vostra età dovreste studiare, invece che star discinte a posare. Dovete sposarvi. Che cosa lascerete ai posteri?
E loro rispondono tutte in cor(p)o: lasceremo fiumi di sborra più del fiume Nilo. Tu invece che lascerai? Questo tuo messaggio altamente denunciabile e perseguibile legalmente?
Sì, davvero, non se ne può più di tutti questi falsi.
Meglio io ché non rinnego di avere cento film pornografici di Jules Jordan.
Se non vi piaccio, mi compro un altro filmetto e poi terrò sempre in gloria questo “pazzo”, Michael Filipowich di Mindhunter 2, il quale sostiene di conoscere sette lingue, in verità non sa parlare nemmeno la sua madrelingua correttamente, cioè praticamente assomiglia a molti di voi.
Millantate di essere artisti, grandi attori, critici d’arte e di Cinema imbattibili ma soprattutto, solo dopo aver letto due post del sito lascimmiapensa.com, pensate di aver capito tutto della vita.
Sì, devo dirvi la verità.
Mi piace romanzare le mie sfortune.
Ma indubbiamente io e John Rambo siamo forse la stessa persona.
Tutti pensano di farci il culo e ridono come matti alle nostre (s)palle.
Con molto ritardo, realizzano che i topolini sono loro.
Credono di averci sepolti vivi con una bombardata d’offese.
Sì, credo di essere sempre stato un puro. Mi commuovo e soffro dinanzi alle sciagure e alle sofferenze altrui.
Così come Rambo che, tornato dalla guerra, apprende che il suo amico è morto di Cancro.
Continua per la sua strada ma qualche arrogante continua a non sopportarlo.
Come sapete, Rocky e Rambo sono i due personaggi più iconici di Sylvester Stallone.
Rocky Balboa e Rambo sono in verità la stessa persona ma non perché a interpretare i rispettivi personaggi sia stato ed è, appunto, Stallone.
Rocky, nonostante i pugni presi, non si arrende mai.
Rambo si è già arreso. È la versione Breaking Bad di quelle tamarrate che a me piacciono.
Sì, perché io sono tamarro. M’è sempre piaciuto andare in giro e fotografare i culi delle ragazze. Però, per molti anni subii i lavaggi mentali e i condizionamenti demagogici di gente salottiera.
Che volete farci?
Volete chiamare il prete?
Be’, diverrà mio amico come quello del cazzo di Vampires.
Sì, la libertà crea joie de vivre, le ideologie, le imposizioni, le ottuse posizioni creano le psicosi.
Non c’eravate ancora arrivati?
di Stefano Falotico